La
porta del toro luminoso
L’architettura
della luce
Parte seconda
Ricostruzione e possibile datazione
Naturalmente
quei disegni da soli non potevano portare ad alcuna conclusione specifica,
essendo le misure parziali e per quanto riguarda specialmente la
parte inferiore del monumento, approssimative; per tanto ritornando all’articolo pubblicato su
“Rivista di studi Fenici” già menzionato, ho da lì estrapolato alcuni dati metrici e
particolarità della postierla; infatti il Tronchetti descrivendo il manufatto,
rilascia alcune misure, in verità molto scarne e parziali, ma per me
importantissime per definire la natura della costruzione.
Il Tronchetti scrive[1] che al momento dello scavo la postierla era quasi completamente interrata, sporgendo dal piano di campagna solo la parte terminale della copertura. Le misure che egli riporta del manufatto sono in sintonia con quelle parziali a me pervenute. Il dato sorprendente e rivoluzionario riguarda il pavimento della costruzione, infatti il Tronchetti scrive che essa è inclinata a scendere da est verso ovest con un dislivello che va da quota 27,24 m ad Est nella parte più alta, a 26.54 m verso Ovest nella parte più bassa (ben 70 cm di dislivello), non da però la posizione planimetrica esatta di riferimento delle due quote, ma indica un’ulteriore misura che fuga tutti i dubbi se utilizzata con le altre misure; scrive infatti: altezza dal pavimento alla parte interna della copertura con lastre alla cappuccina +/- cm 220.
Le sorprese però
non finiscono qui.
Fig. 6
Descrivendo il
monumento funerario posto davanti alla postierla (fig.6), che di fatto ne occultava la vista, il Tronchetti mette in risalto alcuni dati
importantissimi per il mio studio.
Infatti come
sottolineato ed evidenziato da me in grassetto nella trascrizione dell’articolo
pubblicato dall'archeologo[1], egli fornite alcune misure altimetriche che utilizzate assieme alle
fotografie[2]
ritraenti il monumento in fase di scavo, mi danno delle informazioni piuttosto precise
sulla quota di imposta della postierla rispetto al piano originario di
costruzione del muro della “fortificazione”, che risulta fondato, come afferma
il Tronchetti, sulla viva roccia.
In particolare
scrive che le pareti residue del monumento funerario variano da un‘altezza di
100 cm a 127 cm (nella foto di Fig. 7 si intuisce che l’altezza del muro che nasconde la postierla è alto 127 cm, in quanto quello di sinistra, ad esso
ortogonale, è più basso (100 cm).
Avendo come
punto di riferimento altimetrico lo spessore dell’architrave della postierla,
ho potuto calcolare con buona approssimazione la quota del pavimento di
calpestio del monumento funerario, che ho stimato ad una quota di 1.45 m sotto
l’architrave (Fig.7 supportata dalla ricostruzione di Fig.8).
In colore blu la postierla, in rosso
l’altezza tra piano di spiccato del muro e parte superiore residua, in colore
giallo la quota della soglia di ingresso alla tomba.
Fig. 8
L’immagine
elaborata dimostra che prolungando all’infinito le linee di posa dei filari dei
blocchi, si ottiene la quota altimetrica della soglia d’ingresso rispetto ai
filari stessi e di conseguenza rispetto alla linea gialla individuata nella
Fig.7.
Il Tronchetti
scrive ancora che la soglia d’ingresso della tomba era 55 cm elevata dal piano
del pavimento, per tanto essa era 90 cm al di sotto della quota dell’architrave
della postierla. Infine l’archeologo afferma che da un saggio di scavo fuori
dalla tomba, a meridione di essa, vicino alla porta d’ingresso, si è raggiunto
il piano roccioso posto a 175 cm sotto il piano della suddetta soglia d’accesso
alla tomba. Lo stesso piano roccioso di fondazione del muro di Murru mannu.
Piano di posa che per tanto si trova 2.65 m più in basso dell’architrave
della postierla; ciò vuol dire che la soglia (forse sarà meglio chiamarlo
davanzale), di quel varco è ad un’altezza dal piano roccioso di 1.09 m.
In ragione di
ciò ho realizzato una sezione del manufatto usando: le misure a me pervenute,
quelle relative al mio rilievo topografico (di cui ho già spiegato alcune ragioni, ma non tutte le modalità) e quelle dichiarate dal Tronchetti, ottenendo
il risultato visibile in Fig.9.
Fig. 9
Le misure in rosso sono quelle del Tronchetti. Con
tutta probabilità l’archeologo ha misurato il dislivello lì dove finisce la
copertura in situ della postierla (delimitata dalla linea tratteggiata
verticale), che però prosegue evidentemente per tutta la larghezza della
muraglia.
Le due frecce di colore blu indicano i punti da me
rilevati col teodolite distanziometrico. Le misure di colore nero sono quelle
pervenutemi, le misure in colore blu sono desunte.
I dati
estrapolati dalla relazione del Tronchetti, associati alle fotografie originali
elaborate (Fig. 7, 8), mi hanno consentito di realizzare la sezione di Fig. 10, che riporta, confrontandoli, le
quote altimetriche del piano della soglia d’ingresso e il piano pavimentale
della tomba rispetto alla quota attuale di campagna del fossato e rispetto al
piano roccioso originario dello stesso.
La lettura della
sezione di Fig.11 evidenzia che, sotto uno spessore di terra sciolta di 85 cm,
si trova uno strato di terra rossa e compatta con tracce di bruciato, spesso 41
cm.
Il tronchetti
scrive anche che il muro del fossato risulta impostato in una fossetta, ossia
fu realizzato un incavo (probabilmente di spianamento della roccia viva), base
di impostazione del muro.
Fig. 11
La sezione
mostra gli spessori stratigrafici rispetto alla postierla, in relazione anche
al muro della tomba, disegnato in "sezione tipo”e affiancato in posizione non reale, ma
correttamente posizionato altimetricamente.
Per la
descrizione dei piani indicati dalle lettere (A), (B) e (C) vedi nota[3] così come descritti dal Tronchetti.
Se il muro di basalto veramente arriva fino al piano roccioso di
spiccato, evidentemente non è un rifascio del periodo romano; e a tal
proposito non mi pare che il Tronchetti dia adito a dubbi interpretativi quando
scrive: “Il muro del fossato risultava impostato in una fossetta della
roccia, e tutto lo strato di terreno scavato vi si appoggiava”, dando
appunto l’idea che si riferisca proprio al muro di blocchi poliedrici di
basalto. D’altronde se così non fosse e il muro di basalto fosse stato
aggiunto in epoca romana, il medesimo avrebbe avuto seri problemi di stabilità
in fase di scavo archeologico, visto che sotto di esso (anche volendo partire dalla quota relativa alla
lettera (A) di Fig.11), ci sarebbe
stato uno strato di terreno della potenza di 85 cm di terra sciolta e 41 cm di
terreno compatto.
Questa
stratigrafia suggerisce probabilmente anche un terminus post quem, per
quanto asserito dal Tronchetti in relazione alla datazione dei materiali misti
che vanno dalla fine del VI – inizi del V sec. a.C. (frammento di coppa attica
a figure nere) sino almeno ala fine del I sec. d.C. (frammento di patera Haues
3° in sigillata africana), che furono trovati tra la quota della soglia tombale
e la quota (A), (il Tronchetti non è preciso sullo spessore del primo strato, ma scrive: Un primo
scavo fu effettuato sul lato meridionale esterno dell’edificio, evidenziando un
primo strato di terra sabbiosa, sciolta, marrone, con materiali misti che vanno
dalla fine del VI – inizi dle V sec. a.C. (frammento di coppa attica a figure
nere) sino almeno alla fine del I sec. d.C. (frammento di patera Hayes 3° in
sigillata africana). Questo Strato di terra si appoggiava alla tomba,
situandosi poco al di sopra della fondazione dell’elevato). Per tanto, tutto lo strato al di sotto di
detta quota (A) (che si trovava 50 cm sotto la soglia tombale), evidentemente è più antico
del VI sec. a.C. e benché l’archeologo non abbia trovato tracce di vasellame o
altro, nei due strati sottostanti (il primo ancora di terra sciolta della potenza di 85 cm); mi domando: è possibile ci sia stata frequentazione, viste le “tracce di bruciato” rilevate nel secondo
strato (più antico) della potenza di 41 cm? Frequentazione che potrebbe retrodatare il monumento di parecchi secoli rispetto al VI sec. a.C., ma anche rispetto al VIII sec. a.C. ipotizzato da E. Acquaro, per andare oltre, molto oltre queste date, vista la potenza dello strato di 126 cm tra la quota (A) e la quota (D) di Fig.11.
***
In ragione delle
misure e descrizioni acquisite e in base alle deduzioni tratte
dall’accostamento di misure e fotografie originali del manufatto, ho
ricostruito in modo pressoché fedele la sezione della cosiddetta postierla e
del fossato adiacente.
Fig. 12
Dalla sezione
(Fig. 12), a prescindere dalla posizione altimetrica rispetto al piano originario (che sia 33 cm attuali o 109 cm del piano roccioso, non cambia nella sostanza della sua funzione), si capisce che questo varco, non ha alcuna correlazione con la porta
di una fortificazione. Basti vedere il piano del pavimento che ha una pendenza
del 22%, ma ancor di più il varco della porta che, da un’altezza sulla parete
esterna di 1.56[4] m si riduce
a 1.29 m, praticamente attraversabile solo chinando di molto la schiena o
addirittura avanzando carponi; e volendo acquisire come vera la dislocazione altimetrica desunta dalla lettura degli strati archeologici, non di meno si oppone a quella funzione pure il
dislivello di 1,09 m tra il varco e il sottostante pavimento originario del
fossato.
Particolarità
queste, ognuna delle quali benché prese singolarmente, contrastano enormemente
con la presunta funzione difensiva del varco.
Ma vediamo nel
dettaglio le ragioni che inficiano la funzione di quel passaggio nel ruolo di
“postierla”.
La prima è
relativa al significato del termine stesso “postierla”. Nel vocabolario
Treccani leggiamo: Nelle fortificazioni del passato, piccola porta che
veniva aperta in luogo nascosto e distante dalle porte principali per
assicurare una via di comunicazione fra l’interno e l’esterno della cinta, da
utilizzarsi in speciali circostanze. Nel linguaggio dell’araldica il termine,
per lo più nella forma pusterla, è usato anche con senso più generico per
indicare le porte di cinte fortificate (per es., quelle che si aprono nelle
corone turrite di città e comuni).
Nel vocabolario
Garzanti leggiamo: porticina segreta nelle mura di una città o di una
fortezza.
Etimologia:
lat. tardo posterŭla(m) ‘porticina situata dietro, in un luogo
nascosto’.
In ragione di
quanto appreso, sembra improprio definire la porta di Murru mannu una
postierla, non foss’altro che essa innanzi tutto non è per nulla segreta, né
camuffata come dovrebbe essere; sembra invece una porta principale in formato
ridotto, con quella perfetta incastonatura di blocchi di luminosa arenaria in
uno sfondo di nero basalto, in un gioco bicromatico di luce che mette in
risalto quel varco che dovrebbe essere tenuto segreto.
Il secondo
motivo è di carattere difensivo.
In una
pubblicazione leggo[5]: “lo
spessore della cortina era attraversato, nei settori orientale [?] e
occidentale, da due postierle che consentivano in caso di assedio, la discesa
rapida nel fossato dei difensori della città.”
Ho forti dubbi
sul fatto che un varco di tal fatta fosse di agevole uso ai difensori della
città.
Vediamo il
problema visto dalla parte dell’assalitore.
L’altezza
dell’ingresso è di soli 1.56 m, che dava modo all’eventuale nemico di rendersi
conto sin da subito dell’angusto passaggio e di conseguenza adottare le
necessarie misure di attacco; queste sarebbero state certamente ostacolate da
una imboccatura che si restringe verticalmente (da 1,56 m a 1,29 m),
costringendo l’assalitore ad avanzare carponi su un pavimento “magnificamente”
inclinato, magari cosparso d’olio dai resistenti. Ciò indubbiamente sarebbe
stata una ottima strategia militare; ma era proprio necessario realizzare una
trappola simile con tanta sofisticata architettura, solo per costringere
l’avversario ad entrare in un collo di bottiglia? Quello avrebbe semplicemente
desistito ed attaccato in altro modo.
Vediamo ora il
problema dalla parte del difensore.
Le truppe per
difendere la città sarebbero state costrette ad uscire di nascosto (?), con
armamenti più o meno pesanti, da un varco in forte pendenza, facendo attenzione,
per uscire nel fossato, a non sbatter la testa nel basso architrave. Nelle
migliori delle ipotesi avrebbero avanzato accovacciati per superare
l’architrave e velocemente saltare nel fossato; nella peggiore delle ipotesi, avrebbero avanzato carponi, guardando verso il pavimento, per uscire finalmente
dal budello a testa in avanti pronti per essere scapicollati, nel caso il
nemico fosse lì ad attenderli.
La ricostruzione
fatta è sicuramente ridicola ed offensiva per l’intelligenza di quelle genti.
Il terzo ostacolo è di carattere pratico e
strutturale.
Che motivo c’era di realizzare
un’architettura così complessa e “macchinosa”, per creare una via di uscita
secondaria che doveva soddisfare solo esigenze pratiche (che come abbiamo
appena visto, neppure quelle soddisfa)?
Perché costruire un tetto a capriata per
coprire una luce netta di 1.50 m, quando a ciò bastava mettere in opera una
serie di travi rettilinee simili all’architrave d’ingresso o poco più spesse,
metodo che oltretutto avrebbe evitato la spinta laterale delle lastre di
copertura sulla muratura verticale?
Perché darsi la pena di mettere in opera
dei conci tagliati ad hoc per creare una base d’appoggio inclinata di 13° e
sagomare delle lastre di copertura di sezione trapezoidale, per la qual forma
era necessario un calcolo a priori per determinare le giuste angolazioni, e nel
contempo realizzare un ingresso tanto angusto in altezza da renderlo
controproducente per il difensore e non per l’attaccante che avrebbe
semplicemente desistito?
Perché realizzare un pavimento così inclinato, che anch’esso è
controproducente per il difensore e non è di alcuna utilità allorquando la
postierla servisse in tempo di pace per uscire dalle mura della città?
Il motivo è solo uno: quella non è una postierla
ma è un varco legato ad altra funzione.
[1]
Da: RIVISTA DI STUDI
FENICI VOLUNE XXV, SUPPLEMENTO Tharros – lo scavo della
postierla e dell’edificio funerario del fossato – anno 1981. pagg. 39-42.
Nel mese di marzo 1981, in vista delle operazioni per il
consolidamento statico delle mura del fossato di Tharros, si è proceduto allo
scavo della postierla presente nella parte occidentale della fortificazione.
Lo scavo è
avvenuto all’interno della postierla medesima, al momento ritrovata pressocché
totalmente interrata, emergendo soltanto la parte terminale della copertura. Il
piano di campagna si trovava alla quota di mt 27.97 s.l.m. (leggi: mt 29.97 –
ndr).
Effettuata la ripulitura della sabbia di accumulo superficiale,
è apparso un primo strato di terreno compatto a mt 27.79 (leggi: mt 29.79 -
ndr).
Questo era
composto di terra morbida, sabbiosa, scura, ricca di materiali ceramici, sassi,
ossa animali e umane assolutamente sconnesse e frammentate; si riscontravano
anche piccole lenti sabbiose. Scendendo in basso il terreno, constante come
matrice, diveniva più umido e fangoso, accentuandosi questo carattere nella
parte occidentale, in evidente derivazione dal deflusso delle acque sul piano
di fondo della postierla.
Tale piano inclinato, da Est in discesa verso Ovest,
era composto da due filari di blocchi squadrati, allettati tra le pareti, ben
connessi, spessi circa cm 10; nella parte più alta il piano si trovava a
mt 27.24, in quella più bassa a mt 26.54 s.l.m.
Le dimensioni
della postierla si definiscono quindi come segue: larghezza all’imposta
del pavimento cm 140; larghezza all’imposta della copertura cm 150; altezza dal
pavimento alla parte interna della copertura con lastre alla cappuccina +/- cm
220. (Mia la sottolineatura)
La porta della postierla che dà adito al fossato è larga
cm 98 ed alta cm 160; essa è stata occlusa in antico con un
grande blocco squadrato, inzeppato con pietre più piccole, sopra cui si trova
una grossa pietra informe, anch’essa inzeppata; questo apparato lascia uno
spazio aperto non superiore ai cm 20 tra il suo culmine e l’architrave.
Il riempimento della postierla si presenta come omogeneo, senza
stratificazioni, dovendosi le differenze riscontrate solo all’accumulo
dell’acqua sul fondo di lastre ben connesse.
Per quanto attiene la cronologia del riempimento, si deve
anzitutto precisare che non è stato possibile eseguir un’analisi accurata dei
materiali rinvenuti, che ci potesse fornire dati sicuri, perché, per motivi imprevedibili
ed indipendenti dalla volontà di chi scrive, i contenitori dei reperti andarono
distrutti ed i reperti medesimi mescolati ad altri, e quindi non più
identificabili. Fortunatamente una prima selezione e relativo esame erano stati
fatti al momento del lavaggio, con identificazione sommaria dlle classi e delle
tipologie attestate, con le considerazioni che ne erano derivate.
Come terminus post quem non per il riempimento possiamo
indicare prudenzialmente la prima metà del I sec. a.C. Questo ci derica dalla
constatazione che i pezzi più tardi sono riferibili alla ceramica a vernice
nera Campana B (di cui un frammento attinente una patera , F 1443, databile
entro il II sec. a.C. ) e manca assolutamente qualsiasi attestazione dell
sigillata italica, che, come noto, comincia ad essere prodotta verso il 50 a.C.
La maggior parte del materiale afferisce a livelli cronologici
più antichi: produzioni locali a pasta grigia verdastra e vernice nera opaca
tendente al marroncino data per immersione, le cui caratteristiche tendono a porre
tra il III ed il II sec. a.C., un collo di anfora greco italica, frammenti di
ceramica attica con decorazione di palmetta a figure rosse assegnabile allo
scorcio del V sec. a.C. In maggioranza abbiamo ceramica punica: orli di bacile
con impressioni a palmette; un frammento di bacile con protome di Bes. Numerosi
sono i frammenti di parete decorati a fasce, di cui uno appartenente ad una
coppa di tipo già noto nel sito. (?)
La cronologia proposta, sia pure in maniera ipotetica, per il
riempimento della postierla, trova un significativo riscontro nei dati ricavati
dallo scavo del riempimento del fossato, operato nello stesso periodo, in
occasione dello smontaggio, funzionale al consolidamento del muro di
controscarpa del fossato stesso, di un modesto monumentino funerario romano che
era poggiato dinanzi alla luce occlusa della postierla.
La struttura era costituita da un piccolo edificio funerario di
forma subquadrata (lati di mt3.82;
4.12; 3.88; 45.28, partendo da Est in senso antiorario), costruito con muri a
paramenti interno ed esterno in blocchetti di arenaria legati da calce molto
povera. L’altezza residua delle pareti variava da cm 100 a 127 dal piano
di spiccato del pavimento interno, composto da ciottoli legati con calce. Sul lato meridionale si apriva una porta con
stipiti in arenaria e soglia sopraelevata di circa cm 55 dal piano del
pavimento, cui corrispondeva, internamente, un blocco da utilizzare
come gradino per accesso alla camera.
[omissis]
Un primo scavo
fu effettuato sul lato meridionale esterno dell’edificio, evidenziando un primo
stato di terra sabbiosa, sciolta, marrone, con materiali misti che vanno dalla
fine del VI – inizi dle V sec. a.C. (frammento di coppa attica a figure nere)
sino almeno ala fine del I sec. d.C. (frammento di patera Hayes 3° in sigillata
africana). Questo Strato di terra si appoggiava alla tomba, situandosi poco al
di sopra della fondazione dell’elevato.
Al di sotto si è rinvenuta ancora terra sciolta, marrone, con
lenti di sabbia, tagliata dalle fondazioni dell atomba, che presentano un
filare di blocchi, fra cui, di evidente reimpiego, uno con scolpito a rilievo
il simbolo dell’ascia. I blocchi poggiavano sopra un potente livello di pietre
brute che riempivano la fossa di fondazione.
A cm 135 dal
piano della soglia la terra diveniva rossa e compatta, con tracce di bruciato e
proseguiva identica sino a cm 175, dove si trovava la roccia. Il muro del
fossato risultava impostato in una fossetta della roccia, e tutto lo strato di
terreno scavato vi si appoggiava.
I materiali contenuti negli stati di terra
tagliati dalla messa in opera della tomba coprono una forbice cronologica assai
ampia. Essi corrono dalla fine del VII-VI sec. a.C. (frammenti di bucchero, di
ceramica etrusco-corinzia e di anfore fenicie) in poi (frammenti di ceramica
attica a figure nere, a vernice nera attica, ceramica punica, vernice nera
locale, vernice nera Campana A), sino a non dopo la metà del I sec. a.C., in
quanto, in tutta l’area dello scavo , non è stato rinvenuto un solo frammento
di sigillata italica. I materiali più tardi (non prima dello scorcio del I sec.
d.C.) si trovano solo nello strato che si appoggia alla tomba. L asituazione
appare, quindi, simile a quella individuata nello scavo del riempimento della
postierla.
[omissis]
[2] Le
fotografie delle Fig. 6, 7 e 8 sono tratte dal cartello che descrive la tomba
smontata dal suo sito originario e ricostruita nel cortile del Museo Civico di
Cabras.
[3] Estratto dall’articolo del Tronchetti di cui alla nota [1]: Un primo scavo fu effettuato sul lato meridionale esterno dell’edificio, evidenziando un primo stato di terra sabbiosa, sciolta, marrone, con materiali misti che vanno dalla fine del VI – inizi dle V sec. a.C. (frammento di coppa attica a figure nere) sino almeno ala fine del I sec. d.C. (frammento di patera Haues 3° in sigillata africana). Questo Strato di terra si appoggiava alla tomba, situandosi poco al di sopra della fondazione dell’elevato. (A)
Al di sotto
si è rinvenuta ancora terra sciolta, marrone, con lenti di sabbia, tagliata
dalle fondazioni della tomba, che presentano un filare di blocchi, fra cui, di
evidente reimpiego, uno con scolpito a rilievo il simbolo dell’ascia. I blocchi
poggiavano sopra un potente livello di pietre brute che riempivano la fossa di
fondazione.(B)
A cm 135 dal
piano della soglia la terra diveniva rossa e compatta (C), con tracce di bruciato e proseguiva
identica sino a cm 175, dove si trovava la roccia (D).
[4] Secondo il
Tronchetti l’altezza della porta è di 1.60 m, mentre negli appunti pervenutimi
risulta 1.56 m, che sono stati da me confermati con la misurazione strumentale,
rapportando la misura dell’altezza dell’architrave con le fotografie della
postierla.
[5] Da: Tharros in età romana tesina di Anna Ardu da:
https://www.academia.edu/4552869/Tharros_in_et%C3%A0_romana. (?) La Dott. Ardu probabilmente si riffà a quanto scritto da E. Acquaro e C. Finzi in “SARDEGNA ARCHEOLOGICA – Guide e Itinerari – THARROS “ C. Delfino Editore, dove si parla appunto di postierla occidentale e postierla orientale.
Ti si segue in religioso silenzio, confidando tu sappia interpretarlo più serenamente di Mikkelj.
RispondiEliminaSighi, ca seus totus abettendi su mellus.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiElimina... che tanto per cambiare non ha capito il senso delle mie parole. Per fortuna qualcuno le ha capite comunque.
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