mercoledì 16 novembre 2022

Cinque minuti di fermo immagine nel pozzo di Santa Cristina -- 1° parte.


di Sandro Angei
vedi 11° parte aggiunta

 Pensavo di essere arrivato al capolinea e invece mi ritrovo ancora a scrivere del pozzo sacro di Santa Cristina.

 Ancora ne scrivo perché un aiuto inaspettato ho ricevuto dal Prof. Arnold Lebeuf circa un particolare architettonico che, benché non mi sia sfuggito, a suo tempo non lo valutai nella sua giusta importanza [1].

Mi riferisco alla risega “rientrante” che possiamo notare tra un anello e l'altro della cupola ogivale che copre il bacile del pozzo sacro e tra un corso e l'altro della restante struttura, comprese le pareti inclinate della scala d'accesso al bacile.

Un po' di tecnica costruttiva

Al giorno d'oggi la tecnica della risega rientrante viene utilizzata lì dove la muratura portante di un edificio, man mano che viene innalzato, piano su piano, necessita di spessori murari ridotti rispetto alla muratura portante inferiore, e questo a motivo dei carichi agenti sulle murature (Fig.1). Lo stesso principio si utilizza nelle strutture intelaiate in cemento armato, nelle quali i pilastri inferiori sono di dimensioni maggiori rispetto a quelli che man mano vengono realizzati ai piani superiori (Fig. 2). Nelle fondazioni continue le riseghe servono ad allargare la base di appoggio e quindi la distribuzione del carico su una superficie adeguata alla portanza del terreno di sedime del fabbricato, lì dove non si voglia intervenire con altri metodi (Fig.3).

Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3

Nel caso che qui stiamo trattando, però, non è questa la motivazione che indusse gli architetti del pozzo di Santa Cristina a costruire l'edificio con riseghe rientranti.

Quindi stiamo trattando una risega inusuale, dato che in genere queste, specialmente nei nuraghe sono aggettanti e mai rientranti rispetto al ciglio dell'anello sottostante.

Alla ricerca di strutture simili alla nostra, la curiosità indagatrice mi fa venire subito in mente la grande galleria della piramide di Cheope; ma un attento esame dimostra che quella reca filari aggettanti (Fig.4). 

Rimanendo in Egitto, le riseghe rientranti le troviamo nella piramide di Djoser (piramide a gradoni), ma lì la soluzione fu attuata probabilmente per rispettare un canone legato alla forma e/o un certo concetto teologico. Nel pozzo di Santa Cristina parrebbe che la soluzione sia puramente estetica.

 Cercando tra i monumenti sardi, osserviamo che la cupola del pozzo sacro di Funtana coberta di Ballao fu costruita con anelli aggettanti (Fig. 5). Ma se nel caso della Grande Piramide non andiamo cercando connessioni col nostro pozzo, perché con tutta evidenza non né può avere alcuna, compresa la valenza luminosa espressa nel pozzo sacro di Santa Cristina; nel monumento di Funtana coberta, invece ci si aspetterebbe una simile concordanza nel particolare architettonico, dato che altri particolari (il più eclatante è lo spessore del 12° anello) accomunano i due monumenti... e invece no! Perché?

La risposta più convincente potrebbe essere che il pozzo di Funtana coberta è realizzato con tecnica grossolana, per tanto non ci si potrebbe comunque aspettare una precisione simile a quello del Santa Cristina. Ma forse la risposta più semplice è che a Funtana coberta non fu adottato un simile accorgimento perché non previsto dai suoi costruttori. O forse, se ipotizziamo un utilizzo ancora avvolto nel mistero, nel pozzo di Funtana coberta non vi è alcun mistero in tal senso.

Fig. 4


Fig. 5

Continuando nella nostra ricerca troviamo la risega rientrante nel pozzo sacro del predio Canopoli di Perfugas.

Sarebbe da indagare anche la fonte di Su tempiesu di Orune, perché anche in quella vi sono corsi con riseghe rientranti sulle pareti inclinate. Ma qui ci fermiamo perché sarebbe necessario uno studio preciso del sito con relativa misurazione del monumento.

Diciamo, almeno per il momento, che cercheremo una giustificazione per quelle riseghe rientranti solo nel pozzo sacro di Santa Cristina. E solo dopo, ammesso e non concesso, potremmo avere elementi per fare paragoni con altri monumenti.

Per tanto ci domandiamo: quale motivo indusse i costruttori del pozzo sacro di Santa Cristina a realizzare una risega in tal modo?

Qualche considerazione di carattere tecnico

Dal punto di vista meramente costruttivo la soluzione con risega rientrante di fatto sposta ad una quota più elevata la chiusura della cupola. Cupola che magari poteva terminare ad un'altezza inferiore se si fosse usata la tecnica dell'aggetto. Inoltre usare la tecnica della "risega aggettante" poteva semplificare la lavorazione dei conci che, anziché presentare una parete con inclinazione negativa, come in effetti presentano, la parete poteva benissimo essere realizzata perfettamente verticale, magari con un aggetto un po' più pronunciato.

Per tanto perché, ripeto, fu adottata questa tecnica tanto sofistica  quanto difficile e laboriosa dal punto di vista tecnico?

Alla ricerca del motivo

Pensiamo alla manifestazione luminosa che nel pozzo di Santa Cristina avviene il 21 di giugno – solstizio d'estate,  data durante  la quale la lama di luce, che pian piano scende dall'oculo sommitale, illumina gli anelli concentrici dal primo a scendere: l'oculo.

Osservando lo spettacolo, nel caso in cui non vi fosse stata risega tra un anello e l'altro, avremmo visto la lama di luce scendere nella parete senza soluzione di continuità. Sarebbe stato un progredire ininterrotto della lama di luce verso il basso.

 Se invece tra un anello e l'altro vi fosse stato un aggetto, se pur modesto, di un anello rispetto a quello sottostante, avremmo assistito ad una interruzione del flusso luminoso in corrispondenza della porzione di un anello messo in ombra dall'aggetto dell'anello sovrastante. In sostanza avremmo assistito ad una progressione “a tratti” alternati di luci e ombre, della lama luminosa e nessun anello sarebbe mai stato illuminato in tutto il suo spessore, ma solo per un'altezza inferiore alla metà del suo spessore.

Vediamo invece cosa succede nel caso della risega che rientra.

Esaminiamo la sequenza fotografica qui sotto proposta.

La Fig. 6 mostra l'illuminazione del 15° anello e un punto di luce alla base del 14° anello alle 12:55:34.


Fig. 6

La fig. 7 mostra l'illuminazione sempre del 15°, un punto di luce un po' più ampio alla base del 14° e un piccolo punto di luce alla base del 13° anello alle 12:58:00.

Fig. 7

La Fig. 8 mostra sempre l'illuminazione dell'intero spessore del 15° anello, una macchia di luce alla base del 14° e del 13° anello e l'illuminazione completa del 12° anello alle ore 13:07:08. Si nota, inoltre, un punto di luce alla base del 12° anello, segnale questo, che indica l'inizio della illuminazione della risega tra il 12° e lo 11° anello.

Fig. 8

L'immagine di Fig. 9 mostra sempre l'illuminazione dell'intero spessore del 15° anello, e sempre una macchia di luce alla base del 14° e del 13° anello.
Si nota inoltre che la lama di luce si sposta progressivamente verso destra, e alle ore 13:12:10 lo spessore del 12° anello non è più illuminato completamente, e questo perché i raggi solari procedendo verso il mezzogiorno, si inclinano sempre di più, mettendo in ombra la parte inferiore del 12° anello (sicuramente per una lievissima gibbosità del concio), e illuminano la risega tra il 12° e lo 11° anello.

Fig. 9

La Fig. 10 mostra, alle ore 13:14:00, lo "spegnimento" progressivo del 12° anello e l'ampliamento del punto di luce alla base del medesimo, nonché la presenza di un nuovo punto di luce alla base dello 11° anello.

Fig. 10

Infine l'immagine di Fig. 11 mostra che quando i raggi solari arrivano all'inclinazione massima possibile, lambiscono la base del 10° anello ma non andranno oltre [2]. In quel momento il sole illumina solo le riseghe tra un anello e l'altro e, a eccezione dei tre anelli sommitali, nessuno degli altri anelli è illuminato per il suo intero spessore. Dopo aver superato il mezzogiorno il pennello di luce inizierà a risalire gli anelli, ma seguirà un percorso diverso rispetto a quello di discesa. 

Fig. 11

L'immagine di Fig. 11 mostra solo punti di luce in corrispondenza delle riseghe e il bagliore crea una immagine molto suggestiva. Ma ora la domanda che dobbiamo porci è: Quante probabilità vi sono che questo spettacolo di luci sia intenzionale?

Parrebbe arduo rispondere alla domanda, ma quelle genti ci hanno dimostrato quali abilità furono capaci di esprimere in tutta la loro arte. Si vedano a tal proposito tutte le particolarità: astronomiche, architettoniche, geometriche, di ottica e idraulica e tante altre ancora individuate nel mio saggio dedicato a questo pozzo sacro; senza tralasciare le cognizioni, benché empiriche, di statica che quelle genti misero in atto, per supporre che anche questo spettacolo di luci sia intenzionale.

E proprio i giochi di luce ed ombre che ci sembra di aver individuato nel nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu ci inducono a pensare che ben poco potesse essere lasciato al caso.

Nel nuraghe Santa Barbara, infatti, al solstizio d'inverno la luce del sole, una volta che lasciava l'altarino (ora non più presente), proiettava e ancora oggi proietta a terra l'immagine veicolata dalla finestrella di scarico. L'immagine quando arriva a lambire lo spigolo destro di imbocco della galleria d'ingresso alla camera, viene da quello intercettata rendendo "monca" l'immagine taurina, e la trasforma in un fallo. L'indizio di questo gioco di luce e ombre in quel nuraghe sta nella discontinuità dello spigolo che intercetta il fascio di luce solare.

Fig. 9
Si noti la strana risega formata nello spigolo, che non ha controparte nello spigolo opposto.

Fig. 10
Si noti che il corno destro della protome è intercettato dal concio posizionato a sbalzo che forma la risega nello spigolo.

Per questo motivo possiamo pensare che, anche in questo caso, il gioco di luci ed ombre operato con l'ausilio delle riseghe rientranti, possa essere dovuto ad un calcolato gioco di luci.

Ma di certo non basta esporre quel che si sa delle potenzialità ingegneristiche di quelle genti per supportare l'ipotesi qui avanzata, ma è necessario provare con cognizione di causa e procedure costruttive, che ciò sia realmente possibile. Per tanto come possiamo dimostrare che si fosse progettata l'illuminazione a "comando" di certi anelli lasciandone altri sempre in ombra? E come si può dimostrare la volontà di mettere in ombra tutti gli anelli in un dato momento del percorso solare?

Questa è la grande sfida. Ma non la affronteremo, o per lo meno non subito, perché coi soli dati che abbiamo a disposizione possiamo pensare che, benché si possa dimostrare (ammesso e non concesso) che un metodo vi sia per realizzare questo spettacolo luminoso, è necessario ripercorrere il ragionamento che possa aver fatto scaturire nella mente di quegli architetti un progetto di luce come quello qui esposto.

 Per ora continueremo nella esposizione delle peculiarità dell'accorgimento architettonico qui studiato; perché quello su descritto è solo il primo effetto dell'utilizzo della risega rientrante.

Un secondo effetto sorprendente

Il secondo risultato legato alla risega rientrante è finalizzato a scandire il lasso di tempo durante il quale la manifestazione luminosa persiste in un dato luogo (spessore dell'anello). Nella fattispecie del 12° anello, che è quello che più ci interessa, notiamo che nel momento in cui la luce si appresta a illuminare il brevissimo percorso (2 cm) della risega tra il 12° e l'11° anello, ma ancora non ha superato il ciglio di quest'ultimo, il tempo che trascorre durante la illuminazione della piccola risega, da modo all'osservatore di percepire uno stazionamento della luce che illumina l'intero spessore dell'anello coinvolto. Stazionamento che dura 4 minuti e 43 secondi (calcolato con l'ausilio del programma STELLARIUM), tempo necessario a percorrere quei 2  cm  circa della risega, come già detto. In quei 4' e 43" la lama di luce che illumina l'intero spessore del 12° anello, in modo quasi impercettibile si sposta da sinistra verso destra e pian piano tende a spegnersi verso l'alto (Fig. 11, 12), e quando il 12° anello è illuminato solo per metà, la luce inizia a illuminare la risega tra l'11° e il 10° anello (Fig. 13).

Fig. 11

Fig. 12

Fig. 13

Per tanto, ancora oggi (è del tutto evidente), abbiamo modo il 21 di giugno di assistere a questo spettacolo, benché in posizione alterata rispetto al 1000 a.C. per effetto della precessione degli equinozi (vedi ancora Fig. 11).

Fig. 14
La fotografia fu scattata il 21 giugno 2016 ore 12:58. Si noti il fascio luminoso all’interno della ellisse che simula quel che avveniva il 21 giugno del 1000 a.C..


 Nel 1000 a.C. Avremmo potuto assistere alla illuminazione dell'intero spessore del 12° anello in corrispondenza dell'asse del concio β (vedi Fig. 14) stazionante in quel preciso punto e solo dopo 4 minuti e 43 secondi la luce del sole avrebbe illuminato la base dello 11° anello.
4 minuti e 43 secondi di meraviglia
4 minuti e 43 secondi di apnea mentale
4 minuti e 43 secondi durante i quali il tempo sembra fermarsi

Che meraviglia!


Note e riferimenti bibliografici

1. Si veda: https://www.youtube.com/watch?v=ufQ85lZ0XO4 a partire dal minuto 9:00.

2. Quando il pozzo sacro fu costruito il sole al mezzogiorno del solstizio d'estate illuminava la base del 9° anello.

2 commenti:

  1. Ciao Sandro. Tra il poco tempo da over lavoro e docs da finire, ti leggo e chiedo: quindi le risieghe come intenzionalmente progettate (e realizzate) per arrivare in modo più completo ai fenomeni luminosi del solstizio ?

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    1. Direi più precisamente: per arrivare in modo inequivocabile alla individuazione della manifestazione luminosa di carattere “divino” all'interno del concio “alfa” del 12° anello.
      Manifestazione luminosa espressa da un tratto verticale, emulazione del betilo fallo divino. Sarà quella la volontà espressa da quegli architetti e sacerdoti? Sarà quell'asta verticale, scritta con la “mano di dio” espressione dello yod primordiale? Chissà!
      Sta il fatto che il 21 di aprile nello stesso concio alfa si “insedia” e lì svanisce, quasi assorbita dal basalto, dopo un certo lasso di tempo (anche lì cadenzato dal respiro di chi osserva) un'altra manifestazione della divinità: un tratto orizzontale; lo stesso tratto orizzontale che compare puntualmente il 21 di agosto. Tratto orizzontale sconosciuto in campo epigrafico nell'area del Sinai e di Canaan; un tratto orizzontale che nella Sardegna di età nuragica, per quanto ci dice il Prof. G. Sanna, è segno scrittorio indicante lo “he”. E benché non si possano fare se non accostamenti formali, mi piace pensare che nell'arco di quattro mesi, scandito con respiri di due mesi, nel concio alfa compaiano i segni: _ I _. Un trilittero di grande valenza.

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