(Oristano, Teatro San Martino. 30 Giugno 2018. Convegno interdisciplinare su 'LA MANO DESTRA DELLA STORIA'. Prima giornata, ore 11, 30)
[...] La curiosità e lo spirito della
ricerca spinse nostro nonno, il maestro Pietro Lutzu, ad interessarsi, negli anni della fine
dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, di un argomento oggetto di
qualche pronunciamento da parte degli studiosi sardi di allora ma mai trattato
scientificamente: l’esistenza di una qualche documentazione sulla scrittura
arcaica dei Sardi. Un’impresa assai difficile che avrebbe dovuto contare su
mezzi (anche economici) adeguati se estesa al territorio di tutta l’Isola. Per
questo lo studioso pensò di limitare l’indagine archeologico - epigrafica al
territorio che meglio conosceva, ovvero quello dell’Alto oristanese, forse con
la speranza che essa venisse in seguito accresciuta dalla sovrintendenza di
allora guidata dall’archeologo Antonio Taramelli.
Alcuni anni fa, a nostra
insaputa, fu fotocopiato e reso noto da un nostro concittadino cuglieritano, un
documento di una decina di pagine dattiloscritte appartenenti all’archivio di
famiglia. Detto documento, per la sua importanza ritenuta ‘storica’ per la
ricerca della scrittura in Sardegna, fu ripreso, pubblicato e in parte
commentato in un articolo, di carattere informativo, del prof. Gigi Sanna
offerto come strenna natalizia il 17 dicembre del 2013 avente come titolo : Buon Natale da Pietro Lutzu (1859 – 1935),
un solitario pioniere della ricerca della scrittura nuragica.
Non
è nostro compito, naturalmente, entrare nel merito della antica 'quaestio' se i
Sardi antichi scrivessero ed avessero un particolare sistema alfabetico. Quello
che possiamo dire, attenendoci scrupolosamente ai dati oggettivi, è che Pietro
Lutzu rinvenne e trascrisse di proprio pugno o riprese trascrizioni altrui di
segni di scrittura rinvenuti in territorio di Milis -Seneghe, di Sagama e di Bauladu. I segni, se si esclude quelli
astiformi, sono in tutto 34 e sanno tanto di alfabeti fenici e prefenici. Secondo il
prof. Sanna in uno di essi ci sarebbe scritto con chiarezza, in lingua
semitica, ‘yaziz figlio di ‘Alì figlio
di Zyzy’.
Il dattiloscritto mancava
inizialmente delle note che pur erano riportate in ordine numerico sino al
dieci. Note che con ulteriore sforzo di ricerca sono state ritrovate tra le
carte dell’archivio di famiglia e prontamente consegnate al prof. Sanna perché
le rendesse note al pubblico degli studiosi e degli appassionati. Cosa questa
che è avvenuta con la pubblicazione di esse nel Blog intitolato Maymoni il
giorno 26 aprile 2018 nell’occorrenza de Sa
die de sa Sardigna con un articolo dal titolo: ‘Un bel regalo da parte degli eredi del maestro Pietro Lutzu. Ecco le
note del fondamentale saggio di Pietro Lutzu sulla scrittura nuragica.
Lo scritto di Pietro Lutzu oggi è
così completo, con tanto di testo e di apparato critico, e può essere, volendo, dato alle stampe con
una adeguata edizione critica. Stampe che non conobbe per dei motivi che ancora
non riusciamo a capire. Forse il destinatario del breve saggio era la rivista Studi Sardi, il noto periodico fondato da B.R. Motzo nel 1934, due anni prima che Pietro Lutzu ci
lasciasse.
Come si è detto non si ha la
competenza per giudicare quanto la
ricerca del nonno abbia contribuito a rendere scientifico il dato della
presenza della scrittura nuragica. Ma il saggio di documentazione territoriale
assai ‘limitata’ e la corrispondenza tra
i segni rinvenuti allora e quelli dei rinvenimenti recenti. presenti anche
nella ormai nota navicella fittile di Teti, giudicata per prove archeometriche
autentica e con palesi segni di scrittura, inducono a credere che la ricerca
del nonno non sia stata inutile.
Tanto che ci piace concludere, prendendole
dal dattiloscritto, con le sue parole di
uomo sempre moderno, ottimista ed aperto alla indagine storica, anche quella più spinosa e quasi impossibile.
'Dai saggi riferiti, riprodotti
con esattezza, risulta maggiormente provato, che il popolo costruttore dei
nuraghi conobbe e adoprò il suo genere di scrittura; la cui scarsezza lamentata
dai cultori della preistoria sarda (come scrive Taramelli) oggi
non dovremo più ammetterla; e se ancora cotali scritture non abbondano,
dobbiamo attribuirlo con sicurtà alla distruzione dei monumenti stessi od alla
poca cura nell'esplorarli.
Se non mi sbaglio, Pietro Lutzu era "mastru 'e iscola".
RispondiEliminaIn Francia, a tal proposito, hanno agio a dire "Tonto come un maestro di scuola", in Italia invece, memori del Benito che non si accontentò di avere come ascolto una platea di 30 o 40 bambini ma pretese per prima la classe operaia per intero, poi quella dell'Impero, in Italia dunque si pensa molto, anche se si dice poco, "Dio ci scampi dai maestri di scuola".
E allora, oggi in Sardegna chi sarà propenso a pensare un "Dio ci scampi dal maestro Pietro Lutzu"?
Soltanto sapere questo semplificherebbe la disputa.
Quello che colpiva nell’ascoltare il piacevolissimo ritratto del maestro Pietro Lutzu offerto dalle nipoti Antonella e Natalina, quello che ancora resta dopo un mese, è l’impressione provocata dal contrasto tra l’austero rigore dello studioso, in contatto collaborativo con gli archeologi più illustri del suo tempo (si è detto del reciproco rispetto con Antonio Taramelli), e il clamore, se non il clangore, sollevato decenni dopo intorno alla materia.
RispondiEliminaChe ne avrebbe pensato il maestro Lutzu? Avrebbe saputo evitarlo senza deflettere, avrebbe avvertito comunque un dovere difendere dalle squalifiche i reperti segnalati, o avrebbe preferito ritirarsi difronte a certi assalti tanto lontani dal suo stile? Perché una cosa è emersa chiaramente: il maestro Lutzu era tutt’altro da quel che a qualcuno piacerebbe bollare, in senso deteriore, come un provinciale nazionalista, o un militante dell’indipendentismo che si proponga di piegare strumentalmente la storia costruendo castelli su rinvenimenti farlocchi. Pietro Lutzu è stato uno studioso esemplarmente rigoroso che, nel suo piccolo (ma appunto con molta intelligenza, apertura e onestà), ha fatto la sua parte. I fatti dicono che non ha puntato ad alcuna luce per sé, ma si è attenuto a trasmettere i suoi studi a quanti sarebbero arrivati dopo di lui e avrebbero saputo portarli avanti.
Il nonno sicuramente non avrebbe indietreggiato,ma avrebbe discusso ,chiarito il suo pensiero e sostenuto la sua tesi con forza e rigore logico .
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