mercoledì 2 febbraio 2022

L’ OMBRA DELLA SERA DI VOLTERRA E QUELLA DI SAN GIMIGNANO. MISTERO? NO. OGGETTI APOTROPAICI. BASTA ‘TRADURRE’ IL METAGRAFICO CON LA CHIAVE A.I.N.

di Gigi Sanna

  Si dice che la lingua etrusca è, per svariati motivi, un enigma e un ‘rebus’. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il ‘rebus’ sussiste e resiste nel tempo non ‘solo’ per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell’etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E’ realizzata per non essere capita se non da pochissimi. Per tanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di questi ultimi.









Le due statuine bronzee sono ritenute dagli etruscologi e dagli storici dell’arte dei capolavori dell’arte etrusca. Gli ermeneuti di fronte alla stranezza dei due manufatti, riproducenti entrambi le fattezze di un/una giovane allungato/a hanno pensato ad uno stile (1) particolare, a prodotti di botteghe artigianali che si caratterizzavano per un certo modo di effigiare il corpo dando ad esso uno slancio particolare,

una verticalità, una lunghezza del tutto spropositata. Se facile però era ed è il descrivere ‘oggettivamente’ i bronzetti, molto più difficile risulta interpretare quell’indubbia stranezza.

Vediamo però se usando la chiave con l’A.I.N riusciamo a dare un senso ai due oggetti; osservando preliminarmente che entrambi sono costituiti da giovani androgini e che l’uno è effigiato nudo e l’altro vestito. La nudità, parziale o totale, come spesso accade anche per i bronzetti nuragici (2), è artificio per ridurre i significanti  e nel contempo far capire, in qualche modo, che detti significanti si trovano nella stessa nudità. Nei due bronzetti etruschi ciò è facile da comprendere e pertanto la lettura (con il senso) dobbiamo aspettarcela più complessa ed estesa in quello vestito e più parca in quello nudo.

Per interpretare serviamoci prima dell’ideografia. Questa ci permette di capire innanzitutto l’aspetto fondamentale dei giovani: che sono smisuratamente ‘lunghi’. Questa lunghezza resterebbe nel mistero o resterebbe un semplice dato stilistico se noi non sapessimo, da tanti documenti etruschi, che la formula dell’aiuto della divinità contempla spessissimo la voce ‘continuità’: continuità del vigore, continuità del sostegno, continuità della difesa, continuità della protezione, ecc. (3). Ma sempre ideograficamente sappiamo che sia il nuragico sia l’etrusco usano ‘saldare’ i bronzetti (4), ovvero fissarli fortemente in una base (i nuragici, come sappiamo per prova archeologica (5), li fissavano in apposite pesantissime ‘tabellae defixionis’). Tale fissaggio lo si vede in tutta chiarezza nel bronzetto talismano vestito. Quindi abbiamo due voci ideogrammatiche che ci consentono di avere questo incipit: ‘Stabile (certa, sicura) continuità’ a cui dobbiamo aggiungere, naturalmente, la parola ‘giovinezza’. Stabile continuità di giovinezza. La domanda, ovviamente, è sempre la solita che ci poniamo allorché otteniamo incipit del genere che alludono alla forza, all’energia, al vigore, al sostegno, alla difesa, ecc. Di chi è quella ‘stabile continua giovinezza’? La risposta si trova nei particolari della nudità con cui è realizzata l’immagine del giovane. Infatti, egli mostra un principio di seno (lo ‘spuntare’ del seno femminile), l’ombelico che si ‘distende’, che ‘procede’, si ‘allunga’ ed infine il fallo che chiaramente 'curva’. Quindi ancora per ideografia si ottiene il dato che il giovane è un androgino e, ancora per essa  comprendiamo che ‘lo spuntare' (il sollevarsi), il 'distendersi' e il 'curvare’ sono i tre tempi della luce soli/lunare. E’ inutile ripetere qui che il ‘tre’ è segno della ‘luce’; segno ottenuto in moltissimi modi e costantemente ripetuto, semplice o doppio (tre o doppio tre) in tutta l’iconografia etrusca. Tanto che si può affermare ormai che non c’è oggetto del culto funerario o pertinente a funzioni magiche apotropaiche che non possieda detto ‘tre’ o detto ‘sei’.

Pertanto, la nostra interpretazione del bronzetto del giovane nudo risulta essere: ‘Certezza di lunga giovinezza della luce dell’androgino’. Il bronzetto altro non è che un talismano, un talismano cultuale (6) con il quale (in virtù della scrittura magica del quale) si rassicura il defunto o il devoto in vita che potrà contare sulla giovinezza, cioè sulla energia luminosa, dei due astri, personificati in etrusco, come ormai ben si sa, dalla coppia Tin (o Tinia) e Uni.

Il secondo bronzetto ovviamente parte dal significato riposto nel primo ovvero ‘ stabilità di lunga giovinezza’ ma prosegue con significanti aggiunti che sono quelli del chitone, della mano con le cinque dita in evidenza, e con la ‘patna’ (7).  Per via ideogrammatica si noterà che il lungo chitone ‘avvolge, protegge’, per via numerologica si noterà che il ‘cinque’ è simbolo che allude alla voce ‘potenza’, per via acrofonica si noterà che la patna, sostenuta da un lungo braccio, con il ‘centrum’ (8) e il ‘circulum’, offre le due ‘C’ etrusche o i due ‘tre’ necessari alludenti alle divinità Tin e Uni di cui si è detto.  L’interpretazione del tutto allora sarà: ‘ Sicurezza di lunga giovinezza della lunga protezione del lungo sostegno della potenza del Sei androgino (Sole e Luna /Tin e Uni). Il secondo bronzetto quindi accresce i significanti (protezione, sostegno, forza) ma non cambia il significato della formula magica che, in entrambi i talismani, recita che il possessore e/o fruitore di essi potrà contare sull’energia luminosa, sulla fresca forza vitale perenne della coppia celeste.  


NOTE ED INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

 

1. 1. Il ricercare lo ‘stile’ in certi prodotti di piccola statuaria mi ha fatto ricordare la ricerca ossessiva del Lilliu sulla tipologia dei bronzetti nuragici considerati espressione, più o meno artistica, di artigiani esperti nella fusione e nella creazione delle caratteristiche figurine (stile ‘aulico’ di Abini di Teti, stile ‘popolareggiante’, ecc.). Ho detto e scritto altre volte che il prodotto ‘artistico’ dei bronzetti non è altro che la conseguenza di ciò che si vuole realizzare dal punto di vista fonetico – linguistico. Per realizzare una certa formula del talismano di protezione da parte della divinità è necessario ricorrere a certe immagini che, dietro l’apparenza realistica, diano (leggendo, di norma, dall’alto verso il basso) certe parole. Quindi è la scrittura che comanda con le sue convenzioni e la sua cripticità, non l’arte che è, quando lo é, al suo servizio. Credo, a questo proposito, di aver già citato il bronzetto intitolato dal Lilliu la ‘nuda’ (sic!). Ebbene quel bronzetto fa capire che l’intenzione dell’artigiano sacerdote (commerciante del sacro) è quella di creare quel ‘monstrum’ metà uomo e metà donna (v.fig.seg.) per dare senso fonetico (certezza della forza dell’androgino ovvero yh), e nel contempo distogliere l’attenzione circa una scrittura che non deve essere ‘vista’ e letta, pena l’inefficacia del talismano ben fissato nella ‘tabula’ defixionis  del nuraghe (o di altro edificio templare). 



(La nuda. Da Lilliu, 2008, Sculture della Sardegna nuragica, Ilisso Nuoro, pp.381 -  383, n. 185)

2. V. dei bronzetti della raccolta cit. del Lilliu le figg. 168, p. 358; 170, p.360; 173,p.362; 174, p.364; 175, p. 367; ecc.

3. La ‘continuità’, voce necessaria della formula che riguarda la luce salvifica, può essere espressa in etrusco in tantissimi modi. Frequente è ad esempio l’uso della ‘onda corrente’ (v. fig. 1 e 2), immagine questa presa con ogni probabilità dal nuragico. Vedi l’onda corrente (continua) nelle fiancate della barchetta fittile di S’Urbale di Teti, manufatto (fig.3) con i segni graffiti ‘ante coctionem’   datato al X - IX secolo a.C.’.


Figg. 1. 2. 3

4. V. per il nuragico le figg. seguenti.

 

5. Nuraghe Nurdole di Orani. Bronzetti vari (talismani) incisi.

 


6. Insistiamo nel dire che i bronzetti sardi, così come quelli etruschi, non sono ex voto ma oggetti apotropaici che proteggono, difendono, allontanano il male e i pericoli in virtù della scrittura magica nascosta in essi.

7. La patena (patna in etr.) è uno degli oggetti simbolici magici più ricorrenti dell’iconografia funeraria etrusca. La si trova, particolarmente, nei coperchi dei sarcofaghi sostenuta dai defunti effigiati, di solito, sdraiati  nella κλνη, da soli o in coppia, 

8.  L’acrofonia può essere suggerita, indifferentemente, anche dal greco: κέντρον - κύκλοs.

 

 

 

2 commenti:

  1. Caro Professore, a parer mio proprio queste due statuine provano la presenza di scrittura metagrafica nei reperti etruschi, prevalentemente di carattere funerario, per via di queste stranezze formali. Non dobbiamo e non possiamo pensare che siano frutto di pensiero eccentrico con finalità dettate da corrente stilistica dello scultore come noi oggi intendiamo; ma sono un segnale di allerta, per così dire, per coloro che allora potevano e sapevano leggere quei segnali. Non sono certamente solo queste due statuine a svelare l'arcana scrittura. Basti osservare la kylix con Dioniso e i pirati Tirreni da lei interpretata in questo blog, per domandarsi perché sulla barca a vela vi sia un albero in pieno vigore con sette corimbi? Oppure, come cerca di interpretare il Dr. Sannibale, curatore del Reparto per le Antichità Etrusco-Italiche e il Museo Gregoriano Etrusco dei Musei Vaticani, quale sia il significato dei due uccelli dello specchio Etrusco da me interpretato in “Lo specchio dell'anima” del 23 gennaio scorso.
    Oppure, ancora, quale sia il significato di una kylix nella quale è raffigurato un Sileno con un corno potorio in una mano e uno scudo da guerra nell'altra.
    Questi sono i segnali che devono far riflettere e invogliare allo studio di questi reperti.

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  2. Sì Sandro. Attendiamo da te lo studio di altri documenti che possano testimoniare sulla bontà della tesi (non mi pare più 'ipotesi') che gli Etruschi hanno usato la crittografia per nascondere in qualche modo le formule che garantivano l'aiuto della divinità luminosa per la salvezza e la rinascita. Dobbiamo ricordare sempre che gli etruscologi (gli etruscologi non noi!) hanno da sempre invocato uno studio specifico sul significato del system iconografico funerario. Insomma, hanno detto che bisogna cercare di capire cosa si nasconde e cosa comunica un certo modo di 'disegnare' nelle tombe, nei sarcofaghi, nei bronzetti, nei vari oggetti deposti nelle tombe, ecc. ecc. Uno dei soli sempliciotti è intervenuto in una pagina di facebook invitando le persone a riflettere e indicando una bella conferenza dello studioso di etruscologia Maras perchè si capisca cos'è l'epigrafia e lasci perdere le nostre fole circa il rebus etrusco. Il sempliciotto non ha capito proprio niente sull'etrusco e addirittura non sa che la soluzione dei rebus della scrittura funeraria è compito dell'etruscologia. La quale però non opera e così per pigrizia o per altro (magari per la paura dell'errore) niente scopre, lasciando le cose come stanno.

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