Abbiamo
considerato GIORRE di Allai, quale appellativo dedicato ad uno specifico rito propiziatorio dell'acqua e della luce, diventato, forse, nome proprio di persona.
Dall'elenco non esaustivo di A. Rubattu abbiamo appreso anche che il nome in alcuni casi è insignito del titolo di santità.
Il santo in questione: Santu Giorzi e tutte le sue varianti, potrebbe, però, non essere di ascendenza cattolica.
GIORRE di Allai potrebbe essere colui che diventò santo, o per lo meno fu ricordato in modo speciale in quella lapide funeraria, per via del suo ruolo nella società in cui viveva, la sua condotta in vita e non ultima la sua longevità (lo fa sospettare il tenore della lapide). E' probabile che gli imposero il nome (praenomen) pensando al nome che già in antico contraddistingueva sorgenti sacre o culti legati all'acqua sorgiva; come è successo per tanti altri nomi in altri contesti. Ma la lapide ricorda tal GIORRE UTU URRIDU, che di fatto è "tria nomina" del defunto, dal momento che l'uomo <GIORRE> (praenomen), è figlio spirituale di <UTU/YHW> (nomen), <URRIDU> di Ur (urrita) (cognomen). In sostanza di GIORRE conosciamo il nome, la sua (presunta) condizione sociale: sacerdote di un dio (yhw) originario di Ur. La lapide, per tanto, rispetta i carismi della scrittura nuragica, come ci indicò il Prof. Sanna nella sua interpretazione in Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi (I), rifacendosi alla consuetudine rimarcata in special modo nelle tavolette di Tzricotu dove si trovano appunto praenomen, nomen e cognomen del figlio divino.
Ed è per questa ragione che si può ipotizzare che GIORRE sia una persona "speciale": il tramite della divinità su questa terra.
Ma la memoria di GIORRE non si è perpetrata solo attraverso la sua lapide funeraria; forse essa fu affidata in perpetuo al nome di un torrente che in special modo a GIORRE fu dedicato.
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Dall'elenco non esaustivo di A. Rubattu abbiamo appreso anche che il nome in alcuni casi è insignito del titolo di santità.
Il santo in questione: Santu Giorzi e tutte le sue varianti, potrebbe, però, non essere di ascendenza cattolica.
GIORRE di Allai potrebbe essere colui che diventò santo, o per lo meno fu ricordato in modo speciale in quella lapide funeraria, per via del suo ruolo nella società in cui viveva, la sua condotta in vita e non ultima la sua longevità (lo fa sospettare il tenore della lapide). E' probabile che gli imposero il nome (praenomen) pensando al nome che già in antico contraddistingueva sorgenti sacre o culti legati all'acqua sorgiva; come è successo per tanti altri nomi in altri contesti. Ma la lapide ricorda tal GIORRE UTU URRIDU, che di fatto è "tria nomina" del defunto, dal momento che l'uomo <GIORRE> (praenomen), è figlio spirituale di <UTU/YHW> (nomen), <URRIDU> di Ur (urrita) (cognomen). In sostanza di GIORRE conosciamo il nome, la sua (presunta) condizione sociale: sacerdote di un dio (yhw) originario di Ur. La lapide, per tanto, rispetta i carismi della scrittura nuragica, come ci indicò il Prof. Sanna nella sua interpretazione in Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi (I), rifacendosi alla consuetudine rimarcata in special modo nelle tavolette di Tzricotu dove si trovano appunto praenomen, nomen e cognomen del figlio divino.
Ed è per questa ragione che si può ipotizzare che GIORRE sia una persona "speciale": il tramite della divinità su questa terra.
Ma la memoria di GIORRE non si è perpetrata solo attraverso la sua lapide funeraria; forse essa fu affidata in perpetuo al nome di un torrente che in special modo a GIORRE fu dedicato.
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Nell'elenco
di fonti e fiumi individuati da Antonio Rubattu troviamo uno stranissimo
idronimo al confine territoriale di Ruinas con Villa Sant'Antonio[1].
Il torrente in questione e nomato: Riu Giorgi coilongu. Il rivo ha origine nel
Foglio 2 di Villa Sant'Antonio, in un territorio affollato di emergenze
archeologiche risalenti al neolotico; prosegue il suo corso lungo il confine
con Ruinas, fin quando si immette nel riu Imbessu. In territorio di Ruinas il
riu Imbessu cambia nome in riu Flumineddu e scorrendo, quale confine
territoriale con Samugheo, arriva in Comune di Allai dove assume il doppio
idronimo di riu Flumineddu o Massari; scorre a sud di Allai per costeggiare la
località Isca Nurachi, dove fu trovata la lapide di GIORRE UTU URRIDU.
Questo dato potrebbe avvalorare l'ipotesi che la lapide funeraria
sia arrivata ad Allai, trascinata dalla corrente, dal luogo di origine del riu
Giorgi coilongu.
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Coilongu in
sardo significa letteralmente “coda lunga” e in genere è appellativo di persona
lenta. Nel “GLOSSÀRIU ISPERIMENTALE cunforma a sas normas de referèntzia a
caràtere isperimentale pro sa limba sarda iscrita, in essida, de
s’Amministratzione regionale”[2]
leggiamo alla voce italiana “lento” → coilongu, istentosu, lentu. Per tanto
possiamo auspicare che il riu Giorgi coilongu rechi la memoria di colui che
diventò Santu Giorre, venerato in tutta la Sardegna.
Giorre morto, coilongu (lentamente), alla
veneranda età (è proprio il caso di dirlo) di 110 anni fu sepolto forse vicino
a quel rivo; e se fu seguito il cerimoniale funebre in uso nel V-IV sec. a.C.
(data presunta di realizzazione della lapide), sarebbe da ricercare una tomba a
pozzetto o a fossa lungo le rive del riu Giorgi coilongu (Fig.3). La tomba
doveva essere tanto vicino al rivo, che abbondanti precipitazioni
meteorologiche scalzarono dalla sua sede la lapide ivi deposta e la corrente
la trasportò a valle in 2500 anni di peregrinazione
fluviale.
La località della presunta sepoltura è ricca
di testimonianze archeologiche che partono dal neolitico. Tutta l'area
evidentemente era considerata sacra e dedicata al culto dei morti, a giudicare
dalla presenza di numerose domus de janas, due betili, uno dei quali alto circa
5 m, coppelle e scanalature evidentemente attinenti riti legati al culto
dell'acqua. Non a caso il sito fu scelto per tali riti, visto che in esso hanno
origine il riu Giorgi coilongu ed altri due rivi (vedi Fig. 4).
Si noti l'origine
dei tre rivi.
Abbiamo effettuato un sopralluogo del sito dove ha
origine il Riu Giorgi coilongu.
La strada
parte dal largo stradale dov'è ubicata la canaletta rituale di Fig. 5; sale per
il declivio, a tratti composto da roccia vergine, solcata in millenni d'uso,
per piccoli tratti, da carri trainati forse da buoi, che nel via vai di genti e
mercanzie, lasciò traccia indelebile di stretti solchi. D'un tratto la strada
culmina nel passo che prelude allo scollinamento verso la meta. Lungo il
viottolo le tracce d'acque furenti hanno lasciato il segno in piccole
improvvise voragini; aprendo in tal modo lunghe ferite nel corpo di madre terra, che ormai
stuprata con inaudita violenza, l'accoglie incanalandola, quell'acqua mossa da furente
potenza, che a volte, però, scorre placida. Seguiamo “sa gora” e
d'improvviso siamo lì, nel punto d'inizio di quell'universo mondo, dove il seme
del dio toro solare, confluisce, intercettato e indirizzato dai seni della
madre terra, in uno spazio inizialmente adimensionale, al quale man mano il
seme del toro solare da forma, dimensione e tempo... il tempo della creazione
della nuova vita, che sia essa terrena o d'auspicio dopo la morte.
Forse questi
furono i sentimenti che legavano l'uomo alla natura, alla ricerca di conforto
nel momento del trapasso. In questo luogo, segni di recente vitalità ricordano
il passaggio di armenti che lì vanno a placare la sete in un moderno
abbeveratoio: atto sacrilego? Ai nostri occhi forse si, ma visto con gli occhi
dell'anima di quelle antiche genti, sicuramente no... no, non sarebbe stato un
atto sacrilego, ma un atto di vita.
Scendendo lungo il corso del ruscello in secca
troviamo ancora i segni di acque furenti che copiose hanno lambito quella gola
incidendola ed esponendo schegge d'ossa della madre terra, simili in tutto e
per tutto a quella su cui fu inciso l'epitaffio in morte di Giorre[3].
Torniamo, in salita, sui nostri passi e poco vicino all'origine di quell'universo
mondo notiamo un cumulo di terra dal quale a tratti spuntano lembi di grosse
pietre. Il cumulo non sembra naturale ma null'altro possiamo avanzare, benché
ci piaccia pensare che li sotto possano riposare i resti di Giorre. Forse non è
così; forse Giorre fu trasportato via, assieme alla sua lapide, dalla furia
dell'acqua; ma siamo fiduciosi del fatto che questo luogo isolato dal resto del
mondo, un tempo ospitò i resti mortali di un uomo di nome Giorre morto alla
bella età di 110 anni. Non fu sepolto assieme ad altri e lasciato all'oblio
che il tempo impone. Fu tumulato lui, solo, nel punto d'origine dell'universo
mondo perché la sua condizione di santità lo avvicinava al suo dio, al quale
aveva dedicato l'intera sua vita e ne portava il nome della sua manifestazione terrena: יאר
***
Conclusioni
Siamo
partiti da lontano, molto lontano, con pochissimi indizi che si sono rivelati
punte di icebergh. Forse qualche considerazione potrà far storcere il naso agli
addetti ai lavori; coloro che sono competenti in materia, ognuno nella propria
disciplina. La mia vuole essere (spero lo sia) una lucida analisi dei dati
ricevuti dal Prof. Sanna e letti alla luce di dati certi o presunti tali dalla
scienza e dagli eruditi. Il mio vuole essere un contributo il più possibile esaustivo, che appare
chiaramente di matrice tecnica, per la quale l'asintoto ne prefigura una
traiettoria che tende alla precisione matematica. Probabilmente dal punto di vista
antropologico ciò non è vero fino in fondo, essendo l'uomo capace di inventiva
che esula dal raziocinio e sfocia nella fantasia e in un credo che ammette
cieca obbedienza a logiche diverse da quelle rigide della ragione.
Ma, alla
luce di ciò che andiamo scoprendo della civiltà nuragica, abbiamo fiducia di
non essere troppo lontani dal vero. Il binomio luce-acqua è sempre più evidente nelle manifestazioni e nei templi della civiltà nuragica ed il pozzo di Sant'Anastasia di Sardara ne è un esempio lampante e Giorrè di Florinas, pure.
E' probabile che il motivo che indusse il sincretismo da parte della religione cattolica nei confronti di un rito "pagano" sia la semplice assonanza tra nome del Santo cristiano e la parola semitica.
Un rito che auspicava i benefici vitali dell'acqua sorgiva e della luce viene espropriato ed "esorcizzato", liberandolo dal "male pagano" chiedendo l'intervento del Santo salvatore Giorgio; che nel rito ancestrale pareva fosse evocato quale sorta di alter ego demoniaco di questo santo: יאר jor. Lo stesso identico sincretismo adottato nel pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara.
***
Alla fine di
questa lunga trattazione abbiamo studiato la parte meno indagata della lapide di Allai. Abbiamo cercato un possibile significato di quel GIORRE UTU URRIDU, che ha rivelato forse un aspetto importante del rito legato ad acqua e luce e che potrebbe far
emergere dalla nebbia dell'oblio un pezzo di storia Sarda. Le conclusioni
estrapolate possono soddisfare alcuni, altri meno; ciò non di meno vogliamo
terminare questo articolo cercando di strappare un sorriso al paziente lettore
che fin qui ci ha seguito, concludendo con un pensiero per mezzo di cose.
Rimembrando
l'Eco del pendolo, mi sovviene lucida immagine di tal devoto, erudito quel che basta che,
pellegrino appropinquante le sacre reliquie per render omaggio al sant'uomo
votato, leggea in sardonico pensiero, supra il litico omaggio del di lui
ultimo stabile dominio: “Qui giace Giorre morto per uno starnuto”.
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