mercoledì 6 gennaio 2021

Il ripostiglio di Tzricotu trasformerà il vaso di Pandora in una cornucopia. I negazonisti attuano l'esorcismo: Tzricotu, Tzricotu, Tricotu, vade retro retractatio!

dalla pagina Facebook di Gigi Sanna del 24 dicembre 2020


di Sandro Angei

    Ormai siamo arrivati ad un bivio. I giochi sono fatti. Il periodo di tempo trascorso da quel lontano 1995 ha dato il tempo di indagare e di reperire le prove pro e contro, e di comprendere quali di quelle prove siano attendibili e quali no per deliberare sul dilemma: i sardi di età nuragica scrivevano? 

   Quante prove sono state portate a sostegno della teoria del Prof. Gigi Sanna?

   Tante, tantissime e di ordine filologico di altissimo livello.

   Quante prove sono state addotte dai negazionisti?

   Nessuna. Tante dichiarazioni di rifiuto, senza l'avvio di alcuna indagine tesa a smontare in modo concreto, puntuale e risolutivo la tesi del Prof. Sanna.

   Sono state addotte solo timide ragioni, tanti scontati cliché che sono solo delle mezze verità del  tipo: “la scrittura si sviluppa in ambito palaziale”, che se pur vera, inquadra la scrittura in modo aprioristico solo all'interno di una società che la usava ai soli fini meramente pratici in un preciso contesto urbano. Altre possibili soluzioni?... Silenzio.

   Ma torniamo all'amletico dilemma: essere o non essere scrittura nuragica?

   Da una parte vi è il Prof. Gigi Sanna, assertore impavido e sicuro della propria posizione data la sua grande cultura umanistica, dall'altra una manciata di  negazionisti poco coscienti della realtà che obiettano; la maggior parte per partito preso, altri per inchiodata e stereotipata cultura, che sfocia inevitabilmente, sia per gli uni che per gli altri, in un superficiale tirar di somme. Alcuni di essi, i più arrabbiati, furono disposti a suo tempo anche all'uso illecito dei media pur di mantenere ben salda la loro posizione. E ammesso e non concesso che il passato li possa giustificare per il fatto che i dati allora potevano esser esigui (!); al presente la presa di posizione dei negazionisti è dettata da ragioni per nulla scientifiche, né filologiche, ma è tesa a evitare solo ed esclusivamente una ritrattazione.

   Questa è la parola chiave del malanno di cui ci stiamo occupando: ritrattazione.

   La ritrattazione, vista come azione infausta, non è contemplata dai più tra le possibili operazioni riparatorie dell'errore. E tanto più si abbassa la statura morale e il livello culturale, tanto più la retractatio è respinta.

   Secondo questo sillogismo la retractatio è  indice di forza e onestà intellettuale di chi la esercita, conscio delle proprie forze.

 Poi a peggiorar ancor più le cose (viste sempre dall'altra parte) si presenta l'umiltà che, accidenti a lei, è madre della ritrattazione e ad essa tien la mano.

   Cosa è l'umiltà?

   La parola ha due accezioni, una negativa (manco a dirlo!), l'altra positiva. La prima viene usata in senso spregiativo per indicare, ad esempio, persone o ceti di basso rango; l'altra è registrata quale “virtù”.

 L'umiltà quindi, in uno spirito ottimistico, è una virtù e la si acquisisce con l'esperienza e la consapevolezza dei propri limiti. I Maestri devono essere umili; e se lo sono, saranno capaci di attuare la ritrattazione per amor proprio, per il bene dei propri allievi e della scienza.

   Non sono un fervente cattolico, anzi... molto “anzi”; ma vi invito a leggere quanto vi è scritto in Giovanni 13,12-15.

   Quindi l'umiltà dei “Maestri” è la chiave di tutto.

   Si potrebbero spendere pagine intere sull'umiltà dei maestri e tutti saremmo d'accordo nell'approvarla. Perché allora si ha paura dell'umiltà e quindi della retractatio?

Un fulmine a ciel sereno

  La notizia dell'esistenza di un ripostiglio interrato dove furono trovati i sigilli di Tzricotu è un fulmine a ciel sereno.

 Una notizia che ammette solo due soluzioni: può essere vera o può essere falsa. Se è falsa nulla si troverà, se è vera si troverà una costruzione. E' lapalissiana come conclusione, banalmente ovvia come considerazione... ma attenzione, questa banalissima riflessione mette in crisi il sistema. Quale sistema?! Quello negazionista ovviamente.

   Basta un certo “strumento” e le necessarie autorizzazioni; e se qualcosa vi è nel sottosuolo in località Tzicotu , salterà fuori, senza scavi, senza sconvolgimenti; quelli verranno dopo.

   La notizia è come se avesse blindato la scena e fermato qualsiasi movimento degli attori nel proscenio dello spettacolo ininterrotto che ormai da decenni è in scena.

 Tutto è fermo, nessuno, benché consapevole di esser lì, può muovere un muscolo; può solo percepire, impotente, quel che succede attorno a se. Solo uno degli attori se la ride e aspetta.

 Cosa aspetta?! Aspetta l'arrivo del deus ex machina? Il dio risolutore della tragedia greca? Chiederà qualcuno. No, nessun dio, aspetta solo la “machina”.

 Il Porf. Sanna aspetta solo la macchina e null'altro auspica si faccia prima di allora. Per contro gli altri, i negazionisti, immagino auspichino ben volentieri che arrivi Poseidone, l'appellato “scuotitor di terre”, che in qualche modo possa inghiottire ciò che in quel di Tzricotu possa esistere nelle viscere della terra. “Vade retro retractatio!” Sarà questa la parola d'ordine?

   Ma non è così. Nessun dio verrà a inghiottire il ripostiglio di Tzricotu; nessun dio potrà far sparire la prova che i sigilli di Tzricotu sono stati trovati, forse, dentro una olla ormai rotta e che ancora dovrebbe giacere in frantumi dentro il ripostiglio ben nascosto.

   In sostanza, Professore, siamo in una botte di ferro e se ripostiglio vi è in quel di Tzricotu, ripostiglio si troverà.

 Quel giorno, a tempo ormai scaduto, non darà modo di esercitare la retractatio dei Maestri, ma un biasimevole mea maxima culpa.

4 commenti:

  1. Noto che sei ottimista e tanto. Io no. Trent'anni di battaglia mi 'consigliano' e mi portano a dire che qualche cosa si inventeranno. In primo luogo il facile silenzio che tutto uccide. La sperimentano l'uccisione giorno dopo giorno con la non citazione di nessun documento e Gaetano Ranieri prima che muova la sua macchina scientifica e abbatta l'incredulità dovrà aspettare la dipartita della 'manciata' dei negazionisti, fasulli quanto potenti nelle e verso le istituzioni. In ogni caso, ti ringrazio per tutta la trattazione epifanica. Servirà per quel poco che servirà. Il grido immenso dei documenti e dei luoghi dove essi sono stati trattati per ora lo sentono moltissimi umili e pochissimi di coloro che, si voglia o non si voglia, quel grido non sentono o, meglio, non vogliono sentire.

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    1. Posso capire il suo scetticismo, e benché si possa pensare che “qualche cosa si inventeranno”, sta il fatto che il ripostiglio quale “spada di Damocle” è e rimarrà sempre lì, in bilico, sulle teste di chi di esso ha paura.
      Potranno costoro rimaner in silenzio, ciò non toglie che noi possiamo far ancor più baccano e chieder mozione perché si faccia l'indagine. Non per altro ma... non voglia mai quel yhw, che ormai da decenni nominiamo spavaldamente, far cadere qualche innocente dentro il ripostiglio andando a funghi o cicoria o asparagi o quant'altro quel dio premuroso riserva a noi mortali ogni stagione dell'anno (mi rimbomba in testa il sermone di un vecchio sacerdote di yhw), tant'è che a pennello veste il detto: “il diavolo fa le pentole ma non i coperchi”.

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  2. Visto da dentro, sembra proprio la camera interna (la tholos la chiamano gli esperti) di un nuraghe monotorre neanche troppo mini, se è vero che il diametro interno è di 4 metri e l'altezza residua sui 4,50 metri. Onestamente mi pare un po' troppo grande per conservare solamente piccoli bronzi come i sigilli, fossero pure a decine, quante sono le tombe di Monti Prama.
    Posso pensare a un nuraghe costruito fuori terra che, diciamo dopo tremila anni, si ritrova interrato per ragioni naturali di riempimento delle zone vallive?
    Anche il nuraghe Tzricotu, nei pressi, è ben affondato nel terreno, seppure emerga ancora non più di due metri (dico a memoria).
    Ma se fosse stato costruito per essere sotterraneo, mi fa venire in mente la parte superiore del Pozzo sacro Cuccuru Nuraxi di Settimo S. Pietro, raggiungibile con una scalinata, largo alla base poco più della metà di questo di cui parliamo.
    Chiaramente, sino a che non si sarà esplorato, non si capirà se sia dell'uno o dell'altro tipo, perché se fosse nato fuori terra, si troverebbe un ingresso, più o meno occluso da sempre o nel tempo.
    Meraviglia anche l'apertura superiore, adatta a essere chiusa con un lastrone di pietra, perché, se poteva essere facile gettarvi o depositarvi qualsiasi oggetto che passasse per il foro, risultava difficile ricuperarlo, peggio che in quel gioco da baraccone di pesca con un attrezzo manovrabile, ma non troppo, dall'esterno.
    Esulando dall'argomento, ricordo che nelle rovine del castello di Barumele, in territorio di Ales al confine con quello di Curcuris, all'inferriata di una finestra del quale (si dice) la contessa Violante Carroz appese il suo prete confessore, in quelle rovine, ripeto, si trovava un foro che noi ragazzi credevamo la bocca di un pozzo, fatto proprio scampanato come la camera di un nuraghe. Ci buttavamo le pietre dentro e poi posavamo l'orecchio per sentire il rumore di quando toccavano il fondo. Così ne ipotizzavamo la profondità.
    Sentivo da gente adulta che, ai tempi in cui erano ragazzi, ci buttavano o ci calavano candele per illuminarlo dentro e giuravano che ci vedevano dei mobili addossati alle pareti. Può essere che siano vanterie che, quando la gente era più ingenua, mettevano in giro per darsi lustro.
    Resta il fatto che, fosse pozzo o fosse camera, quella formalità costruttiva era in voga ancora duemila anni dopo Tzricotu e Monti Prama.

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  3. A Tzicotu sono stati trovati importanti oggetti decorati di epoca bizantina

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