Tempo di Covid-19, tempo di quarantena: leggi, scrivi, guardi la tivù. Ti stanchi, guardi fuori dalla finestra e vedi, o ti sembra di vedere, la strada solitaria e, forse, anche quello che non c’è.
IL VECCHIO E IL CANE
Il
vecchio avanza sfiorando il muro sul lato di strada senza marciapiedi,
invaso dal sole anemico d'inverno.
Trascina
i piedi d’un palmo alla volta, ora questo, ora quello; recupera l’equilibrio del busto proteso in avanti. Annuisce
in sincronia con lo striscio dei piedi.
Lo
sguardo è rigido; la barba cinerea. Una
mano protesa, la destra, tiene un cordino di canapa, legato al cane,
che lo precede d’un passo.
L’animale,
color del miele, è basso e minuto, ha pancia grossa e zampe
più chiare.
La
coda è lunga, arricciata come un fregio di ferro battuto.
Il cane arranca, fa forza sulle zampe anteriori, corte, distanti; il
posteriore artritico ondeggia a fatica e segue per necessità. Tiene
alta la testa, fissa dritto davanti: non accelera, non rallenta.
Il
cordino disegna un arco a rovescio.
L’aria
è immobile, la strada deserta.
Il
sole inquisisce tegole vecchie di tetti sghembi, dialoga con muri
irregolari di pietre e di fango, eretti da maestri di un’arte
scomparsa: sono i rebus di una lingua sconosciuta per un popolo
dimenticato, che non li abita più.
Il
tempo è vuoto, come l’attesa. Il
silenzio è compatto, pulito come il cielo.
Il
vecchio e il cane restano
uguali a se stessi.
Finestre
piccole, rade, con risvolti bianchi di calce, sono occhi socchiusi su
identiche cose, incuriosi di mondi immutabili.
L’attesa
è ansiosa.
Un
uccello vola con fruscio d’ali modesto. Il silenzio non ha
fatto
una piega.
Il
vecchio e il cane … hanno svoltato l’angolo?
No,
non c’è una via laterale.
Hanno
trovato rifugio in una casa?
No,
non si vedono usci o cancelli.
Non
sono mai esistiti, un vecchio e un cane?
Forse
sì,
cent’anni fa.
L’attesa
si
allunga;
il
tempo ancora di
più.
Ed
è
sempre più vuoto.
La
vista si annebbia, più
non
si vedono muri, non tegole, non finestre, né case.
La
coscienza si accascia sul
momento che si è
dilatato, che ha
assunto
lo spessore di un giorno, che è assurto a compendio di una vita.
È
tempo di tornare alle pagine di un libro per star dietro a vite altrui.
Signor Francu,questo suo scritto è di un poetico eccezionale,malinconico e,forse, colpa del corona virus,manca quella vena ironica che lei ha sempre.Complimenti davvero ,ripeto mi è piaciuto tantissimo.Augurios de una pasca in serenidade,se si podete ed unu pacu galana a bois tottus amigos de su blog.
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