martedì 24 marzo 2020

5° parte - Il foro sulla spalla destra dei Giganti per l'infissione dei sigilli di Tzricotu

di Sandro Angei

vedi ⇰ 4° parte - Il metodo di piombatura inguinale

   Nella quarta parte dello studio abbiamo visto come fosse possibile fissare i sigilli cerimoniali in luoghi delle statue estremamente difficili da raggiungere col piombo fuso.

    Cercheremo ora di capire perché furono fissati i sigilli in determinate parti del corpo. Lo faremo, naturalmente, consci del fatto che quelle che avanzerò sono solo ipotesi; non di meno tra le ipotesi vi può essere la verità.

    Sta a noi valutare la validità di queste ipotesi. Valutazione che sarà possibile attraverso lo studio delle origini della scrittura in età nuragica (origini, in parte, protocananaiche e protosinaitiche) e del suo uso esclusivo in ambito religioso (questa, almeno per ora, è l'evidenza repertuale).


   Una valutazione che passa attraverso lo studio della Bibbia, perché questa veicola, benché filtrate, notizie più antiche di un yhwh cananaico prebiblico1. Divinità e riti acquisiti e incamerati, evidentemente, dal popolo Ebraico.
   Proprio leggendo "tra le righe" della Bibbia si riesce a individuare quei particolari che, letti nel contesto biblico sono solo ricche descrizioni delle quali prendiamo atto; ma inquadrati nello scenario culturale nuragico (le cui radici logografiche rimandano insistentemente alla lingua veterotestamentaria) ci fanno capire molto della manifestazione scultorea e sfragistica assieme, delle statue di Monte Prama e dei sigilli di Tzricotu.

   Ma prima di iniziare è bene riportare una considerazione del Dr. Andrea Dini, geologo, che nel suo articolo: "Composizione isotopica degli inserti in piombo delle sculture di Mont'è Prama" pagg. 109-112 del volume "Le sculture di Mont'è Prama - conservazione e restauro - a cura di Antonietta Boninu e Andreina Costanzi Cobau - Cangemi Editore" scrive: "Lo studio delle statue e dei modelli di nuraghe ha permesso di individuare, in quattro dei circa cinquemila frammenti, alcuni inserti metallici ospitati da piccole cavità della roccia calcarea utilizzata per le sculture (Fig. 1). Si tratta di piccole colate di piombo entro alcune cavità sulla spalla e sul fianco di tre statue, forse usate per ancorare degli oggetti/attributi (frammento n. 05 pugilatore, n. 26 pugilatore; n. 52 arciere) e di un piccolo perno in piombo inserito/colato in una canaletta, che univa vari moduli sovrapposti di un modello di torre nuragica (frammento n. 1032 torre)..."
(mio il sottolineato ndr).

   Per tanto l'ipotesi che i fori piombati ospitassero oggetti/attributi [pertinenti ai sovrani raffigurati] non è nuova. L'ipotesi è frutto di considerazioni forse aprioristiche, ma senz'altro dettate dal buon senso, se non proprio dall'esperienza e da studi in ambito archeologico.

 Ma per rimanere nell'ambito archeologico, appunto, e trovare esempi pertinenti che giustifichino l'ipotesi del ricercatore (che facciamo nostre), leggiamo nel Bollettino Telematico dell'Arte, che alcune statue frammentarie del frontone del Tempio di Apollo Sosiano a Roma, originali greci del 450 a.C. ca, recano dei fori (statua del Teseo) per l'applicazione di riccioli di bronzo. Nel medesimo articolo leggiamo che anche una statua di Atena presenta sul dorso  i medesimi fori per l'applicazione di serpentelli metallici.2 

   Per tanto l'idea che i fori delle statue di Monte Prama fossero in funzione di possibili inserzioni di oggetti/attributi è del tutto legittima, benché l'esempio greco sia di parecchi secoli più tardo, come la realizzazione della statuaria a tutto tondo, d'altronde! 

***
Perché i sigilli cerimoniali furono fissati in posti particolari?
   Non possiamo escludere che la posizione del singolo sigillo fosse dovuta a qualche caratteristica peculiare di quel sovrano deificato: chi lo recava sulla spalla, chi sul fianco, chi nell'inguine, chi nella gamba destra, per motivi legati forse al suo decesso o al suo carattere o qualche sua azione memorabile. Spiegazione che penso, però, abbia ben poco credito se non supportata da prove evidenti (e per ora non ce ne sono!).

 Potremmo anche pensare che la posizione dei sigilli abbia una valenza tutta metagrafica alla stregua dei bronzetti e dei sarcofagi Etruschi, come ci insegna il Prof. G. Sanna. Per tanto un simbolismo logografico dal significato ben preciso.

  Forse in questo contesto il tema è un po' meno arduo (?), ossia più probabile, se lo assoggettiamo al metagrafico della piccola bronzistica e del successivo metagrafico etrusco; ma lasciamo il tema aperto a future considerazioni. 

   Seguendo un'altra strada, invece, possiamo attingere, almeno per la posizione della maggior parte dei sigilli, a quel che le fonti scritte narrano, tanto da poter fare un parallelo con le caratteristiche delle nostre statue.



Fig. 1
Immagine tratta da "Le sculture di Mont'e Prama Conservazione e restauro - Cangemi Editore3

Perché fissare il sigillo cerimoniale sulla spalla destra
   Porre il sigillo in tale posizione (lo abbiamo già detto nella prima parte dello studio) denoterebbe sottomissione del sovrano al potere divino (attributi divini sulla spalla a garanzia di fidelizzazione), ma nel contempo denoterebbe anche la sua “potenza” in virtù della fiducia a lui accordata dalla divinità.
   Il rapporto visto dall'esterno è quasi paritario, dato che la potenza e il prestigio del figlio [di yhw] deriva da yhw stesso; ma nel contempo la potenza di yhw e tutelata dal suo figlio terreno che impone rispetto per quella divinità. In sostanza è l'intermediario (il figlio terreno del dio) ad istruire il popolo e renderlo edotto della potenza (anche crudele) di yhw. Perché yhw non si mostra incisivo in altro modo, se non subdolamente attraverso la potenza del fulgore solare o le azioni del sovrano suo figlio terreno.

   Questo aspetto lo vediamo evidente nel Vecchio Testamento nel quale Mosè si fa carico, prescelto da yhwh, di fare da intermediario tra Dio e il popolo israelitico. Anche lì yhwh non si mostra a nessuno, neppure a Mosè, perché in Esodo 33 alla richiesta di Mosè di poter vedere il suo dio si legge: "19 Rispose: «Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia». 20 Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». 21 Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe: 22 quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. 23 Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere».
***
   Per altre vie si può pure argomentare che il sigillo, nella fattispecie, è ubicato nella precisa posizione delle spalline delle uniformi militari; quelle che denotano, con diversi logogrammi (è proprio il caso di chiamarli così), il grado e quindi l'autorevolezza di chi le porta (Fig.2). Autorevolezza dettata da entità più elevata. Nel caso dell'esercito italiano il Capo di Stato Maggiore della Difesa  gerarchicamente dipende direttamente dal Ministero della difesa, ma la gerarchia di comando arriva attraverso il Consiglio supremo della difesa al Comandante in capo nella persona del Capo dello Stato. Ossia una figura istituzionale di riferimento che garantisce il rispetto dei princìpi costituzionali. Per tanto una figura fuori dall'ambito militare, ossia del braccio materialmente bellico, che ordina e tutela secondo princìpi dettati dalla ragione e non dall'istinto.

   Trasponendo questa gerarchia in ambito nuragico vediamo all'apice la divinità (che detta i "suoi" princìpi); a seguire il sovrano/capo religioso deceduto e divinizzato (memoria dei princìpi dettati e comunicati al popolo); quindi il sovrano/capo religioso in carica (che comunica sulla base del primo e dei secondi); seguono i sacerdoti/scribi e la casta guerriera (che attuano, chi scrivendo, chi difendendo 4 con le armi il volere divino) e via discendendo.

Risultato immagini per spalline esercito italiano
Fig. 2

***
   Possiamo argomentare ancora, secondo quanto leggiamo nella Bibbia; e in particolare in Esodo 28 (è Dio che parla):

"6 E faranno il dorsale [efod], d’oro, di lana
azzurra, di porpora, di scarlatto, e di
bisso ritorto, a lavoro d’arazziere.
7 Avrà due spallini attaccati alle due
sue estremità, mediante i quali resterà
unito (al pettorale).
8 E la fascia con cui stringerlo, la quale
gli starà sopra, sarà del medesimo
lavoro, formante parte di esso (dorsale);
d’oro (cioè), di lana azzurra, di porpora,
di scarlatto, e di bisso ritorto.
9 E prenderai due pietre d’onice, e
inciderai sopra di quelle i nomi dei figli d’Israel.
10 Sei dei nomi loro sopra una pietra, e
i nomi dei sei rimanenti (inciderai)
sull’altra pietra, secondo la loro nascita.
11 A lavoro d’incisore in pietra, a
incisione di sigillo, inciderai nelle due
pietre i nomi dei figli d’Israel; attorniate
di castoni d’oro le farai.
12 Ed applicherai le due pietre sopra gli
spallini del dorsale [efod], pietre di ricordo pei
figli d’Israel; Aronne cioè porterà i loro
nomi innanzi al Signore, sulle due
spalle sue, per ricordo.
13 E farai castoni d’oro.
14 E due catenelle d’oro puro, farai di
fila attortigliate, a lavoro di fune; ed
applicherai tali catenelle funiformi sui castoni.

Ho annotato in rosso le parti che più interessano il nostro tema.

   Aronne porta sulle spalle due pietre d'onice con incisi i nomi (evidentemente in microscrittura) delle 12 tribù di Israele al cospetto di yhwh. Si noti che le 12 tribù portano tutte il nome del capostipite di ogni tribù: Ruben, Simenone, Levi, Giuda, Dan, Neftali, Gad, Aser, Issachar, Zabulon, Giuseppe e Beniamino, tutti figli del patriarca Giacobbe (rinominato Israele da Dio); così come i Giganti principi guerrieri (del popolo sardo nuragico) di Monte Prama (dei quali conosciamo il nome di alcuni perché inciso nei sigilli), dopo la morte portano il proprio nome (anche questo in microscrittura) al cospetto di yhw.

   Il motivo che muove le due azioni è identico. Aronne porta con se al cospetto di yhwh i nomi dei capi tribù del popolo a cui appartiene per ricordali al Signore.
 Il Gigante principe guerriero di Monte Prama per lo stesso motivo porta, però, il suo stesso nome al cospetto di yhw, e questo perché egli è "Primus inter pares" dell'isola di Sardegna, nessun altro ha la sua stessa autorità. E che ciò risponda a verità ce lo dice secoli dopo Tito Livio nel suo "La storia romana" Vol.1 scrivendo di Amsicora quale longe primus auctoritate.
   E questo perché nel versetto 12 si precisa che le due pietre d'onice contenenti i nomi delle 12 tribù furono fissare sulle spalline "come pietre che ricordino presso di me gli Israeliti", dice il Signore. La qual cosa è di grande importanza dal punto di vista simbolico, perché similmente alle pietre incastonate, i sigilli cerimoniali infissi nelle statue di Monte Prama rappresentavano la memoria degli ab-y, figli di yhw di fronte a yhw.
 Quest'ultima immagine si ricollega a quanto scritto da Angelo Ledda in "L'Altro di fronte a sé e 2° parte. 

   Nel saggio di Angelo Ledda il saluto o il gesto d'offerta della piccola bronzistica, ma anche l'ostentazione dello scudo, dell'arco, del pugno nella grande statuaria di Monte Prama "esige un Altro di fronte a sé che si era evitato di corporizzare, ma comunque riflesso e rappresentato in modo astratto e per l'eternità", scrive Angelo Ledda.
***
   In conclusione, notiamo una stringente somiglianza delle descrizioni veterotestamentarie con le statue di Monte Prama, se interpretiamo queste assieme ai sigilli di Tzricotu. Intravvediamo, in ultima analisi, una continuità rituale fuori dal canone mosaico, e rientrante, invece, in quello che doveva essere il rito riservato allo yhw cananaico, un dio guerriero geloso, inflessibile, spietato e taurino, al quale i Primus inter pares prestavano devozione nella vita e dopo la morte. 

Ringrazio l'amico Francesco Masia per il suo contributo; avendomi indicato il libro di  Michelangelo Lanci - 1827 - "La sacra scrittura illustrata con monumenti fenicio-assirj ed egiziani", dove si trovano notevoli spunti di riflessione.5

segue

Note e riferimenti bibliografici
1 G. Sanna 2016 - I geroglifici dei Giganti - PTM Ed. capitolo 9.2.

2  https://www.bta.it/txt/a0/03/bta00301.html

3 all'indirizzo web https://books.google.it/books?id=ZfJDBgAAQBAJ&pg=PA2&lpg=PA2&dq=le+sculture+di+monte+prama+conservazione+restauro+ebook&source=bl&ots=gAOzmP9MuL&sig=ACfU3U1C19Wn7E_0rOkU5xZNZlylZ84hkg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwiW4Nrmh53oAhXUTsAKHUlTAro4ChDoATACegQICBAB#v=onepage&q=le%20sculture%20di%20monte%20prama%20conservazione%20restauro%20ebook&f=true

4 In questo caso per "difesa" si intende la "difesa" delle proprie idee, anche attaccando chi si oppone, naturalmente.

5  https://play.google.com/books/reader?id=NbRaKYBAuCkC&hl=it&pg=GBS.PA177

3 commenti:

  1. Sì, la strada da percorrere è quella dell'archeologia sorretta dai dati letterari ed epigrafici. Dico 'sorretta' perché, come sempre accade, l'archeologia oltre un certo limite non va e fa scena muta. 'Capisce' che qualche oggetto potesse essere in qualche modo inserito con dei perni. I 'fori' dicono e suggeriscono loro ma non parlano. Parla invece la letteratura biblica e l'epigrafia sarda con la ormai larga documentazione sulla divinità 'cananaica' sarda yh (o yhh, yhw, yhwh). C'è stato qualcuno che mi ha dato del pazzo o quasi per aver detto espressamente, quasi venti anni fa, che il Dio dei Sardi era yhwh. L'ho ripetuto sino alla noia che la divinità sarda dell'età del bronzo finale e del ferro aveva quel nome. Un nome ripetuto continuamente, in decine e decine di documenti. Ma la supponenza accompagnata al disprezzo per i detti documenti (cosa tutto su di essi si è detto in questi anni è solo pazzesco!) ha creato un'opposizione basata su di una squallida 'autorità' dove in nulla contava la scienza ma solo il mantenimento dei paradigmi.
    Leggendo il tuo saggio con certe considerazioni mi sembra che ormai siamo su di un altro pianeta circa la ricerca. Con una constatazione: che tu ti basi sulla ricerca archeologica 'scientifica', di questa fai giustamente tesoro. Per questo motivo fai strada, vai 'avanti' riesci a mettere tessere nuove circa il mosaico della realtà degli accadimenti grazie ad altre discipline più precise ed affidabili sul piano del rigore; altri invece fanno fatica a procedere perché non si aprono alle novità, poco o niente leggono e restano limitati nella meditazione. Penso all'Usai (tanto per non fare nomi) che posto di fronte alla novità (che poi novità non era, essendo di cinque anni) del ritrovamento del dattiloscritto e poi del manoscritto di Pietro Lutzu, farfuglia sull'articolo di Michele Msasala, mena il can per l'aia, parla d'altro (di me addirittura!) senza entrare nel merito e addirittura assicura tutti sulla 'tranquillità della scienza' nel negare l'esistenza della scrittura in periodo 'nuragico'. Capisci? 'Tranquillità'! Non solo nega i documenti, quelli che spuntano come funghi in autunno, ma nega persino quella documentazione che lui come autorità preposta ai beni culturali dovrebbe tutelare. Non solo nega per principio ma non riesce a fare il suo dovere di funzionario dello stato. O forse sono io e tu che dobbiamo darci da fare per dire a tutto il mondo chi era Pietro Lutzu? Cosa dice e scrive Pietro Lutzu cento anni fa e più? Ciò, caro Sandro, ti dico perché la situazione di oggi mi sembra assurda: da un lato una ricerca che non parla neppure più di problema di scrittura ma di documentazione di caratura storica di prim'ordine che pone la Sardegna su di un piano impensabile nella cultura del Mediterraneo; dall'altro invece nessuna ricerca se non quella ripetitiva che lascia le cose come stanno. Tu parli in questo articolo di una certa divinità e dei suoi figli, collegando questi alla storia di Canaan e di Israele, altri invece resta legato al politeismo dei Sardi antichi senza uno straccio di prova scientifica. C'è qualcosa che non quadra proprio. Diciamolo duramente,con tutta chiarezza: o siamo noi che dobbiamo farci ricoverare o sono altri che debbono farlo.

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  2. Caro Professore, quando dice che taluni “restano limitati nella meditazione” individua, lì, il giusto strumento che deve accompagnare lo studio e la ricerca: la meditazione. Ho “perso” (?) o meglio, ho arricchito giorni interi meditando su quel che si doveva e si poteva dire; il primo (il dovere) sempre in prima linea a scanso di equivoci e conscio, a volte, di trattare temi delicati e/o scottanti, e temi che all'apparenza nulla c'entrano con gli argomenti trattati. Il secondo (il poter dire): per trattare certi argomenti in modo elegante, mai scadente nel triviale. Il “poter dire” ricercando i princìpi di base che accomunano certi dati con altri, anche alieni, alla ricerca di un fattore comune.
    Proprio la meditazione sprona l'immaginazione al livello astrattivo per cercare l'intima essenza del principio.
    Sotto questo aspetto, alcuni non hanno proprio capito nulla del riferimento (in questo studio) alle spalline in ambito militare, tant'è che una lettrice con sarcasmo su facebook scrive: “le spalline dei generali ma per carità”; non cogliendo in quei passaggi il principio di base che muove l'uso delle spalline gerarchiche in ambito militare. Quanti, mi chiedo, hanno capito quel che vi è scritto in quel passaggio?! Spero molti!
    E' facile sentenziare di botto: “le spalline ma per carità”; difficile è, però, sentenziare, continuando l'espressione di poc'anzi, con tanto di dialettica costruttiva capace di smontare, e perché no, ridicolizzare pur anche il mio assunto... ma, si badi, con cognizione di causa.
    Mi scuso per lo sfogo e continuando il discorso, tengo a precisare che proprio la meditazione è alla base di tante scoperte.

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  3. Caro Sandro, ringrazio del ringraziamento.
    E ringrazio per lo studio, del quale aspettiamo gli sviluppi.
    Il libro del 1827, com'è ovvio, non stava sul mio comodino: era emerso facilmente con una ricerca in rete, sigilli e spalle. Approfondire, poi, è la parte difficile.

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