sabato 16 maggio 2020

IL circolo megalitico di Cuguzza Aiola - seconda parte


 Studio del sito
di Sandro Angei
Iniziamo lo studio dalla descrizione delle singole emergenze lapidee, che descriveremo essenzialmente con delle immagini fotografiche corredate di didascalia.

1° elemento del cerchio - Probabile banco di roccia emergente

 
in primo piano il 2° elemento composto da un masso accompagnato da due massi più piccoli

3° elemento

in primo piano il 4°elemento con due pietre impilate sopra

5° elemento

6° elemento

 il 7° elemento è composto da un ammasso di pietre

Il macigno "A" visto dal macigno 6

   Il primo approccio al disegno, che riporta fedelmente le misure rilevate in loco, mi da modo di trovare alcune particolarità di notevole interesse.
   Il più eclatante è il circolo megalitico costituito da ben 7 emergenze lapidee, più un ottavo macigno esterno ad esso. Come vedremo durante l’esposizione dello studio, questo macigno (appresso denominato A) fà parte di un secondo cerchio, più piccolo, costruito con alcuni elementi del primo. La seconda caratteristica mi riporta alla mente il circolo di Is circuìttus, avendo anche qui a Busachi individuato due coppie di rette parallele.

ALLA RICERCA DI ORIENTAMENTI ASTRONOMICI
   Dal punto di vista archeoastronomico ho contato sette orientamenti astrali, più altri 3 orientamenti desueti (doppioni di fondazione) che avevano origine nel centro del grande cerchio; dei sette orientamenti rimasti, solo due hanno il medesimo punto di mira, e nessuno di essi relativo al moto solare, ma alla posizione di particolari stelle che segnalavano determinati momenti dell'anno. Ma vediamo in particolare le caratteristiche astronomiche del sito, secondo un crono programma d'esecuzione del "congegno astronomico", che darà modo di provare la intenzionalità nella posizione di quei macigni.

Avvertenze
   In mancanza di elementi materiali databili che possano aiutarci dal punto di vista cronologico, lo studio archeoastronomico del sito si baserà sulla data di altri circoli megalitici nei quali abbiamo riscontrato caratteristiche simili al nostro. In particolare mi riferisco al circolo di Is circuìttus, datato al 3200 a.C..
   La datazione sarà supportata dalla verifica con STELLARIUM della posizione di alcune stelle nel periodo ipotizzato.

   Naturalmente siamo consci del fatto che la posizione delle cosiddette "stelle fisse" varia durante un largo lasso di tempo, per tanto ciò che potrebbe esser vero nel 3200 a.C. potrebbe non esserlo nel 1500 a.C.. E ciò crea grande ambiguità nell'analisi dei dati, tant'è che è possibile individuare per le medesime coordinate, orientamenti a stelle diverse in periodi diversi (ad esempio le coordiante di Aldebaran per il 3200 a.C. sono le stesse di Betelgheuse per il 2650 a.C., ma quest'ultima è visibile in un periodo diverso rispetto alla prima, e in ogni caso non si avrebbero per questa seconda stella le concomitanze astronomiche come avremmo modo di spiegare più avanti prendendo in considerazione Aldebaran e Fomalhaut.

***
   Chiarita la questione circa il periodo di realizzazione, iniziamo senza altro indugio dicendo che la numerazione dei macigni, così come sono stati individuati nell'immagine di Fig. P,  non è casuale né arbitraria, ma segue un preciso programma temporale di installazione dei singoli macigni.

Lo studio inizia prendendo in esame quel macigno che sin dall'inizio attirò la mia attenzione; e questo per due motivi, uno legato al carattere antropologico e religioso, l’altro alla natura dell’elemento preso in considerazione.
Dal punto di vista antropologico quella forma "taurina" del macigno, benché naturale, lo rende “speciale” rispetto ai restanti segnali.

Questo dato però, preso da solo, risulta piuttosto aleatorio se non è supportato da altri dati; in ragione di ciò dovremmo trovare altri elementi che lo supportino, e li troveremo, come vedremo.
   Dal punto di vista meramente materiale, possiamo dire che il macigno “taurino” non è un macigno, ma è un affioramento roccioso e in quanto tale esso è inamovibile; per tanto questo non può che essere il primo elemento dal quale partì la realizzazione del circolo megalitico. Questo dato è di fondamentale importanza nella descrizione del metodo costruttivo, ed è di fondamentale importanza per dirimere la questione circa le possibilità che la posizione sia dovuta a mero caso; perché un conto è dire che il sistema può avere la sua origine solo in un punto; tutt'altra questione è dire che il sistema potrebbe iniziare indifferentemente in uno degli otto segnali. Ciò, penso, riduca le possibilità date dal caso praticamente a zero.

DESCRIZIONE DEL METODO COSTRUTTIVO BASATO SUGLI ORIENTAMENTI ASTRONOMICI

   Ma vediamo secondo una ben definita sequenza cronologica la ipotetica realizzazione del manufatto. Dobbiamo pensare, innanzi tutto, che il circolo megalitico non fu realizzato tutto in una volta senza soluzione di continuità, ma fu costruito man mano che ogni singolo evento astronomico si verificava. In ragione di ciò dobbiamo pensare che il sito fu realizzato almeno nell'arco di tempo tecnico minimo di 18 mesi (vedi infra tabella di Fig. 13).
1. Stabilito il punto di partenza del complesso megalitico, materializzato dall’affioramento roccioso “1” (Fig.1), da questo fu individuata la direzione 1-1a (Fig. 2) dalla quale si assisteva al tramonto del sole al solstizio d’inverno, che attualmente avviene ad un azimut di 238°47' * (nel 3200 a.C. la calata avveniva ad un azimut di 237°57').
Fig. 1

Fig. 2

   Dal punto di vista meramente tecnico ho scelto questo orientamento e non il suo reciproco (alba del solstizio d’estate), perché il sole in quest’ultima circostanza spunta da dietro le montagne ad un’altezza di 2° 25’ con un azimut di 60° 37’; ossia 3° 34’ di differenza. Invece l’azimut di 237° 04’ è in tolleranza con la calata del sole ad un‘altezza all’orizzonte locale di 0° 14’ che avviene ad un azimut di circa 238°47' (col disco solare adagiato col suo bordo inferiore sulla linea d'orizzonte) e  avveniva nel 3200 a.C. ad un azimut di 237° 57’. Ciò significa che quando il sole è allineato sulla retta 1-1a, mancano 11 minuti al tramonto; ma nel 3200 a.C. mancavano solo 6 minuti all'evento.
   D'altronde, dal punto di vista antropologico, sembra logico collegare l'origine dell'orientamento con l'affioramento "1". Si noti, infatti, che l'affioramento roccioso di forma taurina, benché sia naturale, fu scelto con buona probabilità perché le corna sono orientate all'incirca verso il tramonto al solstizio d'inverno, ossia, come già accennato, in direzione sud-ovest (ossia 225°). Questo indizio supporta l'assunto, perché non di rado in antico si sceglievano formazioni naturali di particolare significato astronomico e di conseguenza antropologico (vedi infra nota 8).

* Avremo modo più avanti di capire che l'angolo di 238°47' è stato disatteso per l'evidente impossibilità di far coincidere in modo geometrico sul medesimo punto di mira - il masso "2" che giace sulla circonferenza -, l'orientamento al tramonto del solstizio d'inverno con quello della calata di Fomalhaut (che prenderemo in considerazione tra non molto)
 



2. In un dato momento dell’anno fu individuata la direzione lungo la quale si assisteva alla levata eliaca di Aldebaran (stella alpha della costellazione del toro), traguardando l’affioramento roccioso “1” da un arbitrario punto "O" (si noti che l'affioramento roccioso è diventato in questo caso il punto di mira). Nel 3200 a.C. il fenomeno avveniva per un’altezza all’orizzonte locale di 1° 53’ad un azimut di 99° 18’. La direzione individuata in situ (O-1) (Fig. 3) ha un azimut di 99° 07’. Dal punto "O" contemporaneamente alla levata eliaca di Aldebaran si assisteva alla dissolvenza di Fomalhaut poco prima della sua calata, ad un azimut di 194° 27’ ed un’altezza di 4° 16’, per un’altezza dell’orizzonte locale di 2° 26’ (per tanto la dissolvenza della stella avveniva 1°50' sopra l'orizzonte). Per tanto dal punto “O” 1 dell’osservatore fu individuata sulla retta 1-1a il punto 2 (Fig. 3) e su quello posizionato il relativo macigno (che in verità è composto da un grosso masso affiancato da altri due più piccoli); per tanto la direzione O-2 di fatto individua il momento della dissolvenza di Fomalhaut poco prima del suo tramonto. 
Fig. 3
3. A questo punto della trattazione dobbiamo segnalare una coincidenza (non può essere null'altro che una coincidenza, che però con buona probabilità fu sfruttata quale peculiarità nella costruzione) per la quale gli azimut O-1, O-2 e 1-2 delimitano un Triangolo pressoché isoscele; infatti l'angolo 2-O-1 ha un'ampiezza di 95°53', per tanto se il segmento 1-2 è corda della circonferenza di raggio O-1, gli angoli O-1-2 e O-2-1 sono entrambi pari a 42°03'. In ragione di ciò l'azimut 1-2 è pari alla differenza tra 279°07' (reciproco di 99°07' che è l'azimut di levata di Aldebaran visto dal punto "O") e l'angolo appena desunto di 42°03' ossia: 237°04'. Per tanto rileviamo uno scarto angolare di 1°43' tra la direzione 1-2 e la direzione attuale al tramonto del sole al solstizio d'inverno: 238°47', che si riduce, come abbiamo visto, a 0°50' nel 3200 a.C.
 Fu tracciata la circonferenza con centro in “O” di raggio O-1 (Fig. 4). E proprio il vincolo imposto dalla costruzione della circonferenza indusse l'errore notato nell'asteriscato della fase 1.


4. Dal masso 2 fu individuata la direzione 2-2a (Fig. 5) che segnalava la levata eliaca di Spica, (stella alpha della costellazione della Vergine), ad un’altezza di 2° 52’ ed un azimut di 72° 07’. Nel Punto di intersezione di quella direzione (2-2a) con la circonferenza, fu posizionato il macigno 3 con un azimut di 72° 54’. 


5. A questo punto fu escogitato un espediente geniale che avrebbe reso evidente la intenzionalità della costruzione geometrica e che di fatto prova che quelle genti erano in grado di concepire dei concetti astratti di geometria.
   In sostanza fu individuata la retta 2-2b parallela** all’orientamento O-1 e posizionato il macigno 4 sulla intersezione della direzione 2-2b con la circonferenza (Fig.6). L'espediente, oltre ad individuare e tracciare la corda 3-4, predisponeva la costruzione geometrica di un secondo cerchio, più piccolo dell'altro, e contemporaneamente traslava l'orientamento dall'allineamento O-1 sull'allineamento 2-2b, che come vedremo più avanti sarà materializzato dall'allineamento di massi 2-4-A per poter, in definitiva, rimuovere il centro geometrico "O".

** E' possibile che la costruzione delle linee parallele sia avvenuta secondo quanto descritto in nota (1), ciò non toglie che se quelle popolazioni conoscevano l'uso del compasso, potrebbero aver ottenuto il parallelismo per via geometrica. Ma questa ipotesi è mera congettura perché abbiamo evidenza di queste cognizioni di geometria solo nella successiva età nuragica (a tal proposito si vadano gli studi qui appresso selezionati: studio1, studio2, studio3, studio4). 
Fig. 6

6. Fu tracciato il segmento 3-4 e su questo individuato il punto medio M. Dal punto M fu tracciata la seconda circonferenza con centro in M e diametro 3-4 che avrebbe intersecato la direzione 2-2b in A, dove fu posizionato il relativo macigno esterno al cerchio (Fig. 7).
   Questa costruzione geometrica di fatto, come già detto, traslava la direzione O-1 in 2-A in modo tale da poter rimuovere il centro "O" alla fine della installazione.
Fig. 7



7. Dal centro "O" della grande circonferenza, fu individuata la direzione all’alba degli equinozi (O-Oa) con un azimut di 90° (Fig.8).
   Si potrebbe pensare che questo dato sia inverosimile visto che il sole il giorno degli equinozi sorge all’orizzonte locale (altezza 1° 59’) ad un azimut di 91° 32’; ossia 1° 32’ di differenza, che è sicuramente apprezzabile ad occhio nudo, tanto da ritenere errato tale allineamento se fosse basato sull’osservazione diretta. Ma come abbiamo spiegato nello studio dedicato al sito di Is circuìttus, è possibile che quelle genti riuscissero a calcolare in modo geometrico la direzione Est-Ovest mediante le ombre proiettate dal sole in qualsiasi momento dell’anno; a meno di non voler dare per pura coincidenza (?) la direzione O-Oa.
Fig. 8


8. Traguardando il macigno "A" fu individuata la direzione Aa-A (Fig.9), parallela alla direzione O-2 (vedi punto 2.) che avrebbe intersecato la direzione O-Oa nel punto 5, dove fu posizionato il relativo macigno. La direzione 5-A è orientata con un azimut di 195° 13’, ossia 0°46' di differenza rispetto all'azimut O-2, che abbiamo visto è pari a 194°27'. La differenza, anche qui è dettata dalla impossibilità di far coincidere in modo assoluto la direzione O-5 e la direzione 5-A per via del fatto che il masso "5" dovrebbe giacere sulla circonferenza.  Per tanto si scelse una via di mezzo cercando di ridurre gli scarti angolari. Questo spiega perché il macigno 5 non è posizionato esattamente sulla circonferenza, ma è  spostato al suo interno di 35 cm.
Fig. 9


9. Dal macigno A fu individuata la direzione al tramonto del solstizio d’estate (A-6) (Fig.10) con un azimut di 300° 01’; e di conseguenza all’alba del solstizio d’inverno (quest’ultimo però è solo desunto in quanto nel 3200 a.C. il sole spuntava dietro le montagne ad un’altezza di 1° 25’, con un azimut di circa 123° 07’; ossia 3° 06’ di differenza; invece l’azimut di 300° 01 è in perfetto accordo col tramonto del sole per un’altezza dell’orizzonte locale in quel punto di 1° 47’). Questo denota in questo allineamento la prevalenza del tramonto al solstizio d'estate rispetto all'alba del solstizio d'inverno. Dal punto di vista antropologico possiamo auspicare che essendoci due orientamenti solari dedicati al tramonto, il sito verosimilmente era in funzione di riti di morte e rinascita.
   Nel punto di intersezione con la grande circonferenza fu posizionato il macigno “6”.
Fig. 10

10In fine vi è da individuare l'orientamento dell'ammasso di pietre "7".
   L'individuazione di questo orientamento da questo punto del cerchio mi ha dato molto da pensare perché, da geometra, sono abituato ad usare approssimazioni angolari piuttosto elevate nella mia professione; per tanto dover accettare di spaziare entro un errore angolare pari ad un grado sessagesimale va contro il mio modo di operare. Però, immedesimandomi in quello che poteva essere l'approccio di un osservatore di 5200 anni fa, mi rendo conto che quell'uomo non aveva cognizione di angoli ma dava retta a quel che percepiva. La percezione dell'orientamento avveniva, come ancora avviene, su un allineamento che ha quale obiettivo il sole in movimento, per tanto l'allineamento era dettato da una percezione tutta personale.

   Quale poteva essere l'intendimento di un uomo di 5200 anni fa e quale può essere oggi il nostro intendimento di orientamento astronomico riferito al sole? La domanda sembrerebbe oziosa, ma non lo è per niente. Dobbiamo domandarci come definire in termini pratici l'allineamento ai solstizi e agli equinozi. Dobbiamo intenderlo quale momento in cui si intravvede il lembo superiore del cerchio solare all'orizzonte (levata)? Oppure quando questo mostra la metà del cerchio? O ancora. Quando si mostra nella sua interezza appena il bordo inferiore si affaccia alla linea d'orizzonte? Ecco, abbiamo definito tre momenti in cui è possibile definire l'orientamento astronomico solare, momenti che sembrerebbero separati da angoli di esigua ampiezza, ma se pensiamo che il sole ha un diametro angolare attuale di 0°32' la posizione in conseguenza del suo innalzamento varia di un'ampiezza azimutale di 0°29'.
   In ragione di questo assunto possiamo pensare che quelle antiche genti potessero intendere quale momento critico, quello di apparizione del disco solare nella sua totalità, ossia nel momento della sua manifestazione integrale.
   Si pensi allo stato d'animo di un individuo che nulla sa di astronomia e nulla gli è stato insegnato, che nel momento in cui assiste in modo consapevole al tramonto del sole, lo vive come un momento di morte dell'astro, e fin quando quello non si manifesta il mattino seguente in tutto il suo fulgore, l'uomo cova la paura che il sole possa arrestare la sua corsa; e la sua apprensione non cala fin quando non lo vede profilato interamente sopra l'orizzonte. Tanto che, anche se in modo inconscio, pensa, rilassato, che una volta levato, il sole può pure fermarsi. Era questo l'intendimento e la paura di quelle antiche genti?!
***
   Sciolto questo dubbio di carattere "angolare", che comunque rimane nel fondo del mio temperamento di geometra, ho individuato quello che potrebbe essere il più probabile orientamento dal gruppo di pietre "7".

   Vediamo innanzi tutto di fare un ragionamento.

   Abbiamo visto che gli orientamenti che hanno origine dal centro del cerchio maggiore O-1 e O-2 furono traslati rispettivamente sugli orientamenti 2-A e 5-A; e questo perché abbiamo ipotizzato che il centro del cerchio, per ragioni mistiche, non poteva essere materializzato stabilmente. In ragione di ciò, per coerenza filologica, dobbiamo traslare pure la direzione O-5; quella direzione che, lo ricordiamo, fu impostata in modo geometrico. Per tanto la direzione che più si avvicina all'alba degli equinozi è quella 7-5 che registra un azimut di 93°12'. Abbiamo calcolato per quell'azimut un'altezza dell'orizzonte locale pari a 1°59', per tanto calcoliamo per la data del 20 marzo 2020 (equinozio di primavera) che il sole inizia a mostrare il suo bordo superiore ad un azimut di 91°22', mentre mostra il cerchio intero (bordo inferiore visibile) ad un azimut di 91°50', ossia 1°22' di differenza con l'allineamento 7-5. Una simulazione col programma STELLARIUM mostra che per la data del 3200 a.C. il sole all'equinozio di primavera (15 aprile per effetto della precessione degli equinozi) mostrava il suo bordo superiore ad un azimut di 92°06', mentre mostrava il cerchio intero ad un azimut di 92°34', ossia con una differenza rispetto alla direzione 7-5 pari a 0°38'. La differenza con tutta evidenza rientra nel range d'errore possibile e per tanto possiamo affermare con buona sicurezza che il cumulo di massi "7" sia stato in effetti posizionato per supplire alla rimozione dell'allineamento "O-5".


Fig. 11


   In questo modo, penso, fu realizzato quello che sembra un azzardo, vista la perfezione geometrica della installazione. Senza questa dimostrazione si sarebbe pensato che qualche direzione, orientata verso un evento legato al moto solare e/o stellare, fosse dovuta al caso; invece no, tutto è stato progettato e voluto perché si dovevano rispettare dei parametri imprescindibili: gli stessi parametri di Is circuìttus. 
   Nel cerchio megalitico di Busachi ritroviamo, come già accennato, parte delle caratteristiche del cerchio di Laconi: la costruzione della vesica piscis (Fig. 12)

Fig. 12

con due coppie di rette parallele (O-2 con 5-A e O-1 con 2-A), la prima delle quali punta alla stessa stella di Is circuìttus: “Fomalhaut”; e se a Laconi la seconda coppia di rette parallele puntava, come ancora punta, verso l’alba del solstizio d’estate, che allude al corno potente (quello sinistro), a Busachi la coppia di parallele O-1 e 2-A puntava verso la levata della stella alpha della costellazione del toro, simboleggiata in terra da quell’affioramento roccioso (oggetto 1) dal quale tutto “l’arcano congegno” ha avuto inizio.
 Si noti che, come abbiamo descritto al punto 2, le due direzioni O-1 e O-2 furono individuate simultaneamente dal centro del cerchio, che una volta terminato il tracciamento dell’osservatorio, sarebbe stato definitivamente rimosso (come abbiamo avuto modo di ipotizzare in nota all’articolo dedicato all’osservatorio di Is circuìttus, il centro del cerchio, essendo il punto di origine cosmologico, non poteva essere materializzato concretamente. Certamente è solo una ipotesi, ma essa è verosimile ed in ogni caso è documentata in modo evidente dallo stato di fatto del complesso megalitico che non consente, come a Is circuìttus, di individuare il centro del cerchio).  A supporto del nostro assunto possiamo dire che, una volta terminata l'installazione, tutte le osservazioni non avevano alcuna necessità di essere eseguite con punto di traguardo dal centro del cerchio. E proprio la sua rimozione prova la intenzionalità della costruzione megalitica. Infatti noi oggi abbiamo la possibilità, mediante strumentazione topografica, di ripristinare in modo estremamente preciso il centro della circonferenza maggiore e verificare materialmente l'esattezza degli orientamenti da questo punto nascosto.

   Ma non è tutto, perché la simulazione eseguita con il programma STELLARIUM mi ha dato modo di capire, non solo che nel sito sono rimarcati due eventi celesti concomitanti; ossia la individuazione della levata eliaca di Aldebaran contemporaneamente alla dissolvenza luminosa di Fomalhaut poco prima della sua calata - una sorta di tramonto acronico (vedi punto 2) -; ma che questo evento ricorreva il 30 di aprile (ossia 52 giorni prima del solstizio d’estate). La simulazione della levata eliaca di Spica (vedi punto 4), mi ha dato modo di verificare che questa avveniva il giorno 20 di agosto (ossia 60 giorni dopo il solstizio d’estate). Queste due date abbiamo avuto modo di individuarle in altri contesti. Furono da me individuate in occasione dello studio della cosiddetta “Postierla” di Murru mannu (22 aprile e 20 agosto). Ancor prima, in modo del tutto autonomo, furono individuate dall’architetto Borut Juvanek nel pozzo sacro di Sant’Anastasia di Sardara (21 aprile e 21 agosto). In seguito, ancora da me, fu individuata la data del 25 aprile nel circolo megalitico di Is circuìttus; e in seguito nel pozzo sacro di Santa Cristina e in quello di Funtana coberta di Ballao, ancora la data del 21 di aprile.

 Vi è da notare che in occasione dello studio “Sincretismo religioso tra nuragico e romano -  la porta del toro luminoso – architettura della luce” feci notare che nel 1400 a.C., data presunta di costruzione della porta, il sole il 22 di aprile era nella costellazione del toro, mentre il 20 di agosto era nella costellazione della vergine. In quella occasione indicai la concomitanza tra evento calendariale e posizione solare in quelle determinate costellazioni, come associazione indiziaria di eventi; qui prende corpo la possibilità di trasformare quell’indizio in prova. Ossia che quelle due costellazioni avevano tale attributo metaforico in Sardegna già alla fine del  4° millennio a.C.

 In fin dei conti da qualche parte del mondo sarà stata definita la forma che noi conosciamo delle costellazioni. Per tanto perché non candidare anche la Sardegna del 4° millennio a.C.?!

   Ma ora vediamo, nella tabella qui sotto riportata, le date calendariali individuate nel circolo megalitico di Busachi

Fig. 13
La tabella individua anche gli orientamenti con origine nel centro "O" del cerchio, che evidentemente è inibito per la rimozione del segnale.

   Dalla tabella risulta chiaro che le date rimarcate sono sempre le solite che abbiamo ritrovato in altre circostanze: equinozi, solstizi, il momento di verifica dello stato di maturazione dei germogli (di grano) ossia il 21 di aprile ed in fine il momento della chiusura dell’annata agraria, il 21 di agosto, scoperto, come già detto, nella porta del sole di Murru mannu a Tharros, nel pozzo di Sant’Anastasia di Sardara, in quello di Santa Cristina di Paulilatino e di Funtana coberta di Ballao. Certamente i monumenti appena elencati risalgono tutti all'età nuragica, per tanto si potrebbe prefigurare un percorso di oltre 2000 anni di persistenza del rito dedicato alla data del 21 di aprile e del 21 di agosto. L'unica differenza sta nel modo di registrare l'evento. Infatti nel circolo di Cuguzza Aiola le due date (gli ormai canonici 21 aprile e 21 di agosto) furono registrate tramite tre stelle di prima grandezza (due stelle per il primo e una per il secondo), mentre nei monumenti di età nuragica le stesse date furono registrate tramite il sole, manifestazione della divinità unica androgina di carattere luminoso e taurino. Per tanto possiamo pensare ad un cambio di paradigma, probabilmente dettato dalla scoperta di quella eccezionale connotazione astronomica legata al moto del sole (da me scoperto nello studio del pozzo sacro di Santa Cristina -  vedi in particolare le parti: 3°, 4° e 6° dello studio), per la quale la posizione del sole da modo di registrare le due date seguendo regole geometriche. Per tanto cambia lo strumento ma non cambia la data da ritualizzare.

Una ultima considerazione di carattere puramente tecnico.

 Prendendo in prestito la nomenclatura relativa alla statica, che è quella parte della meccanica che studia le condizioni di equilibrio di un corpo materiale, possiamo dire con tutta tranquillità che tutti i punti che fanno parte dell’osservatorio astronomico sono ipervincolati2 (si definisce ipervincolato un oggetto che contiene un numero di vincoli maggiore rispetto ai propri gradi di libertà). In ragione di questa definizione possiamo dire che i nostri oggetti sono disposti su un piano, per tanto hanno 2 gradi di libertà, perché possono muoversi solo in uno spazio a due dimensioni (nel nostro caso anche i corpi celesti, benché siano disposti in uno spazio a tre dimensioni, apparentemente si muovono in uno spazio che noi percepiamo a due dimensioni che è la volta celeste).

I vincoli imposti ai nostri oggetti (emergenza rocciosa, macigni e centri di circonferenze) sono :

  1. gli oggetti 123467, giacendo sulla stessa circonferenza con centro in O, sono ognuno in mutuo vincolo con quest’ultimo;

  2. gli oggetti 3, 4, A, giacendo sulla stessa circonferenza con centro in M, sono con questo in mutuo vincolo;

  3. Il centro della circonferenza M è inoltre vincolato al segmento 3-4, perché occupa il punto medio del segmento stesso. Questo dato ci fa capire l’intenzionalità di voler costruire una circonferenza prendendo come diametro quel dato segmento.

  4. gli orientamenti delle coppie di oggetti 2-A 5-A sono paralleli agli orientamenti delle coppie di oggetti O-1 e O-2; e per tanto a due da due (gli orientamenti) sono in mutuo vincolo;

  5. le copie di oggetti O-1, O-2, O-5, 5-A, 2-A, 1-2, 7-5, 2-3, A-6 sono vincolati a precise coordinate astronomiche.

Se contiamo il numero di vincoli di ogni oggetto otteniamo:

    • oggetto 1: 4 vincoli

    • oggetto 2: 8 vincoli

    • oggetto 3: 4 vincoli

    • oggetto 4: 3 vincoli

    • oggetto 5: 4 vincoli

    • oggetto 6: 2 vincoli

    • oggetto 7: 2 vincoli

    • oggetto A: 6 vincoli

    • oggetto O: 6 vincoli

    • oggetto M: 2 vincoli


Come si può facilmente evincere dall’elenco stilato, solo 3 di 10 oggetti (tra materiali e geometrici non materializzati: oggetti 6, 7, M), sembrerebbero normalmente vincolati (2 soli vincoli) e per tanto equiparabili ad un sistema isostatico.

Se però teniamo in conto che tutti gli oggetti, compresi i punti 6, 7 e M, sono vincolati a oggetti celesti che si muovono, pure loro, in uno spazio apparente a due dimensioni (azimut e altezza nella volta celeste), ortogonale al punto di mira scelto; i due piani ortogonali determinano per le coppie di oggetti orientati un ulteriore vincolo; in quanto le coordinate astronomiche dell’astro sono di fatto un vincolo sul piano zenitale; ulteriormente vincolato, per sovrappiù, dallo spazio a tre dimensioni dell’orizzonte locale.

Infatti la linea retta che individua l’orientamento astronomico è anch’essa ipervincolata, perché partendo dall’occhio dell’osservatore deve passare per la verticale del primo e del secondo oggetto di mira posto a terra (2 vicoli), passare “poco” sopra e mai sotto l’orizzonte locale(3° vicolo), e arrivare all’oggetto astronomico collimato (4° vincolo). Questa considerazione di fatto incrementa tutti i vincoli imposti e per tanto tutti gli oggetti sono ipervincolati nello spazio geometrico tridimensionale. Ma non è tutto, perché non abbiamo tenuto ancora in conto la cosiddetta quarta dimensione; ossia il tempo. Questo determina un ulteriore vincolo di carattere temporale appunto; in quanto un certo fenomeno astronomico ha modo di esistere solo ed esclusivamente se succede in un determinato luogo e in un determinato momento quali ad esempio la levata eliaca di una stella e/o una data calendariale. In ragione di ciò possiamo asserire con tutta tranquillità che quello di Busachi è un vero e proprio osservatorio astronomico.

Conclusione

Infine mi sembra appropriato terminare l’articolo con una considerazione di carattere antropologico rivisitando, accompagnati dalle parole della Dr. Maria Grazia Melis, le immagini che nella prima parte dell’articolo descrivono le particolarità del sito archeologico.

La Dr. Maria Grazia Melis in “Osservazioni sul ruolo dell’acqua nei rituali della Sardegna preistorica3 affronta il tema relativo al ruolo dell’acqua nei riti ancestrali, inquadrandolo e descrivendolo in contesti paleolitici prima e neolitici dopo. Culture queste, dove l’elemento acqua assume connotazioni sacre in riti di carattere religioso. “Lo testimoniano la presenza di fossette e canalette in contesti cultuali e funerari, spesso prive di un valore funzionale4, scrive testualmente la Dott.ssa Melis e più avanti scrive ancora: “Un’ipotesi di relazione con il culto delle acque è stata formulata per i pozzi nn. 42 e 43 di Su Coddu-Selargius (omissis), per la profondità e le grandi dimensioni, per l’ubicazione in una zona elevata e periferica del villaggio e per la presenza dei gradoni, che evocano le ben più tarde costruzioni cultuali nuragiche.5 

Secondo quanto asserito dalla studiosa, risulta evidente l’analogia tra pozzo scavato dall’uomo (che imita l’inghiottitoio naturale dove la linfa vitale penetra nel ventre della terra) e la naturale conformazione del sito qui descritto, dove l’acqua raccolta confluisce naturalmente nella spaccatura del massiccio basaltico che la inghiotte, non prima di aver superato una serie di gradoni naturali (quasi una scalinata).

In questo contesto si può intravedere una stretta correlazione tra cerchio megalitico, all’interno del quale le acque piovane si raccolgono per poi inabissarsi nell’inghiottitoio-cascata, e l’inghiottitoio-cascata medesimo, che porta agli inferi, come testimoniato in numerosi miti (dall’Egitto a quanto scritto nell’Inferno Dantesco), dove l’acqua è veicolo di morte e via che conduce agli inferi.6

Visto sotto questo aspetto il cerchio megalitico sembrerebbe correlato alle acque “piovane” rappresentanti quelle primigenie della creazione; quelle che conducono agli inferi gli inumati che sarebbero stati posti all’interno del circolo stesso (in nostro circolo) per il rituale della scarnificazione; almeno, questo è quanto ipotizzato dagli studiosi, compreso G. Lilliu benché in contesti lontani quali i circoli megalitici della zona di Arzachena.7

In un altro documento, a firma della Dott.ssa Valentina Leonini, dal titolo “Sepolture e rituali funerari nell'Eneolitico e al passaggio all'antica età del Bronzo in Italia8 leggiamo: “Nel corso dell’età del rame le zone d’altura sono state utilizzate, come noto, per pratiche funerarie di vario tipo, accomunate spesso dalla scelta del contesto ambientale: grotte e grotticelle, ripari, inghiottitoi, nicchie alla base di pareti rocciose. La scelta ha privilegiato gli ambienti che si presentassero naturalmente definiti, anche se spesso furono praticati interventi ulteriori di strutturazione del sito.” (mio il sottolineato ndr). Nell’articolo si descrivono siti archeologici di tutta Italia tranne la Sardegna, ma ciò non di meno è importante la descrizione qui riportata che si attaglia perfettamente al nostro sito. Si attaglia tanto perfettamente che ritroviamo quanto scritto dalla Dr. Leonininella gola scavata artificialmente e ritratta in Fig. H,La scelta ha privilegiato gli ambienti che si presentassero naturalmente definiti, anche se spesso furono praticati interventi ulteriori di strutturazione del sito.

Questo è il luogo sacro ubicato sull’altopiano basaltico in territorio di Busachi, affacciato sul fiume Tirso.

In coda all’articolo dedicato all’osservatorio di Is circuìttus scrissi “Rivedendo tutte le fasi e tutti i particolari, ci si rende conto che il sito è carico di simbolismo spirituale: natura e posizione delle pietre, orientamenti e figure nascoste collegate a particolari astri, orientamenti di macigni collegati ad altri macigni e ad altri manufatti, in una commistione di riti legati alla vita e alla morte. Riti che si intrecciano e si completano nell’augurio della rinascita.

Qui a Busachi non ci sono altri manufatti oltre a quello descritto, se non quella che sembra una coppella in un affioramento di basalto e qualche costruzione di incerta datazione, nonché una sorta di "Cairn" che abbiamo individuato lì vicino (Fig.14). Il circolo megalitico però è inserito in un luogo naturale di grande suggestione e bellezza, che per le sue caratteristiche sembra essere stato luogo deputato alla celebrazione di riti ancestrali mediante i quali le antiche popolazioni sarde avrebbero scandito il tempo delle stagioni per i vivi, auspicato la rinascita per i defunti.

 Studiando l'aspetto antropologico alla luce dei significati indotti dagli eventi calendariali individuati in quegli orientamenti astronomici, ci rendiamo conto di entrare in quell'antica filosofia secondo la quale il ciclo delle stagioni e quindi della vita, era scandita, su una base teologica, dal sorgere e dal tramontare degli astri nel cielo. E quei due cerchi simboleggianti, evidentemente, il continuo scorrere del tempo, potrebbero anche simboleggiare la divinità lucifera soli-lunare con quell'intima commistione di forme, per la quale il cerchio più grande da origine all'altro più piccolo. Quel piccolo cerchio che dal maggiore trae origine e forma e sembra, quasi in un fermo immagine, nascere dal grembo di quello maggiore. Ecco che in questa accezione intravvediamo in quel rivo che ha origine all'interno del cerchio maggiore, il flusso amniotico visto come principio vitale.

Fig. 14

Note e riferimenti bibliografici

1 Il punto “O” probabilmente fu individuato da un qualche segnale che in seguito fu rimosso. E’ molto probabile che in quel dato momento di individuazione delle due direzioni O-1 e O-2 fu annotato una qualche conformazione sul profilo montuoso all’orizzonte tale da esser preso come punto di mira per il trasporto di rette parallele.

2 In questa accezione “ipervincolato” assume il significato di condizione che inibisce la possibilità che la posizione degli oggetti e gli orientamenti siano dovuti a mero caso fortuito.

3 Maria Grazia Melis in “Osservazioni sul ruolo dell’acqua nei rituali della Sardegna preistorica”, tratto da Rivista di Scienze Preistoriche - LVIII - 2008, 111–124

4 Idem , § “Acqua e altri strumenti per il culto” pag. 112

5 idem , § “Gli insediamenti” pag. 114

6 Si veda: Maria Margherita Satta “ Il simbolismo ambivalente dell’acqua , fonti di vita e strumento di morte” pag.12

7 G. Lilliu - La civiltà dei Sardi dal paleolitico all'età dei nuraghi - 1988 - Ed. Il maestrale RAI ERI  - cap. 3a pag. 72.

8 Valentina Leonini – “Sepolture e rituali funerari nell'Eneolitico e al passaggio all'antica età del Bronzo in Italia” in “La cultura del morire nelle società preistoriche e protostoriche italiane – a cura di Fabio Martini – ORIGINES Studi e materiali pubblicati a cura dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria – in Academai.Edu.


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