mercoledì 18 ottobre 2023
sabato 7 ottobre 2023
Is pirois - quando l'archeologia sostiene l'archeoastronomia.
venerdì 6 ottobre 2023
giovedì 22 giugno 2023
La stele di Nora alla prova del nove - un esempio di scuola scribale.
giovedì 8 giugno 2023
Lingua Sarda poberitta? Tostorruda, siat a nai!
(Francu Pilloni)
Certo è, cara vecchia Lingua Sarda, che è anche colpa tua, almeno un poco, la causa della tua malattia, se di malattia si vuol parlare.
Io non credo che tu sia malata, data l’età potrei pensare a una sorta di demenza senile, perché i sintomi sono altri: una dose di irrazionalità e la testardaggine a non voler cambiare, non dico con le mode passeggere che si sovrappongono di anno in anno, ma non fai una piega neppure di secolo in secolo. Oggi sono di moda i jeans e le t-shirt e tu continui a parlare de camisas e brusettas, la gente cammina su sneakers e slinky che tu continui a chiamare crapittas e crazzolas, … ascurta, no s’indi podit prus de tui, ses foras de su mundu!
Se fosse ancora viva, se avesse superato l’esame autoptico a cui è stata sottoposta, se avesse recuperato il dono della parola, cosa mi avrebbe risposto questa veterana lingua con la voce di nannai?
“Seu tostorruda, mi naras? Tenis arraxoni. No ses tostau tui puru? E babbu tuu? Prus tostorrudu de issu ind’has connotu?”.
Non mi resterebbe che abbassare lo sguardo; capisco che la lingua sarda è nata e cresciuta a misura di Sardo: noi siamo la nostra lingua, la nostra lingua siamo noi.
Però, obbietto, la Lingua Sarda ormai è fuori dal mondo.
“No est aici! Est su mundu ch’ind’est intrau a domu nosta! Comente a sa stracìa”.
Questa era la voce di aiaia manna, la mia bisnonna.
Sì, è testarda questa Lingua, come tutti noi Sardi. O quasi tutti, non vorrei dare del testardo a chi non se lo merita.
Però un poco irragionevole lo è. Questo è sicuro.
Faccio un esempio, ma chi ha paura delle parole, tiri dritto: se uno vuole tagliare un ramo di un albero, bollit segai unu cambu, cosa gli serve? Facile da dire: po segai, serbit una sega!
Ma neanche per sogno: po segai serbit una serra, o almeno unu serraccu.
Ma guarda tu! E io che pensavo che sa serra servisse po serrai.
Serra, a ben vedere, è una parola che è tutto un pasticcio: si pensi a cosa significhi fai su serra serra, oppure pesai a sa serra, o ancora sa serra de sa camba che non taglia proprio nulla, anzi si taglia essa stessa se riceve un colpo.
Quando in sardo si sente la parola sega, la mente corre subito ai dieci comandamenti, a quello che proibisce l’atto impuro che, in verità, è conosciuto anche come puliga.
Ma se sentite una santaiustesa dire “Ariserenotti a Luisu dd’hapu fattu una puliga po cena”, vuol dire solo che le aveva cotto una folaga, volatile ben presente nello stagno.
Ci sono parole sarde con le quali è facile giocare. Lo facevano infatti i nostri padri e i nostri nonni prima di loro quando, riuniti nel piazzale della chiesa in attesa della predica delle Quarantore, raccontavano e ridevano di questi equivoci più che onesti.
Ora non ci sono più quegli uomini, non ci sono neppure le prediche delle Quarantore. E non c’è più, soprattutto, la Lingua Sarda.
Purtroppo.
venerdì 2 giugno 2023
Lingua sarda? Poberitta!
de Francu Pilloni
Se ci mettessimo a giocare a “che differenza c’è?” fra immigrati e indigeni, sarebbe facile indovinare: i nativi la fanno da padroni; gli immigrati vivono di stenti e più spesso ne muoiono. Non ostante i livelli di protezione disposti per legge e scarsamente attuati.
Ma se il gioco lo allargassimo alle lingue?
Il paradigma si rovescia: quelle immigrate spadroneggiano; quelle native languono e muoiono. Non ostante le leggi di supporto.
E non si venga a sottilizzare dicendo che gli immigrati (uomini, donne e bambini) sono in massima parte irregolari, per non dire clandestini.
Forse che le lingue straniere in Italia non sono entrate di straforo?
Non c’è una legge che autorizzi, non c’è una legge che impedisca. Al contrario di quanto avviene, per esempio, in Francia.
Per la Sardegna, invece, le lingue straniere sono entrate così come entra il maestrale. Anzi, c’è stata una legge che non solamente ha autorizzato, ma addirittura ordinato l’introduzione della lingua straniera propria di chi al momento comandava.
Se i Catalani e i Castigliani parlavano la loro lingua, i Sardi che volevano capire si adeguavano; successivamente, dal canto loro, i re di Sardegna (pensa un po’!) misero subito in chiaro che la lingua dello Stato Sardo era … il dialetto toscano. Anzi, un centinaio di anni or sono, quella parlata ormai diventata Lingua Italiana, fu imposta come obbligatoria, mentre la Lingua Sarda, in qualunque variante espressa, fu messa al bando dalle scuole, dagli uffici, dalle pubbliche manifestazioni, eccettuate (forse) quelle religiose.
Adesso però ci sono leggi dello Stato Italiano, dell’Unione Europea, della Regione Sarda a tutelare la vetusta Lingua Sarda che, a detta di molti e a semplice vista d’occhio, è scomparsa non solamente dai discorsi ufficiali, ma anche dal parlare comune e dal linguaggio degli affetti, come è stato chiamato quello dentro la cerchia famigliare.
In seguito alla (ri)trovata attenzione per effetto della recente legislazione, la Lingua Sarda è stata fatta oggetto di cure, come si conviene a chi tanto bene non sta. Disgrazia ha voluto che Essa, una volta deciso l'intervento, non è finita nel reparto “Malati cronici” o, meglio ancora per riguardo all’età, a “Geriatria”, ma l’hanno depositata direttamente sul tavolo dell’Obitorio.
In effetti, chi si aspettava le visite specialistiche e gli esami mirati, ha potuto notare con stupore che gli è stata riservata solamente un’autopsia.
Osservata così, nuda e cruda sotto la fredda luce della scienza linguistica, la nostra vecchia lingua non ha potuto nascondere le sue carenze e le sue imperfezioni per cui, gli illuminati chirurghi estetici e funzionali chiamati al suo capezzale, hanno tagliato qui e là, hanno innestato questo e quello e, a conclusione, ne hanno recuperato una foto, anzi un ologramma, che però nessuno riconosce come cosa che gli appartiene.
A chi infatti, bambino o adulto che sia, verrebbe la voglia di abbracciare l’ologramma di una lingua frankenstein?
Questo è lo stato odierno della Lingua Sarda: un semplice ologramma, vale a dire un’illusione. O un ricordo, se volete.
Poberitta, appunto!
venerdì 26 maggio 2023
Nel piombetto di Monte Ebal un formidabile guazzabuglio per celare una maledizione - parte seconda
sabato 20 maggio 2023
Nel piombetto di Monte Ebal un formidabile guazzabuglio per celare una maledizione.
sabato 13 maggio 2023
sabato 1 aprile 2023
Obiettante, chi ha preso la cantonata?
di Sandro Angei
Premessa
Questo articolo nasce dopo un'accesa discussione, pacata per quanto mi riguarda, tra il sottoscritto e una persona che non conosco (e sinceramente non mi interessa neppure conoscere) che su Facebook voleva "silurare", secondo una modalità ormai consueta di dileggiamento, chi non si conforma allo status quo accademico. Nella fattispecie il tema: "scrittura sarda di età nuragica" dà adito anche a dibattiti senza esclusione di colpi da parte di chi sta dalla parte dei conformisti.
E hai voglia di spiegare, in certi casi anche scientificamente, a costoro che potrebbe, dico "potrebbe", esserci una via alternativa al loro pensare, (il condizionale è d'obbligo in materia epigrafica). E invece no, tanta è l'ostinazione da ottundere il cervello.
Perché scrivere un articolo per un episodio che, in fin dei conti, agli occhi dei nostri lettori può apparire del tutto banale?
martedì 14 marzo 2023
mercoledì 22 febbraio 2023
Conferenza - Epigrafia nuragica e altro
venerdì 3 febbraio 2023
Ultim'ora sugli alimenti
di F. Pilloni
Se avete letto i giornali o ascoltato la radio o la tivù, sapete già che la Unione Europea ha permesso che si mettano in vendita, per essere mangiate, le farine di vermi e di insetti.
Poteva mancare il piagnisteo delle sarde autoritas?
Non so come sia riuscita a fare i conti così in fretta, ma per questo commercio di farina d'insetti, un'Associazione dei Commercianti ha già pronosticato migliaia di posti di lavoro persi in Sardegna, suppongo nel settore della ristorazione o simile.
Questa profezia presuppone che si verifichino almeno due cose:
1- che le farine d'insetto siano già pronte alle frontiere (quali?) per essere distribuite capillarmente in ogni supermercato o botteguccia di paese;
2- che i Sardi siano disposti, in massa, a mangiare polpette fatte con farine d'insetti e a lasciar perdere su casu marzu e sa cordula cun pisurci.
Queste considerazioni mi consigliano di aspettare a zoppicare e a mettermi il cerotto fino a che non mi sia fatta la sbucciatura sul ginocchio.
Ma io se fossi del ramo commerciale, avrei innanzitutto pensato "SE e COME" si potrebbe trarre vantaggio dalla novità.
Si sa che c'è una zona della Sardegna, quella centrale, che da qualche anno "produce" una quantità sterminata di insetti, del genere pibizziri.
Mi sarei chiesto: ma le cavallette rientrano nel novero degli insetti commestibili?
Se sì, proverei a chiedere una Denominazione di Origine Controllata per le cavallette di Ottana e comincerei a pubblicizzare piatti tipici dei paesi, quali pibizziris a succhittu, oppure impanati e fritti, o cottus a carraxu con foglie di mirto.
Ma io non sono del mestiere e non so fare conti, né previsioni.
Insomma, non so vedere il futuro neppure per me, figuriamoci per la Sardegna, un futuro migliore intendo dire.
Preferisco recriminare, lamentarmi e versare sospiri sul destino cinico e baro che vide la nostra Isola regalata da un Papa, becero quanto Magno, a un signorotto foresu, come dicono a Selargius.
In fin dei conti osservo che noi Sardi, specialmente quelli come me, abbiamo la vista lunga. Peccato però che ci ritroviamo con gli occhi migrati nella nuca e ci riesce agevole, direi proprio naturale, il guardare indietro.
domenica 29 gennaio 2023
Il pozzo sacro di Santa Cristina, un mistero nel mistero. MA CHE MISTERO!
di Sandro Angei
Tre settimane fa - sabato 7 gennaio 2023 – nell'Unione e Sarda è comparso un articolo a firma di Mauro Pili intitolato: - Il mistero nuragico “lunare” di Santa Cristina.
Il titolo reboante, avvia un articolo che, in fin dei conti, è un inno a tre ricercatori, perché nulla spiega e nulla risolve.
Un titolo, quello dell'articolo, che si può intendere in due modi.
Potremmo pensare che dopo lo studio e pubblicazione del libro del Prof. Arnold Lebeuf (uno dei tre ricercatori citati), vi sia ancora un gran bel mistero che aleggia sul pozzo sacro di Santa Cristina. Un mistero legato a quella luna, il cui moto complicatissimo per chi lo vede dalla Terra, non lo annovererei tanto a cuor leggero tra le conoscenze di quel popolo antico o, per lo meno, è difficile dimostrare come quegli astronomi abbiano escogitato un metodo per fissare dentro il pozzo di Santa Cristina il moto lunare. Un metodo, afferma Lebeuf, capace di prevedere le eclissi.
In sostanza il Prof. Lebeuf deve spiegarci per bene come avveniva l'osservazione del moto lunare all'interno del pozzo sacro e come, soprattutto, arrivarono a capire quegli astronomi il complicato moto lunare che, mi ripeto, era finalizzato alla previsione delle eclissi e quindi motivo fondante del monumento.
Ma quel “titolo” si può intendere, magari più malignamente, come un mistero legato non al “nuragico” ma alla “Luna” ossia: cosa c'entra la luna col pozzo di Santa Cristina?
domenica 11 dicembre 2022
Verrà il giorno... Il giorno è arrivato! La scrittura sarda di età nuragica trova riscontro nella scrittura arcaica in quel di Gerusalemme, in attesa del piombetto di Monte Ebal.
di Sandro Angei
Finalmente qualcosa si muove in ambito epigrafico e le nuove scoperte risultano edificanti per alcuni (noi) quanto sconcertati per altri; quelli che il Prof. Sanna definisce "negazionisti a doppio bullone".
Sono trent'anni ormai che qui in Sardegna si dibatte sulla scrittura sarda di età nuragica. L'Accademia non si pronuncia, i palafrenieri e porta vessilli vari, negano a spada tratta senza cognizione di causa, tanto meno di ragionevolezza, l'esistenza di questa scrittura; e intanto in quel di Gerusalemme saltano fuori delle scritte dichiaratamente proto-cananee, che di fatto smentiscono l'Accademia sarda, e i palafrenieri a vario titolo (palafrenieri che vanno dall'archeologo tutto-titolato - ma solo quello - al modesto tifoso, all'ultrà più pervicace, capace della più bieca ironia, che sfocia nella più ottusa delle ottusità (scusate il bisticcio di parole) messo di fronte all'evidenza dei fatti.
In area palestinese viene rinvenuta una piccola lamina plumbea con iscrizioni proto-cananaiche e proto-