sabato 3 agosto 2019

Ierofanie e modellazione 2° parte


Vero, semivero o falso?!

Esterno

Interno
di Sandro Angei


   Al meeting di Villanovaforru di domenica 28 luglio la Dott. M. De Franceschini ha puntualizzato che l'archeologo, nello studio coordinato e multidisciplinare delle ierofanie luminose nei monumenti antichi, debba verificare che le strutture che producono i fenomeni luminosi siano antiche, e a tal proposito porta l'esempio del Pantheon dove l'oculo sommitale reca ancora il cornicione di bronzo originario, quindi produce gli stessi effetti di allora.
   La gran fortuna del Pantheon purtroppo è caso raro negli edifici che durate i secoli hanno subito spoliazioni.

   In ragione di ciò tutto è perduto nei casi in cui l'edificio ha subito spoliazioni e in alcuni casi, come nel pozzo sacro di Santa Cristina, è stato ricostruito nella parte mancante?
   Direi di no, perché, anche in questi casi saper leggere il monumento è di fondamentale importanza. Nel caso del pozzo di Santa Cristina, benché sia stato ricostruito nella parte alta della copertura che sovrasta la scalinata, la ierofania del 21 di aprile è determinata da due particolari architettonici: dallo spigolo del bordo del bacile lustrale posto alla fine della scalinata (bordo che è sicuramente originale, non vi è alcun dubbio) e dallo spigolo del primo architrave a scendere della copertura che, si badi bene, “concorre” alla creazione della ierofania decretando lo spessore del raggio luminoso. In sostanza, traslando la posizione di questo particolare architettonico l'immagine luminosa riflessa nella parete risulterebbe più o meno alta, ma la parte inferiore della stessa immagine è, e lo è sempre stata, nella posizione definita dall'altezza del sole in quel momento.
  Nel caso di S'Eremita Matteu, benché vi possa essere un certo grado di corrosione dei conci dell'oculo che determina la ierofania, le misure sono tali che pochi centimetri di erosione non inficiano il risultato finale e il confronto col modello 3D ne è la prova.

Fig. 1

Fig. 2

 Nel caso di S'Eremita inoltre, la spettacolarità della ierofania è data dall'immagine in movimento che, dalla forma allungata che man mano si avvicina all'angolo triedro della celletta (Fig.1), si accorcia per assumere la forma di un quarto di cerchio (Fig.2), ossia un triangoloide (che visto secondo il punto di vista dell'osservatore posto all'interno delle chiesetta, assume vagamente la forma di protome taurina); da qui a l'interpretazione di queste due ultime forme quale segno della divinità, pagana o cristiana che si voglia, il passo è breve. Ma come si sa, quest'ultima è solo una supposizione che ha poco di scientifico; benché tutta la disciplina antropologica: la scienza che studia i tipi e gli aspetti umani soprattutto dal punto di vista morfologico, fisiologico, psicologico, non ha nulla di scientifico in senso stretto.

   Dopo aver presentato questi due esempi, possiamo dire che l'indagine archeologia del monumento che si sta esaminando, ai fini della originalità dei particolari architettonici determinanti la ierofania luminosa, non è facile. Per decretare la genuinità o viceversa l'inattendibilità del fenomeno è necessario studiare attentamente il monumento e questo, ancora una volta, ha bisogno in taluni casi del rilevamento puntuale delle sue misure. L'ausilio del modello in 3D aiuta tantissimo nel verificare l'attendibilità o meno del monumento nello stato di conservazione in cui si trova. Infatti il modello si presta, anche con pochi passaggi strumentali, a modifiche delle dimensioni, tanto da poter giudicare se lo spostamento di qualche centimetro di un dato particolare architettonico possa inficiare o meno l'ipotesi ierofania.

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