giovedì 28 aprile 2016

ORGANISMI E MECCANISMI "MOSTRUOSI": a un passo dall'impossibile [1]



Fig. 1. Daniel Lee, Manimals (1993) - Immagine tratta da questo sito
In un saggio di Francesca Alfano Miglietti dal titolo “Corpo scelto. Ibridi e Trasfigurazioni nell'arte contemporanea” - nel parlare di iper-corpo e di immagini mediche capaci di rendere trasparente la nostra interiorità organica - l'autrice sottolinea che nell'età contemporanea, attraverso gli impianti e le protesi, si rendono confusi i confini tra specie minerali e viventi e “diventa sempre più labile la differenza che fin ora ha caratterizzato ciò che nasce da ciò che viene prodotto, la distinzione tra organismo e meccanismo”. [1]

Se questa distinzione segna profondamente il pensiero contemporaneo, che pare sempre più allontanarci dal pensiero antropocentrico per avvicinarci al concetto di transumanità, è sufficiente guardare appena ai riti di imbalsamazione egizi o alla tecnica divinatoria mesopotamica (basata sull'esame di feti o animali abortiti o malformati dalla nascita), per accorgersi che anche nel mondo antico si è spesso inteso il corpo come un vero e proprio “meccanismo”, seppure in forme ed espressioni diverse.
Fig. 2: Elmo coperchio di urna cineraria fittile da Pontecagnano
Sul piano dell'arte figurativa basterebbe inoltre comparare i contemporanei Manimals di Daniel Lee (fig. 1) con alcune espressioni dell'arte figurata nuragica o etrusca (fig 2) per rendersi conto che la rappresentazione di un corpo transumano (o se vogliamo di una “natura terza”) si trova fin dalle origini della storia dell'arte.
Entità che con linguaggio moderno possiamo definire “mostruose” sono onnipresenti nello spazio e nel tempo e proprio per questo non è possibile aspettarsi che abbiano un significato univoco.
Anche per questo motivo l'attenzione del presente contributo, per quanto impostato sul piano generale, sarà limitata a quelle civiltà che precedono e comprendono il mondo "classico" greco-romano, lasciando sullo sfondo la concezione del "mostruoso" in periodi storici successivi (vedi Cristianesimo) o nelle civiltà extra-continentali.

Fig. 3: Il cosiddetto "Uomo-leone" di Hohlenstein Stadel (foto di Dagmar Hollmann), alto approssimativamente 30 centimetri in avorio di mammut risalente a circa 40.000 anni di vita (nuova datazione), consta in due parti distinte: quella superiore leonina e quella inferiore antropomorfa. La paleontologa Elisabeth Schmid ritiene che si tratti del corpo di una donna.
Già nell'arte parietale del Paleolitico Superiore troviamo rappresentate figure con queste caratteristiche (fig. 3, 4). Nella Grotta Chauvet il ciclo pittorico si conclude nella cosiddetta “Sala dello Stregone” dove su una protuberanza fallica che funge da supporto, è rappresentata una testa animale associata a due sottilissime gambe con triangolo pubico in evidenza (fig. 6). L'elemento maschile, quello femminile e quello animale si compongono insieme per costruire un'entità ibrida.
È necessario sottolineare che alcune rappresentazioni che a noi potrebbero apparire "mostruose" sia sul piano estetico che sul piano della concezione, non nascono con questo intento ma sono l'esito di una necessità simbolica ed espressiva. È il caso delle cosiddette Veneri paleolitiche steatopigie, prive di volto ma con enfatizzazione di seni, ventre, glutei e vulva, che appaiono “mostruose” semplicemente perché risultanti da una accentuazione di questi elementi e dall'indifferenza verso altri (fig. 5).
Fig. 4 La "Venere di Macomer" rinvenuta in Sardegna e dalla datazione incerta tra Paleolitico e Mesolitico, lascia in dubbio che si tratti di una figura ibrida con il volto di "prolagus sardus" associato ad un corpo femminile, caratterizzato da un solo seno.
Fig. 5: La "Venere di Hohle Fels", anche conosciuta come Venere di Schelklingen, è una statuina paleolitica ritrovata nei pressi di Schelklingen in Germania. È stata datata col metodo del radiocarbonio a un periodo che va tra i 31.000 ed i 40.000 anni fa, durante la cultura dell'Aurignaziano agli inizi del Paleolitico superiore. La statuina di circa 6 cm è scolpita in avorio ricavato da una zanna di mammuth. Si tratta della più antica rappresentazione di figura umana del Paleolitico.
Tutti gli studiosi che si sono occupati della tematica del “mostruoso” (vocabolo derivato dal latino monstrum) premettono che questo termine può essere impiegato esclusivamente come categoria interpretativa. Infatti non tutte le culture che hanno prodotto o narrato di entità di questo tipo impiegano questo termine o un suo corrispondente.
Nell'accezione comune con il termine “mostro” siamo soliti indicare qualcosa di straordinario che travalica il mondo ordinario, inteso sia negativamente (come qualcosa di terrificante), sia positivamente (nel senso di prodigioso).
Nel materiale documentario romano il termine monstrum è associabile sia ad eventi inattesi e non prevedibili che ad esseri deformi o ibridi, estranei al normale corso degli eventi così come dovrebbero esplicarsi in natura e sono intesi come presagio di sventura, realizzati per iniziativa della divinità e quindi segnalanti un evento disastroso e il venir meno della pax deorum.
Fig.6: La"Venere e lo Sciamano"(Grotta Chauvet)
Ecco perché tra i significati del termine vi è quello di “prodigio”, ma nel vocabolario latino, come rilevato da Arduino Maiuri, sono contemplati anche i termini affini ostentum, portentum, omen e prodigium, talvolta anche miraculum e non per ultimo signum.
Soprattutto quest'ultima accezione ci aiuta a comprendere l'affinità tra il termine monstrum con il verbo monstrare e in particolare con il vocabolo monitum (italiano monito) che contiene il senso generico di richiamare alla memoria, di far pensare, inviare una ammonizione e quindi trasmettere un messaggio:
Sono gli dèi a inviare sulla terra questi organismi inauditi, eterogenei e deformi (…) lo fanno per dare all'uomo un saggio della loro potenza e della sua fragilità, spingendolo ad agire rettamente di fronte alla minaccia reale dell'alterazione del corso naturale degli eventi. Un monstrum, infatti, è un abominio intollerabile, un presagio di sventura (…) La divinità tramite questo segnale forte intende ricollocare l'uomo nei binari di una ossequiente remissività, stemperandone gli eccessi, ridimensionandone l'istintiva esuberanza e riaffermando una volta per tutte la sua schiacciante supremazia" [2]
Il termine latino monstrum non trova un preciso corrispondente nella lingua greca, ma gli è considerato affine il termine tèras (da cui deriva infatti la parola teratologia).
Anche se si manifesta per iniziativa della divinità, il "mostruoso" del mondo greco non necessariamente trasmette un messaggio (caratteristica che va perdendosi progressivamente nelle fonti post-omeriche) e il significato non è inevitabilmente negativo; tanto meno il fenomeno deve manifestarsi a seguito di infrazioni alle norme tradizionali [3].

Fig. 7: Il frontone del Tempio di Artemide a Corfù con la Gorgone al centro (558 a.C. ca.)
Per i Greci, più che rappresentare presagi di sventura che minano una assunta pax-deorum, le entità "mostruose" appartengono al mondo caotico e pre-culturale e non sembra essere presente la deformazione morale che invece è implicita nel caso romano.
Le entità "mostruose" greche appartengono a quella sfera dell'alterità portatrice di valori opposti a quelli del mondo umano-cittadino e della quale gli eroi sono l'emblema, tanto che nell'immancabile lotta con il mostro rappresenta un processo di inculturazione, di passaggio da uno stato selvatico ad uno civilizzato.
Fig. 8: Gorgone, part. Tempio di Artemide a Corfù
Quello che accomuna la concezione greca a quella romana è il loro appartenere alla “sfera dell'alterità”, rispetto ad un antropomorfismo assoluto inteso come canone positivo di orientamento.
Parliamo infatti di organismi contro natura generati da uno scarto che gli dèi producono rispetto al regolare corso delle cose, una anomalia rispetto ad una tendenza statisticamente valida, una deroga più o meno parziale rispetto alla legge di natura.
Nel mondo greco d'età classica i casi di deformità sono rari e mai in relazione alle divinità, rigorosamente connotate da caratteri antropomorfi. Quando presenti i “mostri” greci assumono il ruolo di guardiani protettori o un valore apotropaico e propiziatorio.
Fa eccezione Dioniso costantemente caratterizzato da tratti taurini. L'immagine della divinità greca non è mai mutevole o polimorfica, ma è sempre data e definita, la sua forma è basata sull'armonia e sulla proporzione delle parti e non concepisce forme che presentano eccessi (qualcosa di troppo) o difetti (qualcosa di meno). [4]
Lo storico delle religioni Karl Kereny ha parlato espressamente di una “doppia stratificazione” nell'arte greca che precede l'età classica, una continua lotta tra il bestiale-mostruoso e l'antropomorfo a partire dai poemi omerici con una “nuova idea dell'uomo”, che potremmo definire una sorta di primo umanesimo [5].
In questo tratto dell'esperienza religiosa greca dobbiamo leggervi la theoria, ovvero il “vedere e riconoscere gli dèi in modo chiaro e trasparente”, che soppianta una idea del divino ambigua e obliqua, nascosta e criptica di tradizione millenaria.
Fig. 9: Scarabeo con Gorgone, coll. sconosciuta
Possiamo riscontrarlo nel Tempio di Artemide a Corfù (figg.7,8), il primo tempio a noi noto ad essere stato costruito interamente in pietra (a sostituzione di quello ligneo) che reca nel frontone la mostruosa Gorgone con due serpenti avvitati alla cintura, ancora apotropaica, mentre di fianco sembrano ravvisarsi i primi cenni di una rappresentazione “narrativa”, tendente al compiutamente organico. La Gorgone, “mostro” per eccellenza del mondo greco e in particolare della glittica arcaica, inizialmente veniva rappresentata con aspetto equino (a ricordo dell'origine mitica come figlia di Forco e madre del cavallo Pegaso – fig. 9), ma successivamente (non a caso) assunse il più diffuso tipo antropomorfo in corsa inginocchiata (figg.7, 10). [6]
In sintesi, nel mondo greco-romano "classico" si delineano tre tipi di esseri mostruosi:
  1. esseri "mostruosi" provenienti dal passato lontano: nel caso greco riferiti per esempio al mondo pre-olimpico. In quest'ottica ci si riferisce soprattutto alla posizione esiodea che concepisce la costruzione cosmologica a partire dal chaos (frammentarietà dell'esistenza che procede per incremento) rispetto a quella orfica che parte dall'Uovo Primordiale (unitarietà iniziale che procede per detrimento).
  2. esseri "mostruosi" provenienti da spazi lontani: man mano che ci si sposta dal centro, cioè dalla sede della norma, per avvicinarsi ai luoghi periferici compaiono le entità ibride e "mostruose" prodotte da una natura che agisce in modo diverso, ora nel tempo, ora nello spazio. Nel caso greco non si tratterebbe più di segni inviati dagli dèi ai mortali (come poteva accadere in epoche precedenti) ma di esseri che possono essere compresi sulla base delle conoscenze delle leggi della natura, seppur strane.
  3. esseri "mostruosi" che possono irrompere all'improvviso nel qui e ora dello spazio “etnocentrico” per mostrare il segno della collera degli dèi.
Fino a questo punto ci si è riferiti alla categoria del "mostruoso" senza rimarcare alcuna differenza tra le sue forme di espressione e di rappresentazione, abbracciando indistintamente diversi ambiti obbligatoriamente interconnessi (arte, mito, letteratura, scienza, religione...). Nel proseguo mi riferirò più specificamente agli esiti del "mostruoso" nella sfera delle arti visive, assumendo come punto di partenza e di spartiacque la rivoluzione dell'arte operata in seno alla cultura greca derivata dalla lettura storiografica "classica".
Ranuccio Bianchi Bandinelli nel suo celebre Organicità e Astrazione ha scritto che “l'arte greca non è tanto l'arte del bello ideale, quanto invece l'arte della realtà nel più pieno senso del termine” e ancora che "fu l'afferrare la realtà in un modo mai più raggiunto con altrettanta intensità e assolutezza, la vera caratteristica distintiva della civiltà artistica greca; fu un realismo che nessun'altra civiltà artistica aveva mai così pienamente e chiaramente posto come problema essenziale della propria ragione d'essere”. [7]
Foto 10: Scarabeo con Gorgone in corsa
Si comprende così che nella concezione "classica" greco-romana persino il corpo "mostruoso" è pensato come un organismo generato dalla natura stessa, anche se operante in modo strano in luoghi e/o tempi lontani. Quello che sembra in qualche modo secondario, è invece la concezione del corpo mostruoso quale “meccanismo”, caratteristica che sembra essere più propria di epoche remote o di altre culture, dove appare polimorfico, dalla forma fluida e inafferrabile.
Occorre sottolineare in modo chiaro che assumendo questa visione teorizzata da Bandinelli in modo troppo rigido, si corre il rischio di leggere alcune espressioni artistiche non aderenti alla rappresentazione organicista, come non mature, non compiute e ancora perfettibili o in altre parole “primitive” [8]
È quello che è avvenuto con l'Elmo coperchio di urna cineraria fittile da Pontecagnano (fig. 2) che non trova univoche interpretazioni, ma che a me pare in tutta evidenza volutamente "mostruoso".
In una nota di un contributo di Luciana Drago Troccoli si evidenzia che:
Se in Ferri (...) si fa senza esitazione riferimento a “uomini lupi”, un esplicito scetticismo è all'estremo opposto dichiarato, non senza contraddizioni in Bianchi Bandinelli – Giuliano (…) che, pur ammettendo che “si tratta senza dubbio di una coppia, cioè di una figura maschile e di una femminile, e questa sembra avere il sopravvento sull'altra (sia che si tratti di un minaccioso possesso, sia di una protezione)”, osservano che “Le estremità, mani e piedi, sono state semplicemente accennate con dei solchi (e hanno acquistato forma di zampe animali che hanno dato da fare agli esegeti, ma che probabilmente non intendevano affatto avere un tale aspetto) (...) L'altro elemento fondamentale per caratterizzare un volto umano è il naso e, con l'intento di renderlo ben visibile, lo si è accentuato, prolungato, facendogli acquistare un aspetto animalesco (...) Ma noi restiamo alquanto scettici di fronte alle interpretazioni proposte e riteniamo piuttosto che le forme si possano spiegare come mezzi primitivi di caratterizzazione di aspetti umani, alle quali si sia voluto dare solamente importanza e solennità.” [9]
In modo meno diretto è anche quello che sta avvenendo per la statuaria sarda di Monte Prama di Cabras che viene intesa da più osservatori come un primitivo tentativo, ancora perfettibile, di rappresentare in modo “realistico” la figura umana, restando anche per questa ragione ancorata cronologicamente alle esperienze iniziali della statuaria greca (dedalica e geometrica) ritenuta forse un più sicuro metro di paragone. In realtà non è difficile osservare che dalla visione greca "organicista" la statuaria sarda è ben lontana e il corpo figurato è piuttosto da leggersi come un ibrido (diremmo in questo contesto un monstrum e quindi un corpo transumano) che associa ad elementi figurativi elementi astratti. Segni-simbolo sono ad esempio gli occhi perfettamente concentrici “allucinati”, ben lontani da una volontà di rappresentazione realistica. 
Pur nell'oggettiva difficoltà nel distinguere ragioni espressive da rappresentazioni con mezzi primitivi, tentiamo di riassumere per macro-ambiti i tratti caratteristici e le manifestazioni del "mostruoso" (ricordiamolo ancora, qui inteso come categoria interpretativa e per questo sempre rigorosamente tra virgolette) :
    1. Alterazione della forma antropomorfa dovuta alla registrazione nella figura di reali malformazioni patologiche, forme di gigantismo o nanismo o al contrario dovute esclusivamente a ragioni espressive che conferiscono un aspetto “mostruoso” alla rappresentazione (esempio, le note rappresentazioni del faraone egizio Akhenaton o Amenophis IV, hanno indotto alcuni studiosi, tra cui Cyril Aldred, a ritenerle un ritratto realistico del suo aspetto in quanto affetto dalla sindrome di Marfan, mentre altri, tra cui Hornung, a considerarle l'esito di volontà espressive - fig. 15)
    2. Forme ottenuta per enfatizzazione e sottovalutazione di alcuni elementi (figure grottesche, come ad esempio le Veneri steatopigie del Paleolitico Superiore); 
    3. Forma ottenuta per mascheramento e vestizione (esempio: i Bronzi nuragici denominati "Demoni");  
    4. Forma teriomorfa in forma animale (bestiario); 
    5. Forma polimorfica-ibrida tra sole entità animate (esempio: figura umana e animale come nel caso del celebre Minotauro – fig. 11); 
    6. Forma polimorfica-ibrida tra entità animate e inanimate (esempio: figura animale e barca come nel caso delle navicelle bronzee nuragiche con protomi – fig. 13);
    7. Forma polimorfica-ibrida tra entità inanimate (esempio: casa e barca come nel caso delle urne "a capanna" etrusche – fig. 14);
    8. Logica geroglifica (esempio: la scrittura geroglifica egizia);
Come si è visto, uno dei tratti caratteristici delle figure "mostruose", direi il più importante, è l'ibridismo.
Le figure “ibride”, meglio note con il vocabolo tedesco mischwesen, sono figure formate da parti di elementi appartenenti a specie diverse, composte insieme, che non potrebbero ricorrere congiunte organicamente.

Possiamo individuarne due tipologie [10]:

Fig.11: Kylix, ca.515 a.C, Museo Arqueologico Nacion. España
A) IBRIDO SEMPLICE, forse la forma più diffusa e la più elementare, costituito da un solo elemento estraneo che può essere un'aggiunta (ali, coda, corna, ecc.) o una sostituzione (ad esempio un volto ferino o artigli in luogo del viso o delle mani). Talvolta si presenta come metà corpo (metà uomo e metà animale, come l'uomo-pesce mesopotamico o il minotauro cretese – fig. 11);

B) IBRIDO COMPOSITO: l'intero corpo è costituito da più parti differenti, soprattutto animali. Non ha dunque elementi caratteristici propri e resta indefinito e richiede che il tutto venga scorporato per essere letto nelle singole parti costitutive.
Possiamo altresì aggiungere che l'ibridismo può presentare diversi gradi di composizione delle parti che lo determinano, partendo da un “grado di accostamento” (dove le parti restano riconoscibili e sono ben identificabili) a un “grado di fusione”, dove appunto le parti sono fuse insieme, rendendo complessa la decifrazione delle parti originarie. In quest'ultimo caso la figura appare più prossima ad una rappresentazione organicista, assumendo talvolta un aspetto grottesco e creando diversi problemi interpretativi (fig.2).
Una delle ragioni fondamentali dell'ibridismo consta nella volontà di registrare nella figura rappresentata una proprietà abilitante, rivelando che più che essere una raffigurazione di un “organismo” (ciò che nasce) si tratta di un vero e proprio progetto, quindi di un “meccanismo" (ciò che viene prodotto):
il corpo costituito da due metà denota la doppia natura dell'essere o il singolo elemento aggiunto ne enfatizza un particolare aspetto (…) Gli attributi specifici e rappresentativi di ogni animale vengono scorporati e riutilizzati per enfatizzare una caratteristica o una qualità dell'essere (…) Queste singole parti rappresentano l'essenza di una qualità dell'animale. Si tratta di un linguaggio universale, riscontrabile in tutte le culture” [11]

Si può parlare di "meccanismo" perché le figurazioni così ottenute sembrano composte/fuse alchemicamente [12]: le figure vengono idealmente decostruite e ridotte in parti significative, come fossero abbreviazioni (processo di astrazione, da abstràhere, ovvero distaccare, trarre fuori); i frammenti vengono successivamente legati e composti insieme ad altri con i quali non sembrano avere alcun rapporto diretto. L'artista pertanto agisce come un vero e proprio alchimista, che dapprima “smembra” e successivamente ricompone e “fonde" [13].
L'esito di una composizione di questo tipo produce una nuova forma, affatto organica e mimetica, bensì irreale, fantasiosa, mostruosa e infine grottesca, certamente “potente”.
Fig.12: Segni ibridi di verbi in movimento
Un esempio straordinario di “forma mista” lo abbiamo nella religione egizia, “capace di immaginare fisicamente il divino come unione di costituenti differenti” e soprattutto capace di codificare una forma scrittoria secondo quella che Hornung ha definito “logica geroglifica”, dove il confine tra immagine e scrittura é intellegibile. Una logica analoga è stata rivelata dagli studi del Prof. Gigi Sanna a proposito della scrittura nuragica e pitica [14]. Lasciamo parlare Massimiliano Franci:
A una serie di segni come un coltello, un vaso, un chiavistello della porta, una foglia, una corda e il contorno di un lago, è unito il geroglifico delle gambe umane in movimento, perché la volontà era quello di esprimere verbi di questo tipo; personificandoli utilizzando la scelta dell'ibridismo questi segni sono così capaci di agire, divengono a tutti gli effetti esseri viventi” [15]


In conclusione a questo contributo - nel quale ho voluto fornire una panoramica generale sul tema del "mostruoso" partendo dall'indagine del termine stesso – ho distinto due modi di intenderne il corpo: come "organismo" (secondo una visione "classica"-razionalistica che ha indotto alla perdita della accezione magico-divinatoria aprendo al lessico specialistico dell'embriologia) e come "meccanismo" (che mette in luce un progetto e la difficoltà di afferrarne l'aspetto e verosimilmente più antico).
Soprattutto nel secondo caso il problema estetico è secondario, in quanto esito di un processo che potremmo chiamare di “mostrificazione” o di quella che ho in altra occasione [16] definito arte/scienza che in-forma e della quale si è fatto ora solo qualche accenno, ma sulla quale dovrò tornare per un approfondimento in un contributo apposito.
Fig. 13: Navicella bronzea nuragica con protome animale

Fig. 14: Urna "a capanna" etrusca detta "dell'Osteria", Museo Villa Giulia, Roma

Fig.15: Ritratto del Faraone Akhenaton (o Amenophis IV): “Già nel 1926 Schafer, come A. Scharff, aveva definito “espressionistica” l'arte di Amarna; una definizione del genere appare senza dubbio più idonea del parlare di un “realismo” collegato alle “reali” fattezze di Akhenaton. Si tratta di un'arte che deforma manieristicamente la realtà, distaccandosi in questo dall'ideale classico di bellezza perseguito dalla XVIII dinastia. Tutto ciò che fino ad allora era stato irrigidito in un'immobilità che alludeva all'eterno si mette in movimento" (Hornung, 1998)
Vedi seguito: Teratomanzia e Logica geroglifica: a un passo dall'impossibile [2]

NOTE:


[1] Francesca Alfano Miglietti, “Corpo scelto. Ibridi e Trasfigurazioni nell'arte contemporanea” Sistemi Operativi – Accademia d Belle Arti di Urbino, pag. 2; il grassetto è mio.
[2] Arduino Maiuri "Il lessico latino del mostruoso", pag. 167 in Baglioni (a cura di), 2003 (Secondo Volume)
[3] Igor Baglioni, "Note alla terminologia e al concetto di "mostruoso" nell'Antica Grecia, da pag. 15 in I.Baglioni, 2003 (Secondo Volume);
[4] vedi precedente;
[5] Si vedano in proposito gli studi di Karl Kerenyi in bibliografia;
[6] Paolo Vittellozzi, "La funzione dell'ibrido e del mostruoso nella glittica greca arcaica", da pag. 97 in I. Baglioni, 2003 (Secondo Volume). Le figg. 9 e 10 sono tratte da questo testo.
[7] Bandinelli, 2005 - pagg. 49-51
[8] Di questo tema ho parlato in questo blog e in particolare nei post dal titolo "Millenovecentoquarantanove: una sorta di terrore religioso per la perfettibilità" del 10/06/2015 e a seguire in "Classico e Anticlassico: la forma ritmica della storia culturale europea" del 14/07/2015;
[9] Luciana Drago Troccoli, "Raffigurazioni "mostruose" nel repertorio iconografico dell'Italia mediotirrenica nella I età del Ferro", pag. 149  in I. Baglioni, 2003 (Secondo Volume). La fig. 2 è tratta da questo testo. Il grassetto è mio.
[10] Lorenzo Verderame, "Osservazioni a margine dei concetti di "ibrido" e "mostro" in Mesopotamia in I. Baglioni, 2003 (Primo Volume). 
[11] Verderame, op.cit. p. 169;
[12] Come scrive Eliade (1980): “ciascuna di queste attribuzioni mette in luce un aspetto differente della grande mitologia del “saper fare”, cioè del possesso del segreto occulto di “fabbricazione”, di “costruzione” (…) Fare qualche cosa significa conoscere la formula magica che permetterà di “inventarla” o di “farla apparire” spontaneamente. L'artigiano è quindi, un esperto conoscitore di segreti, un mago, e tutti i misteri comportano un'iniziazione e si trasmettono attraverso una tradizione occulta”.

[13] Di questo tema ho parlato in montepramablog nel post "Il sacro segreto palese"del 6/10/2014, poi pubblicato in Monti Prama n. 66 (2013);
[14] Si vedano gli studi del Prof. Gigi Sanna in bibliografia, insieme ai numerossimi articoli presenti nel blog di Gianfranco Pintore, Montepramablog e Maymoniblog dello stesso autore e di Atropa Belladonna, in particolare sull'Egitto e la Sardegna nuragica.
[15] Massimiliano Franci “Considerazioni sull'elemento ibrido nell'iconografia funeraria egizia" (pag.68) in I. Baglioni, 2003 (Primo Volume); la fig. 12 è disegno dell'autore tratto dal volume. Il grassetto è mio.
[16] Questo tema è stato appena introdotto nel mio intervento dal titolo Monte Prama: tra organicità e astrazione al Convegno "I Giganti riscrivono la storia del Mediterraneo" del 30 maggio 2015a Cabras (OR). 


BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO:
  • Atropa Belladonna, "Umano sarà lei!" in Montepramablog.it del 04.05.2014
  • Atropa Belladonna,"Segnali di segni: il "beccuccio", la "forcella", il disco e..." in Montepramablog del 13/12/2013
  • Igor Baglioni (a cura di), Monstra. Costruzione e Percezione delle Entità Ibride e Mostruose nel Mediterraneo Antico, Primo Volume (Egitto, Vicino Oriente, Area Storico-Comparativa), Edizioni Quasar, Roma 2013 - atti del Convegno svolto a Velletri (Roma) nei giorni 8,9,10,11 giugno 2011; 
  • Igor Baglioni (a cura di), Monstra. Costruzione e Percezione delle Entità Ibride e Mostruose nel Mediterraneo Antico, Secondo Volume (L'Antichità Classica), Edizioni Quasar, Roma 2013 - atti del Convegno svolto a Velletri (Roma) nei giorni 8,9,10,11 giugno 2011;
  • Michail Batchin, L'opera di Rabelais e la cultura popolare, Biblioteca Einaudi, Torino, 1965;
  • Ranuccio Bianchi Bandinelli, Organicità e Astrazione (1956), Electa 2005;
  • Maria Cristina Biella, Enrico Giovannelli, Lucio Giuseppe Perego (a cura di), Il Bestiario fantastico di Età Orientalizzante nella penisola italiana – Coll. Aristonothos – Scritti per il Mediterraneo Antico – Quaderni n.01, Tangram Edizioni Scientifiche, Trento 2012
  • Matteo Corrias, Il tipo iconografico del gastrocefalo. Lettura comparativa di un documento di scrittura nuragica in Montepramablog.it del 14.10.2014 (prima parte) e del 26/10/2014 (seconda parte)
  • Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, Bollati Boringhieri, 2004 (I ed. 1980).  
  • Karl Kerenyi Dioniso. Archetipo della vita indistruttibile, (1976) Adelphi, Milano 1992  
  • Karl Kerenyi, Religione Antica, (1971) Adelphi, 2001 
  • Karl Kerenyi, Nel labirinto, (1950) Bollati Boringhieri, 1983
  • Angelo Ledda, "Il sacro segreto palese" in Monti Prama n. 66 (2013)
  • Angelo Ledda, "Classico e Anticlassico: la forma ritmica della storia culturale europea" in Maymoniblog del 14/07/2015 
  • Francesca Alfano Miglietti, “Corpo scelto. Ibridi e Trasfigurazioni nell'arte contemporanea” Sistemi Operativi – Accademia d Belle Arti di Urbino; 
  • Gigi Sanna, Sardoa Grammata 'ag'ab sa'an yhwwh, S'Alvure, Oristano 2004;
  • Gigi Sanna, I segni del Lossia Cacciatore, S'Alvure, Oristano 2007
  • Gigi Sanna, La stele di Nora, Il dio, il dono, il santo, PTM Mogoro 2009
  • J. J. Winckelmann, Pensieri sull'imitazione delle opere greche nella pittura e nella scultura, 1755

8 commenti:

  1. Se posso inaugurare una nuova forma di commento, il commento a eliminazione programmata, proporrei la cancellazione di questo mio da qui a 24 ore, quanto basta a significare ad Angelo la mia gioia per il suo lavoro e, incorporata, per il seguito che promette (una gioia allora esprimibile anche in modo poco consono al valore dell'articolo, per cui appunto non vorrei rimanesse qui a stonare oltre poche ore): lo sapevo, caro Angelo, che non stavi pettinando bambole.

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    1. Grazie Francesco, è stato un periodo intenso! Spero di farmi perdonare l'assenza 😉

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    2. Pettinare Gorgoni è giustificazione sufficiente.

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  2. Interessantissimo! Qui ci vorrebbe l'intervento di un simbolista raffinato, conoscitore dei miti a vasto raggio, come Gian Matteo Corrias. Spero che intervenga.
    Una domanda: dal momento che quella della Gorgone di Corfù è una cintura 'doppia' del serpente ed il serpente è simbolo ciclico di immortalità soli -lunare, potrebbe riferirsi alla 'doppia luce' e quindi alla irresistibilità luminosa di essa? Secondo me potrebbe configurarsi l'ipotesi che Medusa ('la guardiana') fosse in origine la luce, con i capelli (serpenti -raggi) battibili, neutralizzabili temporaneamente ad uno ad uno ma imbattibili tutti assieme. In una frammento fittile del neolitico sardo (cultura Ozieri) si notano i capelli radiati di due figurine (maschio e femmina) che sembrano alludere agli astri. Forse ciò c'entra poco con il tema ma quella 'cintura' potrebbe nascondere il significato più autentico del 'monstrum' che acceca (pietrifica).

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    1. Sarei lusingato dall'intervento di Corrias e mi farebbe molto piacere, ma credo a tutti noi. la domanda è poi interessantissima, soprattutto nella glittica più antica (foto 9 ma anche 10) i capelli-serpenti lasciano pensare proprio ai raggi e mi ha sempre colpito che proprio là gorgone sia stata rappresentata "in fronte" al primo tempio interamente in pietra. Chi se non lei poteva pietrificarlo? Per di più mentre la Grecia si "umanizzava" quel primo tempio recava il monstrum più potente (dando ragione a kerenyi che parlava di una doppia stratificazione religiosa che si accavallavano...)La domanda non può essere fuori tema perché se è vero che ho tenuto un profilo generale è altrettanto vero che ragionare sul significato delle "parti" che compongono l'ibrido (proprietà abilitanti) è quello che serve per capire la potenza dei "meccanismi"...

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  3. Davvero un buon lavoro, Angelo! L'impostazione generale del discorso e la sistematizzazione delle numerose informazioni offerte è un valido punto di partenza per lo sviluppo del discorso, che attendo con vivo interesse. Posso solo rimandare chi fosse interessato al mio saggio sul gastrocefalo (http://monteprama.blogspot.it/2014/10/il-tipo-iconografico-del-gastrocefalo.html), nel quale ho affrontato la questione del brutto, in relazione soprattutto al riso, che la sensibilità antica ascriveva proprio all'ambito dell'aiskron e al quale attribuiva un doppio valore, lieto e tremendo (cfr Arist. Poet. V 1449a). In estrema sintesi, i significati del brutto sono essenzialmente due (e possono anche coesistere): apotropaico e propiziatorio. Il caso di Baubò gastrocefala è a questo riguardo altamente istruttivo. Il brutto-mostruoso è tuttavia legato anche alla caratterizzazione del viaggio iniziatico, di cui costituisce la "prova" che il miste deve superare (si pensi a quanto di tremendo le fonti riferiscono sulle prove iniziatiche di tutti i misteri antichi, che consisteva generalmente nell'incontro con esseri mostruosi o nella sopportazione di situazioni aberranti (su tutto ciò mi permetto di rimandare al mio Esoterismo e culti misterici dell'antica Roma [Cagliari, Arkadia 2016]). In numerosi miti creature mostruose sono precisamente deputate alla difesa e alla protezione di un luogo o di un oggetto. Non si dovrà poi trascurare il valore del mostruoso come ierofania: ne è un caso interessante lo Iakchos dei misteri eleusini, che presenta notevoli punti di convergenza con lo Yaku nuragico, "tremendo sopra tutti gli dei", che incute il terrore fra gli elohim riuniti in assemblea, come il salterio afferma di YHWH. Aggiungo, a proposito dell'interessante riflessione di Angelo sul corpo-meccanismo, che forse meriterebbe attenzione anche la categoria degli "automata" di cui le culture arcaiche abbondano: a parte i numerosi veicoli dagli effetti devastanti (come ad esempio sembra possa essere interpretato il "kavod" biblico, che arbitrariamente si trova tradotto col teologico "gloria" di Dio), cito solo il celebre Talo e le ancelle auree di Efesto "in tutto simili a fanciulle vere" (Il XVIII).

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    1. Grazie Matteo, soprattutto per gli spunti che aggiungi e che offri, già sufficienti a dare l'idea di quanto il terreno sia pieno di insidie da un lato - soprattutto per la formazione che ho - ma complesso (e quindi affascinante) dall'altro. Il riferimento agli "automata" lo avevo in effetti tenuto in considerazione nel quadro dei corpi-meccanismi, ma forse non a dovere e già che mi inviti, proverò ad approfondirlo a dovere. E lo faccio volentieri, ringraziandoti. Il "viaggio iniziatico" (e insieme i salti, passaggi di stato ecc) anche se nel mio discorso non affronto il tema del riso - nonostante Batchin che nel testo in bibliografia ne ha anche tracciato una storia - è dal mio punto di vista il tema fondamentale, tanto che uno dei contributi che seguiranno avrà sottotitolo "performatività e liminalità" spinto però sul mascheramento e la vestizione, nello specifico nell'ambito artistico. Il titolo "a un PASSO dall'impossibile" lo vorrebbe già evocare. Aggiungo pertanto, come è doveroso, il tuo saggio in bibliografia. Il tuo testo sui culti misterici dell'Antica Roma purtroppo non ho avuto modo di leggerlo e correrò ai ripari.

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  4. «Si può parlare di "meccanismo" perché le figurazioni così ottenute sembrano composte/fuse alchemicamente [12]: le figure vengono dapprima decostruite e ridotte in parti significative, come fossero abbreviazioni (processo di astrazione, da abstràhere, ovvero distaccare, trarre fuori); i frammenti così ottenuti vengono successivamente legati e composti insieme ad altri con i quali non sembrano avere alcun rapporto diretto. L'artista pertanto agisce come un vero e proprio alchimista, che dapprima “smembra” e successivamente ricompone e “fonde" [13].
    L'esito di una composizione di questo tipo produce una nuova forma, affatto organica e mimetica, bensì irreale, fantasiosa, mostruosa e infine grottesca, certamente “potente”.»

    Leggendo questo passo mi è venuto in mente la teofania del nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, dove l’immagine “mostruosa” del toro divino, tanto vera quanto impalpabile nel suo manifestarsi quasi miracoloso; che non solo prende forma ma si muove sulla parete secondo un percorso “obliquo” al culmine del quale il toro letteralmente salta dalla parete sull’altare sacrificale, dove simbolicamente prende possesso delle offerte a lui immolate dai fedeli. Quel toro, dicevo, scendendo dall’altare e prendendo possesso della terra (proiettato sul pavimento), si trasforma progressivamente nella potenza del fallo taurino in una “mostruosa” quanto “miracolosa” metamorfosi d’immagine.
    Intenzionale o meno che sia questa seconda immagine, poco importa. Il miracolo sta anche lì, almeno per quelle genti, nella trasformazione spontanea da immagine del toro a immagine fallica, a voler forse sottolineare che astro solare con la sua luce, toro e fallo in fin dei conti sono espressione della stessa potenza vitale.
    Non so quanti di voi abbiano assistito all'evento, ma vi assicuro che è sorprendente.

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