domenica 23 dicembre 2018

Buon Natale da Sarroch. La scrittura nuragica (a rebus) in un singolare sigillo di bronzo. Ancora un piccolo capolavoro di microscrittura: Dio e il mondo in un cm2


di Gigi Sanna

Introduzione

    La scoperta credo che possa ritenersi eccezionale. Sono sicuro però che future ricerche e futuri ritrovamenti ci daranno grandi soddisfazioni perché l’oggetto di cui oggi trattiamo è indizio di una intensa attività scrittoria, anche di grandissimo spessore formale ed estetico, attuata in tutta l’isola da parte dei nuragici. Forse allora saremo costretti a chiamare ‘normali’ dei manufatti che oggi ci stupiscono tanto. Infatti, non possono essere due o tre solo i prodotti, soprattutto in bronzo, eseguiti dai nuragici che per fattura, arte miniaturistica e argomento espresso oggi si possono accostare ai raffinatissimi sigilli (dei Giganti) del Nuraghe Tzricotu di Cabras. Ci sono ancora migliaia e migliaia di nuraghi e altrettante migliaia di edifici cultuali che devono essere scavati e ‘esplorati con cura’(1); nuraghi ed edifici che, per il semplice calcolo delle probabilità, considerando gli attuali dati, devono necessariamente celare ancora una notevole quantità di scrittura sia di tipo lineare sia di tipo metagrafico. E’ bello constatare che ormai è un ‘continuum’ di scoperte e talvolta basta attendere solo qualche giorno o qualche mese per avere ulteriori testimonianze e conferme, assai significative, sia della prima che della seconda tipologia, come è capitato per il reperto del Nuraghe Addanas (2) e per quello del Nuraghe Sa Domu ‘e s’orcu di Sarroch di cui ora si argomenta (figg. 1 -2)  

  
Fig.1    Fig. 2
  



 La piccolissima (3) ‘placchetta’ di bronzo è stata trovata per caso, molti anni fa, da un privato (s.d.), nei pressi del Nuraghe Sa  Domu 'e s’Orcu di Sarroch (località Tanca Piredda). Con ogni probabilità si tratta del castone di un anello sigillo dati i segni riportati in negativo. La tecnica di realizzazione del manufatto è quella dell’osso di seppia, del piombo e del bronzo spiegata di recente (4) da Sandro Angei a proposito della matrice nuragica (e non bizantina!) per formare i singoli sigilli degli inumati di Monte ‘e Prama.

   Onde comprendere sia le parti che il tutto bisogna innanzitutto osservare che il componimento è chiaramente condotto (figg. 3 e 4) sulla traccia di un quadrato (5).

Fig. 3 e fig.4

      Sul lato a si nota un motivo  a ‘freccia’ con la punta orientata verso destra; motivo  che però suggerisce anche  una metà del pugnaletto nuragico cosiddetto ‘ad elsa gammata’ (viene esclusa la parte a ‘T’ del manico).

     Sul lato b a destra sono riportati, con una distanza regolare l’uno dall’altro, tre piccoli segni cuneiformi (6) di cui il primo ed il terzo sono obliqui mentre il secondo risulta essere verticale (o leggermente obliquo) così da suggerire una rotazione verso sinistra rispetto agli altri due.

   Sul lato c  si nota una linea orizzontale continua che va dalla base del  terzo motivo a cuneo a quella del cuneo seguente.

   Sul lato d si trovano due motivi a cuneo simmetrici rispetto a quelli (secondo e terzo) del lato b. E si nota ancora la verticalità (o leggera obliquità) del primo cuneo (a partire dall’alto) corrispondente alla verticalità (o leggera obliquità) del secondo cuneo del lato b.

   Quasi sulla traccia della diagonale del quadrato è riportata una linea obliqua che parte dalla sinistra del primo cuneo del lato b e termina sulla destra del secondo cuneo (sempre a partire dall’alto verso il basso) del lato d. Tale linea obliqua va a congiungersi, sovrapponendosi, con quella orizzontale del terzo lato.  

    Il motivo a freccia ci dice che dobbiamo procedere a destra, in senso orario, proseguendo cioè con una rotazione del quadrato (o del sigillo) con la freccia che così continuamente ci suggerisce (fig. 5) figurativamente,  sino a 360 gradi, di  proseguire sempre in senso orario. 



Fig. 5 

    Tale movimento circolare in senso orario consente di comprendere che la linea obliqua altro non è che un asse (7) che ruotando ‘spinge’ in avanti i tre cunei tracciati nel lato b e i due tracciati nel lato d.

    Chiediamoci ora: perché i cunei del lato d sono due e invece tre nel lato b, con l’interruzione della chiara simmetria,  dal momento che il sesto cuneo (il primo dall’alto del lato d) è sostituito dal segno che nota la metà del pugnaletto ‘ad elsa gammata’? Che c’entra quella parte del simbolo ‘pugnaletto’, la sola disegnata? Cosa intende suggerirci questa metà con la sua (apparente) diversità rispetto ai cinque cunei?

     Un bel rebus davvero. Un enigma questo che sarebbe stato assai difficile, se non impossibile (8), da sciogliere se noi non avessimo, già da un certo tempo (9), acquisito delle informazioni sulla scrittura e la crittografia dei nuragici che ci consentono ora di ricavare senso, di ‘tradurre’ e di andare oltre le semplici apparenze.

    La prima informazione è data dal fatto che il pugnaletto non è solo immagine ‘decorativa’ ma anche e soprattutto simbolo fonetico che può essere semplice oppure complesso, a seconda che lo si riporti per intero oppure disarticolato. Intero serve a notare la consonante aspirata ‘ה(10), mentre disarticolato significa, con la parte superiore in forma di ‘T’, hey הי (vivificante, che dà la vita) e con la parte inferiore ‘ag אג, nome questo del toro in nuragico (11), realizzato con la ’aleph pittografica + la gimel (12). Intero, con valore di ה, lo si trova spessissimo nei bronzetti, ma anche in supporti in ceramica oppure lapidei (figg. 6 - 7 - 8 ).

     

 

Fig. 6. Bronzetto di  Urzulei                       Fig. 7. Frammento d’anfora fittile di S’Arcu ‘e is Forros (Villagrande  Strisaili)        Fig. 8.  Giorrè di Florinas

     Disarticolato invece lo si riscontra una volta soltanto, nella barchetta scritta (13) fittile di Teti (fig. 9)

    

Fig.9

    Nell’oggettino di Tanca Piredda di Sarroch si ha - per la prima volta nell’iconografia nuragica - il pugnaletto ancora disarticolato ma riportato solo nella parte inferiore con il significato che si è detto, ovvero di ’ag אג  ‘toro’, ‘toro straordinario’.

    Praticamente con l’ultimo rinvenimento siamo oggi in grado di leggere uno dei segni di scrittura più ‘forti’ del nuragico in tutte le sue combinazioni (tab. 1) dal momento che del pugnaletto anche il segno a ‘T’ è attestato (fig. 10) in una nota sequenza fonetica di una scritta di San Giovanni del Sinis (Cabras) dove, per altro, esso è accomunato all’immagine della protome taurina con lettera hē ה lunata sottostante (14).

  Fig. 10

                          tab.1                                                                                                                                                                                                                                                     
     Tutto ciò ci consente di affermare che se il segno dimidiato del ‘pugnaletto’ ha valore di ‘toro’, gli apparenti  minuscoli ‘cunei’ altro non sono che delle minuscole protomi taurine (15) e che esse, disegnate simmetricamente nel sigillo, non sono cinque ma sei.

   Si capisce ora abbastanza facilmente che la rotazione continua, a svastica (16), dei sei  ‘tori’ allude ai tre momenti fondamentali della ciclicità della luce dei due astri sole - luna. Particolare questo molto illuminante circa il disegno e il senso complessivo del sigillo; aspetto che però, secondo noi,  non esaurisce completamente il significato di esso che risulta essere, dati altri  particolari significanti nascosti,  ancora  più pregnante.

   Infatti, bisogna ora interpretare non solo la forma e l’andamento circolare in senso orario dei cunei ‘tori’ ma anche (17) la ‘lamed’, il segno fonetico  che separa vistosamente, con il tratto superiore obliquo, i cunei taurini  in due gruppi di tre (fig.11)




 fig. 11

    Essa lettera da sola non avrebbe senso (18) se non si considerasse che il pugnaletto è disegnato con valore polisemico, in modo da dare l’idea non solo del toro ma anche, come si è visto,  quella di una ‘direzione’ con l’idea della ‘freccia’ che indica la destra (la direzione nel procedere ruotando l’oggetto in senso orario). Ora, in semitico ‘a destra’ si dice ymyn  ימין, aspetto lessicale  questo che consente di ricavare per acrofonia la consonante yod. Facendo dunque precedere (come precede!) la yod acrofonica di ymin ימין alla lamed si ottiene il nome di ‘IL ’ יל, voce che in nuragico (19) significa ‘Dio’ .

  Ricapitolando abbiamo dunque:

- quadrato (forza)

- continuità circolare (a svastica,  in senso orario)

- asse

- IL

- toro tre (luce)

- toro tre (luce)


  cioè:  Forza  continua circolare dell’asse di IL doppio toro della doppia luce (20). 

     Il sigillo dunque si configura come un oggetto apotropaico come quello che tende a garantire, per chi lo portava, l’energia luminosa continua taurina soli -lunare del Dio (IL).


Note ed indicazioni bibliografiche

 1. Scriveva circa un secolo fa (1920) nel suo manoscritto il maestro Pietro Lutzu di San Vero Milis, il pioniere della piccola ma significativa ricerca sistematica della scrittura nuragica:  'Dai saggi riferiti, riprodotti con esattezza, risulta maggiormente provato, che il popolo costruttore dei nuraghi conobbe e adoprò il suo genere di scrittura; la cui scarsezza lamentata dai cultori della preistoria sarda (come scrive Taramelli) oggi non dovremmo più ammetterla; e se ancora cotali scritture non abbondano, dobbiamo attribuirlo con sicurtà alla distruzione dei monumenti stessi od alla poca cura nell'esplorarli ‘.
2. v. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/10/scrittura-nuragica-cossoine-un.html
3. Cm 1,2 X 1,00.
4. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/04/il-sigillo-a1-di-tzricotu-matrice-per.html
5. Il quadrato, così come il rombo e la croce in nuragico sono simbolo della ‘forza’, in semitico chiamata ‘oz עז (v. G. Sanna, 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro 5.2 pp. 120 -121).
6. I piccoli ‘cunei’ richiamano formalmente in qualche modo quelli, altrettanto piccoli, dei sigilli di Tzricotu di Cabras (v. fig. di questa nota). L’accostamento si ritenga quanto mai calzante (ed opportuno) perché risulta evidente che il ‘modus scribendi’ del sigillo di Sarroch è lo stesso adoperato nei quattro sigilli dei Giganti di Monte ‘e Prama.  Infatti, oltre al dato dell’essere i cunei simbolo taurino sia in Sarroch che in Cabras, si nota comparativamente (per i manufatti di Tzricotu si veda G. Sanna, Sardōa Grammata. ’ag ’ab sa‘an yhwh  Il dio unico del popolo nuragico, cap. 5.3, passim), che in tutti i sigilli è presente: 1) l’obliquità dei cunei 2) la disposizione simmetrica di essi 3) la ‘variatio’ segnica per notare il toro  4) la micrografia 5) il riporto dei significanti in negativo 6) l’acrofonia 7) la polisemia 8) il mix segnico 9) la numerologia.Abbiamo detto altre volte che il tempo, per maggiore determinazione nella ricerca della documentazione arcaica sarda scritta, avrebbe dato soddisfazione alla bella realtà dei sigilli di Tzricotu, assurdamente ritenuti a occhiometro bizantini e mai fatti periziare. Ora, il nuraghe Sa domu ‘e S’Orcu e il Nuraghe Tzricotu sono assai distanti tra di loro, trovandosi l’uno nella Sardegna centro occidentale e l’altro all’estremità della  Sardegna meridionale. Un certo ‘modus scribendi’ presente nelle due località è indizio sicuro della presenza di una o più scuole scribali dove i maestri scribi insegnavano agli apprendisti una particolare scrittura a rebus con delle norme da rispettare sia pur nella libertà compositiva. Solo con l’esistenza di ‘case della vita’ è comprensibile il fenomeno così diffuso a cui sempre di più assistiamo:  l’uso di un system con delle ‘regole’ rispettate dovunque. Regole di un codice, soprattutto funerario, così consolidate e pregevoli per applicazione, che vennero esportate con successo anche in Etruria. 


        
7. Se le cose stanno veramente così come crediamo questa sarebbe la prima volta in cui viene attestato, figurativamente e idealmente,  in un documento antico (IX - VIII secolo a.C.?), l’axis proprio come ‘asse’, strumento ‘fisico’ che regge e fa ruotare i due astri che danno la vita al mondo (axis mundi). L ’axis nel documento di Tanca Piredda di Sarroch coincide con il nome del dio stesso. E’ IL (YH) l’asse del mondo, il motore del tre (o della luce che dir si voglia)  e quindi dell’esistenza.    
8. Solo oggi, in virtù degli oltre 300 documenti ritrovati che hanno consentito di capire non poco del particolare system di scrittura dei nuragici, con i suoi simboli e le specifiche convenzioni (soprattutto quelle poste in essere attraverso i numeri),  siamo in grado di ‘decifrare’ i testi con una certa sicurezza. Il system, tra l’altro, prevede oltre alla scrittura ‘lineare’ (quella maggiormente riconoscibile e traducibile), la scrittura ‘metagrafica’ a rebus, talvolta realizzata con l’uso degli oggetti stessi (o dei monumenti).  Una scrittura del tutto nascosta che trova il suo modo di essere,  in particolare, attraverso l’ideografia, l’acrofonia e la numerologia.
9.  Già nel 2004 avevamo intuito e detto che il pugnaletto ad elsa gammata, proprio in virtù della presenza del ‘gamma’ (lettera gimel in semitico), doveva nascondere della scrittura anche nel rimanente (v. G. Sanna, 2004,  Sardōa Grammata. ’ag ’ab sa‘an yhwh  Il dio unico del popolo nuragico, S’aLvure Oristano, cap. 5.3 pp. 193 - 196; idem, 2016, I geroglifici dei giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro, cap. 7, pp. 149 - 152). Insomma la gimel non doveva costituire con la sua forma una accidentale ‘somiglianza’ alfabetica (archeologicamente comoda per riferimento ad un certo oggetto)  e non doveva essere l’unico segno alfabetico presente nel particolare manufatto. Si ricorda qui che il pugnaletto è segno (di scrittura) molto arcaico, con ogni probabilità appartenente ai nuragici dal momento che la sua attestazione risulta sovrabbondante in Sardegna e non trova somiglianza grafica, se non saltuariamente, in pochissimi luoghi del Mediterraneo orientale. Su di esso (anche per la bibliografia pertinente) v. Canu N. - Fois A., 2016, Il pugnale ad elsa gammata nella civiltà nuragica. Nuove attestazioni iconografiche da contesti santuariali; in PREISTORIA E PROTOSTORIA IN ETRURIA. Armarsi e comunicare con gli uomini e con gli dei. Le armi come strumento di attacco e di difesa, status symbol e dono agli dei. Ricerche e scavi. Atti del tredicesimo incontro di studi, Vol. 1, Centro Studi di Preistoria e Archeologia, Milano,  pp. 337 - 340 ; per un breve ma interessante  excursus critico sul ‘segno’, da attribuire con ognoi probabilità ai nuragici, si veda di recente anche Masia F., 2017, Scrittura nuragica? Storia, problemi e considerazioni, Condaghes, pp. 48 -53 e note 61 - 62 - 63 - 64 - 65 - 66 - 67).     
10. Il valore fonetico è dato dalla acrofonia. Poiché il pugnaletto è segno - simbolo  di ‘rango’, di ‘distinzione’, in semitico hdrh הדרה, il suo valore diventa ‘ quello di ‘hē’ ה  la prima consonante della parola.
11. Sul nome ’ag e la sua sicura attestazione documentaria si veda soprattutto http://gianfrancopintore.blogspot.com/2012/07/ed-ecco-finalmente-la-parola-nuraghe-in.html
12. I due segni sono agglutinati. La prima consonante è pittografica (la protome taurina stilizzata con corno sinistro asimmetrico), la seconda schematica. La gimel rispetto alla norma (?) è ruotata di 90 gradi.
13. Per la singolare vicenda archeologico - epigrafica di essa si veda in particolare Masia F.,2017, Scrittura nuragica? Storia, ecc., cit., passim; in part. le pp. 39  - 55.   
14. V. Sanna G., 2014, Sha’ar ha ba ‘al di San Giovanni del Sinis (Tharros). Il sincretismo religioso e l’occhio astronomico immortale dei tre soli: Shamash, Nur, Ra. Il mix della scrittura e la scuola scribale nuragica in periodo tardo (IV - III secolo a.C. , in Monte Prama blogspot.it (12 giugno).   
15. Si tenga presente che protomi taurine lapidee con tale identico schema a cuneo, naturalmente di ben diverse dimensioni, sono presenti nei siti nuragici. Si vedano, ad esempio, le non poche presenti e sparse qui e là presso il tempietto nuragico del sito archeologico di Giorrè di Florinas, lo stesso - non si dimentichi -  dove è stata rinvenuta la piccola stele con la cosiddetta lettera a forcella affiancata dal segno a pugnaletto con elsa gammata (v. fig. 4).     
6.  Il braccio della svastica e la sua rotazione sembra essere suggerita dal pugnaletto a metà più la lamed (oppure asse + tratto orizzontale del lato c). La presente tipologia del braccio della svastica (simbolo conosciuto e usato dai nuragici: v. https://monteprama.blogspot.com/2012/12/croci-o-svastiche-filistei-o-nuragici.html?zx=2598c0cc47e79824), con tratto (asse) mediano obliquo, è presente in Sardegna e si trova attestata nella ‘Tanit’ di Baratili San Pietro (v. la seconda delle figg. seguenti). Se, come sembra, il braccio della svastica è presente nel sigillo ciò vuol dire che il segno del pugnaletto cresce ancora di polisemia: è ‘toro’, è ‘freccia’ ed è anche, con la sua orizzontalità,  segmento che contribuisce a caratterizzare  la svastica. 

       
17. I documenti con scrittura nuragica sono spesso assai difficili da tradurre esaustivamente per il fatto che i significanti  non sempre sono individuabili, anche con il massimo dell’impegno. Peraltro, oltre a non sapere ancora sino a che limiti di fantasia ‘giochi’ tutto  il codice arcaico sardo , c’è da considerare, enigma nell’enigma, un dato fondamentale:  il modo con cui si cela, criptato il più possibile, il nome della divinità. Nella fattispecie se volessimo sfruttare al massimo il requisito dell’acrofonia, l’aspetto dei due astri, con il loro ‘sorgere, distendersi e curvare’, ci darebbe per due volte il nome yhh (v. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/01/dio-per-i-nuragici-era-scritto-in-cielo.html). Nome di Yhh che ovviamente si aggiungerebbe agevolmente a quello di IL.  E’ solo il fatto che è difficile spiegare quel doppio yhh nella sintassi complessiva che ci induce a ritenere non presente la suddetta acrofonia. Con ogni probabilità è  il tre che rende ideograficamente la luce per due volte (v. più avanti) che deve essere letto non il tre acrofonico.      
18. In realtà , come si sa, la ‘lamed’ da sola è preposizione con ampio margine d’impiego (con valore di scopo, temporale, ecc.) ma non si vede qui come possa essere sintatticamente impiegata con tale funzione. Pensare ad una sua inesistenza lasciando solo all’ideogramma ‘braccio della svastica’ il senso del segno a ‘zeta’ è possibile;  ma così si escluderebbe il nome del dio che sembra essere motore dell’axis mundi.      
19. Il nome di IL (o ILI), dio del panheon cananaico fatto proprio dai nuragici, nella documentazione si trova non poche volte rispetto al numero dei documenti rinvenuti:  nell’iscrizione in mix del Nuraghe Aidu ‘Entos di Bortigali, nel coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore, nella piccola bipenne in bronzo di S’Arcu ‘e is forros di Villagrande strisaili, nel coccio d’anfora di tipologia cananaica rinvenuto sempre in s’arcu e is forros, nel coccio dello ‘lyl עליל (crogiolo) del Nuraghe Addanas (ripetuto per tre volte), nello scarabeo sigillo di Sardara (v. G. Sanna, 2017, Santa Anastasìa di Sardara. Scarabeo 'egittizzante' con toro di Hathor -Ysis, fiori di loto e barca? Con i Fenici ‘mediatori’? Pura fantasia. Nulla di tutto ciò. Solo luminosi tori nuragici ed egiziani con scrittura nuragica. Che più ‘nuragica’ non si può), nello scarabeo sigillo, di provenienza sconosciuta, pubblicato da M. Scandone (v. Atropa Belladonna, 2013, Gli scarabei sigillo e la scrittura segreta del dio nascosto, in Monteprama. blogspot (26 Ottobre)). Per gli ultimi due, entrambi sigilli,  si vedano le  figg. seguenti:

           


    20. Il tre è ideogramma usato sia dai nuragici che dagli etruschi per notare la luce. Ha origine empiriche astronomiche: sono i tre tempi fondamentali e consueti del ritmo rotatorio dei due astri (sorgere, estendersi e curvare). Nella simbologia etrusca il tre allude alla luce solare e quindi a Tin oppure alla somma delle due luci. Il sei invece (anch’esso simbolo nuragico astrale) nota le due luci del sole e della luna distinte e quindi sia Tin che Uni. Sul numero tre e sul numero sei, numeri cardine del codice espressivo funerario sia nuragico che etrusco, in quanto notanti la luce continua e quindi la rinascita dei defunti, contiamo di dire in uno specifico studio che naturalmente ha bisogno di ampie e profonde riflessioni nonché dello spazio necessario per fornire l’adeguata documentazione. Basterà qui dire che la documentazione scritta nuragica sembra far capire, soprattutto dalla lettura di questo sigillo, che essendo IL (yh)  il ‘doppio toro’ della luce, i due astri non sono due divinità, ma solo strumenti ed estensioni della sua potenza  taurina creatrice. I nuragici non veneravano il Sole e la Luna se non come ‘lampade’, ‘fonti di luce maggiore e minore per illuminare la terra’,  strumenti creati ‘dopo’ la ‘grande luce’ per dare il giorno e la notte e quindi la vita del mondo. Del tutto in sintonia con il VT (Genesi, 1, 4).   





1 commento:

  1. Caro Professore ho motivo di ritenere che si tratti di una moneta del periodo vandalico

    RispondiElimina