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sabato 6 febbraio 2021

Un contributo alla costruzione della piramide di Cheope - 2° parte

Il tracciamento della base 

di Sandro Angei

vedi: prima parte

  Nella prima parte dello studio abbiamo affrontato il problema dell'orientamento geografico della Grande Piramide. In questa seconda parte vedremo come fu tracciata l'intera base del monumento.

2. Secondo problema

Abbiamo orientato a dovere i due lati della Grande Piramide e creato due linee ortogonali sulle quali misurare per allineamento due lati del monumento. Ora sorge la difficoltà di tracciare in modo preciso gli altri due lati. Vediamo come procedere.

2.1 Il perché di una scelta quando si è ad un bivio

venerdì 29 gennaio 2021

Un contributo alla costruzione della piramide di Cheope - 1° parte

Cercando di capire i "percome"

di Sandro Angei

    La maestosità e imponenza della grande piramide di Cheope ancora oggi affascina chi, ponendosi al suo cospetto, si interroga sul "perché" e sul "percome" fu costruita.

   Il "perché", a detta della maggioranza degli studiosi, investe la sfera del sacro; il "percome" la disciplina della scienza e della tecnica.

   Noi siamo qui, oggi, per indagare alcuni aspetti del "percome" fu costruita la Grande Piramide. Quegli aspetti che altri, molti, hanno indagato, ma che non soddisfano le mie aspettative.

   Un bell'esempio di spiegazione dal punto di vista tecnico e scientifico lo ha profuso l'Architetto Marco Virginio Fiorini col suo libro Nel cantiere della grande piramide – Gli architetti egizi svelati” ANANKE Ed. 2012, dove letteralmente "sviscera" il monumento.

    Lo fa con grande cognizione di causa, ma alcuni aspetti deludono le mie aspettative nel momento in cui la tecnica si scontra con la possibilità di "fare" o "non fare" una determinata azione come, ad esempio, quella di tendere una fune lunga 219 m (Fiorini §21), che è la misura degli spigoli inclinati della Grande Piramide convergenti verso il "piramidion". Misura che di certo comportava una "catenaria" con una freccia non indifferente, considerato che la traiettoria di questa particolare curva è legata alla forza di gravità e per tanto al peso della fune e al suo grado di resistenza meccanica.

venerdì 1 gennaio 2021

Una rilettura del tempio “Fenicio-Punico” del Kothon di Mozia – una indagine su Orione

 

Isola di Mozia

di Sandro Angei


Mi sono imbattuto poco tempo fa in un saggio a firma dell'archeologo Lorenzo Nigro, 2007, "Il Tempio del Kothon e il ruolo delle aree sacre nello sviluppo urbano di Mozia dall'VIII al IV secolo a.C.1. Il titolo mi ha incuriosito perché qualche tempo fa ho dedicato la mia attenzione alla splendida Mozia per via del suo tophet, uno dei primi ad essere impiantato assieme a quello di Cartagine e quello di Sulcis nell'VIII sec. a.C..

  Con certo interesse ho letto i capitoli dedicati al tempio del Kothon.

 In particolare il 6° capitolo intitolato: "Elementi astrali nell'orientamento del tempio del Kothon", mi ha oltremodo

domenica 6 dicembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Terza parte


Enoch al lavoro

di Sandro Angei


7. Enoch gioca col Genesi, yhwh non bara ma lui si!

    A questo punto della trattazione si pongono altre domande:

 Perché Enoch fece iniziare l'anno proprio il giorno dell'equinozio di primavera?

 E perché proprio l'equinozio di primavera piuttosto che quello d'autunno?

 Come fece Enoch a stabilire con esattezza il giorno dell'equinozio?


   Partiamo col rispondere alla 2° domanda. E' evidente che, dal punto di vista antropologico, l'inizio dell'anno debba coincidere con la ripresa del ciclo vitale della natura, che ha inizio appunto a partire dell'equinozio di primavera.

   La risposta alla 1° domanda è di carattere astronomico e ideologico, ma anche e soprattutto di carattere antropologico.
   

domenica 29 novembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Parte seconda

  


di Sandro Angei


2. Enoch scriba e astronomo portatore di un sapere antico. Enoch sacerdote divulgatore delle leggi di yhwh

   Enoch da chi apprese questo sapere? Oppure fu lui ad elaborare in prima persona quel calendario? Non lo sapremo mai. In ogni caso il calendario di Enoch fu il risultato di un sapere antico elaborato in secoli o forse millenni di osservazioni e sfociato alla fine, probabilmente con l'uso della clessidra, in un calendario ritmico e piuttosto preciso (30+30+31 per 4 volte), inquadrabile in un periodo durante il quale la scrittura era già utilizzata (Enoch si definisce scriba) e, verosimilmente, quel periodo in cui la scrittura da lì a poco diventerà di uso comune, dato che nel libro del patriarca vi è una interessante inserzione di racconti che vedono protagonista Noè, suo pronipote, al quale fu annunciato il diluvio universale e svelati i motivi che indussero yhwh a mandare quella

venerdì 27 novembre 2020

Enoch, le porte del sole e il 21 di aprile. Parte prima

 
"E per prima usciva la luce maggiore, chiamata sole, e la sua orbita è come la circonferenza del cielo e tutto era pieno di fuoco splendente ed ardente."*

* Libro di Enoch -  parte XIII  § LXXII . 4

Prefazione
   Ero convinto di essere nel giusto nel momento in cui attribuii al 21 di aprile, data sicuramente registrata in alcuni pozzi sacri di età nuragica, il privilegio di capo dell'anno. Ma è probabile debba ricredermi. Ciò non toglie che la data registrata nei monumenti sardi sia inconfutabile; come inconfutabile è l'importanza di quella data per le genti nuragiche. Dobbiamo solo toglierle il titolo di capo dell'anno... poco male.

***
Sommario
   Questo studio si propone di cercare degli indizi, se non proprio delle prove, che la data del 21 di aprile registrata in alcuni pozzi sacri della Sardegna, possa in qualche modo essere collegata al

sabato 16 maggio 2020

IL circolo megalitico di Cuguzza Aiola - seconda parte


 Studio del sito
di Sandro Angei
Iniziamo lo studio dalla descrizione delle singole emergenze lapidee, che descriveremo essenzialmente con delle immagini fotografiche corredate di didascalia.

1° elemento del cerchio - Probabile banco di roccia emergente

 

martedì 12 maggio 2020

Il circolo megalitico di Busachi - prima parte

Cuguzza Aiola, un osservatorio astronomico
atrus circuìttus
di Sandro Angei


Fig. A - Origine del canalone – la cascata

Riassunto
   Questo studio prende l'avvio da un flash panoramico. Proprio così. Un flash dato da particolari condizioni di luce in un dato momento e in un dato luogo, durante il quale il panorama che si para agli occhi dell'osservatore sembra fuori dal tempo e dallo spazio normalmente percepito.
   Sarà stato l'occhio ormai esperto, o il caso, o se vogliamo il destino (a cui non credo), ma sono entrato subito in sintonia con quel luogo, tanto che sin da subito quei macigni stranamente disseminati nel terreno mi hanno fatto sospettare qualcosa di anomalo. Già, un'anomalia rispetto alle condizioni che la natura appronta.
   Lo studio descrive la posizione di queste emergenze naturali manipolate dell'uomo in un dato periodo; e le particolarità geometriche che quella manipolazione ha indotto allo scopo di registrare degli eventi astronomici. Per tanto lo studio è di carattere geometrico da una parte e archeoastronomico dall'altra, alla ricerca di significanti e significati antropologici.

***
   Sono sovrappensiero mentre percorro la Strada Provinciale 23 provenendo da Fordongianus, quando all’improvviso da dietro i cespugli a bordo strada mi appare un "miraggio". Il canalone si para davanti ai miei occhi con le sue pareti che convergono e si uniscono lì dove la tavola

sabato 3 agosto 2019

Ierofanie e modellazione 2° parte


Vero, semivero o falso?!

Esterno

Interno
di Sandro Angei


   Al meeting di Villanovaforru di domenica 28 luglio la Dott. M. De Franceschini ha puntualizzato che l'archeologo, nello studio coordinato e multidisciplinare delle ierofanie luminose nei monumenti antichi, debba verificare che le strutture che producono i fenomeni luminosi siano antiche, e a tal proposito porta l'esempio del Pantheon dove l'oculo sommitale reca ancora il cornicione di bronzo originario, quindi produce gli stessi effetti di allora.
   La gran fortuna del Pantheon purtroppo è caso raro negli edifici che durate i secoli hanno subito spoliazioni.

giovedì 1 agosto 2019

Ierofanie e modellazione



  1. Confronto tra reale e virtuale
Lo spunto per questo articolo mi è stato dato dal recente incontro avvenuto a Villanovaforru in occasione dell'ArcheoMeet – incontri e scontri sull'archeologia sarda - di domenica 28 luglio. In particolare la Dr. Marina De Franceschini, archeologa votata all'archeoastronomia, ha posto l'accento sulla necessità di constatare in loco le manifestazioni luminose (ierofanie) legate al sacro. Concordo in pieno con questa asserzione che è indice di metodologia seria e corretta, che si presume tutti gli archeoastronomi debbano praticare. Non basta la misurazione angolare più o meno precisa di un evento legato ad un particolare momento del moto degli astri; e ancor meno basta per eventi luminosi che anziché limitarsi ad orientamenti del primo tipo, sono inquadrabili in quelli del secondo tipo.
Ora, aprendo una parentesi, le due categorie appena citate ho avuto modo di descriverle nel mio saggio sul pozzo di Santa Cristina, ma è bene qui riproporre la spiegazione su cosa si intenda per orientamento del primo o del secondo tipo:

domenica 19 maggio 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 9° parte - un problema di scala rovescia


Destreggiarsi tra i vincoli della scala rovescia

Pensavo di inserire la descrizione di questo specifico problema all'interno nell'ultima parte dello studio dedicata al crono-programma dei lavori di costruzione del pozzo sacro; però facendo ciò avrei appesantito oltremodo l'ultima parte, che lo è già di per se, tanto che poteva passare inosservato un vero e proprio “escamotage” capace di risolvere una difficile fase costruttiva.
Come abbiamo avuto modo di constatare, i gradini della scala rovescia sono impostati sul rapporto di 3/4 di stiba in orizzontale e 2/3 di stiba in verticale. Benché le misure non siano perfettamente uguali per tutti i primi 7 gradini1 (vi è qualche lieve differenza tra l'uno e l'altro), i due rapporti in termini di stiba sono validi non tanto per la corrispondenza con le misure lineari di detti gradini, ma in modo più preciso, significante e probatorio, perché la pendenza della scala rovescia è impostata su detti rapporti: 3/4 e 2/3 di stiba, ossia: 41°38' (Fig.2). Per tanto siamo in presenza di un 1° vincolo.



giovedì 25 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 8° parte - Il recinto sacro: numeri sacri, geometria sacra


Fig. 1
di Sandro Angei

Vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni

14. Costruzione del recinto sacro
   Nell'articolo “Le geometrie del pozzo di Santa Cristina”, parlammo del recinto sacro e lo definimmo di forma glandoide per via della correlazione con la figura del santuario di Gremanu di Fonni.

sabato 13 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni


L'uomo, nella sua nudità esprime la condizione di essere umano;
così oggi come nel passato.

Libero da tutti gli orpelli etichettanti il suo modo esteriore d'essere, pensa;
e nel pensare può mentire a se stesso?

L'uomo che pensa deve essere nudo dentro.

Deve essere libero.


12. Divisione di un segmento in parti uguali

Nei precedenti capitoli abbiamo scritto che la stiba doveva essere divisa in tre parti uguali per poter operare la costruzione degli anelli secondo il procedimento descritto in Fig. 3 (parte 2°). In seguito, nel capitolo 8 abbiamo prospettato l'idea della divisione in 7 parti uguali di un dato segmento per ottenere la giusta dimensione dei gradini della scalinata; mentre nel capitolo 9 abbiamo asserito che il cateto verticale del mòdano doveva essere diviso secondo precisi rapporti numerici pari a 1/2, 1/4, 1/8 e 1/3 dell'intero; infine, nel capitolo 10 abbiamo operato una divisione del raggio di costruzione del cerchio in 9 parti uguali.

mercoledì 10 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 6° parte - Orientamento al nord geografico

11. Orientamento della scalinata: bussola ante litteram? No, ombre, riga e compasso!
Arrivati a questa fase dello studio è necessario dar conto dell'orientamento della scalinata; una caratteristica, questa, che mi incuriosì sin dall'inizio dello studio e mi pose una domanda alla quale non riuscivo dare una risposta precisa e ben documentata. Quell'azimut di 153°08' parrebbe dettato da un orientamento ad una specifica stella (Fomlhaut), come ipotizzai di primo acchito; invece esso è frutto di un calcolo preordinato e straordinario.
La curiosità, come ben si sa', muove la ricerca; e spinto da questo sentimento ho indagato dal punto di vista geometrico e topografico questo dato.

lunedì 1 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 5° parte - qualche errore di costruzione

Immagine gentilmente concessa da Stefano Sanna
di Sandro Angei

10. Gli errori di costruzione della scalinata

Nel precedente capitolo abbiamo descritto alcuni particolari della scalinata e avanzato la prudente ipotesi che i suoi gradini siano stati impostati secondo un preciso rapporto riferito alla stiba di 43 cm. Abbiamo anche usato il termine: “inclinazione originaria” avendo riscontrato un cambio di pendenza dal 7°- 8° gradino a salire. In questo capitolo ci soffermeremo sui motivi che indussero questo cambio di pendenza e sul presunto errore di partenza della scalinata.
Osservando la sezione della scala (Fig.11) ci rendiamo conto che essa fino al 8° gradino a salire ha una certa inclinazione (38°40'), dopodiché cambia pendenza (37°44'). Si può ipotizzare che fu eseguito un primo tracciamento della scala seguendo l’inclinazione del mòdano; tant'è che i gradini dal 2° al 8°, giacciono sulla stessa retta inclinata esattamente di 38°40'. Notiamo però quello che potrebbe essere un errore commesso in fase di tracciamento; infatti le pedate dal 2° al 6° gradino hanno tutte la misura media di circa 30 cm, così pure i gradini dal 9° al 24°; mentre il primo gradino ha una pedata di soli 26 cm1. E' possibile che questa fu realizzata di tale misura per compensare la pedata insufficiente tra il primo gradino e il bordo del bacile. Infatti se il 2° gradino avesse avuto una pedata di 30 cm, come gli altri, il primo gradino sarebbe stata di soli 17 cm contro i 20 cm reali. Un gradino di tal fatta (17 cm) se in fase di salita può anche essere di comodo utilizzo, perché si sale poggiando la parte di piede a partire dall’articolazione tra metatarso e falange prossimale; in discesa si correrebbe il rischio di cadere, perché l’articolazione tra metatarso e falange prossimale non avrebbero alcun appoggio, potendo poggiare solo tallone e arco plantare fino all’estremità del metatarso., il 7° una pedata di 27 cm, l'8° una pedata di 34 cm.

Fig. 11

Perché dal 8° gradino fino al 24° la pendenza si riduce a 37°44'? E' questa una modifica eseguita in corso d'opera da quelle maestranze, oppure è il risultato del restauro operato dal Dr. Enrico Atzeni?
   Alla domanda possiamo rispondere solo per via indiziaria, perché non conosciamo esattamente lo stato in cui si trovava la scalinata nel momento in cui E. Atzeni intervenne e la reintegrò (lamenta il Moravetti nella citata guida: "Per quanto riguarda, poi, le indagini stratigrafiche che hanno interessato il santuario, va detto che purtroppo non si dispone ancora dei dati di scavo, così come non si conoscono i materali rinvenuti, fatta eccezione per quattro statuine di bronzo fenicie, recuperate sui gradini del tempio, una fibula ad arco semplice ed una a sanguisuga, alcune figure fittili antropomorfe". Evidentemente si riferiva al lavoro di E. Atzeni.
   Per tanto non conoscendo l'operato dell'archeologo e sperando nel prossimo futuro in una sua pubblicazione (!), non possiamo far altro che ipotizzare per via indiziaria sulla base di alcuni dati rilasciati nelle varie pubblicazioni, valutando i quali siamo indotti a pensare che fu eseguita una modifica in corso d'opera da parte dei costruttori.
Nella guida del Moravetti leggiamo al capitolo: "Il tempio a pozzo" pag.21: "Il pozzo sacro – reintegrato nella parte medio-superiore della scala – ripete lo schema planimetrico comune a questi edifici templari di età nuragica: atrio o vestibolo, scala discendente nella camera, sotterranea, che custodisce la vena sorgiva" (mio il grassetto).
   Cosa possiamo dedurre da questa affermazione, se non il fatto che la scala fu ricostruita a partire all'incirca dal 12° gradino a salire. Essa fu ricostruita, evidentemente, sulla base della parte di essa ancora in situ e secondo i parametri lì rilevati, di alzata e pedata dei gradini esistenti e secondo l'inclinazione dettata a partire dal 7°-8° gradino al 12°. In ragione di ciò, essendo il piano di campagna dettato dalla quota di calpestio in prossimità del sedile del recinto interno (vedi parte 2°, 4° capitolo), e sulla base della media delle alzate dei gradini esistenti, questi dovevano necessariamente essere in numero di 24.
    Sulla base di questo indizio (non sentiamo di definirlo "prova"), pensiamo che il Dr. Atzeni, rispettò l'impostazione della scala; per tanto è verosimile che l'aggiustamento di pendenza fu eseguito in antico in fase di costruzione. Al riguardo abbiamo elaborato un embrione di ipotesi sui motivi di questa correzione, ma non riteniamo solidi gli argomenti di base; per tanto, almeno per il momento, pensiamo basti dire che quel cambio di pendenza potrebbe avere attinenza con l'illuminazione della "scala rovescia". In sostanza pensiamo, ma solo in ambito antropologico e simbolico, che la correzione fu eseguita per rispettare la "scenografia luminosa", in quanto possiamo presume che durante il solstizio d'inverno il sole non dovesse illuminare (se non in modo limitatissimo), l'interno della tholos, né il bacile contenente l'acqua, né la scalinata, ma solo la scala rovescia.
Ma è solo una congettura.

   L'auspicio è quello di trovare in futuro giuste e convincenti motivazioni anche, si spera, sulla base di altri studi e altri monumenti. Per tanto l'evento luminoso che possiamo osservare al solstizio d'inverno, non trascurando quello agli equinozi, se pur suggestivi quanto a spettacolarità, e rapportabili strumentalmente al mòdano,  rimarranno per ora nell'ambito di labili ipotesi.

   Per quanto riguarda il primo errore - quello sicuramente imputabile ai costruttori - è possibile che la pedata del primo gradino fu realizzata della misura minima di 26 cm per compensare la pedata insufficiente tra il bordo del bacile e l'alzata del primo gradino. Infatti se il 1° gradino avesse avuto una pedata di 30 cm, come gli  altri, la pedata di partenza (bordo del bacile) sarebbe stata di soli 17 cm (Fig.12) contro i 19.6 cm reali (Fig.11). Una pedata di tal fatta (17 cm) se in fase di salita può anche essere di comodo utilizzo, perché si sale poggiando la parte di piede a partire dall'articolazione tra metatarso e falange prossimale; in discesa si correrebbe il rischio di cadere, perché l’articolazione tra metatarso e falange prossimale non avrebbero alcun appoggio, potendo poggiare solo tallone e arco plantare fino all’estremità del metatarso.

Fig. 12

   Comunque, a prescindere dalla causa che modificò l'inclinazione, sta il fatto che la prima parte della scala rispetta in modo preciso l’angolo di inclinazione del mòdano; se poi la parte finale della scalinata fu restaurata da E. Atzeni , oppure fu così costruita in età nuragica, nulla cambia per quanto riguarda l'ipotesi del mòdano.

segue

Note e riferimenti bibliografici

1 Secondo la prassi costruttiva da me ipotizzata, che vedremo nell'ultima parte dello studio, l'errore probabilmente ebbe origine dalla posizione del mòdano, che nel rispetto di una geometria del tutto teorica, originava la base della scala sul punto di riflessione teorico dei raggi solari al 20 di aprile. Secondo questa costruzione la pedata alla base del 1° gradino (bordo del bacile), avrebbe avuto una pedata di soli 11 cm.

venerdì 22 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 4° parte - Il mòdano: numeri e solo numeri

di Sandro Angei

8. Il mòdano: una prova tangibile
La funzione del mòdano, come abbiamo visto soddisfa i requisiti di carattere astronomico e ciò potrebbe bastare per definire eccezionale quanto scoperto; però non dimostra fino in fondo che quelle genti conoscessero effettivamente questi rapporti intercorrenti tra misure lineari e inclinazione dei raggi solari descritti nel 7° capitolo; ma ancora una volta e in modo sorprendente, quegli architetti, a testimonianza del loro operato, hanno lasciato una prova inconfutabile, indipendente dalla meccanica celeste, perché quel mòdano individuava ad 1/4 della sua altezza l’inclinazione della scalinata così come doveva essere impostata originariamente; ossia con una inclinazione di 38°40’. Proprio questo dato dimostra la conoscenza da parte di quelle genti di quei rapporti numerici tra geometria e astronomia. Il dato inoltre è rafforzato dal suo preciso inserimento nella suddivisione in 24 parti del cateto AB (Fig. 8).


Fig. 8

   Quelle genti avrebbero potuto scegliere una inclinazione della scala più agevole, ma  in in un progetto nel quale la stiba è utilizzata quale unità di misura di riferimento, anche il gradino doveva rispettare dei rapporti ben precisi; rapporti che abbiamo scoperto essere 4/7 e 5/7 di stiba.
   A questo punto l'ipotesi potrebbe apparire ardua se entrassimo in un ambito piuttosto aleatorio di rapporti numerici che potrebbero esser solo ed esclusivamente frutto del caso, o nella peggiore delle ipotesi, frutto di una insana ricerca (la mia) di un qualche valore che possa verosimilmente coincidere col dato rilevato. Ma sapendo di dover dar conto di un manufatto costruito secondo un ragionamento dettato in gran parte da un modo di pensare pratico, è necessario trovare il sistema che condusse alla scelta di quei rapporti numerici.  

Intenzionalità, caso o ricercatore alla ricerca del rapporto numerico?
   La pendenza originaria della scalinata era, come detto, di 38°40', per tanto le misure di alzata e pedata del gradino sono legate da questa inclinazione. Osserviamo che i 24 gradini hanno un'alzata media di 24,2 cm, però i primi 7, che possiamo presumere siano quelli della originale impostazione (vedremo in seguito il perché), hanno un'alzata media di 24,57 cm. (1,72 m/7 gradini), che impone una pedata di 30,71 cm. Si noti che la misura di 24,57 cm è in perfetto rapporto frazionario con la stiba di 43 cm: 4/7 di stiba, mentre la pedata è nel rapporto di 5/7 di stiba.
Certamente possiamo trovare numerose frazioni che possano soddisfare, entro certi limiti, le nostre misure sulla base della stiba; ma la più vicina coppia di frazioni con medesimo denominatore è 14/25 e 18/25.1
   Risulta evidente che in un range di frazioni compreso tra 1/1 e 20/100 (vedi nota 1), che conta 2000 diverse combinazioni, non si sta cercando un qualche rapporto numerico ad hoc, ma semplicemente si sta constatando la rarità di questi. In ragione di ciò è verosimile che i due rapporti 4/7 e 5/7 siano intenzionali. Meno verosimile è la coppia 15/25 e 18/25 per via di un denominatore eccessivamente elevato.
   L'intenzionalità comunque non stà nella individuazione su base teorica dei rapporti di 4/7 e 5/7, piuttosto nella scelta del rapporto ottimale secondo un procedimento di valutazione del tutto empirico. Procedimento che vede quei due rapporti numerici banale conseguenza e non un dato imposto a priori.
   Quale pensiero possa aver indotto all'assunzione di questi rapporti numerici ben precisi parrebbe difficile scoprirlo, ma possiamo pensare che volendo rispettare i rapporti dimensionali con la stiba, quelle genti si siano affidate a questa per impostare la pendenza della scala.
   Come possiamo vedere nell'immagine di Fig. 9, la pendenza è imposta dalla misura in orizzontale di 5 stibe (lato AB) e quella verticale di 4 stibe (lato BC).
 La dimensione dei gradini fu impostata scegliendo in modo appropriato il giusto rapporto tra alzata e pedata dividendo in un numero preciso di segmenti l'ipotenusa del triangolo rettangolo ABC individuato nel mòdano (vedi ancora Fig. 9). 
Fig. 9

   Quei costruttori avrebbero potuto dividere l'ipotenusa AC in qualsivoglia numero di parti uguali: 5, 6...24. Evidentemente dividendola in 6 parti avrebbero ottenuto frazioni pari rispettivamente a 5/6 e 4/6, se divisa in 12 parti, frazioni di 5/12 e 4/12, e così via.  La scelta ricadde sul numero 7; numero che soddisfa le esigenze “fisiche” del dislivello da superare.
   Infatti la divisione in 8 parti avrebbe comportato un'alzata di 21,5 cm e una pedata di 30,7 cm (misure che rientrano in quelle antropometriche ancora oggi usate in alcuni casi); però un'alzata di 21,5 cm x 24 gradini avrebbe superato un dislivello di soli 5,16 m, contro i 5,81 reali.2 Una divisione in 6 parti avrebbe comportato un'alzata di 28,7 cm e una pedata di 45,9 cm. Un'alzata di 28,7 cm x 24 gradini avrebbe superato un dislivello di 6,89 m. Questa suddivisione fu scartata evidentemente, non per l'eccessivo dislivello superabile, piuttosto per le dimensioni non proprio antropometriche dei gradini.3
Il giusto rapporto tra dimensione dei gradini e dislivello superabile con un numero fisso e, oserei dire imprescindibile, di gradini: 24, fu ottenuto dividendo l'ipotenusa in 7 parti uguali.
***

   A prescindere da questi rapporti stringenti tra misure del gradino e la stiba, possiamo dire con tutta sicurezza che nel mòdano sono registrati 6 dati fondamentali che vennero riportati con i seguenti rapporti numerici: 1, 1/2, 1/3, 1/4, 1/8.
24/24 = 1 21 giugno
12/24 = 1/2 20 aprile - individuazione della base del 12° anello
8/24 = 1/3 20 marzo e 23 settembre
6/24 = 1/4 inclinazione della scalinata
3/24 = 1/8 21 dicembre


9. Numeri e solo numeri
   Il mòdano, così come abbiamo ipotizzato fosse concepito, è di per sé uno strumento dalle proprietà eccellenti, ma forse nasconde ancora un particolare non di poco conto.
  Naturalmente nessuna prova reale può essere addotta a supporto, per tanto ci accontentiamo delle ipotesi, basate comunque sulla possibile esperienza pratica che quelle genti sicuramente avevano.
   In questo capitolo prenderemo in considerazione l'ipotesi costruttiva del mòdano secondo rapporti numerici ben precisi che potenzialmente quelle genti avrebbero potuto individuare nelle inclinazioni dei raggi solari rapportati all'unità di misura scelta.
La curiosità e l'intraprendenza mi ha portato a valutare quale rapporto numerico in termini di stibe possa avvicinarsi ai rapporti numerici riscontrati nel mòdano appena descritto.
Mi sono imbattuto in un numero frazionario in base 16 (stibe) rapportabile anche in base 48 (base sulla quale nel 3° capitolo abbiamo definito la “unità” di 14,33 cm), seconda la quale in un triangolo rettangolo avente il cateto verticale pari a 16 stibe o 48 unità, l'inclinazione dei raggi solari al solstizio d'estate è data da una base pari a 5 stibe o 15 unità, ossia: 5/16 o 15/48 (Fig. 10).

Fig. 10
Secondo questo rapporto numerico otteniamo un mòdano con inclinazione dei raggi solari al solstizio d'estate pari a 72°39' che è in ottimo accordo con l'angolo individuato con altro criterio geometrico per l'azimut di 154°: angolo di 72°27' e con l'altezza astronomica di 72°17' (vedi tab. di Fig. 4 del 3° capitolo). In ragione di ciò abbiamo ricostruito il mòdano, che chiameremo “mòdano rapportato”, secondo i numeri frazionati su esposti: 5/16, 1/2, 1/3, 1/4 1/8; ottenendo il seguente risultato:
Solstizio d'estate modano rapportato 72°39'4 astronomico 72°17' geometrico 72°27'
20 aprile              modano rapportato 58°00'  astronomico 58°49' geometrico 57°41'
20 marzo             modano rapportato 46°51'  astronomico 46°30' geometrico 46°30'
21 dicembre        modano rapportato 21°48'  astronomico 22°34' geometrico 21°34'
scalinata              modano rapportato 38°40'                                  geometrico 38°44'5

   Con tutta evidenza i valori rientrano in tolleranza, tanto da poter auspicare che la nostra ipotesi possa risultare vera.
Per tanto il rapporto numerico da memorizzare per la realizzazione dello "strumento" era 5/16, ossia 5 stibe di base e 16 stibe d'altezza, per la costruzione della squadra.
Fatto ciò, per ottenere le inclinazioni dei raggi solari cercate sarebbe stato necessario dividere il cateto maggiore in 24 parti, per individuare i noti rapporti intermedi di 3/24 (semplificato in 1/8), 6/24 (1/4), 8/24 (1/3) e 12/24 (1/2). A ben vedere però non era necessario neanche questa suddivisione visto che 1/4 è la metà di 1/2 e 1/8 è la metà di 1/4. Per cui la divisione del cateto maggiore si risolverebbe memorizzando i seguenti dati:
Il cateto maggiore lo divido a metà, il tratto inferiore lo divido ancora a metà, il tratto inferiore lo divido ancora a metà. Segue la divisione per 1/3 dell'intero (Fig. 11).
Fig.11

Se ciò fosse vero, come pensiamo sia, il sistema di costruzione del pozzo di Santa Cristina in particolare, e forse di qualsiasi altro monumento in generale, sarebbe svincolato completamente da ogni successiva verifica dell'inclinazione dei raggi solari e si baserebbe solo sul modulo della stiba e dei suoi sottomultipli.

Una considerazione
Le elaborazioni da me eseguite sono basate su strumenti di alta precisione, capaci di scandire i secondi d'arco e i millimetri. Col programma di grafica si possono impostare approssimazioni estremamente elevate, che comunque sarebbero ridicole in questo contesto (lo è già l'approssimazione ai secondi d'arco ed il millimetro); tenuto anche conto che le approssimazioni da me operate sono estremamente elevate rispetto a quelle che potevano operare 3000 anni fa con strumenti primitivi; tanto che gli scarti riscontrati tra mòdano rapportato e dato astronomico non sarebbe percepibile. In sostanza se eseguissi materialmente le costruzioni geometriche descritte, con mezzi che potremmo definire “di fortuna”; per quanta perizia vi possa profondere, di certo le differenze tra dato teorico e dato empirico non sarebbero rilevabili.
In ragione di ciò nel prosieguo dello studio possiamo adottare quale strumento di misura il mòdano rapportato.

Seconda considerazione
   Da quanto fin qui esposto traspare quello che per quelle genti appariva quale "miracoloso messaggio divino". Un messaggio composto di luce, geometrie e numeri. Luce, geometrie e numeri, che prendevano forma attraverso uno strumento materiale: sa stiba, di qualsivoglia misura scelta e che appunto, essendo slegata da qualsiasi unità campione, era unità di misura assoluta che materializzava numeri assoluti. Numeri assoluti che in qualunque luogo e chiunque, benché di diversa estrazione culturale, che fosse Sardo, Egiziano, Babilonese, Indiano, Cinese se non di qualche antica civiltà precolombiana, avrebbe potuto utilizzare. I rapporti numerici di 1/2, 1/3, 1/4, 1/8 sono assoluti, trascendono da qualsiasi unità di misura e per tanto possono essere usati in tutte le unità di misura. Questa fu la geniale intuizione di quelle genti. E se ciò che andiamo asserendo è vero, nei monumenti di età nuragica non dobbiamo cercare unità di misura particolari, ma numeri e solo numeri.

segue

Note e riferimenti bibliografici

1 In un range di 0.5 cm in più o in meno rispetto alle nostre misure i valori sono soddisfati solo dalle frazioni 15/25 e 18/25 in un gruppo di frazioni da 1 a 20 al numeratore e 1 a 100 al denominatore. In questo range di frazioni, che conta 2000 diverse combinazioni, 15/25 e 18/25 sono le uniche frazioni ,dopo 4/7 e 5/7, che soddisfano l'univocità del denominatore e per approssimazione, il dato metrico.

2 5,81 m è il dislivello che misuriamo attualmente nella scalinata, che però, a quanto pare, fu oggetto di ricostruzione da parte dell'archeologo E. Atzeni. Sembra verosimile, secondo le misure ipotetiche da me individuate, che il dislivello originario fosse di 28,57 cm x 24 gradini = 589,68 cm (colgo l'occasione per dire che la seconda cifra decimale è puramente estetica, essendo dell'ordine del decimo di millimetro; tant'è che se avessi espresso le misure in metri avrei scritto 5.90 m e non 5.8968).

3 Si noti che nella progettazione di una scala si tende a dimensionare i gradini nella proporzione ottimale di 17 cm di alzata x 30 cm di pedata. In alcuni casi, come nelle scale a chiocciola, si tende ad elevare l'alzata fino a 21 cm e anche più.

4  Si noti che il valore di 72°39' è in ottimo accordo con l'inclinazione della linea che congiunge il bordo dell'oculo con la base del 12° anello: 72°48'.

5 L'inclinazione è stata misurata dal bordo del 2° gradino al bordo del 7° gradino.

martedì 19 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 3° parte - Il sole detta le regole

Ipotetica ricostruzione di un mòdano
7. Il sole detta le regole

Abbiamo individuato l'unità di misura "sa stiba", non ultima delle ennesime peculiarità di questo formidabile pozzo1. Ne abbiamo scoperta un’altra, dettata sicuramente dal “caso astronomico”2 che, con ogni probabilità, fu utilizzata per realizzare un “mòdano"3 da costruzione.

domenica 17 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 2° parte - l'unità di misura



di Sandro Angei
3. L’unità di misura
Il pozzo fu realizzato senza alcun dubbio sulla base di un ben preciso progetto, come abbiamo già detto in premessa. Un progetto che non può esulare dall’utilizzo di una specifica unità di misura.
E’ compito arduo trovare questa unità di misura, ma è quello che cercheremo di fare.
Partiamo dai dati in nostro possesso per dire che quelli eclatanti sono legati al numero 24 e al numero 12. Notiamo che l’altezza totale di 688 cm del pozzo divisa in 24 parti uguali restituisce una unità di misura pari a 28.66 cm, che grossomodo corrisponde alla misura di un piede1. Comunque sia questa è una misura che non ha riscontro preciso con altre di

giovedì 14 marzo 2019

Il pozzo di Santa Cristina, un pozzo di scienza: 1° parte



di Sandro Angei

vedi: 21 aprile al pozzo di Santa Cristina

Riassunto

Lo studio si ricollega ad un mio precedente lavoro sul pozzo di Santa Cristina; lì proposi il carattere solare del monumento, portando quali argomenti del mio assunto una serie di prove che coniugavano un evento astronomico, palesato da due ierofanie luminose, con l'aspetto sacro e calendariale che quelle manifestazioni esprimevano.
In questo studio mi prefiggo di dimostrare la concreta fattibilità del monumento. Per arrivare a questo obiettivo ho dovuto indagare affondo l'edificio, sin nelle sue minime caratteristiche, alla ricerca di dati eclatanti che potessero reggere la fatidica "prova del nove". Ho dovuto riscoprire accorgimenti di pratica manualità, lì dove oggi risolviamo i problemi con l'ausilio della teoria che interpreta i fatti sperimentali; nonché dare risposte a quesiti che man mano si presentavano; ad esempio:
- unità di misura
- proprietà astronomica del sole e utilizzo di un mòdano
- divisione di una lunghezza in un qualsivoglia numero di parti uguali
- orientamento geografico della scalinata senza bussola e senza strumenti topografici di 
  precisione.
- individuazione esatta dell'ombra

domenica 21 ottobre 2018

Monte Baranta e la corbelleria al cubo - seconda parte


di Sandro Angei


Qualche giorno fa l'amico Stefano Sanna ha condiviso sulla sua pagina facebook, “La sfinge del Sinis”, l'articolo comparso su questo blog il 20 giugno 2016 dal titolo “Monte Baranta”.
Il giorno dopo un nostro lettore mi ha inviato per via privata una mail dove lamenta il mancato riconoscimento ad altri autori della ipotesi sulla natura religiosa e sacra di quel sito e delle peculiarità archeoastronomiche del recinto “ellittico”, nonché del recinto-torre. Così facendo, secondo lui, abbiamo omesso dei particolari importantissimi esposti in quel saggio.