di Gigi Sanna
Fig. 1 Fig.
2 Fig. 3
Il piccolo ma massiccio betilo (h
1,10 X l 0,50) venne rinvenuto
negli anni ottanta del secolo scorso (1)
in Aidomaggiore.
Affatto compreso circa la sua originaria collocazione e lasciato capovolto
(fig.1) è rimasto per tanto tempo trascurato come pietra enigmatica davanti ad una rete
metallica di una fattoria agropastorale, non lontano dal sito
archeologico del Nuraghe Lisandru
(fig.4).
Fig. 4. I resti del Nuraghe Lisandru di Aidomaggiore
La pietra, che con ogni
probabilità si trovava interrata alla base per trenta o quaranta cm (fig. 3),
reca un’ immagine del tutto inedita: un ‘monstrum’ uccello - pesce riportati
per la testa l’uno e per la coda l’altro. Crediamo che una simile iconografia non compaia in tutta la Sardegna, né raffigurata in stele (2) lapidee a rebus (v. figg. 5 (stele di Boeli) - 6 (stele di Nora) - 7 (stele di Aidomaggiore) - 8 (stele di Serra
Orrios ) - 9 (stele di Uta 1) - 10
(stele di Uta 2) - 11 (stele di Giorrè) né
su manufatti di ceramica o di metallo.
Neppure la bronzistica (i cosiddetti ‘bronzetti’ nuragici) che pure ci ha
abituato alla ‘mostruosità’ nei soggetti raffigurati (3), registra (almeno per il
momento) il mix uccello - pesce.
Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8
Fig.
9 Fig. 10
Fig. 11
Naturalmente, con l’esame del il graffito, sorgono inevitabili le
domande: che ci fa un mezzo uccello e un mezzo pesce in una stele - betilo?
Quella evidente simbologia ‘mostruosa’ a cosa allude? E’ simbolismo,
decorazione e ideografia oppure è anche 'scrittura'? Domande queste che solo alcuni
anni fa sarebbero rimaste senza risposta, con pronunciamenti di impotenza ermeneutica
se nel frattempo non avessimo appreso a ‘leggere’ lowly but surely i rebus della produzione metagrafica del nuragico,
ovvero della particolare scrittura che si serve dell’ideografia, della
numerologia e della acrofonia per dare una espressione con senso compiuto.
Analizziamo dunque per benino tutto il ‘documento’.
Esso è composto dal supporto ‘betilo’ - stele sul quale insistono gli altri
significanti o meglio l’unico complesso significante’: il mezzo uccello /mezzo
pesce che forma(no) una indubbia unità. Si osservi però con attenzione il dato che
l’animale posto sopra è raffigurato con un occhio ben enfatizzato (quello di un
uccello rapace, che tutto vede); quello
posto al di sotto è tutto ‘pesce’, con la corta pinna e con la coda ma quest'ultima resa ugualmente ben marcata.
Il betilo, come si sa , è simbolo di
potenza divina (4) sessuale astrale
(maschile e femminile assieme) alludente alla luce (nr)
del sole e della luna. Il suo chiaro significato in nuragico, per nostra
fortuna, è ben illustrato in un’ altra (fig. 12 e 13) tozza stele, sempre di
Aidomaggiore, con scritta NR YHWH: potenza (sessuale, creativa) della luce di yhwh (5).
Fig.
12 Fig.
13. Segno della yod evidenziata
Per l’interpretazione partiremo dunque dalla
voce ideografica del supporto, ovvero ‘potenza’. Ma potenza di chi o di che
cosa? La stessa stele di Aidomaggiore in
fig. 5 e 6 ci aiuta nella decifrazione perché dopo la voce 'potenza' del supporto si ha quella
di NR, resa questa con due consonanti protocananaiche (6), ovvero da una ‘nun’ (il serpente’: non lo si confonda (7), come talora avviene, con la ‘S’ latina!) e da una ‘resh’ (8). Ovviamente, come in altri casi
frequenti (v. figg. 14 e fig. 15) nell’iconografia nuragica, ‘occhio’ e ‘luce’
sono voci interscambiabili per significato e l’uno può essere messo al posto
dell’altra. Ragion per cui l’incipit delle due stele risulta essere praticamente identico: potenza della luce. Restano da
aggiungere gli ideogrammi ‘uccello’ e ‘pesce’, non certo difficili da capire in
quanto suggeriscono l’uno ‘volante’ e l’altro ‘silenzioso’. Quindi riproporremo
e aggiungeremo: potenza della luce
volante silenziosa. Allusione evidente al tacito trascorrere della luce
solare e lunare di giorno e di notte.
L’interpretazione della stele potrebbe
sembrare esaustiva ma, secondo noi, potrebbe
non esserlo perché il nuragico nel metagrafico non usa solo l’ideografia ma di
norma ama aggiungere la numerologia e
l’acrofonia. Si consideri ora l’occhio e la coda (ripetiamo: ben messi in
evidenza) e si renda in lingua semitica l’acrofonia di entrambi e cioè quella
di ’ayin עין (occhio) e
quella di znb ןנב (coda): otterremo la voce (9)
‘oz עז (forza, potenza). Quindi la lettura, con buona
probabilità, non sarà solo potenza della
luce che trascorre silenziosa ma doppia (10) potenza della luce che
trascorre silenziosa. Con l’acrofonia si è ottenuto un senso più esaustivo
(la luce composta dai due astri) e nel contempo si è salvata la numerologia (il
due o doppio) preservando così il
system ternario metagrafico.
Il manufatto lapideo dunque (sicuramente in funzione di lastra mortuaria) è stato 'scritto'
per esaltare la forza ‘fecondante’ rigenerativa della luce del sole e della luna, del
maschio e della femmina, del padre e della madre.
L’interpretazione della stele di Lisandru,
anche se logica e filologicamente ben fondata per senso , come si è visto, su di un'altra stele ancora, potrebbe forse
suscitare qualche dubbio se a confermarla non si aggiungessero le testimonianze
metagrafiche degli oggetti, soprattutto del culto dei morti, dell’etrusco
(sarcofaghi, urne, vasi, piattelli, ecc.). Infatti, anche in queste è presente (tema certamente mutuato
dal nuragico) il monstrum ‘uccello -pesce’ (o altri ‘monstra’ ancora) ad
indicare l’androgino TIN/UNI (corrispondente allo yh -yhwh sardo), sole - luna che trascorre volante (uccello)
e silenzioso (pesce) nel cielo.
Si osservi la fig. vascolare seguente con
la ‘danza’ dei guerrieri, riferimento all’apac atic (e padre e madre), alla
forza della ‘danza’ del sole e della luna (il ‘tre’ volante
silenzioso), per la quale rimandiamo al nostro articolo (11):
E
ancora questa dove il mix è reso con l’uccello (volante) -
serpente (silenzioso)
oppure questa (12) con il ‘sei’ pesce - uomo tuffatore (silenzioso tuffatore)
Talora però l’uccello e il pesce, ma sempre
con valore di ‘volante’ e di ‘silenzioso’, riferiti agli astri sole e luna,
sono separati. Si veda il bellissimo motivo dell’hydria etrusca di Cerveteri custodita
nel Museo Nazionale di Villa Giulia
in Roma.
La
lettura ideografica, numerologica e acrofonica del rebus raffigurante il celeberrimo mito del
‘Ratto d’Europa’ (13), conoscendosi però
certe convenzioni del system di scrittura, è assai difficile ma non impossibile. Essa che sembra tripartita, inizia
dalla destra in alto con la figura alata (14)
che tiene in mano quelli che sono stati definiti due ‘serti’ (due ‘corone’);
quindi prosegue con il toro Zeus,
che sulla groppa sostiene
Europa ed è preceduto da un volatile; infine si completa con la stringa segnica inferiore con le figure dei quattro (15) pesci, due guizzanti (16) e due nuotanti.
Alla ideografia suddetta bisogna aggiungere però i due segni della ‘continuità’ (il
motivo reiterato) all’inizio e alla fine disegnato (17) attorno ai manici, ideogrammi questi ultimi notanti la 'forza'.
Avremo quindi:
Avremo quindi:
Forza continua del doppio serto
(18) volante . Forza continua del sostegno della potenza (toro) volante. Forza del sei silenzioso ( tre + tre silenzioso) (19).
Come in altri casi che si sono visti (20), l’hydria contiene dunque in questa parte che si è illustrata (21) una scritta apotropaica con la ‘petitio’ del sostegno della luce solare e
lunare e della potenza della coppia
luminosa divina sia padre che madre (l’androgino). Ma quello che particolarmente ci ha interessato, per la dimostrazione di consonanza, è il fatto che il sole e la luna sono resi inequivocabilmente con gli ideogrammi uccello e pesce indicanti il loro procedere silenzioso nel cielo. Ideogrammi del tutto identici a quelli, uniti 'mostruosamente', nella stele nuragica di Lisandru di Aidomaggiore.
Note e riferimenti bibliografici
1.
Sulla data del ritrovamento nulla si sa se non che la pietra fu portata presso la
fattoria alla fine del secolo scorso. Secondo noi il manufatto è riconducibile
al culto soli - lunare di qualche tempietto o capanna di ‘riunioni’ nelle
adiacenze del Nuraghe Lisandru. Ci
induce a pensarlo la stele (fig. 8) ritrovata nella capanna cultuale di Serra Orrios.
2. Sono pietre di una certa dimensione (in forma generalmente ‘fallica’) che non glorificano l’uomo ma solo il dio o (molto più raramente) i figli di lui. Sono molto enigmatiche e riportate a ‘rebus’, dove più dove meno facili da capire, secondo gusti e modalità espressive della scrittura nuragica. La stessa stele di Nora (fig. 6), dedicata al divino lphsy bn ngr לפצי בן נדר, apparentemente scritta in caratteri ‘fenici’ arcaici e leggibile da destra a sinistra, è composta di espressioni e lessico criptati (v. Sanna G., 2009, La Stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. The God, the Gift, the Saint, PTM Mogoro).
3. v. Lilliu, 2008 (ried. del 1966), Sculture della Sardegna nuragica (saggio intr. di A. Moravetti), Ilisso, Nuoro, p. 271, fig. 104;p. 275, fig. 105; p. 360, fig. 170; p. 379, fig. 183; p. 382, fig. 185; p.469, fig. 267.
4. Chevalier J. – Gheerbrant A., Dictionnaire des symboles, Laffont. Paris, pp. 118 -119.
5. http://monteprama.blogspot.it/2013/05/aidomaggiore-sardegna-il.html E’ quasi inutile il sottolineare che, nonostante la denuncia pubblica e la segnalazione del rinvenimento della stele e un’apposita conferenza organizzata alcuni anni fa dallo stesso Comune di Aidomaggiore (http://www.comuneaidomaggiore.it/aidomaggiore-com/diario/1diario13/diario13-01/130630-Luce-di-YHWH-di-Gigi-Sanna.pdf), la pietra nuragica scritta non ha suscitato ‘stranamente’ alcun interessamento da parte della sovrintendenza di Oristano. Sorte ben diversa hanno avuto e hanno di norma dei ritrovamenti nella penisola riguardanti altre scritture. Si pensi, per fare un solo esempio, all’interesse subito suscitato (e assecondato) dalla ormai nota stele di Poggio Colla del Mugello (Fi) appartenente sicuramente ad un tempio dedicato a Tin e a Uni e alle attese circa una sua completa decifrazione o almeno ‘interpretazione’ da parte di studiosi di tutto il mondo.
6. Sul cosiddetto ‘protocananaico’ nel nuragico v. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. 3.7, pp. 75 - 87.
7. V. la lettura della navicella dell’Antiquarium arborense di Oristano da parte di R. Zucca (v. Sanna G. http://gianfrancopintore.blogspot.it/2010/01/serpentelli-di-tutti-i-nuraghi-unitevi.html http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
8. Il segno è compromesso da una cavità dovuta all’ingiuria del tempo, ma non tanto da non potersi vedere la traccia della parte superiore della consonante (v. fig. 13).
9. ‘oz è voce frequente del nuragico e si trova attestata in varie forme nei documenti, cioè con scrittura lineare e con scrittura ideografico - metagrafica. V. http://monteprama.blogspot.it/2013/10/la-bipenne-nuragica-bronzea-scritta-di.html
10. Sia il nuragico che l’etrusco sottolineano continuamente con il ‘doppio’ la luminosità dei due astri e non quella di uno solo. Inoltre il doppio significa, ai fini teologici, rimarcare la presenza in una stessa unità dell’elemento maschile e femminile della divinità, ovvero dell’androgino. Pertanto un aiuto, una difesa, un sostegno da parte della divinità è espresso spesso con il doppio o con il due: difesa doppio aiuto, doppia, doppio sostegno.
11. http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
12. v. ancora http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
13. Sottolineiamo, ancora una volta, il dato fondamentale del ‘pretesto’ del soggetto raffigurato. Così come in un qualsiasi bronzetto nuragico (con gli arcieri, i sacerdoti e le sacerdotesse, i tori, i cervi, le barchette, ecc.) ciò che interessa lo scriba artigiano non è tanto o solo la ‘rappresentazione’ e il compiacimento estetico, ma cosa si intende nascondere, il rebus che sta dietro di essi. Non si vuole tanto il ‘decus’ quanto il ‘sonus’; non si tende tanto al decorativo ma al fonetico perché in quest’ultimo, in ultima analisi, è riposto il motivo dell’essere dell’oggetto stesso. Infatti, la scena del mito del ‘Ratto d’Europa’ ingentilisce e rende di certo esteticamente prezioso il manufatto, ma essa serve per uno scopo più sublime: chiedere l’aiuto, la forza, il sostegno della divinità per il viaggio negli inferi e la salvezza con la rinascita nella nuova luce. Si pensi che lo stesso tema dell’Eros, così apparentemente umano e terreno nella sua espressione (fig. seg.), è al contrario (come vedremo in seguito parlando specificamente dell’argomento) tutto informato alla celebrazione della divinità, nascostamente implorata a motivo della sua immensa carica sessuale; quella che consente che continuamente la vita esista e quindi la stessa ‘continuità’ (non mortalità) della vita di coloro che solo apparentemente sono defunti.
2. Sono pietre di una certa dimensione (in forma generalmente ‘fallica’) che non glorificano l’uomo ma solo il dio o (molto più raramente) i figli di lui. Sono molto enigmatiche e riportate a ‘rebus’, dove più dove meno facili da capire, secondo gusti e modalità espressive della scrittura nuragica. La stessa stele di Nora (fig. 6), dedicata al divino lphsy bn ngr לפצי בן נדר, apparentemente scritta in caratteri ‘fenici’ arcaici e leggibile da destra a sinistra, è composta di espressioni e lessico criptati (v. Sanna G., 2009, La Stele di Nora. Il dio, il dono, il santo. The God, the Gift, the Saint, PTM Mogoro).
3. v. Lilliu, 2008 (ried. del 1966), Sculture della Sardegna nuragica (saggio intr. di A. Moravetti), Ilisso, Nuoro, p. 271, fig. 104;p. 275, fig. 105; p. 360, fig. 170; p. 379, fig. 183; p. 382, fig. 185; p.469, fig. 267.
4. Chevalier J. – Gheerbrant A., Dictionnaire des symboles, Laffont. Paris, pp. 118 -119.
5. http://monteprama.blogspot.it/2013/05/aidomaggiore-sardegna-il.html E’ quasi inutile il sottolineare che, nonostante la denuncia pubblica e la segnalazione del rinvenimento della stele e un’apposita conferenza organizzata alcuni anni fa dallo stesso Comune di Aidomaggiore (http://www.comuneaidomaggiore.it/aidomaggiore-com/diario/1diario13/diario13-01/130630-Luce-di-YHWH-di-Gigi-Sanna.pdf), la pietra nuragica scritta non ha suscitato ‘stranamente’ alcun interessamento da parte della sovrintendenza di Oristano. Sorte ben diversa hanno avuto e hanno di norma dei ritrovamenti nella penisola riguardanti altre scritture. Si pensi, per fare un solo esempio, all’interesse subito suscitato (e assecondato) dalla ormai nota stele di Poggio Colla del Mugello (Fi) appartenente sicuramente ad un tempio dedicato a Tin e a Uni e alle attese circa una sua completa decifrazione o almeno ‘interpretazione’ da parte di studiosi di tutto il mondo.
6. Sul cosiddetto ‘protocananaico’ nel nuragico v. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. 3.7, pp. 75 - 87.
7. V. la lettura della navicella dell’Antiquarium arborense di Oristano da parte di R. Zucca (v. Sanna G. http://gianfrancopintore.blogspot.it/2010/01/serpentelli-di-tutti-i-nuraghi-unitevi.html http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
8. Il segno è compromesso da una cavità dovuta all’ingiuria del tempo, ma non tanto da non potersi vedere la traccia della parte superiore della consonante (v. fig. 13).
9. ‘oz è voce frequente del nuragico e si trova attestata in varie forme nei documenti, cioè con scrittura lineare e con scrittura ideografico - metagrafica. V. http://monteprama.blogspot.it/2013/10/la-bipenne-nuragica-bronzea-scritta-di.html
10. Sia il nuragico che l’etrusco sottolineano continuamente con il ‘doppio’ la luminosità dei due astri e non quella di uno solo. Inoltre il doppio significa, ai fini teologici, rimarcare la presenza in una stessa unità dell’elemento maschile e femminile della divinità, ovvero dell’androgino. Pertanto un aiuto, una difesa, un sostegno da parte della divinità è espresso spesso con il doppio o con il due: difesa doppio aiuto, doppia, doppio sostegno.
11. http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
12. v. ancora http://maimoniblog.blogspot.it/2018/02/i-bellissimi-rebus-del-metagrafico.html
13. Sottolineiamo, ancora una volta, il dato fondamentale del ‘pretesto’ del soggetto raffigurato. Così come in un qualsiasi bronzetto nuragico (con gli arcieri, i sacerdoti e le sacerdotesse, i tori, i cervi, le barchette, ecc.) ciò che interessa lo scriba artigiano non è tanto o solo la ‘rappresentazione’ e il compiacimento estetico, ma cosa si intende nascondere, il rebus che sta dietro di essi. Non si vuole tanto il ‘decus’ quanto il ‘sonus’; non si tende tanto al decorativo ma al fonetico perché in quest’ultimo, in ultima analisi, è riposto il motivo dell’essere dell’oggetto stesso. Infatti, la scena del mito del ‘Ratto d’Europa’ ingentilisce e rende di certo esteticamente prezioso il manufatto, ma essa serve per uno scopo più sublime: chiedere l’aiuto, la forza, il sostegno della divinità per il viaggio negli inferi e la salvezza con la rinascita nella nuova luce. Si pensi che lo stesso tema dell’Eros, così apparentemente umano e terreno nella sua espressione (fig. seg.), è al contrario (come vedremo in seguito parlando specificamente dell’argomento) tutto informato alla celebrazione della divinità, nascostamente implorata a motivo della sua immensa carica sessuale; quella che consente che continuamente la vita esista e quindi la stessa ‘continuità’ (non mortalità) della vita di coloro che solo apparentemente sono defunti.
14. E’ stata interpretata in genere come ‘la vittoria alata’ con allusione al rapimento della fanciulla da parte del toro celeste (o alato) andato a buon fine.
15. Si tenga presente il valore lessicale del quattro sia in nuragico che in etrusco, ovvero quello di ‘forza, potenza’.
16. Con l’idea solita del ‘tre’ (balzare, distendersi, curvare) ciclico astrale.
17.I segni della 'reiterazione' attorno ai manici corrispondono ai motivi dipinti reiterati che stanno nel collo e nella base del vaso. Un segno molto frequente della reiterazione, come quello che dà l'idea della 'continuità', è reso con la cosiddetta 'onda ricorrente', per la quale v. http://maimoniblog.blogspot.it/2017/12/il-motivo-ad-onda-ri-corrente-degli.html
18. Il sole e la luna sono indicati poeticamente in vari modi nella scrittura metagrafica etrusca. Qui si allude a due ‘corone’ luminose, ornamento floreale del cielo. Spesso nelle raffigurazioni etrusche attinenti al culto dei morti il sole e la luna, sostegno dei defunti, sono espressi come fiori 'profumati' i cui petali alludono ai raggi odorosi, soprattutto a quelli del primo mattino.
19. L’allusione alla solita ciclicità ternaria (sorgere, distendersi, curvare) potrebbe far pensare che la lettura, offrendo il ‘tre’ l’idea del sole e della luna, non prosegua con il dato acrofonico ‘apac atic’. Resta però il fatto che il sole e la luna ( i due 'tre') sono maschio e femmina e che quindi il loro significato meglio si completa (per il concetto della ‘rinascita’) se si aggiunge ciò che essi costituiscono per il defunto: un padre e una madre celesti.
20. V. ultimamente http://maimoniblog.blogspot.it/2018/05/i-sarcofaghi-degli-sposi-di-cerveteri-e.html
21. Il vaso (hydria) andrebbe letto tutto e non solo nel corpo. Infatti, collo e base contribuiscono ideograficamente a fornire, in genere, il senso di ‘protezione continua’ e di ‘stabilità continua’. Di essi ci occuperemo nel trattare di altri numerosi vasi ‘scritti’ della produzione vascolare etrusca (e non solo etrusca).
Bravissimo Gigi! Questo Venerdì a Sassari dovrò parlare di cose molto più terra-terra, ma sarà inevitabile e doveroso citare questo tuo ultimo lavoro a significare quanto avanti sei arrivato, non senza lasciarti dietro un sentiero tracciato e anche qui ben visibile, che invita tutti a seguirlo e verificarlo.
RispondiEliminaHai detto bene 'verificarlo'. E per far questo ci vuole molta pazienza e prudenza. Tu sai, ormai per esperienza, che se decido di mettere un post su di un certo argomento vuol dire che sto anticipando quello che verrà detto magari tra mesi e mesi. Sul metagrafico etrusco indago ormai da anni, non da giorni. Penso di aver capito non poco di esso. La 'diretta' circa la ricerca, a cui ha abituato non uno ma tre Blog, in realtà non lo è. Si dice e si informa ma non sul tutto. Si anticipa un discorso che non di rado avrà elementi di contraddizione rispetto a ciò che si dirà (ancora in diretta) successsivamente. Chi questo non capisce è meglio che legga altro.
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