domenica 8 marzo 2020

Parte seconda - I sigilli di Tzricotu dimostano che i Giganti di Monte Prama non sono telamoni


Le statue di Monte Prama
una collocazione
Risultato immagini per mont e prama
Immagine del tutto fantasiosa (sotto tutti i punti di vista)
 sulla collocazione dei Giganti  di Monte Prama trovata sul web

di Sandro Angei

Vedi  1° parte

Nella prima parte dello studio abbiamo descritto la funzione e la posizione dello specimen A1 in relazione ai sigilli cerimoniali; e questi ultimi in relazione alle statue di Monte Prama. Ora una domanda si pone: Dove erano collocate le statue di Monte Prama?

La domanda si pone perché vi è una difficoltà non di poco conto relativa alla esposizione dei sigilli, i quali essendo sacri e recanti scrittura sacra non potevano essere osservati da chicchessia. Non potevano, in sostanza, essere esposti al pubblico.


   Ne abbiamo un esempio eclatante nel Vecchio Testamento, nel quale si dice delle “tavole della legge” recanti la parola di Dio, che vennero gelosamente custodite nell'arca dell'alleanza.
 Il loro nascondimento era talmente perentorio che qualsiasi tentativo di avvicinamento all'arca dell'alleanza senza particolari precauzioni era punito con la morte.

Detto questo i casi sono due: i sigilli non erano infissi sulle statue, oppure se lo erano, le statue stesse non erano né all'aperto, né tanto meno visibili esse stesse, ma custodite all'interno di un tempio chiuso e accessibile solo a pochi eletti: sovrano in carica e sacerdoti1. E questo perché in tutte le religioni: Egiziana, Mesopotamica, Cretese, Greca, Etrusca e Romana e, non ultima quella Cristiana, il simulacro della/e divinità era situato in un luogo recondito del tempio stesso, il sancta santorum. Quello che in ambito cattolico è il “tabernacolo”.
In ragione di queste considerazioni è plausibile che anche le statue di Monte Prama fossero custodite all'interno di un tempio ad esse dedicato per via dei sigilli che esse portavano. L'ipotesi del tempio fu avanzata anche da Giovanni Lilliu e da M. Pittau, tant'è che si auspicava la “ricostruzione” del tempio dove riposizionare in modo pseudo originale le statue.
Statue che, lo ricordiamo, rappresenterebbero i figli terreni della divinità yhw.
Una divinità, yhw, non descrivibile se non attraverso le sue manifestazioni: sole/luna e quindi luce, organo genitale, toro e in ultimo attraverso i suoi rappresentanti terreni, i suoi figli prediletti. Ecco che sotto quest'ottica religiosa possiamo immaginare un tempio dove la divinità è rappresentata attraverso i suoi figli e attraverso il sigillo specimen che decreta l'esistenza di yhw (in modo del tutto autoreferenziale naturalmente).

  In ragione di ciò può essere accolta in modo verosimile questa nuova tesi che vuole i fori sopra la spalla destra dei Giganti, il luogo dove venivano fissati i sigilli cerimoniali realizzati ad personam; ossia una sorta di cartiglio di identità di quel gigante.
  Nè più né meno dei cartigli dei faraoni egizi2, che guarda caso avevano forma simile ai sigilli qui trattati.
L'ipotesi, affatto peregrina, è rafforzata dal fatto che in alcuni fori (antichi) trovati sulle statue è stato rinvenuto piombo o tracce di questo, come abbiamo evidenziato nella prima parte di questo studio.

Una obiezione
E' possibile che quei fori servissero a stabilizzare la statua mediante saette di ancoraggio?
L'ipotesi, che fu avanzata da un amico in forma di domanda durante una discussione, benché a primo acchito possa sembrare del tutto legittima e alternativa a quello che l'architetto F. Laner definisce “terzo appoggio”3, mostra una lacuna dal punto di vista antropologico; mentre dal punto di vista meramente tecnico possiamo trovare una soluzione alternativa a questa soluzione nonché al “terzo appoggio” richiesto dall'arch. Laner per la stabilità delle statue.
Dal punto di vista antropologico possiamo pensare che un sostegno di tal fatta fosse almeno riduttivo se non disdicevole per un sovrano divinizzato figlio di un dio “unico”, che doveva mostrare la sua forza e stabilità senza bisogno di alcun aiuto (sostegno visibile) se non quello del dio stesso.
Dal lato meramente tecnico possiamo trovare una soluzione plausibile per stabilizzare le statue, che soddisfi l'aspetto teologico e quello statico in modo semplice e senza ipotizzare la funzione di “telamone” delle statue stesse (vedi ancora nota 3).

Il terzo appoggio non esisteva, ma le statue non erano telamoni.
   Alla soluzione del problema si avvicina la Dr. Valentina Leonelli nel volume “Le sculture di Mont’e Prama - Conservazione e restauro” a pag. 397 ella afferma: “I basamenti delle statue presentano le superfici laterali lavorate in maniera grossolana e non rifinite, come se dovessero essere incassate in un ulteriore elemento, ipotesi che può essere avvalorata dal fatto che tali basamenti risultano essere di dimensioni ridotte rispetto al volume della scultura e al peso che dovevano sostenere”.
A pag. 409 dello stesso volume la Dr. Antonietta Boninu nell'articolo “Il restauro, le lacune e le fratture parlano” scrive: “... Inoltre non sono da trascurare le caratteristiche formali delle superfici delle basi; le due facce piane sono perfettamente rifinite, per l'appoggio l'inferiore e per la vista la superiore, sulla quale si impostava l'intera scultura, mentre le verticali sono sbozzate e scabre. Analizzate le proporzioni complessive delle statue con i valori ponderali è evidente che alle basi non è stata riservata funzione esclusiva di stabilità della composizione, ideata e realizzata con cura e perizia singolari.Escludendo a priori, nel contesto qualitativo, una svista dello scultore, resta il campo di un progetto per la collocazione originaria, che ha previsto una struttura, nella quale ancorare e fissare ciascuna scultura in sicurezza dell'opera e della funzione”. (mio il sottolineato ndr)

  La soluzione/intuizione delle due ricercatrici è verosimile tanto da poterla condividere pienamente.
 Certamente non si conosce la foggia degli elementi di incasso (almeno per ora) ma possiamo per lo meno ipotizzare come potevano essere fissate le statue in maniera conveniente e senza troppi marchingegni tecnici. La Fig.1 mostra una delle possibili soluzioni.
In sostanza il dentello ricavato nel bordo dell'incavo di alloggiamento (evidenziato col cerchio A) di fatto incastrava il basamento della statua facendo sì che la scultura, benché potesse essere sbilanciata in avanti, se assoggetta ad una forza F non poteva ribaltarsi facendo perno nel punto B. Evidentemente se non ci fosse stato il dentello anche una piccola forza F poteva ribaltare la statua.
Eventualmente si sarebbe potuto inserire un semplice cuneo C per evitare qualsiasi spostamento accidentale della statua nell'alloggiamento, se pur angusto.

   Questa è solo una delle ipotesi di natura tecnica adottabili.

   Benché io sia persuaso che le statue siano ben bilanciate e il loro baricentro cada comunque all'interno della superficie del basamento, questa soluzione mette al riparo da eventuali e imprevedibili incidenti. Facciamo un esempio terra terra: l'azione se pur banale e fortuita come quella di un animale, se pur di piccola mole come un gatto, che poteva entrare in contatto in modo accidentale con le statue, poteva arrecare danni irreparabili.
Fig. 1

Penso inoltre, che vi sia la possibilità che le statue non fossero completamente rifinite nel momento in cui furono alloggiate nel presunto incavo. Si può ipotizzare infatti, che il vuoto tra una gamba e l'altra possa essere stato ricavato dopo la posa in situ; e questo per evitare possibili traumi in fase di collocazione, dovuti alla maggiore fragilità di due caviglie completamente libere rispetto ad una massa compatta (un setto di separazione che poteva essere anche di pochi centimetri di spessore) che le teneva ben unite (Fig.2).

Fig.2
In colore rosso il setto di congiunzione che sarebbe stato asportato dopo l'installazione

   Questa soluzione, consona e funzionale, dimostra che le statue di Monte Prama potevano reggersi da sole, per tanto non erano “telamoni” come ritiene l'arch. F. Laner (vedi nota 3). Oltretutto se la funzione delle statue fosse stata quella di telamoni strutturali4 come ipotizza l'architetto, queste sarebbero state sottoposte ad un eventuale sforzo di flessione dovuto all'azione, benché non costante, del vento sulla struttura gravante su di esse; col reale pericolo di troncamento delle statue a livello delle caviglie. Così non è se le statue fossero assoggettate solo ed esclusivamente al proprio carico verticale.

   Queste considerazioni danno modo di ipotizzare un tempio come suggerito dal Prof. M. Pittau (ammessa e non concessa la soluzione proposta dal compianto Professore), che possiamo intendere composto da una serie di colonne che reggevano una trabeazione lignea che reggeva a sua volta un tetto pure di legno. E' possibile che il tempio fosse realizzato alla maniera dei templi della Grecia arcaica tipo quello di Lefkandi5, con una base di pietrame sormontata da muratura di mattoni crudi e struttura lignea. Questa soluzione darebbe una risposta a certi indizi rilevati dagli studiosi che hanno individuato strati di cenere nel terreno6 e tracce di annerimento su un cosiddetto modello di nuraghe per evidenti segni di bruciatura legati all'azione del fuoco7.

***
Possiamo ancora fare una ulteriore considerazione suggerita questa volta dal Prof. Attilio Mastino ex rettore dell'Università di Sassari che disquisendo del “sonno terapeutico presso gli eroi”8 riferito da Aristotele nella “Fisica”, ritiene di poter accostare quella notizia alle statue di Monte Prama; e questo per motivi contingenti.

Per tanto alla luce di quanto scritto da A. Mastino (passo che invitiamo a leggere - vedi nota 8), ne deduciamo che innanzi tutto Aristotele nella Fisica riferisce del rito relativo al sonno terapeutico presso gli eroi, ma non parla in alcun modo di 'tombe' degli eroi, voce che parrebbe piuttosto un'aggiunta degli scoliasti di Aristotele nonché una faziosa se non improba deduzione in favore dei Greci.

 Aggiunta che ha fatto subito pensare alle tombe dei giganti. Al ché verrebbe da domandare: “Quali delle oltre 1400 tombe di giganti sparse per tutta l'isola (quelle censite in modo certosino dalla Dr. Caterina Bittichesu), avrebbero custodito i 9 eroi Tespiadi?!” 

  Già in ragione di questa domanda retorica si può ben capire che la tesi a riguardo del rito di incubazione presso le Tombe di Giganti non regge. E' più verosimile invece che il rito della incubazione si svolgesse in un particolare e unico santuario (basti pensare al novenario di N.S. del Rimedio presso Donigala Fenughedu – Oristano - che attira devoti da ogni angolo della Sardegna sin dal XIII sec. d.C., per rendersi conto che la distanza dal santuario (qualunque essa sia) non è un problema e non lo è mai stato. Per tanto pensare che Aristotele riferisse di un rito che si svolgeva a Monte Prama già secoli prima di lui non è ipotesi tanto peregrina.
 Ed il fatto che i fedeli si recassero presso gli “eroi (Giganti)” non significa che dormissero ai loro piedi, ma piuttosto nelle vicinanze, magari fuori dal tempio a quelli dedicato, o per lo meno, se proprio vogliamo pensare che ciò accadesse, dobbiamo pensare ad un tempio abbastanza grande da contenere i devoti che avrebbero dormito nelle adiacenze di quello che poteva essere il sancta sanctorum dove le statue erano gelosamente custodite.

Conclusioni
A parte queste ultime considerazioni accessorie, volgendo l'attenzione sul tema relativo alla natura delle statue, spero che la trattazione abbia chiarito i dubbi sulla postura delle sculture antropomorfe (vedi ancora nota 3) e di conseguenza sulla loro natura e funzione; perché, a parte l'aspetto strutturale, le statue di Monte Prama non potevano essere dei telamoni per i motivi che legano queste ai sigilli.
Se è vero che i sigilli sono i cartigli ad personam dei Giganti, questi non potevano assolvere ad una funzione teologicamente aberrante come quella di essere parte architettonica di un edificio. Non potevano essere “asserviti” al tempio, ma da questo “ospitati”. Non potevano essere costretti ad un ruolo marginale di “reggere” qualcosa al disopra di loro. Al disopra dei Giganti vi era solo yhw, e yhw non poteva essere rappresentato in tal modo, perché yhw non era retto da alcuno, casomai, Lui reggeva e proteggeva.
***
   Era mia intenzione andare oltre e trattare l'argomento circa la posizione atipica, nelle statue di Monte Prama, di alcuni fori in essere rinvenuti. Ma ho valutato che non è ancora giunto il momento di affrontare un argomento di tal fatta senza le adeguate e solide basi documentali. Di conseguenza lascerò ad un non lontano futuro (spero), pure l'esposizione del metodo tecnico che presumibilmente fu adottato per fissare i sigilli in quelle anomale quanto difficili posizioni. Dannata (benedetta) filologia!
note e riferimenti bibliografici
1 In un primo momento (1977) G. Lilliu pensava che le statue fossero installate in un tempio, ma sulla base dei risultati pubblicati da C. Tronchetti, ritenne che le statue fossero protette comunque da una copertura lignea, tesi accettata dalla Dr. Luisanna Usai in “Le sculture di Monte Prama – Conservazione e restauro “Cangemi Ed. pagg. 55 e 56.; ma ancora ricusata dall'archeologo C. Tronchetti che scavò il sito.

2 Vedi G. Sanna I Geroglifici dei Giganti, Introduzione allo studio della scrittura nuragica PTM Ed. cap. 12.2

3 F. Laner Guerrieri di Monte Prama su Archeologia Nurgica 23/01/2012, scrive: “Ad esempio, se il loro appoggio è dato solo dalle due gambe, la statua non può reggere al ribaltamento, dato da una lieve spinta o eccentricità del carico. Per reggersi, una statua di pietra, ha necessità di un terzo appoggio. Si veda qualsiasi statua litica dai greci a Canova! Ovvio che questo discorso non vale per statue bronzee o metalliche, poiché tali materiali resistono a trazione. Pertanto le statue di Monte Prama, con due soli appoggi, possono resistere solo a carichi verticali e non possono che essere telamoni. Devono essere “schiacciati”, ovvero solo compressi, sollecitazione a cui la pietra regge ottimamente. Come corollario i pugilatori non avevano in testa lo scudo –lo scudo lo hanno gli scudieri!- bensì l’architrave del tempio.

4 Per “telamone strutturale” intendo un telamone a tutto tondo su qui grava per intero, lungo il suo asse verticale, l'intera struttura ad esso sovrastante; per distinguerlo da un secondo tipo di telamone che addossato ad una colonna o pilastro “finge” di reggere la struttura.

5 Non vogliamo paragonare il presunto tempio di Monte 'e Prama con quello greco dal punto di vista architettonico, ma relativamente ai materiali usati (mattoni di fango), che per la loro natura non si sono conservati.

6 Valentina Leonelli – Il restauro richiama lo scavo – in : “Le sculture di Monte Prama – Conservazione e restauro “Cangemi Ed. pagg. 397

7 Andreina Costanzi Cobau, Roberto Nardi – L'intervento di conservazione e restauro - in : “Le sculture di Monte Prama – Conservazione e restauro “Cangemi Ed. pag. 136 Fig.9.


5 commenti:

  1. Circa la base credo, come dici tu, che abbiano ragione la Leonelli e la Boninu. E sono d'accordo sulla tua ipotesi di fissaggio ('saldo' fissaggio per motivi di 'scrittura, così come i 'certificata'magici dei bronzetti. Suggestiva mi sembra anche l'ipotesi circa il luogo dei 'dormienti' presso gli eroi. Apro una piccola parentesi su quest'ultima voce: gli 'eroi' in greco significa 'uomini divinizzati, semidei'. Se taluni insistono proprio nel dare ai 'Giganti' questo nome bisogna che non si contraddicano parlando di 'reges' e di 'principi' visti solo dal punto di vista economico -sociale. L'essere divino loro, l'essere dei 'tori' celesti (= potentissimi e figli degli astri luminosi) è l'aspetto fondamentale. Quello che più di ogni altra cosa spiegano i sigilli mortuari magici, le loro sofisticatissime carte d'identità che insistevano, come sembra sicuro, sulle loro spalle (vere e proprie singolari 'tabulae defixionis' queste, come lo erano quelle dei più 'umili' bronzetti).

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  2. Penso che gli archeologi, quelli intellettualmente onesti, ragionino secondo logiche che la scienza (fisica e matematica intendo) non può inficiare. Le due Dottoresse hanno visto giusto a parer mio, e si sono limitate (giustamente) a lanciare l'idea, senza entrare nel merito.

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  3. Ad oggi questo seconda parte dell'articolo ha totalizzato oltre 2700 visualizzazioni. Non sono poche visto l'aspetto tecnico del tema; e non sono poche se le confrontiamo con le visualizzazioni della prima parte (1200) e quelle dell'articolo promotore (1100). Questo mi induce a pensare che l'argomento abbia toccato la sensibilità di chi, in un modo o nell'altro, si è sentito coinvolto. Malgrado l'aspetto tecnico, l'articolo ha fatto breccia nella curiosità dei lettori. Quei lettori che, attenti a tutto ciò che riguarda Monte Prama, hanno visto, pure loro, la realtà come è possibile fosse in quel luogo tanti e tanti secoli addietro. In sostanza abbiamo con questo studio, caro Professore, segnato un fil rouge che unisce Tzricotu, Monte Prama e le notizie di Aristotele. Abbiamo diradato, mi sembra, un po' (poco poco) di quella nebbia che avvolge le cronache antiche, cercando di contestualizzare quelle notizie. I nostri lettori questo lo hanno capito molto bene.

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  4. Dato che ci siamo sulla buona 'comprensione' e possiamo andare 'oltre', pongo questa domanda. E' il gigante detto 'sbentiau' (quello, unico, che ha due fori) il più antico dei figli divini di yh? Se è vero, com'è vero, che lo 'specimen' inizia la serie dei sigilli mi sembra logico pensare che 'Sbentiau' inizi anche la serie delle statue. 'Sbentiau' allora sarebbe, per 'certificazione', il primo dei 'reges' divinizzati di Sardegna. Non è così?

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  5. In effetti è possibile che sia così. La statua di “Isbentiau” potrebbe essere davvero la prima della serie, la più antica di tutte; benché, purtroppo, non potremmo mai sapere il nome del sovrano che rappresenta. Se l'asportazione dei sigilli dalle statue dovesse risultare vera, come ho ipotizzato nella prima parte dell'articolo, con quell'azione i sacerdoti privarono di identità quelle statue. Ma se questa affermazione è vera, potrebbe significare che le statue in se non avevano alcun valore senza quei cartigli. Il valore religioso era tutto nei sigilli. In ragione di ciò, se dovessero un giorno saltar fuori tutti i sigilli di Tzricotu, potremmo restituire il valore sacro a quelle statue, a prescindere dall'attribuzione del nome alla rispettiva statua. Potremmo dare il vero nome ad ogni Gigante; non più Isbentiau o Componidori o quale altro di fantasia, ma uno dei “tria nomina” scritti nei sigilli.

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