mercoledì 16 novembre 2016

Il NURAGHE? UN BRONZETTO CI DICE COS’E’. CHE COSA? UN …NUR -’AG - HE.

di Gigi Sanna 
     


 

Fig.1. 
Qui, sul fronte, oltre i bordi del sapere attuale, la scienza diventa ancora più bella. Nella fucina incandescente delle idee  che nascono, delle intuizioni, dei tentativi. Delle strade intraprese e poi abbandonate, degli entusiasmi. Nello sforzo di immaginare quello che ancora non è stato immaginato (Carlo Rovelli, 2014,  Sette brevi lezioni di fisica, lez.5, p. 49, ADELPHI Milano).


Il bronzetto proviene da Olmedo (località Camposanto). E’ alto complessivamente 25,8 cm. Senza il piedistallo 18,6 cm. Attualmente si trova esposto nel Museo Archeologico Nazionale di Sassari. Giovanni Lilliu ce lo presenta (1) con il titolo ‘Modellino di nuraghe quadrilobato con piombatoio’.
     Lo studioso passa quindi a descriverlo con la consueta precisione analitica facendo capire che si tratta di un manufatto dove i motivi disegnati non hanno solo scopo ‘decorativo’ ma anche ‘architettonico’ militare. Infatti, accostandolo ad una colonnetta  rinvenuta in Barumini con uguale motivo riguardante le modanature della terrazza, così si esprime:
Avvicinando le modinature di Barumini che rappresenta la torre d’un nuraghe, e quelle in cima alle fiancate, tra le torri, del nostro modellino di edifizio, si ha la sequenza ideale di uno spartito in apparenza decorativo ma in effetti architettonico, che corrisponde alla realtà di un ballatoio per piombatoio, sospeso a sporto su mensole situate sul coronamento di un nuraghe quadrilobato. E che così debba intendersi il modello si comprova con l’esistenza di nuraghi […] i quali in origine presentavano la singolare e militarmente efficace mostra architettonica del terrazzo aggettante su grandi mensoloni di basalto e di marna calcare, ad uso di piombatoio’ (p. 475).
    Quindi le modanature non risulterebbero ‘decorative’ ma esprimerebbero la ‘realtà’ del nuraghe che possiede terrazzamenti, ballatoi e piombatoi per scopi militari. E’ chiaro che il Lilliu coglie la palla al balzo per rafforzare la sua nota (ma con l’andar del tempo sempre meno convincente) teoria del ‘nuraghe fortezza’ anche perché, a suo parere, l’uso dei piombatoi ovvero di strutture atte alla difesa lo dimostrerebbero delle ‘grosse palle di pietra rinvenute nel terreno archeologico di Barumini’(2)  usate per lo stesso scopo.
     Si sa che il Lilliu usa spessissimo la voce ‘decorativo’ per spiegare i bronzetti e certe caratteristiche di essi altrimenti inspiegabili. Stavolta però la scarta per motivi di ‘teoria’ mentre avrebbe dovuto mantenerla. Infatti, se c’è una parola importante che investe il significato del bronzetto (di tutti i bronzetti come vedremo per molto del metagrafico) questa è proprio quella di ‘decorazione’. Decorativo è il motivo della sommità della torre principale, decorativo il motivo della sommità delle torrette, decorativo il motivo delle modanature  e decorativo infine il motivo (completamente sfuggitogli) della base che congiunge le torrette in basso che non ha, chiaramente, alcuna funzione strutturale (3).
    Cosa c’entra quindi il ‘decorativo’, l’insistere su di esso da parte dell’artigiano scriba? Prima di rispondere facciamo un’altra domanda, poniamo un altro interrogativo che invece Lilliu non si pone. Andando tranquillo come se niente fosse. Perché mai un nuraghe su ‘palafitta’, su di una base a ‘palafitta’ con il rischio di rendere la fabbrica paradossale, quasi mostruosa o addirittura grottesca? Perché il nuraghe non sta, perché se lo può permettere, su di un semplice piano come si trova disegnato (fig. 2), ad esempio, nel modello (4) di Ittireddu? Non sarà che il ‘modellino’ proprio perché ‘eccentrico’, con una piedestallo  assurdo, suggerisca ben altra lettura che quella ‘semplicisticamente’ militare?

Fig.2
Noi pensiamo di sì se, ancora una volta (5) prendiamo in considerazione quello che sinora non si è capito per nulla nonostante le evidenti attestazioni in tal senso dell’egiziano, dell’etrusco, del greco arcaico pitico e persino di quello classico (6): il  codice metagrafico o  ‘scrittura con’ che la si voglia chiamare. Cioè quel codice che si basa sulla acrofonia, sulla numerologia e sulla ideografia per esprimere suoni e quindi lessico e linguaggio.
Ora, se sulla base del detto codice leggiamo e interpretiamo il nuraghetto di Camposanto di Olmedo ci troveremo, partendo dall’alto (ma procedendo dal basso sarebbe, in questo caso, linguisticamente la stessa cosa), di fronte a questa sequenza:
- Decorazione + Uno
- Decorazione + quattro
- Decorazione + quattro
- Decorazione + quattro
- Cinque + predella.
 e cioè
h(drh) הדרה+ uno (toro)
h(drh)  הדרה + quattro
h(drh) הדרה + quattro : 
h(drh) הדרה + quattro:
potenza + hdm הדם
Lui toro (7)  Lui 12 lui potenza:  h ’g  h nr (12) h ‘z   ה אג ה נר ה  עז
   Il nuraghetto quindi non esprime niente di militare (l’ossessione del Lilliu) ma tutto di religioso in quanto contiene il (solito) lessico che solo giustifica il fatto che l’oggetto si trovi saldamente infisso (piombato) su di una superficie all’interno di una struttura religiosa com’è un pozzo sacro. Infatti, che ci sta a fare il modello o, se si vuole, il simbolo di una fortezza dove si prega e si svolgono funzioni legate al rito e al culto (apparente) dell’acqua (8)? E’ la sola ‘explicatio’ con lettura metagrafica che ci consente di comprendere che il nuraghetto è in funzione scrittoria; è congegnato a rebus, così come tutti i bronzetti e le cose del sacro,  per parlare di se stesso e così celebrare, all’interno della struttura templare, la solita ‘taurina (9) forza della luce’ ovvero la forza di yhwh, di colui che si preferisce non nominare e che è pronunziato, come di norma, solo con il pronome maschile e femminile indicativo he (LUI/LEI).
La presenza della dicitura è acclarata dalla lettura metagrafica dello stesso monumento nuraghe che con la ‘corona’ superiore’, la ‘decorazione’ dei mensoloni e l’aspetto di imponenza (altezza e grossezza) della fabbrica suggerisce una identica lettura di essa: nr h ’g. Solo che quella ‘potenza’ nel nuraghetto risulta nascostamente scritta perché resa esplicita in virtù della numerologia ovvero della presenza del cinque;  nel nuraghe no, a meno che non si voglia ricorre all’ideogramma, alla voce che può suggerire un monumento di quella forza che non può certo avere per base  una specie di …palafitta. Ideogramma forse presente anche se, in fondo, inutile, ridondante, perché già la voce toro ingloba il significato di potenza. E questo è sicuramente il motivo per il quale nei millenni non si è cambiato il nome dell’edificio templare, simbolo massimo della ‘religio’ dei Sardi dell’età del bronzo e del I ferro, La voce ’ag  è già sufficiente a dire toro/potenza assieme.    
     Detto ciò sarà bene ricordare che la voce nr ’ag h (o meglio ’ag h nl) scritta epigraficamente la si trova in quel bellissimo documento nuragico (10) che è la pietra di Terralba (fig.3) dove la sequenza delle lettere consonantiche, partendo dall’alto, è ’a/g/ h/ n/l (toro/ lui/ luce), con inversione di voci rispetto allo standard NR -’AG – H; inversione che si comprende (11) solo con una attenta osservazione della quantità e della forma delle lettere presenti. Infatti le tre voci solo apparentemente risultano essere ‘tre’. In ciascuna di esse (figg.4 e 5) si trova disegnato e usato in legatura il serpente, animale  che, come abbiamo detto tante volte, è segno che nota l’immortalità o l’eternità (עולם). Quindi non c’è scritto ‘AG H NL ma c’è scritto serpente/ ’AG/ serpente H/ serpente NL (Toro immortale / Lui Immortale/ Luce immortale: אג עולם ה עולם נל עולם ).  
     
           Fig. 3                                                              Fig. 4                                                  Fig.5

Note ed indicazioni bibliografiche
1. Lilliu G., 2008, (ristampa del 1966), Sculture della Sardegna nuragica (saggio intr. di A.Moravetti) Illisso Nuoro, pp. 474 -476.
2. Lilliu G., 2008, Sculture della Sardegna, ecc. cit. p. 475.
3. Il particolare architettonico non ha alcuna funzionalità, meno che mai statica. Ci vuole ben altro per aggiungere staticità ad un Nuraghe. Ed è proprio il caso di citare  Su Nuraxi di Barumini  Tant’è che, da quanto so, un rinforzo del genere non appare in alcun nuraghe. E se dovesse esserci esso va interpretato come qui, cioè ‘segno’ significante scrittura.
4. Lilliu G., 2008, (ristampa del 1966), Sculture della Sardegna nuragica, ecc. , n.° 268, pp. 472 -474.
5. I lettori avranno capito certamente che stiamo rompendo gli indugi e che siamo intenzionati a portare esempi su esempi circa l’ermeneutica in senso metagrafico. Perché il metagrafico o la ‘scrittura‘con’, come avevamo intuito e cercato di dimostrare già quindici anni fa è una bella realtà.  Lo abbiamo fatto anche con il pitico e l’etrusco, al fine di far comprendere che l’espediente non è solamente sardo e che l’input egiziano dello scrivere con gli stessi oggetti e i monumenti ha avuto una continuità davvero impensabile: Egitto,  Siria,  Grecia, Sardegna e quindi Etruria.  
6. Sanna G., 2007, I segni del Lossia cacciatore. Le lettere ambigue di Apollo e l’alfabeto protogreco di Pito, S’alvure, Oristano, pp. 397 - 403.

7. Sul significato di ‘uno’ come toro si veda Sanna G, 2016, Scrittura nuragica. I numeri dall’uno sino al dodici. Il loro valore simbolico convenzionale nei documenti della religiosità. L’iterazione logografica sulla base di quel valore; in Maimoniblogspot.com  (2 luglio 2016). Di recente idem, 2016, Il saluto nuragico e la stele del re Barrakib, Manus festa e manus versa; in maimoniblogspot.com ( 12 novembre).


 8. In realtà il culto non è quello delle ‘acque’ ma è il culto di Maymoni , appellativo del  dio della luce ovvero l’androgino YH. Chiunque può osservare che il pozzo sacro ha simbologia sessuale a schema MF e che esso ha a che fare astronomicamente con il sole e con la luna.  L’acqua è ‘luminosa’ semplicemente perché essa viene dal cielo, dal regno della doppia luce. C’è sempre, come Dio, l’androgino invisibile celeste che si manifesta anche e soprattutto con l’acqua fonte di vita, così come la luce che la genera. Sul culto di Maymoni dio del sole e dell’acqua si veda Angei S, 2015,  Il volto di Maymoni ; in maimoni blogspot.com (24 aprile 2015).    

9. Coloro che ci seguono sanno che nella documentazione nuragica sia epigrafica che metagrafica gli scribi insistono sul motivo (ossessivo)  del ‘toro della luce’. La voce ‘nuraghe’ è pertanto la più ricorrente anche se essa è scritta, per input di scuola (la ‘variatio’ di cui tante volte si è detto), sempre o quasi sempre in modo differente. La stessa Tomba di Giganti così come il Pozzo sacro sono ‘nascostamente’ nuraghi, perché  metagraficamente sono  ‘NR (Luce) ‘ak (toro), accompagnati dall’immancabile ‘hē’ che può essere reso in tanti modi. Persino con il tre (da sempre inspiegabile per gli archeologi) dei noti betilini fallici delle tombe monumentali a schema taurino. Noi diamo alla caratteristica torre, più o meno ‘lobata’, il nome di ‘nuraghe’ come se il nome fosse solo specifico di essa. In realtà la dizione (e quindi il nome composto) di ‘Toro della luce’ si estende a tutti e tre i monumenti perché anche essi manifestano ‘scrittura’ con lo stesso identico significato. La coerenza dei nuragici è impressionante nel riportare a rebus, sempre variando, lo stesso concetto. Così è nella scrittura epigrafica, nella scrittura metagrafica degli oggetti e dei monumenti riguardanti il culto della divinità e dei figli divini di essa. Abbiamo esaminato da poco la fiasca del pellegrino e anche in essa (in tutte le fiasche miniaturistiche o no) campeggia ‘la forza del toro della luce’. Sembra di vedere quasi dei monomaniaci!    
10. V, Sanna G., 2012,  Ed ecco finalmente la parola "Nuraghe". In una scritta a Terralba; in gianfrancopintore blogspot.com  (4 luglio).  Gli archeologi e i linguisti  ( v. ad es. Paulis G., 1998, La più antica attestazione della parola ‘Nuraghe’ , in NUR, Rivista di Cultura e Identità di Sardegna, anno primo n.0. pp. 8 -10), hanno sempre sostenuto, su base documentaria, che la prima attestazione della voce NURAC si trova  incisa, in caratteri latini,  nell’architrave del Nuraghe Aidu Entos di Bolotana. Ma, come si vede, le cose non stanno affatto così. La voce è antichissima e risale forse a più di un millennio prima quando si costruì e nello stesso tempo si scrisse  metagraficamente  (in mix semitico ed indoeuropeo: NR + ’AG) il primo nuraghe. Lo stesso Nuraghe di Aidu Entos è ‘NURAC’ non solo in scrittura epigrafica. La scritta fu eseguita dopo,  molto dopo,  in quello che una volta si chiamava diversamente. Non ‘Aidu Entos’ ma SESSAR (rosso) dal chiaro aggettivo semitico ששר (SSR).
11. Il concetto che si vuole manifestare non è ‘ Lui toro della luce’ ma quello della eternità  che comprende tutte le voci della ‘formula’ sacra. ‘Immortale è il dio, immortale il toro, immortale la luce’. 

6 commenti:

  1. Mi chiedo se c'è mai stato uno scambio di pensiero con lilliu...........

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  2. Le tue teorie ad esempio o quelle Di Mikkelj.Oggi tutti parlano(regione,archeologi giornali,tv)di cose Che fino a poco tempo fa erano fantarcheologia.Cosí si scopre che iceman aveva "Sangue Sardo" o che il cane fonnese a geni simili a quelli dei saluki persiani e dei komondor ungheresi e che accompagnato i migranti Sardi nel percorso delle migrazioni preistoriche.Una bella storia,alla quale si dovrebbe dare il giusto risalto.Grazie

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  3. .....ha geni.....scusate .......ma la foga

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  4. Ancora una volta ci si è fermati all’apparenza. Quella che Lilliu vede (o vuol vedere), rimanendo in superficie, a costo di cadere nella “sorprendentemente ovvia” banalizzazione descrittiva di quello che gli interessa puntualizzare, è un edificio che ha solo un vago riscontro nella realtà. E’ un edificio nel quale si evidenzia il particolare, come dice il Lilliu: “ solo in apparenza decorativo, ma in effetti architettonico...” (e per tanto realistico e funzionale?!); per contro però, il modello propone delle torri tanto snelle da essere impossibili da realizzare nella realtà ed è supportato da un basamento che nulla ha di architettonico e funzionale. Nel suo complesso il modello, è un assemblaggio di forme che solo una mente visionaria come Giorgio De Chirico o Salvador Dalì (ad esempio), potevano concepire... oppure un sacerdote-scriba che realizzò un rebus metagrafico per lodare il suo dio. E’ mai possibile che un modello di tal fatta non ponesse pesanti interrogativi nella mente di uno studioso come Giovanni Lilliu? Perché mai un edificio che costò, a prescindere dalla sua funzione, immane fatica e geniale conoscenza per essere realizzato, sarebbe stato riprodotto in modo tanto “ridicolo” o per lo meno “strano”?!
    Quel bronzetto non è certamente “ridicolo”, né la riproduzione assurda di un nuraghe, ma è la sublimazione del concetto “nur-ag-he”, che è a sua volta espressione di lode rivolta alla divinità attraverso la scrittura a rebus, che arrivava a concepire figure palesemente impossibili, che però non richiedevano giustificazione alcuna dal punto di vista materiale. E’ evidente che quel manufatto rappresenta un simbolo o una serie di simboli da interpretare; per tanto quel bronzetto non intendeva descrivere il nuraghe come edificio ma quello che il nuraghe rappresentava dal punto di vista religioso.

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  5. Ma è tutta o quasi tutta la bronzistica che pone all'osservatore continue domande sulla continua 'stranezza' loro. Faccio un esempio circa le badi o predelle delle statuine. Come non rendersi conto che, pur senza alcun significato sul piano della stabilità, quelle basi sono semplici o doppie. Per non parlare di basi senza alcuna funzionalità. Questo cosa vuol dire. E' solo il metagrafico con la sequenza dei suoni acrofonici su base aspettuale che spiega quell'ultimo segno o semplice o doppio. E quell'ultimo per coerenza con il divino è legato al primo ovvero all'ornamento che si ha in testa. La lettura dei bronzetti è ostica, tremendamente complessa. Non solo per il fatto che c'è di mezzo il semitico della religione ma anche perché l'acrofonia la si ottiene soprattutto su base aspettuale. Se vedi un toro non partire dalla voce toro per ricavare l'acrofonia (sarebbe troppo facile) ma come è l'aspetto del toro, quale idea o idee suggerisce la testa per il proseguo della lettura con le parti 'significanti' e regolarmente sottolineate dallo scriba artigiano. Angelo Ledda si è interessato del come i personaggi dei bronzetti hanno i piedi e se sono sfalsati uno avanti e uno dietro. Da questo fatto si cerca di ricavare lo stile del bronzetto e magari le sue ascendenze. Invece secondo me il fine è fonetico, perché si tratta trovare (escogitare) quell'aspetto (camminare) che rende la consonante semitica valida per la catena fonetica.
    Quanto al 'ridicolo', allo 'strano', allo 'abnorme', al 'mostruoso'ecc., lo scriba ne fa un punto fondamentale della scrittura. E' una scrittura che avverte, che suggerisce la difficoltà di lettura in quanto dietro la stranezza devi trovare il significato del messaggio scritto. Credo di aver già scritto che quando dal metagrafico si passa all'epigrafico la scrittura lineare spesso diventa strana e cioè obliqua. Ti dice: perché sono 'obliqua, ambigua, incredibile'? Perché devi stare attento a comprendere il rebus. Non la potrai capire se non dietro uno sforzo notevole dell'intelligenza. E' questo il motivo per cui gli epigrafisti della Domenica, esaminando la lastra arborense del III secolo d.C., hanno parlato di caratteri ebraici e di non so che, fidandosi della lettura superficiale. Nessuno ha capito che quella era ancora (dopo tantissimo tempo dalla sua nascita) una scrittura a rebus con il mix linguistico. Ma ne ho parlato di quella lastra e non è il caso che continui. Quindi sia nell'epigrafico che nel metagrafico 'occhio' alla stranezza. 'Occhio' all'avvertimento per i sempliciotti.

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