giovedì 30 novembre 2017

Giorrè tra geometria e astronomia



di Sandro Angei

Vedi: Quando si scriveva in nuragico in quel di Giorrè...


   Nell'articolo “Quando si scriveva in nuragico in quel di Giorrè...” pubblicato il 23 novembre scorso, accennammo al recinto di forma ellittica che racchiude gli edifici santuariali di Giorrè. Precisammo che la figura descritta da Angela Antona nell'articolo pubblicato sul Bollettino di archeologia 44-46 1997 – “Il santuario di Giorrè – Florinas” fosse più precisamente un ovale; ossia una figura piana costruibile con archi di cerchio.

   In questo articolo vogliamo dare spazio al metodo pratico di realizzazione di quella geometria, cercando di dimostrare con l'evidenza dei fatti, che quelle genti erano in possesso delle cognizioni basilari di geometria e le sapessero applicare in modo puntuale.
   Esamineremo inoltre altri aspetti peculiari di impostazione del sito, che a prima vista sembrerebbero dettati da pressappochismo o noncuranza, che si riveleranno, invece, quale pregio nella cura dei particolari.
   Inizieremo con la ipotetica descrizione cronologica del recinto.
***

   Tutto ebbe inizio con la realizzazione di due capisaldi convenientemente distanti tra loro, che individuavano in modo stabile la direzione del tramonto locale del sole (azimut 269°34'), nel luogo che in seguito sarebbe diventato un santuario.
   Dopo una presunta preparazione del suolo, fu realizzato il pavimento lastricato della rotonda e dell'edificio rettangolare (per i quali, si erano già prefissate le dimensioni dell'elevato), avendo cura di risparmiare la superficie della piccola vasca di forma taurina, rispettando la direzione astronomica prima impostata.
  Vicino alla piccola vasca fu realizzata una fossetta che sarebbe servita ad alloggiare il perno per il tracciamento dei cerchi di base della rotonda.
   La Dott. Antona nel suo studio accerta la presenza della traccia di un cerchio e così scrive: “La precisione nella fattura del manufatto si evince  anche dai segni lasciati da una sorta di predisposizione progettuale rispettata nella costruzione: sul pavimento, infatti, corre un leggero solco circolare, tracciato con un compasso rudimentale che ha lasciato impressa, al centro dell'edificio, una fossetta nella quale era stato evidentemente appoggiato il perno dello strumento. L'incisione circolare coincide col limite perimetrale dell'edificio; il filare esterno dei blocchi, cioè, risulta perfettamente posizionato all'interno del piccolo solco.

Fig.1



   Fu fissato il perno 1 nella fossetta ricavata nel pavimento e tracciato il cerchio esterno della rotonda.
   Lungo la direzione est-ovest fu individuato il raggio 1-2 del cerchio interno della rotonda: vertice 2 di Fig.2

Fig.2

   Il vertice 2 fu usato quale fulcro dell'arco di cerchio che avrebbe delimitato la parte Est del recinto (cerchio rosso di Fig. 3). Fu però tracciata sul terreno (verosimilmente) l'intera circonferenza e individuato il vertice 3 lungo la direzione Est-Ovest.

Fig.3
   Il vertice 3 sarebbe servito a sua volta quale perno per tracciare un secondo cerchio uguale al primo, di raggio 3-2, allo scopo di individuare il confine Ovest del recinto e contemporaneamente i punti 4 e 5 di intersezione delle due circonferenze (Fig.4).

Fig.4

   Furono individuati, probabilmente con una corda intersecante i cerchi considerati, i vertici (fig.5):
-       6 sul prolungamento 4-3
-       7 sul prolungamento 4-2
-       8 sul prolungamento 5-2
-        9 sul prolungamento 5-3

Fig.5

   I quattro nuovi vertici individuavano i punti di tangenza di due archi di cerchio, rispettivamente (Fig.6):
-       arco 6-7 con centro in 4
-        arco 8-9 con centro in 5

Fig.6
   Il tracciamento del recinto termina qui.
   Della perfezione di quel disegno è rimasta solo la costruzione finale. Sono scoparsi i centri dei cerchi, ad esclusione del primo; sono svanite le tracce delle grandi circonferenze, delle quali però sono rimasti quattro archi tra loro uniti a formare il recinto ovoidale (Fig.7).


Fig.7

    Vorremmo dare un significato rituale a questa costruzione geometrica. Forse ce l'ha, quale processo di iniziazione di un luogo sacro, con quei 3 cerchi simboleggianti la “luce” (con centro nei punti 1, 2, 3); oppure mettendo in evidenza i sei triangoli equilateri, uno per tutti: 2-3-4; ma ci rendiamo conto che senza prove concrete, sarebbe solo mera speculazione. Per tanto ci fermiamo... ad osservare una magnifica costruzione geometrica.
***
   Terminato il recinto iniziarono i lavori di costruzione della rotonda, innalzarono la muratura  a doppio paramento realizzata con conci isodomi di forma taurina (a T) e tracciarono il perimetro dell'edificio rettangolare; e proprio di quest'ultimo vogliamo descrivere le peculiarità.
   L'edificio a prima vista sembrerebbe “disorientato”, ossia, orientato verso il nulla,  ma il rilievo delle poche tracce di imposta dei muri perimetrali, dimostra che esso rispetta un criterio ben preciso. Infatti prolungando l'allineamento della parete interna del muro esposto a sud (spessore murario 40÷50 cm), questo incontra il centro 1 della rotonda[1] (Fig.8); la qual cosa determina una rotazione dell'orientamento della parete del tempietto di -6°15' rispetto alla direzione del tramonto all'equinozio (azimut 269°34'); che si traduce in un azimut di 263°19'. Questo potrebbe significare che il rito propiziatorio legato all'equinozio aveva inizio 38 minuti prima del posarsi del bordo inferiore del sole all'orizzonte locale; ossia nel momento in cui i raggi del sole radevano la parete interna del muro esposto a sud e la luce inondava l'interno dell'intero edificio, prima di piombare nell'oscurità della notte.

Fig.8


 Fig.9
Il sole è ancora alto nel cielo ma la posizione del tempio rettangolare da modo di valutare il momento di inizio del rito

Fig.10
I raggi del sole sono randenti la parete interna del muro sud.

Fig.11
Il sole, visto dal centro della rotonda è ormai entrato all'interno del finestra
delimitata dalla figura architettonica


Fig.12
Il sole si appresta  a posarsi sulla linea dell'orizzonte


Fig.13
Il sole si è posato sulla linea d'orizzonte e forse quello era il momento di accensione propiziatoria del fuoco all'interno del piccolo tempio (come attestano le tracce rilevate da A. Antona).

   Se la nostra ipotesi è giusta e il santuario di Giorrè è orientato effettivamente agli equinozi come sembra [2], il tempietto doveva essere per forza aperto sui lati corti del suo perimetro. Nessun altro dato possiamo trarre dalla lettura dei resti archeologici; ciò non di meno abbiamo ipotizzato che esso fosse coperto con tetto a due falde.
   Autorizza questa ipotesi ricostruttiva il modellino pubblicato da G. Lilliu in “Sculture della Sardegna Nuragica” - Ilisso editore, pag. 473, che riproduce verosimilmente un tempietto con le caratteristiche da noi ricercate: ossia una costruzione delimitata da pareti solo nei lati lunghi del suo perimetro (Fig.14).

Fig.14



   G. Lilliu descrive in modo estremamente preciso il manufatto: “Presso il margine destro della lastra rimane una delle due piccole costruzioni che limitano la maggiore nel mezzo. Ha figura d'un vano rettangolare chiuso alle fiancate e aperto davanti e di dietro. Lo copre un tetto a doppia falda molto inclinata, sporgente in basso sulle pareti con una modinatura a gola; il tetto mostra due stratificazioni sovrapposte di cui l'inferiore indica lo scheletro ligneo del soffitto e quella superiore, tutta liscia all'esterno, rappresenta la vera e propria copertura, presumibilmente straminea. Sulla cresta del tettuccio stanno posati tre uccelli, uno, nel mezzo, rivolto al castello nuragico, e gli altri due, ai margini, disposti lungo il colmo e guardanti rispettivamente sulla fronte e sul retro del minuscolo (specie se confrontato con le proporzioni dei volatili) edificio: una composizione simmetrica di gusto decorativo geometrico in cui non sembra si possa vedere altra intenzione come è stato fantasticato (Milani). ...”.
   Quella di Lilliu è tanto chiara e precisa quale descrizione, quanto, miope per quanto attiene la simbologia, la destinazione d'uso dell'edificio e il mutuo rapporto tra i vari elementi del modello. Infatti G. Lilliu ritiene l'edificio rettangolare, piccolo, date le proporzioni rispetto alle colombelle. Se ciò è vero per quell'edificio (è del tutto evidente la sproporzione), le colombelle sono ancor più grandi rispetto al nuraghe, che risulta esser piccolo rispetto all'edificio rettangolare[3]... perché? La risposta è quanto mai intuitiva se intendiamo il modello quale manufatto legato al culto. Non sono i due edifici, piccoli rispetto alle colombelle, ma sono le colombelle grandi, anzi grandissime rispetto agli edifici, in quanto paredre della divinità. Per quanto riguarda l'evidente sproporzione tra nuraghe e tempietto: è possibile che questo fosse un espediente usato per la ricerca di una sorta di prospettiva; ossia, la minore dimensione del nuraghe rispetto al tempietto cercherebbe di ricreare profondità per imitare grande distanza del primo rispetto al secondo.
Tecnica (la prospettiva) inventata dal Bunelleschi due millenni dopo.




Il nuraghe polilobato ha le canoniche dimensioni in pianta delle torri, le rimanenti misure sono in stretto rapporto con quelle del modello sottostante. La distanza tra i due edifici è di circa 450 m.



   Visto in questo contesto il modello di nuraghe diventa, in rapporto al tempietto, estremamente grande e altissimo: tanto snelle sono le sue torri. La proporzione tra  diametro di base e altezza della torre integra del modellino è circa 1:10, ossia se la base reale della torre fosse di 10 m, la sua altezza sarebbe di 100 m. Per tanto interpretando questo dato dal punto di vista allegorico, possiamo trarre la conclusione che quelle torri volessero toccare il cielo.



note e riferimenti bibliografici

[1] Non è possibile essere precisi in senso assoluto, in quanto lo spessore del muro è solo ipotetico, potendo variare da un minimo di 40 cm, che potrebbero diventare 50 o 55 cm; in ragione di ciò il prolungamento della linea poteva incontrare il centro geometrico della rotonda se il muro avesse uno spessore di 40 cm; oppure il centro della piccola vasca nel caso lo spessore fosse stato di 50 o più centimetri.

[2] Per gli scettici che potrebbero avanzare l'obiezione che da quel punto di vista si avrebbe un arco temporale troppo grande entro il quale si può osservare il tramonto del sole (24 giorni), rimando alla lettura dell'articolo Pietra su pietra - sesta parte dove spiego in nota [1] la propensione per l'occhio umano a individuare il centro di un segmento rettilineo facendo affidamento sulla percezione dell'asimmetria. In ragione di ciò un osservatore che si fosse posto al centro della rotonda poteva stimare con buona approssimazione il periodo equinoziale, intendendo per "periodo" i giorni a cavallo dell'evento, notando la posizione mediana del sole rispetto al varo delimitato dai muri laterali.

[3] G. Lilliu nel descrivere il modellino attribuisce al nuraghe maggior grandezza rispetto all'edificio rettangolare, perdendo di vista le proporzioni. Infatti il nuraghe quadrilobato con torrione centrale risulta miseramente piccolo rispetto all'altro edificio, tanto che le torri laterali e la stessa torre centrale assomigliano più a dei pali che non a costruzioni cave in muratura ciclopica.

2 commenti:

  1. Gran bello studio, Sandro, col merito collaterale di vedere in un sito e con una precisa funzione il tempietto della spettacolare rappresentazione bronzea di Ittireddu (tu, Angelo, fai i tuoi modellini architettonici in balsa, guarda invece loro ;-).
    Ma poi, Sandro, sei stato Venerdì a Sassari per il convegno di archeoastronomia?

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    1. Purtroppo non ho potuto esserci. Peccato, sarebbe stata una buona occasione per conoscere persone e metodi di studio.

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