mercoledì 29 aprile 2015

Una storia con la esse minuscola

di Francesco Masia

   Una storia, con la esse minuscola (molto minuscola), per sa die de sa Sardigna (che scorre mentre scrivo questa cornice).
Una storia il cui racconto posso semplicemente affidare a due lettere che ho indirizzato a La Nuova Sardegna, la prima pubblicata il 15 Marzo, la seconda in attesa (forse) di pubblicazione. Tra le due lettere, il vuoto.
La prima lettera.
Ci vorrebbe Nanni Loy, il regista sardo padre della candid camera in Italia: riconosce questo sito archeologico? No, non lo riconosce nessuno, tanto meno quelli che in quel pannello, nella rassegna di paesaggi della Sardegna, lo hanno messo, nel lungo passaggio che a Città Mercato (Predda Niedda, Sassari, ... Sassari città universitaria) conduce ai posteggi sotto il centro commerciale.
Un "nuraghe" sullo sfondo, un cerchio di rovine megalitiche e al centro, su una colonna squadrata, un masso parallelepidale posto a T; nessuno può dire di aver visto questo posto in Sardegna, ma quasi tutti provano a identificarlo nei siti che hanno visto o di cui conoscono il nome (è Santu Antine ... è Barumini ... è Monte Prama ...), alcuni dubbiosi, altri più sicuri.
Sarà lì da non so quante settimane, misura esatta della vergogna che tutti (tutti lo stesso coinvolti, anche chi si sentisse assolto perché non c'è passato) dovremmo provare per questo segno paradigmatico dell'ignoranza profonda di noi stessi. E in una lettera al giornale non si può prendere lo spazio che sarebbe necessario a declinare quanto di nefasto ciò stia a rappresentare del nostro presente, di come ci siamo arrivati e di come difficilmente potremo tirarcene fuori. Ora io so di quale sito si tratta (amici coi quali mi sono confrontato sono stati capaci di sciogliere l'enigma), ma preferisco non scriverlo qui a chiudere questa pagina imbarazzante. Spero, così, rimanga almeno un attimo aperta, convinto che potrà farci solo del bene.

La seconda lettera (immagino che i redattori della Nuova non si siano sentiti di metterla in pagina proprio in “sa die”).

Era il 15 Marzo quando La Nuova ospitò la lettera con cui segnalavo la presenza di un pannello fotografico fuori luogo tra i bei paesaggi sardi che fanno sentire più a casa loro i clienti della galleria commerciale Auchan, a Sassari: alla fine del percorso verso il parcheggio sotto la galleria, "un 'nuraghe' sullo sfondo, un cerchio di rovine megalitiche e al centro, su una colonna squadrata, un masso parallelepidale posto a T", in un pannello non accompagnato da alcuna didascalia.
Avvisavo che quel posto non si trova in Sardegna, e calcolavo che la sua permanenza su quel muro rappresentava la misura della vergogna che tutti dovremmo provare per un segno così paradigmatico dell'ignoranza di noi stessi. Spiegavo, infine, che se non svelavo semplicemente l'identità di quel sito era per lasciare aperta questa pagina imbarazzante, convinto (mi dicevo) potesse farci solo del bene.
Ora è passato ben più di un mese e questa pagina si direbbe non essersi mai aperta; il pannello resta lì senza ancora didascalia, nonostante nel frattempo mi sia risolto a segnalare direttamente alla galleria Auchan che si tratta di un sito archeologico dell'isola di Minorca, Torralba d'en Salord (sarà Torralba ad aver tratto in inganno).
Non fa specie l'errore, ma la sua permanenza (quando pure segnalato) nell'indifferenza generale. Dove altro potrebbe succedere una cosa del genere?
Nulla di grave, se non che della profonda ignoranza di noi stessi (sembra proprio, nell'insieme) nemmeno ci importa più.

Cosa aggiungere? Intanto mi sembra doveroso riconoscere qui che l'amico capace di risolvere l'enigma, in un breve giro della foto via mail tra aficionados di Monte Prama, era stato proprio Sandro, il futuro direttore di questo nuovo blog. Oggi mi sono accorto che una foto dello stesso pannello era già comparsa sulla pagina Facebook della Comunità “Sardegna egiziana”, il 16 Dicembre 2014, presentata come da un ignoto sito sardo fino alla corretta individuazione da parte di partecipanti alla discussione; chi l’aveva pubblicata si scusava spiegando che era presa da un’esposizione “tra tante foto della Sardegna”, senza precisare dove questa esposizione si trovasse. Non pare fosse balenata allora a qualcuno l’idea di segnalare ai curatori  dell’esposizione la svista. È vero che il centro commerciale di cui si tratta non è un ente pubblico e tanto meno un’istituzione culturale, ma è comunque (con tutti i purtroppo che si vogliano aggiungere) la “piazza” per cui transitano più numerosi i residenti di Sassari e dell’hinterland. E d’altronde è ancora più grave quello che ci ha raccontato Francu, nella discussione Po sa die de sa Sardigna, intorno all’opuscolo della Conad con lo sfondone su una Eleonora d’Este autoproclamatasi (prima che nascesse, peraltro, qualunque Eleonora d’Este mai fosse) Giudicessa di Oristano: dove altro potrebbe succedere (e passare impunita) una cosa del genere?
A noi, a latere, potrà anche interessare il filone speculativo che questa “taula” (tavola, il complesso di colonna e pietra a T) e l’intero sito propongono con le analoghe taulas (o “pillars”, colonne, piloni) di Göbekli Tepe, oltre che di Stonehenge (se affidate a Google la ricerca “Minorca Gobekli Tepe” compare in cima ai siti segnalati la pertinente pagina di un sito di promozione turistica, in Italiano, che accompagna nell’accostamento toccando tra l’altro il culto del toro e la ricorrenza del numero 12; aggiungo, a mo’ di sale q.b., che il nome Baleari verrebbe dai nostri Balari e che il nome pre-romano di Minorca, a quanto leggo, era Nura).
Rimane inspiegato (credo la parola “mistero” sia bandita anche su questo blog) il fatto che, nonostante i talaiot siano diffusi in entrambe le isole delle Baleari, le taulas si trovino a Minorca e non a Maiorca (e non, va da sé, in Sardegna).

8 commenti:

  1. Alcuni oristanesi di fronte alla loro Eleonora estense pare che abbiano commentato: Beh, non è poi un male. Anche attraverso le 'regine' estensi si può conoscere la storia di Aristanis e della Sardegna. Eleonora de Arbaree? Boh!

    Inue, in cale cuzu de su mundu este?
    Tocat a di jare noa este!
    Bivat Eleonora, Eleonora d'Este!

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  2. Primo: chiamare quello che ho scritto qui un “lavoro” (come fa Sandro nel commento-anteprima dalla discussione su Po sa die de sa Sardigna) è almeno improprio; un lavoro, su queste pagine, è uno studio. Queste, in proposito, alcune delle righe di accompagnamento indirizzate a Sandro: “…mi invitavi a scrivere qualcosa da pubblicare. Forse non ti rassegnerai ancora all'idea che io non riuscirò nemmeno in futuro a realizzare stracci di studio dignitosi, a meno che non decida di cambiare lavoro (e la pensione è lontana). Quindi un mio possibile articolo non può che rientrare nell'etichetta ‘cazzeggio’, direbbe Gigi (grossomodo con ragione). Ora, il cazzeggio non sempre trova motivi apprezzabili: valuterai tu.” Ora vedo che Sandro ha coniato per questo post l’etichetta “denunce”, una novità rispetto alle etichette usate su Monte Prama (anche per i miei pochi articoli); un’etichetta, “denunce”, che immagino potrà applicarsi a non pochi dei contributi che qui ci attendono.
    Secondo: quando questa notte ho confezionato la cornice alle due lettere al giornale e ho subito spedito a Sandro, ho dimenticato di esplicitare il motivo per cui ho voluto mettervi a parte di questa storia. Nel mio primo commento su Maymoni ho parlato di una nostra possibile parte nel salvare qualcosa che si avvicina alla dignità di un popolo e, per quanto abbia provato a mettere le mani avanti, il concetto mi è rimasto poco spiegato, quell’espressione poteva rimanere ai più esagerata o gratuita.
    Si parlava di 25 Aprile: l’Italia fu liberata grazie all’impegno e in troppi casi al sacrificio di giovani stranieri ben più numerosi degli italiani impegnati nella resistenza, eppure quella minoranza di italiani salvò in qualche misura la dignità nazionale (o almeno a noi così piace credere, per il bisogno di coprire le vergogne di un’Italia quasi integralmente fascista, fosse anche con una foglia di fico). Quella minoranza, che ad allora non aveva alcun titolo, ebbe ragione e rappresentò la parte presentabile del Paese (nefandezze o meno che essa stesse si trovò subito a perpetrare).
    Forse un giorno arriveranno studiosi non sardi e forse nemmeno italiani a mettere meglio davanti al mondo gli elementi storici e documentali via via emersi e a mettere così sotto una luce ad allora non riconosciuta il ruolo della Sardegna tra le altre civiltà nella storia; quel giorno la dignità degli studiosi, degli intellettuali e in generale dei sardi (che ad allora avranno continuato a mantenere il monopolio sul loro passato) poggerà su quella minoranza, fino a quel momento osteggiata o dileggiata, che questa lettura sosteneva, quelle verifiche richiedeva, queste conferme sapeva leggere.
    Questa vicenda del centro commerciale mi è sembrata appropriata a illustrare quanto, al contrario, la maggioranza dei sardi sia lontana da una dignitosa consapevolezza di sé; e quanto importante e dignitoso sia invece resistere, testimoniare, vigilare e (Sandro sarà d’accordo) “denunciare”.

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  3. Bel post, e bella la tua motivazione Francesco.

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  4. Francesco, scusa se dissento, ma nella frase la parola “lavoro” ci sta benissimo, non potevo chiamarlo nuovamente “articolo”, suona male, e a parte questo, ciò non toglie che c’è voluto lavoro, o no! ):-)
    Fatto sta che di queste denunce bisognerebbe farne ogni qualvolta si presenti il misfatto.
    Il pressappochismo incombe.

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  5. Appena vista la foto mi son chiesto prima di leggere come mai c'era la foto di una taula in un post che per il titolo mi faceva subito pensare alla situazione della storia sarda. Non potevo certo immaginare una cosa del genere! Così siamo messi? Mamma mia...

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  6. Se anche esco fuori tema, potrò farlo sul “mio” post? Mi piace segnalare che il blog Monte Prama, zitto zitto, ha sì chiuso a nuovi post, ma ha appena proposto una sezione di Pagine Esterne che inizia con I Libri di Monte Prama, che iniziano con “Tra cielo e terra: cronache di una Stella doppia”, che raccoglie i post di Stella del Mattino e della Sera (svelando inoltre qualcosa sulla sua, sedicente, identità); con in più (se ho capito bene) un vero Inedito (5 Marzo 2013).
    Quanto alle mie lettere qui sopra, ho poi visto che la seconda è stata pubblicata oggi (intendo Mercoledì, ancora), nello spazio e quindi con il commento del Prof. Brigaglia (già collega di Gigi, ricordo), sostanzialmente scettico sull’esito della segnalazione e disincantato sull’interesse dei sardi. Ma devo riconoscere che nella stessa pagina delle lettere ce n’è un’altra che risulta più briosa ed efficace, a firma Francesco Satta (Sassari), dal titolo (Sa die de sa Sardigna) Le contraddizioni dell’orgoglio sardo, che va avanti con 5 “strofe” che iniziano tutte “sei nato e cresciuto in Sardegna”, per continuare descrivendo ciascuna un cittadino del mondo sensibile a culture e diritti lontani, “però” bellamente indifferente alla cultura della propria terra e ai diritti di chi vorrebbe a pieno titolo viverla, arrivando a concludere: “ma non è un problema, a tutto c’è rimedio, basta avere la voglia di non dimenticare chi siamo e di informarsi; altrimenti, se non ne hai voglia, non c’è problema, anzi fai una bella cosa, da bravo, vai in Messico o in Brasile e con un paio di migliaia di euro ti compri un passaporto nuovo … e tipo da Giovanni Sanciu diventi Juan Sanchez … così ha più senso … Bona Die de sa Sardigna!”

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  7. Un Sardegna bianca come un foglio di carta, libera da giudizi e pregiudizi di sorta, dove tutti noi, nessuno escluso, passiamo scrivere e riscrivere la storia di quest’isola.
    Non importa se sarà scritta in sardo, italiano, inglese, francese, spagnolo o tedesco o altro idioma, la verità va oltre le barriere linguistiche.


    Ecco una Sardegna così come immaginata da Sandro non è figlia del pressapochismo come "segno paradigmatico dell'ignoranza profonda di noi stessi". Ignoranza che produce estremismi da "tifo" come le dosi di "unto anonimo" che insozzano il dibattito sull'archeologia nuragica con insulti e violenze verbali. Ecco contro questa ignoranza non basta il "penale" delle azioni portate avanti dalla magistratura ci vuole lo "sgrassatore" dello studio scientifico attento e innamorato della propria terra e del popolo che l'ha abitata millenni orsono da parte di ogni Sardo che si senta minimamente orgoglioso di questa appartenenza. Anche se solo il 10% raccogliesse questo invito la consapevolezza generale intorno alle cose nuragiche crescerebbe enormemente e non sarebbe più possibile difendere le proprie posizioni con l'insulto e l'insinuazione anonima. Dovrebbero argomentare in maniera coerente contro le "idee eretiche" uscite dal blog di Aba e di Gianfranco prima e che immagino continueranno in questo blog. Dovrebbero fare meglio quello per cui sono istituzionalmente preposti: cercare di capire di più del passato di questa grande terra che è la Sardegna non tralasciando nulla, anche idee provenienti dalla "squadra avversaria", per inserirla a pieno titolo nella Storia del Mediterraneo Antico, aggiungendo un pezzo al puzzle che esso rappresenta soprattutto nel periodo del "Popolo dei Nuraghes".


    Giampa

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  8. Un aggiornamento, alla Gabanelli: saranno un paio di mesi che non ci passavo più, oggi ero da quelle parti e ho fatto apposta un salto a verificare se il pannello fotografico delle Baleari fosse ancora al suo posto, pronto all'abituale sconforto di rivederlo lì senza alcuna didascalia. Lietissima sorpresa, al suo posto una classica vista della Pelosa (con la torre e più in là l'isola Piana e dietro l'Asinara). Ed è, opportunamente, l'unico pannello sostituito, non so da quanto.
    È un po' come mi fosse uscita una spina di riccio dal piede.

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