vd. prima parte
Fig.1 Fig. 2
Abbiamo
chiuso la prima parte (1) del presente saggio con alcuni
interrogativi che riguardavano l’ipotesi della presenza di una ulteriore
(seconda) lettura della fiaschetta. Una lettura, ovviamente data da una
scrittura non subito visibile, nascosta e, in quanto tale ancora meno visibile
di quella che (con occhi moderni) abbiamo subito potuto individuare nonché
accertare ricorrendo all’epigrafico. Una lettura che, in qualche modo potesse
spiegarci il perché, in una delle facce della fiaschetta di Ruinas di Oliena, si trova scritta
l’enigmatica espressione ‘occhio di yhwh’. Infatti, perché quel particolare
oggetto menziona l’occhio del Dio?
Sarà una espressione il cui significato si risolve in sé, con una simbologia
riguardante il manufatto? O è per caso una ‘repetitio’ o una ‘explicatio’ di
quanto nascostamente è detto altrove senza che noi ce ne accorgiamo?
Per risolvere il rebus (perché rebus è) bisogna che ci armiamo di pazienza ed osserviamo da molto vicino la forma un po’ ‘curiosa’ delle fiasche del pellegrino di fattura sarda, grandi o miniaturistiche che siano. Esse si mostrano, generalmente, composte da quattro o cinque motivi ‘topici’.
- un collo manifestamente fallico (fig.1
- 2 ) o a nuraghe (fig.3)
- un motivo ornamentale o decorativo vario (fig.4
-5 -6 ).- quattro (2) piccole bugne, quattro fori doppi passanti (fig. 6)
- una ‘pancia’ o corpo della fiaschetta (3).
- una base
fig.4Fig.5
Se non fosse per lo ‘strano’ disegno della parte superiore della fiaschetta potremmo dire che l’oggetto è sì ‘curioso’ ma non ha nulla di sorprendente in quanto esso riporta delle parti che sono perfettamente funzionali all’uso del portare (le piccole anse per le cordicelle) l’oggetto e del versare (il lungo collo) il liquido contenuto in esso. Così come non sorprende la presenza quasi ‘naturale’ di decorazioni sul dorso della fiasca. E neppure una ‘base’ come quella che si nota nella fiaschetta di Su tempiesu di Orune o di Nurdole di Orani . Tutto forma pragmatica e decorazione, dunque? Al massimo simbologia ‘taurina’? Ma perché allora, domandiamoci, la riduzione delle fiasche (per le quali, all’apparenza, sembra che non c’entri per nulla un liquido ‘reale’) ad oggettino, quello che può essere portato tranquillamente come pendaglio (dato l’iniziale foro passante presente in alcuni) oppure ‘nascondere’ al disotto della veste con facilità? Perché la miniatura (4) da oggettino amuleto? Oggettino di qualche culto o di qualche rito?
Gli interrogativi non si sciolgono certo con
l’apparenza formale della fiaschetta ma solo se si va ‘oltre’ e la si ‘legge’
secondo nascoste ma ben precise convenzioni scribali. Si legge se si capisce la
straordinarietà del manufatto che per la sua efficace carica allusiva incontrava,
così come altri simboli forti o talismani del nuragico (pugnaletti, faretrine,
accettine, spilloni, cosiddette ‘Tanit’, ecc.), il gradimento degli ‘utenti’ e
quindi la riproposizione (5), più o
meno variata, di esso. Quella ‘straordinarietà’ (che va oltre la forma ed il
simbolo) che andiamo proponendo da tempo
ma, purtroppo, sempre inascoltati. Infatti, se noi ricorriamo al metagrafico,
al codice che di norma prevede una scrittura basata sulla acrofonia, sulla
ideografia e sulla numerologia (6),
otterremo, per la fiaschetta tipo (7),
questo risultato:
collo = toro, fallo (ideografia)
decorazione = h (drh) (acrofonia)
quattro = forza, potenza (numerologia).
pancia = cerchio, luce (ancora ideografia).
Il senso sarà quello di ‘Lui (h) , fallo (‘rwh) forza (‘z) della luce (nr). La fiaschetta quindi ti diventa, così interpretata, solo un’occasione o un pretesto per scrivere e dire dell’altro nascostamente. E chi porta l’oggetto con sé, grande o piccolo che sia, sa di possedere un amuleto salvifico, qualcosa di magicamente possente che continuamente lo protegge. Tanto che saremmo propensi a credere che la fiaschetta fosse legata soprattutto al culto e al rito funerario soteriologico. Costituisse cioè uno dei tanti oggetti scaramantici (8), come quelli che aiutavano o garantivano il trapasso del defunto nel regno della luce del Dio. Non ci sembra proprio un caso che una fiaschetta nuragica miniaturistica (v. ancora fig.1), tranquillamente leggibile in scrittura metagrafica, così come le altre, sia stata trovata in Etruria. Essa faceva parte, con ogni probabilità, dato il suo significato relativo alla ‘forza della luce divina’ di un corredo funerario. Così come di corredi funerari facevano parte, con certezza, le barchette nuragiche, inneggianti ugualmente alla forza dell’androgino toro della luce (9).
Naturalmente, come c’era da aspettarsi, il
gusto della ‘variatio’ dei nuragici, la loro allergia per lo ‘standard’, li
spronava a cambiare, dove più dove meno,
la ‘scrittura’ con delle sfumature che però non andavano a intaccare il
senso generale riposto nell’oggetto (10).
Faremo due soli esempi per far comprendere questa tendenza, lasciando ad altro
momento la interpretazione sistematica delle fiaschette sarde a noi pervenute.
Il primo esempio riguarda una delle due
fiaschette miniaturistiche rinvenute a Su
Tempiesu di Orune (v.fig.7) e il
secondo riguarda il ‘collo’ della fiaschetta rinvenuta a Su romanzesu di Bitti. E’ evidente che nel reperto di Su Tempiesu la lettura cambia perché ci
sono due elementi discordanti rispetto alla ‘norma’ in quanto le bugne sono due
e c’è inoltre la presenza di una base. Si tratterà di vedere allora, sempre su
base acrofonica, numerologica e ideografica come si deve stavolta ‘tradurre’ il
metagrafico della fiaschetta, come esso, non discostandosi per senso generale,
ne assuma però uno suo particolare. Secondo noi la lettura sarà questa:
fallo,
toro/ decorazione//decorazione/ due/ luce quattro/ base, predella
e
cioè ‘Lui (hdrh) toro/ Lui (hdrh) doppia luce/ forza Lui (hdm)’: ‘Lui forza del toro della doppia luce’. E’ questo un procedimento
scrittorio usatissimo nei bronzetti, dove il ‘lui’ si ripete per le voci, singole
o non, che riguardano il dio (lui padre/ lui forza/ lui amore; lui padre
lui forza lui madre; lui padre testa lui madre pupilla, ecc.) e che pian
piano impareremo a conoscere. Già dicendo però che l’acrofonia che rende la
consonante ‘h’ che dà luogo al pronome è resa principalmente attraverso le voci hdrh הדרה e hdm הדם, come di questo specifico caso. Per capire meglio proponiamo di
seguito l’immagine della fiaschetta miniaturistica di Su Tempiesu con i riferimenti di natura fonetica
Fig.7 |
La seconda fiaschetta di Su Romanzesu purtroppo la conosciamo
solo perché di essa si è salvato il collo (fig.8) . E’ poca cosa certo eppure quel ‘poco’ sa di
miracoloso perché il frammento riesce a spiegarci che fallo/toro e nuraghe costituiscono
per senso la stessa cosa (11) . E riesce a dirci che (proseguendo la fiaschetta con la
topica ‘pancia’ o con la 'rotondità') il nuraghe toro era sicuramente associato
linguisticamente alla luce, tanto da dare - come in effetti dà in tutte le
fiaschette - la parola composta NR’G H (lui
toro della luce). Una verità questa del fallo - nuraghe difficile da mandar
giù non solo per coloro che si gingillano ancora con le fortezze ma anche per coloro che respingendo l’aspetto militare e non sapendo che pesci prendere si rifugiano (direi furbescamente) sul significato
di edificio per il ‘controllo del territorio’. Che non vuol dire nulla. Una verità peraltro che si scopre con certezza
sempre di più su basi epigrafico - fonetiche e non archeologiche. Anche qui
proponiamo l’immagine di una ideale quanto semplice (12) ricostruzione della fiaschetta, con i significanti topici, ma
partendo anche dal dato sicuro che il collo, così come in altre fiaschette,
presenta già il significante ‘hdrh הדרה’, salvatosi insieme alla
raffigurazione del collo nuraghe.
Dopo aver cercato di individuare il
senso comune a questa tipologia di
manufatti religiosi ‘scritti’ metagraficamente, vediamo ora di tornare alla
scritta epigrafica studiata nella prima parte dell’articolo e cerchiamo di afferrare
cosa c’entri nella fiaschetta di Ruinas
una insolita scritta di tipologia lineare come quella dell’occhio di Yhwh. Come punto di partenza sembra essere abbastanza chiaro che qui ‘occhio’ significa ‘luce’ e che quindi
la lettura possa essere ‘luce di Y(hwh)’. Se così è la voce allora va collegata
alla lampada (nr נר) topica realizzata ideograficamente
data la forma caratteristica a cerchio
(13) della fiaschetta. Ma così,
anche se si capisce che si vuol dire che la luce della fiaschetta è la luce (è simbolo della luce) del dio Y(hwh), sembra
però mancare ancora quel tanto di chiarezza che possa spiegarci per benino il
motivo per il quale lo scriba è intervenuto apponendo anche scrittura manifesta a
scrittura del tutto nascosta (e neanche da cercare e trovare ignorandosi l’esistenza
di essa). Anche qui la soluzione si ha, a nostro parere, se si tiene conto
della nota esplicativa (n. 6) della parte
prima del nostro articolo. In essa affermiamo che nuragici non scrivevano mai senza una
‘logica’ che giustificasse, in qualche modo, l’organizzazione del testo. Anche
quello apparentemente il più semplice. E un testo disposto con una lettera manifestamente
in alto e tre lettere in basso, disposte su di uno stesso piano, non costituisce
certo accidentalità o, meno ancora, ghiribizzo dello scriba ma indizio di ulteriore
senso. Per rendersene conto ed accettare così il dato dell’intenzionalità di accrescere
il significato al solo apparente Y/‘AYN si ritorni ai requisiti del metagrafico
del nostro oggetto. In esso, ideografia, numerologia e acrofonia sono chiari e sembrano
dare senso chiaro. Ma chiari risultano se nello stesso modo leggiamo anche l’epigrafico,
stando ben attenti al malizioso parallelismo scrittorio messo in atto da uno
scriba che certo sapeva il fatto suo. Infatti, riprendiamo il testo con la
dicitura ‘occhio di Y(hwh)’ su base
acrofonica e e ideografica, aggiungendovi la numerologia. Avremo:
Y = Y(hwh)
(acrofonia): y è la prima lettera del nome di yhwh.
‘ayin = nr (ideografia):
l’occhio è sinonimo di luce, dà l’idea della luce.uno /tre /quattro = Lui forza del toro (numerologia): i tre numeri che si ottengono vanno letti logograficamente perché suggeriscono parole (14).
Schema
che va ad affiancarsi a quello metagrafico (anche a quello di altre fiaschette,
come ad esempio quello di Populonia) in questo modo:
Con i tre requisiti applicati anche
all’epigrafico, abbiamo ottenuto così il risultato finale ovvero la lettura
completa (15) della fiaschetta.
Nella prima parte, quella completamente nascosta, si dice che ‘Lui è
la forza del toro della luce’ (HE ‘OZ ’AG NR), nella seconda, quella solo parzialmente
nascosta, si ripete in modo diverso la stessa espressione anche se inizialmente può sembrare esserci scritto solo ‘ayin Y(hwh) :
Infatti,
lo scriba che ha organizzato la scritta gioca non solo sui numeri ma anche sull’ambiguità del primo segno ad asta verticale perché se è
vero che (stante anche la sicura fonetica della lettera della riga successiva che ha la stessa identica
forma) esso ha valore di yod (nota la
lettera yod) è anche vero che esso può notare l’ideogramma ‘uno’ e, quindi, per traslato la
prima lettera dell’alfabeto (16) e
cioè ’leph (toro).
Quindi
possiamo leggere indifferentemente o Y(hwh)
Lui forza della luce oppure Toro Lui forza della luce. Con la seconda lettura si ripete quella metagrafica delle fiaschette del pellegrino, con
la prima si fa capire chi è quel ‘toro/uno’,
di chi è la forza della luce.
Ma sul 'toro uno ', culturalmente' non solo sardo nuragico, forse sarà utile aggiungere qualcosa.
(continua)
Note ed indicazioni bibliografiche
1.
Sanna G., 2016, Scrittura
metagrafica e scrittura epigrafica nella Sardegna nuragica (I). La
‘fiasca del pellegrino; in Maimoni Blog (ottobre 2016).
2. Possono essere
anche due (v. più avanti) come la
fiaschetta miniaturistica di Su Tempiesu
di Orune.
3. Il particolare della manifesta convessità ha fatto pensare ad Atropa
Belladonna che nelle fiaschette ci sia la presenza di un elemento ‘femminile’
da affiancare a quello ‘maschile’ fallico del collo. Quindi ci sarebbe una
lettura immediata relativa al dio androgino. Penso che possa essere nel vero
perché nulla esclude che possa esistere altra lettura rispetto a quella
‘comune’ che proponiamo più avanti per la categoria delle fiaschette talismano.
Anche per la considerazione che la fiaschetta del pellegrino di Populonia è
finita, con ogni probabilità, in una tomba con il solito insistente
‘magico’appello alla protezione della divinità androgina ‘padre e madre’ (apa/ati). Del resto anche gli oggettini
talismano a forma di bipenne, di cui parleremo,
presentano una lettura sicura relativa allo schema MF: una parte a
‘punta’ e una parte’ arrotondata’. Simbologia questa che perdipiù si trova abbondantemente usata negli oggetti
in osso, in pietra e in ceramica dell’antichissimo santuario di Pito in Grecia; gli scribi del quale, con un codice di
scrittura greco, usano il chiaro schema del Lossia androgino fallo/vulva (v.
Sanna G., 2007, I segni del Lossia
cacciatore. Le lettere ambigue di Apollo e l’alfabeto proto greco di Pito,
S’Alvure ed. Oristano, ΑΝΑΘΗΜΑΤΑ 4, pp. 381 -438.
4. La miniatura dei numerosi oggetti
nuragici, soprattutto in bronzo, a noi fa pensare alla stessa ‘microscrittura’ epigrafica, che ha valenza religiosa. Gli scribi operano su due piani
della visibilità comunicativa del sacro, sul grande e sul piccolo perché entrambi sono espressione
‘naturale’ della divinità: nuraghe/ nuraghetto; statua/statuina;
faretra/faretrina; grande fallo/piccolo fallo; grande cerchio/ piccolo cerchio;
grande toro/ piccolo toro, grande bipenne/piccola bipenne, ecc. Non credo ad
una motivazione che prenda le mosse solo dal ‘gusto’ o ‘dall’arte’. Pertanto
mai un oggetto piccolo o piccolissimo
può essere inteso come ‘decorativo’. E’ davvero un errore grossolano
l’interpretare, ad esempio, le minuscole accette nuragiche in bronzo come oggetti per pesare e ritenere
quindi ‘ponderali’ i segni che su di
esse sono incisi. Si scambia così davvero il sacro con il profano!
5. Il numero non irrilevante delle
fiaschette nuragiche ritrovate, anche fuori della Sardegna, costituisce un sicuro indizio che esse
fossero famose e abbastanza comuni. Il gradimento ovviamente era dovuto alle
caratteristiche singolari dell’oggetto ‘magico’ ma anche e soprattutto alla
sintetica formula salvifica in esso contenuta. Sotto questo aspetto le
fiaschette non si discostavano dalla ‘magia’ degli spilloni scritti, degli
scarabei ugualmente scritti e da altri numerosi oggetti che proprio attraverso
la scrittura metagrafica e epigrafica nascoste garantivano al defunto l’immortalità nella luce e del padre e della
madre.
6. Sono i tre requisiti normativi della
scrittura metagrafica. Quella epigrafica è più vivacemente articolata e gode di
una regolamentazione un po’ più ampia ( V. Sanna G., 2011, Scrittura nuragica: ecco il sistema. Forse unico nella storia della
scrittura; in Monti Prama. Rivista semestrale di cultura di Quaderni
Oristanesi, PTM ed. Mogoro, pp. 25 -38).
7. La fiaschetta ‘tipo’ è quella che
offre i significanti ‘topici’ del collo
fallico -taurino, della decorazione, delle quattro bugne e, ovviamente, della superficie tonda o tondeggiante. Vorrei far presente per parare
a una facile, quanto scontata obbiezione
circa il ‘collo’ toro quando esso non
sembra esserlo per disegno’ (v. ad es. la fiaschetta di Ruinas o quella di Borore) che
esso lo è non tanto o solo perché il suo disegno talvolta richiama il ‘fallo’
(= toro) quanto perché la caratteristica saliente di un fiasco o di una
fiaschetta sta nel fatto che il punto di forza
e di resistenza (il manico) nel suo uso sta nel collo. In ciò differisce da
altri recipienti dove il ‘toro’ si trova non nel collo ma in altri ‘manici’.
Questo considerare ‘toro’ il punto di resistenza o di forza di un oggetto è facilmente
desumibile, ad esempio, dalle barchette nuragiche dove ‘toro’ è l’albero della nave
oppure dai tanti scudi ‘scritti’ (metagraficamente scritti) dei bronzetti dove
il segno del toro sta, spesso molto enfatizzato, nell’umbone. Quindi, è il significato ideografico quello da tenere in conto e non tanto quello
pittografico: il suggerimento di quest’ultimo può esserci o non esserci. Costituisce 'explicatio' oppure ridondanza.
8. Si tenga presente che la tomba
II nella necropoli dell’Età del Bronzo di Sa
Figu (Ittiri-SS), ha restituito una
‘pilgrim flask’ nuragica associata ad una perlina di pasta
vitrea turchese e ad una fusaiola discoidale. Perlina vitrea e
fusaiola sono simboli chiari di
immortalità e di ‘forza ‘ per la salvezza e ugualmente simbolo di immortalità, data dalla
forza (toro) della luce’ (yhwh), è la
fiaschetta.
9.
Si veda di recente Sanna G., 2016, Codice
metagrafico nuragico. Un incredibile super ‘mostro’ per la salvezza e la
scrittura etrusca a rebus per crederci; in maimoni blogspot.com (14 Ottobre)
10. Quello di ‘ Lui forza del toro della luce’.
11. Nella collina di Monte ‘e Prama insieme alle statue sono
stati trovati abbinati dei modelli di nuraghe. L’ermeneutica archeologica, ben
lontana dal solo sospettare dell’esistenza del metagrafico, si è sbizzarrita con le più
spinte elucubrazioni ipotizzando nei 'modelli' persino ‘simboli femminili’. Si tratta invece dell’equivalenza Nuraghe ( = Lui toro della luce) con il defunto toro
luminoso Gigante. Si sa da tempo che uno di quei modelli (ad incastro) ha
dell’epigrafico oltre che il metagrafico. Potremmo avere una conferma sul significato del manufatto, ma sulle lettere che si annunciano lineari (sicuramente
attinenti al lessico riguardante il ‘toro della luce’ e cioè al NURAGHE) silenzio tombale. Da tanti anni.
12. Anche qui, nell’impossibilità di
ricostruzione del manufatto, proponiamo una fiaschetta ‘tipo.
13. Il cerchio in nuragico è sempre
simbolo geometrico utilizzato per notare la ‘luce’. Apparentemente il simbolo
può sembrare quello solare mentre è soli - lunare ovvero dell’ androgino. Come
sicura attestazione di ciò ricordiamo il disco del cosiddetto ‘brassard’ di Is Locci Santus di San Giovanni Suergiu
con i sette raggi, pubblicato
dall’Atzeni ( v. La cultura del vaso campaniforme nella necropoli di Locci Santus di San Giovanni Suergiu, in Carbonia e il Sulcis. Archeologia e territorio. Ed. S'Alvure Oristano 1995, pp. 117 -143) dove non c’è scritto ‘lui sole santo del toro padre’ ma ‘lui luce
santa del toro padre’.
14.
Sanna G., 2016, Scrittura nuragica. I numeri dall’uno sino al
dodici. Il loro valore simbolico convenzionale nei documenti della religiosità.
L’iterazione logografica sulla base di quel valore; in maimoniblogspot.com (2 luglio)
15. Abbiamo detto
più volte che, per quanto riguarda il metagrafico, ‘completo’ è ciò che sul
momento ci sembra essere tale. Ma la scrittura nuragica, a rebus e adusa alla λοξότης,
per sua natura si sottrae spesso al
‘definitivo’ e all’esaustivo’. Penso ad es. al senso in più che potrebbero
avere, per numerologia, le parti ‘decorative’. Dodici cerchi in una fiaschetta
potrebbero alludere alla luce e un collo fallico-taurino con sette ‘tratti’ decorativi potrebbe alludere al ‘toro santo’. Inoltre, essendo possibili nel nuragico più
letture e/o letture ‘a parte’, soprattutto nel metagrafico, qualcuna potrebbe
passare inosservata. E’ evidente che più aumenta la documentazione e di più, su
basi comparative e analogiche, cresce anche la possibilità di parlare di
‘definitivo’ e di completezza ermeneutica. La lettura proposta da Atropa B., di
cui abbiamo parlato in nota 3, offre un esempio di incertezza di scrittura in più, soprattutto in
considerazione del fatto che il tema dell’androginia o schema MF è uno dei più
ricorrenti nella cultura religiosa iconografica dei nuragici.
16. V. nota 14.
16. V. nota 14.
Buon compleanno Professore, con l’augurio che i prossimi anni siano proficui come quelli trascorsi.
RispondiEliminaSETTE SETTE. At a cherrere naere 'santissimu'? Assoras ti depes ingenugare sempere cando m'attopas.
RispondiEliminaProfessore, speriamo che in un lontano futuro non sia inserito nel Martyrologium Nuragicum, ma che venga ricordato quale Santu Luigi Amedeo Sanna de Aba san, sconfittore (è più corretto dire sconfiggitore ma la forma contratta è più elegante), dei negazionisti e degli epigrafisti domenicani (non c’entrano nulla i frati). Per parte mia spero di non essere ricordato quale “beato” discepolo sanniano (come qualcuno mi appellò); non per il “discepolo”, ma per il “beato”!
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