Credo che si possa dire che quello
di ieri e di avantieri, il Convegno organizzato dall'Associazione 'Aleph'
di Oristano, è stato il primo incontro di ' intellettuali sardi', studiosi
di varie discipline, che non ne
possono più della storia 'negata'. E necessariamente reagiscono, si
trovano, dibattono, si confrontano. E stavolta quella storia è stata trattata a
più voci non in un Convegno di 'rivendicazionisti' sterili, adusi a chiedere
con il cappello in mano dei diritti culturali più che politici (che sono poi la
stessa cosa), ma di studiosi che
impietosamente hanno denunciato come, quando e perché una storia cosiddetta
'nazionale' di continui tentativi di coesione, tramite una martellante
simbolistica di persuasione, tenda a controllare prima ed ad annichilire poi
altre storie 'nazionali' periferiche.
Una volta era moda di dire che era l'attacco della cultura dello stato contro la ‘colonia’. Oggi si preferisce dire di stato versus ‘periferia'. Ma le cose non cambiano di molto. La Sardegna era 'colonia' per i neosardisti degli anni Sessanta /settanta e in quello 'status' di colossale dipendenza prefettizia resta sostanzialmente anche oggi.
Chi potrebbe negarlo? Cambiano certi strumenti
della 'colonizzazione', ma non cambia la sostanza. Cioè: ‘non ti faccio vivere
ma solo sopravvivere come contribuente e consumatore ‘organico’. Mi servi per
quel tanto che basta. Ti faccio vivacchiare con le tue goffe proposte
legislative linguistiche, con la lingua sarda, con immagine umilmente
subalterna, ma una cattedra di letteratura sarda non te la darò mai. Mi serve l'immagine
dei miei poeti e degli scrittori italiani mica di quelli sardi. Che me ne
faccio? Mi serve una letteratura forte di uno stato 'nazione' forte. Non mi
serve una verità di letteratura che contrasti in qualche modo con l'unica
verità delle mie università e delle scuole di ogni ordine e grado. Mi serve
l'oratore Paolo Segneri, anche se so che è una mezza calzetta derisa da
Francesco de Sanctis, mica mi serve quello zoticone di Pietro Casu. Mi serve
uno ‘schiodamento’ e una deposizione signorili, urbani, mica
uno ‘scravamentu’ barbarico tra
lacrime, lacerazioni e capelli strappati, con il tuo morto ‘folk’. Al massimo
tollero il suo/vostro vocabolario, così
i sardi continueranno a divertirsi e a sbudellarsi sulla linguistica e la
fonetica, sulle forme poco o per niente 'pericolose', senza discutere invece
sui contenuti che sono la sostanza di quella forma. La carne viva che dà
espressione spirituale ad un popolo. Ti do il ginnasio con la sua grammatica e
la sintassi ma non ti do il liceo. Ti consento il propedeutico biennale ma
ti taglio i tre momenti consequenziali degli altri due. Ti do la teoria ma la
pratica no: il futuro prerifrastico sardo ‘emmo’ (mi sta bene) così come il
colpo di glottide, ma Murenu, Lobina o Mura 'nono' (proprio no) , scordateli. Mi
serve il Campiello ‘italiano’ mica il premio Ozieri sardo.
Ma come è
della lingua è per tutto. Stiamo scoprendo da tempo che in effetti (altro
che diffidenza e complottismo!) la ricerca storica si mostra faziosa e tende
con feroce ipercriticismo ad annullare la 'mitopoiesi' dei Sardi (che come
ha ricordato Caterini in chiusura del Convegno) è ‘sana’ perché
necessaria, ‘difensiva’ e non ‘offensiva’. Una linfa vitale dell’identità dei
popoli, per ammissione universale dell’antropologia, mica l’aspetto negativo e
deteriore di una incerta nazionalità fasulla
come vorrebbero farla apparire gli stessi antropologi, in aperta
contraddizione nello studio della loro stessa disciplina.
Ma di questa lampante faziosità non si parla e non si dice, perché
non serve un Amsicora di ‘verità’
storica, un Hospitone storico, una Eleonora storica o un Cilocco o un
Giovanni Maria Angioi storico. Serve invece, nel tavolo storico dei Grandi ‘che
contano’ in Europa e nel mondo, un Garibaldi romantico mondiale e
risorgimentale storico, servono i fratelli Bandiera, servono i re piemontesi
(anche se con un po' comici per regalità d’accatto), le giornate di
Milano. Tutta o quasi tutta retorica questa - come si sa - ma il sardo di
Benetutti o, poniamo, di Mamoiada o di Bortigali o di Sanluri deve capire, sin da
quando ha i calzoni corti, che c’è una ‘storia’ sola nazionale, non una grande
storia, in cui ciascuna piccola o grande storia (ma chi è che poi presiede a
giudicarne altezza e bassezza?) dovrebbe trovare collocamento in
un sano, equo, doveroso ordinamento
culturale dello stato. I sardi devono capire con le buone o con le cattive che
la sua storia è ‘nulla’, conta ‘zero’ e al massimo uno zero + lo si
può sussurrare oralmente o proporre scritto localmente nei bollettini parrocchiali.
E non serve un
incipit storico - culturale diverso da quello tracciato dal filone storico
risorgimentale e liberale dello stato. Se si propone la verità, per quanto
verità possa apparire sempre di più, in un susseguirsi continuo di scoperte, di
una Sardegna di grande civiltà (battente i mari di tutto il Mediterraneo,
importatrice quanto esportatrice, protagonista di guerra o di pace in Oriente,
raffinata quanto a religiosità, del tutto originale per architettura, per
musica, scultura ed espressione di system alfabetico), quella proposta, anche
se non lo è affatto, diventa del tutto blasfema. Perché la storia d’Italia nasce dal
villanoviano, dagli etruschi e dai romani grecizzati. La Bibbia non si tocca.
Le pagine dei testi scolastici non vanno allargate e contaminate. Il cerchio è stato già
'perfettamente' chiuso. Perché in
origine non c'erano di certo i Sardi ‘pelliti’ (oggi sappiamo perché
organicamente ‘pelliti’) ma semmai il
buio e le tenebre più profonde dalle quali sarebbe dovuta sorgere la nobile e
grande ‘nazione’. Se poi, come sembra essere, quel villanoviano e quell’etrusco
molto devono a quelle 'tenebre', ciò deve essere ammesso ancor meno, perché il
rischio è di apparire, almeno per le origini, del tutto subalterni dal momento
che la cronologia non solo suggerisce ma impone una visione non banalmente
lineare ma assai più complessa e frastagliata della formazione storica della statualità. C’è la non breve storia della
Sardegna antica, una non certo piccola storia, con cui fare i conti. Ciò,
a mio parere, se davvero si vuole
rendere seria, il che vuol dire 'scientifica', la ‘storia’ di uno stato.
Non una storia ‘nazionale’ dimidiata, palesemente partigiana, falsa e
artefatta.
Sono, a dir poco, entusiasta di come si è svolto il convegno, che ha dato luogo a momenti di inteso dialogo ed arricchimento reciproco anche nei momenti di pausa.
RispondiEliminaUn luogo, questo convegno, dove l’Accademico pur rimanendo tale ha fatto emergere l’uomo, quello che preferisci chiamare signore piuttosto che Professore, colui che col suo bagaglio di studi, esperienze e saggezza parla a tu per tu con tutti, accademici e non.
E’ questa la ricetta giusta che arricchisce tutti?!
Personalmente è stato faticoso per non dire arduo, organizzare questo evento, esporre una relazione non moto facile (quasi un atto di accusa nei confronti di una parte dell’archeologia) e nel contempo investirmi del ruolo di moderatore; è stata, però, una esperienza formidabile che sicuramente vorrò rifare.
La giornata di domenica è stata molto coinvolgente ed è terminata in crescendo con la relazione di Fiorenzo Caterini, che in modo semplice ma incisivo ha esposto il problema storiografico sardo.
Penso sia doveroso ringraziare tutti i relatori, che hanno dato vita a queste due giornate di cultura; e lo farò non solo in veste di presidente dell’Associazione ‘alpeh, ma anche come amministratore di questo blog.
Ringrazio Francesco Cesare Casula, Caterina Bittichesu, Antonella e Natalina Lutzu, Gian Matteo Corrias, Dante Olianas, Francesco Casula, Gigi Sanna, Maria Rita Piras, Francesco Masia, Angelo Ledda, Fiorenzo Caterini.
Nelle persone del Signor Sindaco Andrea Lutzu e l’Assessore alla Cultura Massimiliano Sanna, ringrazio il Comune di Oristano che ha patrocinato l’evento e messo a disposizione il Teatro San Martino.
Ringrazio tutti coloro che hanno avuto la voglia, la pazienza e la passione di assistere.
Questa mattina sono entrato nella pagina facebook di un amico (non solo amico in facebook, perché da qualche giorno lo sono diventato veramente. Io son fatto così, le persone devo conoscerle personalmente prima di tutto), ed ho letto un commento di una certa persona, che si qualifica con nome e cognome del gentil sesso, ma che fino a prova contraria potrebbe essere di sesso cavalleresco, che attacca il convegno, sbeffeggia tutto e tutti, perché a Lei/Lui (boh!) i sigilli di Tzricottu… pardon, “matrici ad una valva per modani da sbalzo”, causa disturbo e così si esprime: “Tzricottu mi tocca sul fianco amico.” Ho un dubbio interpretativo sulla frase; manca una virgola o intende proprio il “fianco amico”? Ad ogni modo, dubbio o non dubbio, Tzricottu tocca i fianchi di chi era convinto che la nomenclatura usata da P.B. Serra a riguardo dei sigilli, fosse corretta ed inattaccabile. Da quel che scrive questa persona colgo alcuni segnali che la inquadrano e mi restituiscono una sua immagine mentale: 1° basa le sue considerazioni solo sul titolo che ha letto sulla locandina. 2° alternativa: Se ha partecipato di persona al convegno, dormiva quando ho esposto la mia relazione sui sigilli. 3° alternativa: Se ha seguito la relazione, potrebbe avere qualche difficoltà a discernere il significato tra superficie concava e superficie convessa; e a tal proposito non sarò di certo io a farle capire la differenza, può apprendere il significato, su qualsiasi dizionario della lingua italiana.
RispondiEliminaDetto questo, avvertendo un certo atteggiamento di supponenza nello scritto della persona in questione, le chiedo (e lo chiedo a questo punto, dall’alto verso il basso: supponente anch’io? No, sono solo sicuro di quel che dico e scrivo!), cosa ha mai capito della mia relazione?! Se ha qualche obiezione scientifica da esternare, la faccia pure, anche in questa sede, ma se ciò non è, è meglio che momentaneamente taccia, si legga attentamente il mio articolo pubblicato su questo blog, eventualmente si studi tutti i risvolti e solo dopo venga qui o chissà dove a far lezione.