Nello studio dedicato al rapporto funzionale tra sigilli di Tzricotu e statue di Monte Prama è stato dato ampio spazio alle modalità tecniche relative alla manifattura dei sigilli, alla posizione di questi ultimi sulle statue, alla natura di queste ultime (che abbiamo escluso essere telamoni) e modalità (ipotetica) di posizionamento e stabilizzazione delle statue stesse.
Nella prima parte, è stata ipotizzata la posizione del sigillo sulla spalla destra di una delle statue (Prexau), senza badar troppo al
rapporto dimensionale del sigillo rispetto alla scultura; e questo per un motivo ben preciso; si è voluto, cioè, privilegiare l'aspetto didascalico dell'immagine rispetto al dato tecnico. Se avessi privilegiato quest'ultimo avrei dovuto esibire l'immagine di Fig.1 che, evidentemente, sarebbe risultata del tutto insignificante rispetto a quella di Fig. 2; ed è molto probabile che alcuni dei nostri lettori non avrebbero neanche percepito la presenza del sigillo sulla spalla della statua.
rapporto dimensionale del sigillo rispetto alla scultura; e questo per un motivo ben preciso; si è voluto, cioè, privilegiare l'aspetto didascalico dell'immagine rispetto al dato tecnico. Se avessi privilegiato quest'ultimo avrei dovuto esibire l'immagine di Fig.1 che, evidentemente, sarebbe risultata del tutto insignificante rispetto a quella di Fig. 2; ed è molto probabile che alcuni dei nostri lettori non avrebbero neanche percepito la presenza del sigillo sulla spalla della statua.
Fig. 1 Fig. 2
dimensioni proporzionate
Perché, allora, voler rimarcare il valore dimensionale del sigillo rispetto alla statua? Perché l'immagine di Fig. 1 svela la profonda natura e funzione del sigillo.
Il sigillo, di piccole dimensioni (3,40 cm di larghezza e 6,40 cm di altezza), vergato in microscrittura 1, posto sulla spalla della statua, era di fatto irraggiungibile e illeggibile da occhio umano.
Il nome del sovrano e la natura del dio erano per tanto nascosti in una sorta di scatole cinesi via via sempre più piccole; un sistema criptico a più livelli: le statue "nascoste" nel sancta santorum (livello 1), il sigillo di piccole dimensioni di difficile individuazione (livello 2) scritto in microscrittura (livello 3).
La statua, di per se gigante, non solo dava l'idea di potenza e gloria di quel sovrano, ma tendeva a nascondere il piccolo sigillo, che di fatto scompariva nella mole statuaria. Il sigillo, per tanto, descriveva ma, nascosto anch'esso, nascondeva il nome e la natura del sovrano divinizzato.2
Secondo questa concezione religiosa, senza i sigilli cerimoniali le statue erano mute, e al silenzio si cercò di indurle, senza riuscirci però, con l'azione distruttiva perpetrata, perché i sigilli recanti il "verbo" furono preventivamente asportati per essere nascosti in luogo sicuro presso il nuraghe Tzricotu che, ricordiamo, dista da Monte Prama solo 900 metri in linea d'aria.
Questo, almeno, ci sembra di auspicare dai fori posti sulle statue che potrebbero aver ospitato i sigilli.
Nascondere quei sigilli e in special modo lo specimen avrebbe preservato la vita di quel popolo perché nessuno avrebbe potuto pronunciare una evocatio contro di esso, invocando yhw o uno dei suoi figli.
Queste credenze, che ritroviamo nella cultura romana (emblematica la locuzione "nomen omen"), sono ben più antiche, tanto che in Egitto se si voleva annientare una persona si sopprimeva il suo nome martellandolo via dalle iscrizioni (ciò avvenne per Akhenaton). In ambito Ebraico il nome divino è nascostamente e benevolmente invocato nei nomi propri, come Emanuele (Dio è con noi) o Raffaele (Dio cura) e altri. Tuttavia il nome del Dio Ebraico è impronunciabile e in ragione di ciò esso è segreto; tant'è che ancor oggi non si conosce la sua esatta pronuncia.
In ragione di questa ultima affermazione si potrebbe pensare che basterebbe pronunciare YHWH secondo tutte le possibili pronunce per poterlo invocare e assoggettare, ma non è così. Il nome di Dio deve essere pronunciato con cognizione di causa per poter portare a termine il sortilegio; in ragione di ciò i sommi sacerdoti evitavano puntualmente di pronunciarlo se non in casi del tutto eccezionali.
Evidentemente non fa eccezione il popolo che scolpì le statue di Monte Prama e confezionò i sigilli di Tzricotu che nascosero il nome del loro dio "yhw" e quello dei suoi figli terreni, tanto che ancor oggi, dopo più di 30 secoli, strenuamente si cerca di nasconderlo con l'anatema (cristiano) della negazione.
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Questo, almeno, ci sembra di auspicare dai fori posti sulle statue che potrebbero aver ospitato i sigilli.
Nascondere quei sigilli e in special modo lo specimen avrebbe preservato la vita di quel popolo perché nessuno avrebbe potuto pronunciare una evocatio contro di esso, invocando yhw o uno dei suoi figli.
Queste credenze, che ritroviamo nella cultura romana (emblematica la locuzione "nomen omen"), sono ben più antiche, tanto che in Egitto se si voleva annientare una persona si sopprimeva il suo nome martellandolo via dalle iscrizioni (ciò avvenne per Akhenaton). In ambito Ebraico il nome divino è nascostamente e benevolmente invocato nei nomi propri, come Emanuele (Dio è con noi) o Raffaele (Dio cura) e altri. Tuttavia il nome del Dio Ebraico è impronunciabile e in ragione di ciò esso è segreto; tant'è che ancor oggi non si conosce la sua esatta pronuncia.
In ragione di questa ultima affermazione si potrebbe pensare che basterebbe pronunciare YHWH secondo tutte le possibili pronunce per poterlo invocare e assoggettare, ma non è così. Il nome di Dio deve essere pronunciato con cognizione di causa per poter portare a termine il sortilegio; in ragione di ciò i sommi sacerdoti evitavano puntualmente di pronunciarlo se non in casi del tutto eccezionali.
Evidentemente non fa eccezione il popolo che scolpì le statue di Monte Prama e confezionò i sigilli di Tzricotu che nascosero il nome del loro dio "yhw" e quello dei suoi figli terreni, tanto che ancor oggi, dopo più di 30 secoli, strenuamente si cerca di nasconderlo con l'anatema (cristiano) della negazione.
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Note e riferimenti bibliografici
2 Alla stregua e con lo stesso intento del nascondimento del Nume Tutelare, che anche nella antica Roma era segreto; come segreto era l'altro nome di Roma. Plinio il Vecchio (23 – 79) nella sua Naturalis Historia, riguardo alla Città afferma che dei riti misteriosi proibiscono di pronunciare “l’altro nome di Roma".
Penso che tu dica delle cose verosimili sull'oggetto minuscolo e la scrittura piccolissima in esso contenuta. Ma bisogna considerare anche l'aspetto formale del manufatto che era, appunto, un sigillo. Di per sé sempre piccolo e con segni quasi illeggibili. Sulla piccolezza della scrittura e del supporto ti ricordo il passo dell'Esodo in cui si prescrive la consacrazione di Aaronne con dei paramenti del tutto speciali. Un dato di questa straordinarietà è dato e dalle 'spalline' e dal pettorale. Nelle prime Iddio dice a Mosè che Aaronne dovrà portare scritti i nomi dei figli di Israele, sei da una parte e sei dall'altra. Trattandosi di pietre di onice si può capire quanto fossero scritti in piccolo quei nomi e come fosse praticamente impossibile leggerli come 'sigilli' (così si dice, 'pietre sigillo'). Stessa cosa circa il pettorale quadrato con le 12 gemme, di tipo tutte diverse, che portano ciascuna il nome di uno dei 12 'figli di israele'. Nessuno, tranne Yhwh, poteva leggere quei nomi. Infatti, la scrittura e la lettura non riguardava gli uomini, ma solo Dio. Quando il gran sacerdote entrava nella tenda di convegno portava quei nomi che solo Dio poteva leggere. I sigilli dei Giganti non erano fatti per essere letti da nessuno se non da yhwh. Ma ci sarebbe dell'altro (molto altro) da dire su ciò che suggeriscono le consonanze tra il notissimo passo della Bibbia e la 'scrittura' monumentale del 'memoriale' di Monte 'e Prama!
RispondiEliminaIl passo da lei citato – Esodo 39 – in effetti è illuminante quanto preciso nel descrivere ciò che percepiamo delle statue di Monte Prama. Tutti i particolari, dai fori posti sulle spalle, ai sigilli lì infissi, alla funzione delle statue stesse li ritroviamo descritti in quel versetto. Ma non solo. Se andiamo a visitare Giudici 17 potremmo trovare anche lì un passo illuminante, nel momento in ci la madre di Mica pagando 200 sicli d’argento fa confezionare una statua scolpita e una statua (?) di getto ...
RispondiEliminaSì, sì. Tutte cose bellissime. Di un discorso da ampliarsi, con forza e generosità di tutti. Stanno uscendo fuori delle cose che danno alla Sardegna delle eccellenze quasi insuperabili. Dico alla Sardegna perché essa culturalmente, sul piano del riconoscimento, soffre come quei sigilli e quelle statue. Perché non dirlo e perché non parlare di Sardegna? Lo sappiamo, lo sappiamo che questi sono tesori di tutti, sono universali. Ma sta il fatto che i 'tesori' sono di Sardegna e, umanamente non si può essere freddi ricercatori, compassati trasmettitori di storia indifferenziata, senza carne specifica. Di questa 'carne' credo che ne scopriremo ancora molta perché non è mitologica, è frutto di fonti dirette che, credo fermamente, avremo sempre di più a nostra disposizione.
RispondiEliminaVi è da notare che ancor più del versetto 39 dell'Esodo, è illuminante il versetto 28 dove parla direttamente Dio.
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