di Gigi Sanna
Il sigillo A1 dei Giganti visto di sopra, di sotto e di fianco.
Il sigillo dei Giganti (1) del Nuraghe Tzricotu di Cabras, denominato A1 (2), è stato da noi descritto più volte, con riporto delle misure precise e del peso (3). Non è stato però mai preso in considerazione né dal sottoscritto né da altri (4) un particolare di grandissima importanza. Infatti, è sfuggito a tutti che nella base (5) esso riporta un chiaro foro, perfettamente circolare, a ‘coppella’, di mezzo cm circa; foro che ovviamente non è da ritenersi una parte corrosa del bronzo; di un manufatto che si caratterizza, come ben sanno coloro che lo hanno visto ed esaminato, per essere splendido per la composizione del mix metallico; composizione di raffinati ed esperti scribi metallurgi, tale che ha consentito la perfetta conservazione in ogni sua parte (compresa la microscrittura: 0,2 cm per alcuni segni alfabetici) dopo tremila e forse più anni (6).
Chiediamoci. Che ci fa quel foro? Che
ci fa un unico foro (v. fig. 2), perfettamente centrato, sulla evidente base del sigillo?
Fig.2.
Base del sigillo e foramen defixionis
Che senso poteva avere il foro in un
manufatto nuragico che presenta:
a) Una
superficie riccamente iconica (7).
b) Quella posteriore
del tutto aniconica
La spiegazione può essere data e con una certa facilità; ma bisogna
partire un po’ da lontano, cercando di far capire ai molti che forse non sanno
almeno l’indispensabile e riprendendo per questo le nostre argomentazioni sulla
natura (8) del
sigillo trovato, non si dimentichi, a poche centinaia di metri dalla collina
di Monte ‘e Prama, luogo della ‘città’ templare (9) e dell’estesa necropoli dei Giganti.
La tavoletta A1 e le altre tre della serie in calco (10) sono da considerarsi dei sigilli di
uso cerimoniale con una scrittura che non si rivolge agli uomini perché ‘il loro
scopo era innanzitutto quello di mettere in rapporto il re con i suoi dei in
modo magico’ (11). Ciò
abbiamo detto è scritto più volte facendo presente il dato sulla singolarità di essi
come oggetti ‘magici’ sia per la forma sia per i contenuti; espressi questi
ultimi in modo quanto mai crittato attraverso la numerologia, il mix dei system
alfabetici e, con ogni probabilità, delle lingue (12).
Un prodotto del genere dove poteva mai trovarsi? Dove stava custodito?
Come era custodito? Il dove si saprà tra non molto (13), spero. Possiamo anticipare
affermando che il luogo, pur singolare per custodia, in origine forse non era
quello dove i sigilli sono stati rinvenuti . Il luogo d’origine doveva essere
molto segreto e confacente al tenore dei sigilli: certamente un luogo dove
sguardo umano non potesse penetrare e
dove il re ’poteva per magia trovarsi segretamente in contatto con la divinità’, come dice lo studioso statunitense.
Una costruzione dove ‘organicamente’ potevano essere deposti (nascosti per un
qualche motivo e conosciuti se non da pochissimi sacerdoti) i documenti dei
‘figli’ tori del dio toro. Un singolare ‘archivio regale’ nel quale quanti
‘sigilli cerimoniali’ ci fossero in tutto non è dato per ora sapere.
Ora tutti sanno che i cosiddetti bronzetti nuragici (per noi oggetti scritti
(14)
a
rebus) stavano nelle cosiddette ‘tavole delle offerte’ (v. figg. 3 - 4 - 5) ed
erano tutti eretti e stabili (15). A tal fine
erano accuratamente fissati sulle lastre con il piombo.
fig. 3 fig. 4 fig. 5
Ciò perché Il concetto di ‘stabilità’, di ‘certezza’, di ‘sicurezza’ era
fondamentale nell’ideologia funeraria nuragica; la ‘piombatura’, ovvero la ‘fixio’ (16), non costituiva
un semplice atto meccanico per fissare in qualche modo gli oggetti ma ‘segno’,
‘ideogramma’ (la stabilità) a fini di senso, da aggiungersi agli altri ‘segni’
ed ideogrammi, ovvero al resto della ‘scrittura’ presente nascostamente in ogni
singolo bronzetto. Questo concetto di ‘stabilità’, da quanto si va oggi sempre
di più scoprendo, fu ripreso, ‘concettualmente’, dal system funerario etrusco (17). I ‘certificata’(18) sardi ed etruschi, sia pur in modo
diverso, riportano entrambi l’ideogramma perché esso è magicamente assai importante
e, insieme al resto della segnica - come si è detto - contribuisce a rendere il
più efficace possibile ciò che si trova ‘scritto’.
In considerazione di ciò il ‘bronzetto’, ovvero la tavoletta a1 e tutte
le altre della serie (19) dobbiamo
immaginarcele, non deposte accatastate e alla rinfusa in olle o dentro contenitori
in altro materiale, ma riportate
erette su di uno o più ‘supporti (tavole, lastre) d’offerta’, forse simili a
quelle della fig.3. A questo preciso fine di stabilità, non solo
funzionale, infatti serviva il foro che notiamo nella nostra base. A rendere ‘certo’, matematicamente
sicuro, per magia, il contenuto (di elevatissima importanza perché implicante
l’identità del ‘padre’ dio e del ‘figlio’ divino re), riportato nella parte
iconica e scritta. In ragione di ciò, il ‘certificato’ non si deve pensare
misto ad altri, cioè assieme ai comuni bronzetti fissati nelle ‘tabulae
defixionis’, nei quali, in modo formulare, è
riposta la scritta magica dell’aiuto e della salvezza attraverso l’intervento
della divinità. Esso è lo specimen di un ‘sicuro’ (piombato) certificato
di ‘identità’ regale, di un re toro figlio della divinità toro
(20) e in quanto tale doveva stare ‘fisso’
accanto ad altri certificati ‘fissi’ (sicuri) su di lui esemplati, sempre
regali. Tre dei quattro sigilli (v. fig. 6) di Tzricotu, quelli
fotografati in calco (21),
riportano, come da noi scritto nel 2004 (22), oltre alla divinità yh (yhw,
yhwh), il praenomen, il nomen e il cognomen (23) dei sovrani, sia del figlio sia del
padre ‘terreno’, divini entrambi.
Fig.6
Ci immaginiamo quindi una ‘tabula’ lapidea di una certa forma e certamente
di notevole pregio, probabilmente solo simbolico (data la repulsione dei nuragici per lo
sfarzo), dove i sacerdoti nuragici, forse con una particolare cerimonia,
collocavano fissandoli col piombo, ‘post mortem’, di volta in volta, gli attestati
dello status speciale dei ‘Giganti tori figli del toro’. Attestati che non
servivano naturalmente come ‘elenco storico’ o altro che si possa pensare di ‘moderno’,
ma solo come comunicazione segreta in un luogo segreto del ‘re con il suo dio’
(yh).
Conclusioni
Dopo il nostro studio epigrafico e linguistico
(24) e il recente saggio scientifico di Sandro Angei
(25) sulla tecnica precisa di composizione
dello specimen e dei tre (e di altri supponibili) sigilli nuragici
rinvenuti in Tzricotu, anche il particolare del foro basale del
manufatto tende decisamente a far luce sulla realtà delle cose e a dimostrare
quanto superficiali, quanto abborracciate, quanto tragicamente fantasiose siano
state le interpretazioni medioevalistiche circa un prodotto metallurgico
bizantino. Il particolare del ‘foramen’ dei sigilli inoltre è servito per intendere
meglio e meglio precisare la stessa natura dei bronzetti sardi, manufatti
magici nascostamente ‘scritti’. Scrittura dimostrata esistente, con
assoluta sicurezza, dal loro essere statuine da fissare per magia
positiva, ovvero dall’essere delle ‘statuncula o staticula defixionis’ (26) . Oggetti
vari da non interpretare come degli ‘ex voto’, ma come talismani con
l’opposto di senso rispetto a quelle che sono note come ‘tabellae defixionis’ .
Magia ‘bianca’ gli uni e magia ‘nera’, gli altri.
Ora sulla spinta di tali e tante novità che toccano l’archeologia, l’epigrafia, l’antropologia, la civiltà
materiale e spirituale dei sardi antichi urge più che mai la perizia
metallografica del sigillo A1, una perizia chiesta per altro da tempo (ma mai
effettuata), dalla stessa Sovrintendenza di Cagliari a nome del Sovrintendente
ad interim Giovanni Azzena (27). Serve in
particolare per porre davvero la parola fine alla ‘quaestio’, ormai più che
ventennale circa l’esistenza della scrittura (fonetico-consonantica e ‘metagrafica’), usata dai nuragici a partire
dall’età del bronzo finale e del primo ferro.
Note ed indicazioni bibliografiche
1.
V. Sanna G., 2004, Sardōa grammata. ‘ag ‘ab sa’an
yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano,
passim.; idem, 2016, I Geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio
della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro, 10, pp. 205 -211.
2. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti, Introduzione allo studio, ecc. cit. 2, pp. 27- 32.
2. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti, Introduzione allo studio, ecc. cit. 2, pp. 27- 32.
3.
Sanna G., 2011, La stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. The God, the
King, the Saint (trad. in ingl. Di Aba Losi), 2.1, pp.45 - 46.
4.
Si veda ad es., Serra P.B., 2006, Popolazioni rurali di ambito tardo romano
e alto medioevale in Sardegna, in L’Africa romana XVI . Atti del XVI convegno di studio, (Rabat
2004) a cura di A. Akerraz, P. Ruggeri, A. Sirai, , V.Vismara, , Carocci ed.
Roma; idem, Su alcune matrici in bronzo di linguelle altomedioevali decorate
‘a punto e a virgola’ della Sardegna, in Orientis radiata fulgore, la
Sardegna nel contesto storico e culturale bizantino. Atti del Convegno di
Studi (Cagliari 2007) a cura di L.Casula, A.Corda, A.Piras, Cagliari,
Pontificia Facoltà di Teologia della Sardegna, pp. 313 -331; Zucca R., 2012, Storiografia del problema
della scrittura nuragica, in Bollettino di Studi Sardi. N. 5, Dicembre; Losi
A., 2011, Le tavolette sigillo di Tzricotu e la questione medioevale;
in Monti Prama. Rivista di cultura di Quaderni Oristanesi, n.62, PTM ed.
Mogoro, pp. 15-23.; Angei S., maimoniblog.blogspot.com/2018/04/il-sigillo-a1-di-tzricotu-matrice-per.html
5.
Forse non sarà ozioso ricordare che il Serra (v. saggi citati alla nota
precedente), prendendo fischi per fiaschi e ponendo i sigilli a testa in giù
(v. foto segg.), aveva scambiato (compromettendo, tra l’altro, la retta lettura delle
consonanti ugaritiche e protocananaiche!) la parte inferiore (la base) con
quella superiore.
6.
A nostro parere i bronzi sono da datarsi tra il Bronzo finale e il primo Ferro
(XIII XII e X secolo a.C.)
7. I segni sono pittografici (antropomorfi, teste taurine, bipenni) numerici (punti e lineette) e alfabetici consonantici lineari in mix (ugaritici, protosinaitico - protocananaici, di tipologia ignota). Si parte dai sessanta circa del sigillo specimen (matrice nuragica) sino agli oltre novanta del sigillo A3 e ai cento e più del sigillo A5 (v. Sanna G., Sardōa grammata ecc., cit. 4, pp. 83 - 89).
7. I segni sono pittografici (antropomorfi, teste taurine, bipenni) numerici (punti e lineette) e alfabetici consonantici lineari in mix (ugaritici, protosinaitico - protocananaici, di tipologia ignota). Si parte dai sessanta circa del sigillo specimen (matrice nuragica) sino agli oltre novanta del sigillo A3 e ai cento e più del sigillo A5 (v. Sanna G., Sardōa grammata ecc., cit. 4, pp. 83 - 89).
8.
Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione ecc., cit. passim; in
part. 6. 3. pp.139 - 143; 10.1, pp. 205 - 211.
9.
Le prospezioni eseguite con il georadar oggi certificano che in Monte ‘e
prama non insisteva solo la necropoli dei ‘giganti’ inumati con le grandi
statue a corredo ma una ‘città’ santa (un tempio è stato già individuato da
tempo dal Lilliu) con estensione di più
ettari.
10.
Sui calchi dei sigilli A3, A4,A5 effettuati dall’odontotecnico oristanese Ninny
Blumenthal nel 1995 v. Sanna G., I geroglifici dei Giganti. Introduzione ecc.,
2, pp. 29 -32.
11.
Oppenheim A.L., L’antica Mesopotamia, ritratto di una civiltà, newton
compton editori, p. 208.
12.
Sanna G., 2004, Sardōa grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh ecc., cit. 4, pp. 85
-179.
13.
Abbiamo annunciato nella nostra pagina di facebook che la notizia del luogo
(dell’edificio) del ritrovamento sarà data contestualmente alla notizia della
perizia metallografica della tavoletta A1. Prima si effettuerà detta perizia e
prima si saprà del ‘ripostiglio’ nuragico.
14.
Sono numerosi ormai i nostri saggi sui bronzetti nuragici (ed Etruschi) nei
quali abbiamo portato l’attenzione sulla scrittura metagrafica (cioè non
lineare). Si veda ad es. quello sulla barchetta nuragica http://maimoniblog.blogspot.com/2019/01/scrittura-nuragica-bronzetto-di-baunei.html
15. Lilliu G., 2008, Sculture della Sardegna
nuragica (intr. di A.Moravetti), ried. saggio del 1966, Ilisso ed. Nuoro.
Il Lilliu puntualmente registra la piombatura dei bronzetti nelle ‘tavole delle
offerte’. Non si chiede mai, neppure quando la piombatura appare alquanto
strana (si veda ad esempio quella del bronzetto in forma di modellino di nuraghe dalla
base ‘stramba’ alla p. 475) il perché di
quella ‘fissatura’ e non pensa ad un ‘segno’, ad una connessione, non meramente
materiale, esistente tra bronzetto fortemente piombato e ‘tabula’. 16. Dal verbo lat. figere, defigere. Il concetto è quello preciso della ‘defixio’ delle cosiddette tabellae defixionum, realizzate in un periodo molto più tardo rispetto ai bronzi nuragici. La differenza sta nella funzione che è del tutto opposta. La ‘defixio’ dei bronzetti è il procedimento materiale attraverso il quale si cerca di ottenere con sicurezza il positivo (nel caso di oggetti funerari, la rinascita e la salvezza) nei confronti della persona attraverso formule magiche scritte salvifiche; la defixio delle tabellae è invece quello tendente a creare la certezza del negativo contro la persona, di norma, attraverso formule scritte ugualmente improntate alla magia. Per questo motivo sarebbe bene chiamare le lastre templari, destinate ad accogliere i ‘certificata’ (i bronzetti), non ‘tavole delle offerte’, ma tabulae defixionum (tavole delle affissioni). E’ curioso notare che un notevole numero di tabellae defixionum ripiegate (ben 16), in bronzo e in piombo, furono trovate presso un sito nuragico, vicino ad un pozzo sacro, a pochi chilometri da Alghero in uno scavo del 1999 (v. La Fragola A., Tra superstizione e speranza, pratica di defixiones ad Alghero, in Quaderni della Soprintendenza Archeologica della Sardegna, n. 26). Scrive la La Fragola: il motivo per cui le lamine venivano ripiegate è doppio: fermare, sigillare eventuale materiale organico utile alla fattura e ‘fermare’ l’avversario nella presa del metallo (il grassetto è nostro). Tutto ciò rientra nella pratica della magia nera, cui ci si affidava in alternativa rispetto all’invocazione e alla divinazione ufficiale (il grassetto è nostro), nella speranza di venire ascoltati anche quando era ben chiaro l’intento di nuocere a qualcuno”. In questo caso le lamine sono risultate prive di incisioni o iscrizioni, per cui vi è da supporre che il potere magico della parola sia stato affidato esclusivamente a formule verbali. Infatti, niente è più efficace della formula silenziosa, non scritta e quindi impossibile del tutto da 'scoprire' e decifrare (v. gli stessi brebus della tradizione popolare sarda contro il malocchio). L’unico dato di ‘scrittura’ crittata pare consistere nell’atto di ripiegare con significato malefico il certificato magico.
17.
V., tra l’altro, il nostro recente saggio sulla raffigurazione della kylix
dell’Altes Museum di Berlino
http://maimoniblog.blogspot.com/2020/02/altes-museum-di-berlino-una-kylix-di_12.html
18.
V. il saggio alla nota precedente (nota n. 8).
19.
Noi non sappiamo quanti sigilli siano stati rinvenuti. Le numerose tombe dei ‘giganti’
e le loro statue in Monte ‘e Prama
portano a ritenere che essi fossero molti di più, diverse decine. E’ superfluo
il rimarcare quanto ci sarebbe di perdita, se andassero perduti, sul piano
sincronico e diacronico. Si avrebbe non solo la mancanza di una testimonianza,
consistente e altissima per qualità, della produzione scrittoria su supporto
metallico da parte dei nuragici ma anche (dato il mix con tipologie di diversi
alfabeti necessario per la composizione magica dei sigilli) la mancanza di una cospicua
documentazione attinente ai segni dei system consonantici noti, poco noti o per
nulla noti dell’Oriente mediterraneo tra il XIII e VIII -VII secolo a.C. I
sigilli tutti, compreso quello denominato A1, mostrano una tale ricchezza
segnica (v. Sanna G., 2004, Sardōa grammata. ‘ag ‘ab
sa’an yhwh ecc. cit 4, pp.85 - 175) che invita a pensare che anche gli
altri (se esistenti) non fossero/siano da meno.
20. Davvero illuminante è la sequenza (in legatura)
del sigillo A5 dove c’è scritto yhw whbn (yhw e il figlio). V. Sanna G., 2016, I geroglifici dei giganti. Introduzione
ecc. cit. 4. p.107.
21.
Sanna G., 2016, I geroglifici dei giganti. Introduzione ecc. cit.
2, pp. 30 -31 (fig. 1 e fig.1 bis).
22.
Sanna G., 2004, Sardōa grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh
ecc., 4.8, pp.117 - 126; 13. pp. 543 - 551.23. Sull’importanza dei ‘tria nomina’ in periodo così arcaico (sei - sette secoli prima dei Romani!) si veda ancora Sardōa grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh ecc., cit. 13. pp. 544 - 546.
24. Sanna G., 2004, Sardōa grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh ecc. cit. In particolare, 3. pp. 61 -81; 4. pp. 85 - 179; 11. pp. 451 – 486.
25. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/04/il-sigillo-a1-di-tzricotu-matrice-per.html
26. Potrebbero anche chiamarsi ‘sigilla defixionis’
27. Data l’autorità del funzionario e l’importanza del pronunciamento di richiesta di perizia (ben 13 anni fa!) riportiamo, ancora una volta, il detto documento della Sovrintendenza di Cagliari.
Interessantissimo post con il nuovo dato del fissaggio in tzricotu. Tema affascinante dentro il quale aggiungerei i fori presenti nelle statue in pietra di Mp, delle quali ancora troppo poco si può dire. Sembra rovesciarsi il principio dei bronzetti: questi ultimi ancorati alle tavole-altare, questi altri supporto (esse stesse tavole-altari?) di chissà mai che...QUalche tempo fa indagai il tema del fissaggio e del sigillo, in conclusione richiamando proprio le tabulae defixiones.
RispondiEliminahttp://maimoniblog.blogspot.com/2018/04/dove-forma-ed-evento-si-incrociano-i.html?m=1
Mi auguro tanto che il post provochi altre reazioni. Il problema dei sigilli di Tzricotu sembra ora riguardare in particolare la 'defixio' e le 'tabula' in cui esse erano piombate. Dove stavano realmente quei 'certificata'? Su lastre comuni, per quanto sacre, non credo. Sono troppo 'eccellenti' per estetica e significato religioso.
RispondiEliminaE.C....essi erano piombati.
RispondiEliminaCaro Angelo, il gioco di squadra è sempre vincente. Il prurito al cervello che è venuto a te ha contagiato pure il mio. Se do retta al mio intuito, ne vedremo delle belle!
RispondiEliminaAttendo!Quel forellino sembra proprio...canterino!
RispondiEliminaQuel forellino è un vuoto da riempire. Ma ben altro vuoto sui Sigilli di Tzicotu e i Giganti di Monti Prama attende notizie e informazioni che vengono centellinate da chi ne è in possesso.
RispondiEliminaQuel sigillo è l'emblema di una certa archeologia passiva, pecoresca, grigia, abituata a negare anche l'evidenza più evidente se 'due' o 'tre che contano' invitano a fare quadrato: il nuovo se non è 'nostro' non è nuovo e neppure esiste! E come no? Sarete immortali quanto a reazione! E dire che questi quattro gatti taluni osano chiamarli di quando in quando la 'comunità scientifica' Quella sparuta ridicola 'comunità scientifica' fasulla che, persino con i conferenzieri giullari di ispirazione untoriana, si affanna a negare l'opportunità di una perizia metallografica. Ma le cose stanno andando tanto avanti, le prove diventano così schiaccianti che alla fine saranno accontentati: non ci sarà bisogno della prova scientifica della vergogna. Se si effettuerà si agirà solo per sport. Quei sigilli, per quanto mi riguarda, saranno un domani nei musei affiancati ai Giganti. Le bellissime statue di pietra con i bellissimi sigilli di bronzo. Immortali entrambi ed orgoglio della storia di Sardegna.
RispondiEliminaScusate l'ignoranza, ma una foto frontale del sigillo e' disponibile?
RispondiEliminaGrazie
V. post alla fig.6 e (con il sigillo, il primo dei tre, capovolto dal Serra) la nota 5.
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