di Francu Pilloni
Lucio Angel Cordero crebbe pallido, magro e triste nella
casa ricca dei suoi genitori. Non aveva la erre moscia ma la d inglese sì; con
questo si distingueva dai coetanei che gli professavano amicizia in quanto
solamente lui aveva la chiave dei loro cuori. Li invasava e li rinvasava a suo
piacere, concimandoli con parole di privilegio così che potessero credere che
ognuno di loro era non solamente il migliore amico del piccolo Cordero, ma
anche il migliore ragazzo del paese, subito dopo di lui, però. La intuì forse a
sei anni quella strategia che gli permise di primeggiare senza sforzo tra i
ragazzi del suo paese, a otto era perfettamente padrone del mestiere, a dieci
ne furono sopraffatti i suoi amici in modo così completo che, se si faceva una
gara a chi arrivava primo al fiume, in prossimità della riva chiunque fosse avanti
al Cordero rallentava fino a farsi sorpassare, per non mettere in gioco l’amicizia
più importante. Non che parecchi dei suoi coetanei non fossero coscienti del
loro stesso imbarazzo, ma nessuno ne avrebbe fatto parola con qualcun altro,
dato che la sera stessa il Cordero ne sarebbe venuto a conoscenza e avrebbe
decretato l’ostracismo con una sola delle sue micidiali occhiate tristi.