di Gigi Sanna
fig. 1
La barchetta bronzea dell’Antiquarium Arborense di Oristano, purtroppo trafugata, possiede sia sul fondo piatto sia su di una fiancata dei segni ‘alfabetici’ realizzati a puntinato. Il Lilliu, esaminandola e studiandola, pensò, forte del dogma (che lui stesso aveva contribuito a creare e a divulgare) che i nuragici non avessero conosciuto la scrittura, che quei segni fossero romani (1). Più tardi lo studioso Raimondo Zucca, allievo del Lilliu, pensò anche lui che la scritta stante sul fondo fosse romana e che nascondesse una sigla; più precisamente quella di un nobile, una volta possessore della navicella, dal nome S(EXTUS) N(I)P(IUS). Abbiamo da tempo respinto quella interpretazione (2) perché le lettere, del tutto travisate, non sono romane ma nuragiche e più precisamente una ‘nun’ arcaica a serpentello (3), una ‘nun’ di tipologia più recente e una ‘resh’. La ‘resh’ e la ‘nur’ sono agglutinate (v. fig. 1) per cui i segni sono due. Il significato è quello di ‘ Lui (4) luce (nr) continua ‘(5).
Stessa precisa espressione si trova in una delle fiancate, scritta sempre a puntinato, ma diversamente, con un segno solo apparente (v. fig.2). In realtà nella ‘silhouette’ del serpente sono inserite due lettere che sono ancora, come nella scritta del fondo, una ‘nun’ e una ‘resh’. Quindi abbiamo di nuovo ‘ Lui luce continua'.
FONDO: Stabilità
(sicurezza) della luce continua di lui
FIANCATA: Protezione della luce continua di lui
Si comincia dunque a comprendere dalle due voci (stabilità e protezione) che la barchetta non è un ex voto e tanto meno funge da lucerna ma è un oggetto apotropaico, un amuleto protettivo contro il male e le situazioni avverse. E che le cose stiano così lo dimostra la parte mancante della navicella ma facilmente ricostruibile. Infatti, su di essa potremo mettere il ‘topos’ di tutte le barchette nuragiche ovvero l’albero della nave sormontato dal 'cerchio' con sopra la colomba (v. fig. 3)
Il ‘topos’ raffigurativo - scrittorio riguarda una colomba, un anello (un cerchio) e una torretta di un nuraghe (8). Nella seconda figura (fig. 4) si noti che il cerchio dove posa la colomba non è completo ma è vistosamente interrotto (9). Che significa tutto ciò? Come lo si deve leggere? La soluzione stavolta si ha non solo attraverso l’ideografia ma anche attraverso l’acrofonia. Innanzi tutto, vediamo l’ideografia. Essa dà, per quanto riguarda il pennone - nuraghe, il valore di ‘forza', 'toro’. Per quanto invece riguarda l’anello dà quello del disco luminoso, della ‘luce’. L’acrofonia (e ideografia assieme) invece ci dà la lettera he perché la colomba è ‘la viaggiatrice, quella che va e viene’ e il verbo semitico con questo valore è hlk הלך. Avremo pertanto Lui (he) + luce + forza (toro). Ma nella figura 4 si nota che il disco è interrotto come se ne mancasse una piccola parte. Quasi ci fosse un difetto tecnico di costruzione riguardante la colata del bronzo. Ma così non è perché quella interruzione è voluta, del tutto intenzionale. Infatti, lo scriba artigiano ha voluto aggiungere, con la piccola variazione, un particolare importante; ha disegnato in maniera più esplicita l’uroboro (10) ovvero il segno del serpente continuo, cioè il simbolo della luce continua. Avremo pertanto nella ipotetica parte superiore della navicella dell’Antiquarium oristanese questa espressione : Forza della luce continua di lui. La barchetta si mostra allora scritta, nelle tre parti che la costituisco, con la stessa espressione ma disegnata in tre modi diversi:
Forza della luce continua di lui (oppure Lui è forza della luce
continua)
Protezione della luce continua di lui (oppure Lui è protezione della luce
continua)
Sicurezza (stabilità) della luce continua di lui (oppure Lui è sicurezza
di luce continua)
E’ questa la formula
dell’aiuto del dio (yh) che riguarda tutte le barchette. Formula che può
essere più o meno variata (11), ora più semplice ora arricchita da altri
ideogrammi ancora. Per detta formula apotropaica le barchette erano particolarmente
apprezzate e adoperate perché si prestavano già di per sé, con la loro struttura
‘naturale’, a rendere con la forza (l’albero maestro), con la protezione
(le fiancate) e con la stabilità (il fondo) le qualità salvifiche del dio. Negli
altri bronzetti invece il lavoro di scrittura attraverso l’ideografia, la
numerologia e l’acrofonia risultava sempre molto più complesso; così come complesso fu sempre il lavoro degli
Etruschi che detta formula nuragica, più o meno ampia e più o meno variata, ugualmente adoperarono per gli oggetti sacri,
soprattutto quelli de culto funerario (12).
La barchetta dell’Antiquarium Arborense con la sua
scrittura, anche alfabetica (13), risulta molto istruttiva perché
consente
- - di capire cos’è l’oggetto sacro ‘barchetta’ e a cosa servisse.
- - di capire che la scrittura a puntinato (ricorso non infrequente (14) nel nuragico) serviva per dare acrofonicamente la lettera del pronome he riguardante la divinità.
- - di capire perché le barchette possono riportare segni fonetici su
alcune delle loro parti.
- - di capire che in nuragico
il supporto va letto per dare senso completo all’espressione scritta.
- - di capire che gli Etruschi, per ovvi motivi cronologici (15),
hanno appreso la formula della forza, della protezione e della sicurezza, riguardante
l’aiuto della divinità, dalla cultura religiosa nuragica.
NOTE E RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
1.‘
Nel fondo e su d’un fianco, la navicella reca incisa, a puntini,
un’iscrizione in latino aggiunta successivamente all’oggetto, considerato
prezioso, e tramandato di generazione in generazione, in una famiglia, sino a
diventare proprietà di un ricco signore provinciale romano’ (v. Lilliu G., 2008,
Sculture della Sardegna nuragica (ristampa), Illisso, Nuoro, p. 482, fig.276.
2.Sanna G., 2010, Serpentelli di tutti i nuraghi unitevi; in Gianfranco Pintore Blogspot. Com (16 gennaio). Sui segni, ritenuti sempre romani, si veda anche Ugas G. 2013, I segni numerali e di scrittura in Sardegna tra l’età del bronzo ed il I ferro, in Tharros felix, a cura di A. Mastino, P.G. Spanu, R. Zucca, Roma Carocci, pp. 295 - 377.
3.Per un segno identico a ‘S’ romana si veda la pietra betilica di Aidomaggiore (custodita nei locali del Comune), la scritta della fiasca del pellegrino di Ruinas nonché l’iscrizione, con le lettere tra quadrati, della parete della scogliera di San Giovanni del Sinis (oggi purtroppo deturpata). V. figg. segg.).
Forse sarà benne ricordare che altre voci semitiche sono impegnate per l’acrofonia e l’uso dell’aspirata h sono quelle di HRK הרך (che viaggia, che va e viene: la colombella, l'anatrella) e HRH (essere incinta). Un uso interessantissimo di HRHהרה si ha nella pietra scritta del Nuraghe Losa di Abbasanta dove la 'serpentella' è disegnata incinta al fine di notare il pronome indicativo: Lui (è) il toro straordinario continuo (v. fig. seg.)
7.
E’ l’idea che dà anche la fiancata scritta della barchetta di S’Urbale
di Teti. All’idea di protezione si aggiunge anche l’ideogramma della continuità
(l’onda corrente). La ‘protezione continua’ è l’incipit della espressione che verosimilmente prosegue nella fiancata: ‘Protezione continua di lui toro (creatore) del ‘sei’
che dà la vita. Toro straordinario della luce (è ) lui’.
8.
Ovviamente dal punto di vista ideografico il ‘nuraghe’ richiama il toro così
come lo richiama l’albero maestro che sopporta la vela.
9.
Non si dà molto peso al dettaglio. Il Lilliu annota il dato, parla di ‘variatio’
e di tipologie d’anello ma più in là non si spinge. Si veda il commento al
bronzetto n. 278: ‘Varia l’anello di sospensione, messo al solito di
traverso al listello semicircolare, completa il giro senza che le estremità si
saldino, segnando un’altra piccola variazione (nelle barchette descritte
l’anello ha il filo completamente chiuso).Lo studioso, inchiodato com'è sull'esame del decorativo o delle tipologie o dello stile dei manufatti è
molto lontano dal solo sospettare quale sia veramente il motivo delle
variazioni. Le estremità si saldano o non si saldano. E tutto finisce lì.
10.
L’uroboro è segno e simbolo assai antico, usato (si pensa) per prima
dagli egiziani. Si veda l’immagine di Horus bambinello (il sole nascente) del papiro di Dama - Heroub. Con ogni
probabilità nelle barchette il disco luminoso, anche senza interruzione, è sempre l’uroboro, l’animale che
si morde (o sta per mordersi) la coda espresso in modo estremamente schematico.
11. Le cosiddette ‘decorazioni ‘ (ad esempio le colombe e le anatrelle aggiunte) altro non sono che arricchimento della formula con gli ideogrammi della forza, della protezione e della sicurezza.
12.
Vedi di recente il nostro saggio (Sanna G., 2021, Scrittura etrusca a rebus.
La kulix del grande pittore Exekias.Dioniso e i pirati tirreni; in Maimoni
blog (6 dicembre).
13. Le barchette bronzee nuragiche raramente risultano scritte con scrittura lineare, così come quelle fittili. Praticamente sia quella in bronzo dell’Antiquarium oristanese sia quella in ceramica del museo di Teti sono per ora da considerarsi entrambe un ‘unicum’. Nella barchetta oristanese i segni (a puntinato) sono in tutto sei: nun + nun + resh sul fondo, nun + nun + resh ancora sulla fiancata. Nella navicella di Teti i segni lineari sono 12: ‘aleph + gimel + he + 3 + 3 (le due lineette) + he + yod + ‘aleph + gimel + nun + resh + he. Per quest’ultima v. la tab. seg.
14. V. nota 4. Si veda anche il pugnale ad elsa gammata proveniente dalla grotta Pirosu su Benatzu di Santadi (Lo Schiavo F. - Perra M. 2018, Le armi, le armature, il conflitto e la guerra; in Il tempo dei nuraghi in Sardegna dal XVIII al VIII secolo, a.C, Ilisso ed. Nuoro, p.337, fig.395.
15.
I nuragici precedono gli etruschi per uso della scrittura di almeno quattro o cinque
secoli. Le prime attestazioni dell’uso da parte degli Etruschi , sia dell’impiego della scrittura lineare
alfabetica sia di quella metagrafica a rebus, risalgono
al VII - VI secolo a.C.
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