martedì 30 maggio 2017

Pietra su pietra

di Sandro Angei e Stefano Sanna
campagne di Bauladu

   “Si chiamano muridinas1; da ragazzo ho aiutato anche io a realizzarle. Spietravamo il terreno e formavamo cumuli ben sistemati, lì dove il piano di campagna era inutilizzabile, perché costituito di sola roccia affiorante. Si realizzava il paramento esterno con le pietre più grandi ben sistemate; un lavoro ben rifinito ed elegante, poi all'interno si accumulavano le pietre più piccole fino a colmare la corona. Sistemavamo sas muridinas in bello modo, alla stregua dei muri a secco di recinzione. Era motivo di vanto erigere un muro con garbo; tutti in campagna volevamo fare bella figura col proprio terreno ben sistemato e recintato.

mercoledì 24 maggio 2017

ANCHE LA SCRITTURA ETRUSCA, COSI’ COME QUELLA NURAGICA, E’ A TUTTO CAMPO. COME UN AFFIBBIAGLIO PUO’ DIVENTARE UN INNO NASCOSTO ALLA DIVINITA’ CICLICA CELESTE E UNA ACCORATA INVOCAZIONE A TIN E A UNI.

di Gigi Sanna 
Fig. 1. Affibbiaglio etrusco da Cerveteri ( Londra, British Museum)
     Anche la scrittura etrusca, così come quella nuragica (1), era a ‘tutto campo’. Tutto ciò che era attinente al sacro era necessariamente scritto perché era proprio la scrittura indice massimo della sacralità, tanto più se nascosta agli occhi dei profani che potevano guardare  ma non vedere per l’incapacità dell’osservare. Questo vuol dire che monumenti e oggetti relativi alla ‘religio’ erano cosparsi di segni fonetici criptati e che spetta a noi saperli  individuare e connettere in una certa sintassi, quasi sempre formulare (poche e scarne formule), variata continuamente ma con senso identico o simile. Abbiamo visto, ad abundantiam (2), in che modo è organizzata e articolata questa scrittura che abbiamo chiamata metagrafica, composta dalla numerologia, dall’ideografia e dall’acrofonia.

giovedì 18 maggio 2017

Pietre di Sardegna

di Sandro Angei

   La Sardegna è letteralmente disseminata di pietre, e da millenni l'uomo sardo con essa ha convissuto, tanto da diventare esperto nel maneggiarla, tagliarla, incavarla, inciderla, sovrapporla l'una sull'altra in mirabili esempi di incastri perfetti.

lunedì 15 maggio 2017

SCRITTURA ETRUSCA: SOLLEVA, DISTENDE, CURVA: TRE PAROLE MAGICHE PER INDICARE, NASCOSTAMENTE E A REBUS, TIN E UNI, IL SOLE E LUNA, IL PADRE E LA MADRE DELLA LUCE DELLA SALVEZZA. I SIMBOLI ASTRALI DELLA CHIMERA DI AREZZO (III). *



di G.Sanna

     

fig. 1                                                                                                             fig. 2


 Abbiamo visto nel saggio precedente (1) che il cagnetto di S:CALUSTLA riporta, scritta in modo metagrafico, l’espressione salvifica funeraria difesa (oppure doppio sostegno) del padre e della madre. Ma il senso dell’oggetto continua perché anche i segni che accompagnano la bestiola sul fianco forse intendono comunicare numerologicamente qualcosa. Raramente,così come i nuragici, gli scribi etruschi mettono segni senza significato sintattico ovvero in qualche modo pertinenti alla lettura organica del tutto e non di una sola parte. Infatti,  i tre segni macroscopici presenti nella statuina, vale a dire il ‘sollevare’, il ‘distendere’ e il ‘curvare’, quelli che rendono linguisticamente la doppia acrofonia greco - latina, si sposano ai nove segni della scritta in etrusco. La doppia puntazione, che si nota dopo la prima consonante,  sembra avere lo scopo di evidenziare l’acronimo ovvero la prima consonante del nome etrusco Sethre ma anche quello di limitare  il numero dei grafemi che si riducono così a nove. Il tre più il nove sono numeri assai significativi in etrusco, come quelli che notano rispettivamente la divinità e l’immortalità (2). Quindi la lettura, con ogni probabilità, diventa ‘doppio sostegno del tre immortale e del padre e della madre’. Cioè il defunto potrà contare su qualcosa di immortale che non è specificato e viene indicato astrattamente con un numero (3).

mercoledì 10 maggio 2017

SE TU FOSSI UN SEMAFORO, COSA FARESTI?

Brando - Uomo al Semaforo
Francu Pilloni


Somministrata a freddo, la domanda appare stupida e forse lo è davvero.
Rileggendo per coglierne bene il senso, si nota subito come il pronome personale “tu”, evidenziato senza necessità, si subisce come una sberla, come una tirata d’orecchi da parte di chi non ti aspetti, da chi non ha l’autorità, né la confidenza per provarci. Sembra un segno di strafottenza, si ha l’impressione di essere incalzato, di essere chiamato in causa individualmente, mentre non ti senti minimamente coinvolto, anzi provi la tentazione di sganciarti.
Ma poi, se ti guardi in giro, se recepisci che non c’è astio, che si tratta di un gioco, di una provocazione intellettuale che mira a stuzzicare il senso dell’umorismo, a sollecitare l’arguzia, ecco che allora ti rilassi, prenoti immediatamente qualche risposta non comune nella tua mente, qualche uscita che possa restare memorabile.
Si può constatare in tutta tranquillità come le risposte possibili sono davvero molteplici perché ampio e aperto è il campo delle risposte, in quanto tutto dipende solamente da te, proprio in virtù di quel “tu”, prima vissuto come se ci fosse stato sbattuto sulla faccia.

Rispondere d’acchito “starei dritto” oppure “starei fermo”, soggiungendo “almeno finché non apparisse all'orizzonte la signora Contu, nota per aver abbattuto due semafori nello stesso incrocio!” è una delle prime tentazioni per liquidare la faccenda.

mercoledì 3 maggio 2017

Finalmente pubblicato l'atteso saggio dell'archeologa Caterina Bittichesu




Volete sapere molto (ma molto) sulle Tombe dei Giganti della Sardegna dell'età del bronzo? Volete conoscere soprattutto quelle rinvenute nel territorio di Macomer? Volete impossessarvi di uno strumento scientifico indispensabile per l'avvio all'interpretazione di monumenti megalitici ancora avvolti dal mistero? Volete leggere un libro di archeologia  di grande rigore metodologico e, soprattutto, scritto 'bene', anche per i molti e non solo per i pochi? Un libro di una ricercatrice da sempre indipendente (orgogliosa di esserlo) che se ne frega delle chiese e delle chiesette a pensiero unico?
Leggetevi quest'opera fresca fresca di stampa dell'archeologa Caterina Bittichesu. La presentazione del volume (pp. 364) è del suo maestro, il grande archeologo Ercole Contu


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sabato 29 aprile 2017

Dna Srd

La risibile presunzione dei genetisti, circa il momento in cui la Sardegna iniziò ad essere realmente abitata
sa ‘e unu (namuli)


di Mikkelj Tzoroddu


1- pro cominzare

Fra le persone oneste (che saran certo poche nel generale novero di quelle qui considerate, ma davvero molte se conteggiate quelle di ciascun ambito, essendo il presente discettare indirizzato a quelle ed a queste tuttavia) non ven’ha alcuna che abbia l’ardire di indicare la vile tendenza nasconditrice assunta, in una sorta di giuramento, da una composita élite ormai disperata!
La quale, nel pervicace obiettivo di perpetuare la generale incompletezza della conoscenza del passato, vien posta in essere invocando il dio della Menzogna, SENTI UN PO’ CARO LETTORE, proprio nei riguardi del plurimillenario trascorso storico, d’una grandissima Entità del tempo più remoto:

giovedì 27 aprile 2017

Le iscrizioni di S'eremita Matteu di Narbolia, di Santu Jacci di Riola, di Santu Sarbadori di Cabras e l’iscrizione trilingue di Santu Jacci di Nicolò Gerrei. Il dio nuragico JACCI /YHW, la sua scrittura, i suoi santuari nella Sardegna del primo secolo a. C e dei due (o tre) secoli successivi.


di  Angei Sandro - Sanna Stefano - Sanna Gigi

 
Nelle precedenti puntate abbiamo potuto vedere che la Sardegna nuragica non finisce, quanto a ‘religio’, con scrittura ad essa organica e ad architettura santuariale, con la sconfitta di Amsicora (215 a.C.) ma prosegue nei secoli successivi, con sue particolari forme innovative, ma pur sempre assai legate alla tradizione . La facciata del tempietto di S'eremita Matteu di Narbolia e le scritte nuragiche in essa presenti, il culto dell’acqua sgorgante dalla parete del tempio, l’orientamento architettonico agli equinozi (1), tipico dei templi nuragici, anche all’aperto, sono stati i primi indizi ‘forti’ della prova dell’esistenza nel III – IV secolo d. C. sia della prosecuzione del culto monoteistico della divinità tradizionale yh (o yhh,yhw,yhwh), venerata a far data da un periodo antichissimo (2), sia della continuità dell’ideologia del  nr ’ac hē , del toro (soli - lunare) figlio della divinità, ovvero della continuità istituzionale di un monarca ‘giudice’ (3) di origine divina. Ma mentre non poco si riesce a ricavare e a conoscere sugli aspetti religiosi e culturali delle popolazioni nuragiche sotto il dominio repubblicano e imperiale romano, nulla possiamo dire sul versante istituzionale politico. Non sappiamo in quale forma i nuragici ‘resistenti’ dell’interno, restii ad accettare la dominazione, sia siano governati per secoli e secoli. Ma non è poi così difficile immaginarlo.  La figura di Ospitone dux dei Barbaricini, di cui si è detto (4), un capo assoluto che spunta come tale (5) nel secolo di Gregorio Magno, sembra costituire la prova indiretta che, se continuità religiosa ci fu, dovette esserci anche quella di una guida materiale e spirituale assieme, di un semidio o dio in terra  ‘figlio del toro della luce’.  Mancano tanti anelli di una lunga catena politica dei vinti senza storia ma quella catena con ogni probabilità vi fu.

lunedì 24 aprile 2017

Sono stata a Goseck

di Atropa Belladonna

Sono andata a Goseck (Sachsesn-Anhalt, Germania) perchè l'ho sempre desiderato, da quando ne conosco l'esistenza, e perchè mi è capitata a Pasqua 2017 una congiuntura favorevole.
Il sito è ben noto: viene chiamato popolarmente "osservatorio solare" anche se il nome, come vedremo, è restrittivo. Certo è che quasi 7000 anni fa, ponendosi al centro del cerchio di 71 metri di diametro al solstizio d'inverno, si veniva illuminati dallla luce del sole che entrava da una delle "porte" lasciate aperte nella palizzata: all'alba da sud-est e al tramonto da sud-ovest. E' di certo il fenomeno astronomico predominante e più chiaramente evidente, anche se non il solo (fig.1). 
Se si pensa che, nella stessa regione- a poco più di 30 km di distanza- venne trovato nel 1999 il famoso disco di Nebra, che mostra diversi fenomeni celesti (tra cui anche i solstizi), questo lascia ben sorpresi: il disco di Nebra è più giovane di 3000 anni rispetto al cerchio di Goseck


Fig.1: al centro del cerchio di Goseck è stata posta questa grafica, per spiegare i fenomeni osservabili: Wintersonnenwende= solstizio d'inverno; Sommersonnenwende= solstizio d'estate; Frühlingsfest = festa di primavera (beltane nel calendario celtico, inizi di maggio); Sonnenuntergang = tramonto; Sonnenaufgang = alba. Foto dell'autrice, 17.04.2017

sabato 22 aprile 2017

14 maggio 2017 gita a Monte Baranta di Olmedo

ˀaleph
Associazione culturale

Di Oristano

14 maggio 2017
Organizza una gita culturale per la visita del sito Monte Baranta di Olmedo


 

mercoledì 19 aprile 2017

RF IACCI! IAI (ἰᾷ) IACCI! IL NOME DEL DIO NURAGICO INVOCATO IN UNA ISCRIZIONE (TARDA) IN MIX DI RIOLA. ORA NARBOLIA, SAN SALVATORE DI CABRAS E RIOLA SARDO CHIAMANO IL SANTU JACCI DI SAN NICOLO’ GERREI.



di Angei Sandro, Sanna Stefano e Sanna Gigi  


Fig. 1. La voce RF del tempietto di Riola 
Fig.2 Le voci IACCI, IAI e IR  

Nella parte IV del saggio si è visto (1) che la scritta in mix del tempietto nuragico tardo di s’Eremita Matteu reca l’espressione RFVIRDIEDO (Cura! Mangio il verde). Detta scritta si sposa con quella metagrafica della facciata realizzata con il disco della luce, il toro capovolto e le tre (cosiddette) Tanit: NR ‘AG H IMMORTALE.

lunedì 17 aprile 2017

Silvio Berlusconi salva 5 agnelli dalla strage!

di Sandro Angei


  
   Gesto commovente quanto affettuosa ed idilliaca l’immagine di Berlusconi Silvio paladino.

   Ogni anno quando si avvicina il periodo delle grandi feste si levano le proteste degli animalisti in difesa degli agnelli, che a detta loro vengono sacrificati nel barbaro rito legato alle festività.
   Senza nulla togliere alla giusta lotta intrapresa dagli animalisti, in difesa degli animali uccisi in modo barbaro per fini non proprio etici o utilizzati quali cavie, vorrei spezzare una lancia in difesa della consuetudine di “sacrificare” gli agnelli.
   Si da il caso che gli agnelli e le agnelle nascano proprio in concomitanza delle festività di Natale e Pasqua, ma il loro sacrifico è legato ad un aspetto che non molti afferrano; perché è necessario fare un po’ di conti per poter valutare e rendersi conto, alla fine, che a volte fare i paladini non sempre è cosa giusta. L’agnello/a se lasciato in vita, innanzi tutto avrebbe bisogno del latte materno per sfamarsi, dopo di che, una volta svezzato troverebbe naturale sostentamento nell’erba dei prati. Arrivata a maturità riproduttiva, l’agnella sarebbe pure lei potenziale riproduttrice di altri agnelli/e… e così via. In ragione di ciò essendo animali domestici è necessario condurle al pascolo, che non ha una superficie infinita e ha necessità di rotazione per “riprendersi” dalla rasatura operata dagli ovini. C’è da dire inoltre che la pecora ha un periodo di gestazione di circa 5 mesi e mediamente partorisce 3 volte in due anni ossia, a parte i casi di parti gemellari, partorisce 1,5 agnelli all’anno. Ma le statistiche danno il valore di 1,3 e questo dato useremo nei nostri calcoli.
   Facciamo un po’ di conti, limitandoci alla sola Sardegna, dove al momento ci sono circa 3.000.000 di pecore, con una fertilità che si aggira attorno all’85%; queste figliando tutte (senza contare i parti gemellari), partorirebbero (3.000.000 x 0.85 x 1.30) 3.315.000 agnelli/agnelle all’anno, che succhierebbero tutto il latte materno e una volta svezzati avrebbero bisogno di un territorio dedicato al pascolo più che doppio rispetto all’anno prima. Per tanto dopo solo un anno avremmo raddoppiato il numero di ovini. Tempo un decennio la Sardegna non sarebbe più verde ma bianca di pecore.
   Signor Berlusconi (ma il messaggio è rivolto a tutti gli animalisti), affidiamo alle sue amorevoli cure tutti questi pargoletti?! Naturalmente sarà necessario reperire i pascoli adeguati alla bisogna.
Dimenticavo… superata  l’età fertile, che fine farebbero le pecore anziane, tutte in casa di riposo?!

martedì 11 aprile 2017

Uno spettacolare ‘system’ etrusco di scrittura a rebus. Come invocare segretamente l’aiuto di Tin e di Uni? Del padre e della madre? Scrivendo con cipressi, bende, corna, portoni blindati, scudi di Amazzoni, cacce e cani, bipenni, cavalli, leoni e pantere, ecc. Persino con affettuosi (superdotati) cagnetti cortonesi (II)

di Gigi Sanna

dedicato all’amica risanata

    Nell’articolo precedente (1) abbiamo visto come le varianti ideogrammatiche dei coperchi dei sarcofaghi ci consentano di affermare che le immagini, che a prima vista, potrebbero sembrare essere state realizzate per l’arte decorativa e strettamente simbolica, in realtà costituiscono ‘segni’ per notare parole. Accanto al ‘decus’ e al ‘symbolum’ c’è quindi il ‘sonus’ ovvero l’aspetto fonetico (2).

   Abbiamo cercato di dimostrare ciò con non pochi esempi. Altri ancora se ne aggiungeranno nella trattazione epigrafica generale (annunziata) riguardante altri due aspetti della scrittura metagrafica:  l’acrofonia e la numerologia. Per la presenza documentaria sia della prima che della seconda sarà bene ricorrere subito a degli esempi. Inoltre, circa l’acrofonia, poiché si tratta dell’aspetto più complesso dei rebus etruschi, tratteremo di essi quelli che riteniamo più agevoli e tali da consentire successivamente di comprendere quelli un po’ più complessi e più carichi di senso (oltre che bellissimi)  riguardanti la ‘scrittura’ sia delle casse stesse  sia dei coperchi (e delle pitture tombali).

Primo esempio  (Altae cupressi 1)
Fig. 1. Sarcofago da Chiusi (Siena)