vedi: Il toro sull'altare
Nel mio articolo “Il
toro sul’altare” ho lasciato in sospeso un primo particolare che qui intendo
riproporre; e ignorato una seconda particolarità che mi sembra degna di nota.
Il primo particolare riguarda la gibbosità tra le corna che contraddistingue la figura del torello, per il quale particolare il G.R.S. in un commento al mio articolo scrive “In riferimento alla “ Sbeccatura”siamo ancora scettici che potesse in qualche modo influenzare la fisionomia della protome taurina; dettata dai profili intatti della stessa finestrella. Soprattutto, siamo quasi certi che la sbeccatura si tratti di un’esfoliazione recente del concio superiore alla finestrella, interessato da un’evidente fratturazione.” Io, al contrario, attribuisco a quel particolare se non una prova almeno un indizio sulla intenzionalità del gesto, che fu parte del lavoro intenzionale di realizzazione dell'immagine taurina, ribadendo ancora una volta che ciò è possibile ricorrendo all’antichissima tecnica sfruttata dagli artisti negli spettacoli delle ombre cinesi.
Confrontando le immagini di Fig. 1 e Fig. 2, nonché quella di Fig. 3 (che sorprendentemente la sfocatura restituisce in forma speculare a quella proiettata, ci si rende
conto che la gibbosità è senza alcun dubbio data dalla spaccatura del masso di
Fig. 4.
Fig. 1
Fig.
2
Fig.
3
Fig. 4
Secondo
particolare.
Dal punto di vista cultuale mi sembra
importante un dato che scaturisce dalle note a corredo del disegno del Nissardi
eseguito sui rilievi di A. Berretti ossia, il cammino che si snoda all’interno
del nuraghe per arrivare al mezzanino, a mio avviso ha un carattere prettamente
cultuale in quanto segue un ben preciso percorso, che in termini pragmatici non
ha molto senso, in quanto la scala principale mette in comunicazione il piano
terra col primo piano, dal quale si scende con la scala secondaria al
mezzanino; bastando probabilmente interrompere la prima scala con un
pianerottolo direttamente al livello del piccolo vano intermedio; ma ciò non fu
realizzato, perché?
Secondo il mio modo di vedere, il sacerdote
saliva la scala che dal piano terra portava al primo piano (del quale è rimasta
solo una parte, ossia quella che arriva alla quota del mezzanino), dopo di che
arrivato in sommità, dove entrava in contatto spirituale con la divinità,
facendosi pervadere dallo spirito divino, scendeva nuovamente verso l’umana
terra lungo la scala che immette nel mezzanino, in un rito carico di
significato simbolico, allo scopo di ascoltare, facendosi tramite della
divinità, le apprensioni del fedele, così come oggi accade nel sacramento della
confessione della religione cattolica, forse con principi di base diversi, ma
rituale simile. Per tanto nessun volo pindarico dettato dalla fantasia ma la
convinzione che tra passato e presente fu operato un sincretismo religioso che
tutt’ora permane.
Figura tratta da: A. Taramelli – Sardegna archeologica – scavi e scoperte 1911-1917 Delfino Editore pag. 313.
Vorrei a questo punto ribadire un concetto
che pare sia stato del tutto ignorato nei commenti dei precedenti articoli
ossia, il fatto che io punti il dito non solo su azimut errati e ricostruzioni
in 3D capaci di velocizzare la visione dell’evento e all’occorrenza soffermarsi
su particolari momenti di quell’evento, ma anche e sul percorso della figura
taurina che presuppone una ierofania, che nel caso particolare del nuraghe
Santa Barbara possiamo chiamare più precisamente “Teofania” perché
manifestazione sensibile della divinità solare/taurina.
La differenza tra orientamento astronomico
di un monumento ed il percorso della teofania (in questo caso), è da ascrivere
alla differenza concettuale tra le due realtà.
L’orientamento astronomico deve essere
inteso nell’ottica di individuazione, tramite l’orientamento di un edificio di
culto, di un particolare evento astronomico attraverso il quale il fedele
osserva il ripetersi di una circostanza specifica: solstizio, equinozio,
nulistizio ect..
Nella manifestazione luminosa e
nell’eventuale proiezione del percorso solare sopra una superficie di
riferimento invece, benché sia frutto di studio, progetto e costruzione da
parte del sacerdote astronomo, il fedele vede in quel movimento, una ierofania;
che nel caso del Santa Barbara è la divinità stessa (Teofania) che entra nel
tempio e salendo sull’altare (ma questo è un particolare solo scenografico,
tant’è che il percorso si sarebbe potuto svolgere a terra, ma di fatto
riportandolo quale reperto archeologico nel disegno, il Nissardi ne attesta la
presenza[1]),
lo percorre come volesse andare verso l’alba del solstizio d’inverno, ossia
quel punto ideale di morte e rinascita. Sostanzialmente quest’ultima rientra in
quella che viene definita “archeologia cognitiva” e sul particolare di “salire
sull’altare”, già descritta nell’articolo di cui sopra, voglio rimarcare
sull’ipotesi che vuole il fedele assistere al movimento di quell’immagine
divina che attraversava l’altare per prendere possesso delle vittime
sacrificali lì immolate; per tanto nulla di stravagante o fuori dalla logica,
ma solo immedesimazione in quel modo di pensare. D'altronde, ancor oggi tutti i
riti religiosi sono carichi di simbolismo… lo stesso simbolismo!
Questa è la sostanziale differenza tra
orientamento astronomico e quello che possiamo definire ierofania o teofania.
Nel primo caso si assiste e si guarda il sole o la luna o altro oggetto
astronomico in modo diretto, nel secondo è l’astro, in sostanza il sole e solo
in particolari circostanze la luna, che si manifesta con un fascio di luce che
da vita ad una forma a “sua immagine e somiglianza” (naturalmente intesa: ad
immagine e somiglianza della divinità da quelle genti adorata).
L’ipotesi qui formulata, naturalmente non
nasce dallo studio del Santa Barbara, ma da altre manifestazioni, che hanno
dato l’impulso a questa teoria.
La prima manifestazione è quella della
“sala da ballo” di San Giovanni di Sinnis, dove lo spettacolo luminoso a
seconda del solstizio, illumina una faccia o l’altra del viso scolpito sulla
roccia, mentre all’equinozio illumina l’intero volto. Qui possiamo parlare di
ierofania “statica”, ossia il sacro rivelato attraverso l’illuminazione di una
particolare conformazione rocciosa, che in un determinato momento dell’anno
manifesta la forza divina.
La seconda manifestazione l’abbiamo
individuata nel pozzo di Santa Cristina, che sarà oggetto di un articolo ad
hoc, dove possiamo invece parlare di ierofania in movimento.
La terza manifestazione è stata scoperta in
un particolare edificio che sarà, anch’esso, oggetto di un articolo ad hoc, nel
quale la manifestazione avviene tramite il simbolo divino, creato dal nulla
agli occhi dei fedeli. Anche qui possiamo parlare di teofania.
Per tanto nessuna elucubrazione mentale
finalizzata alla ricerca spasmodica di un evento, ma il risultato dello studio
di queste manifestazioni in più siti archeologici.
[1] Con ciò non
vogliamo dire che l’altare sia coevo del nuraghe
APPENDICE DEL 28.01.2016
A corredo dell'intervento di un nostro lettore che in un suo intervento indica un reperto non sardo (?) che potrebbe avere attinenza in un certo qual modo con la descrizione del rito all'interno del nuraghe, pubblichiamo l'immagine di quel reperto, custodito presso il Museo dell'Accademia Etrusca e della città di Cortona.
Signor Angei,ho letto questo suo scritto con due sentimenti contrastanti:il primo di gioia perché affascinata,da questa nuova conoscenza, il secondo di paura che qualcuno,per il piacere di fare il bastian contrario,lo contesti con motivazioni cervellotiche.
RispondiEliminaSignora Grazia, non si preoccupi di ciò, se le obiezioni saranno pertinenti e giustificate le accetterò, se invece saranno frutto del solo piacere di fare il bastian contrario, senza un briciolo di spiegazione, cadranno lì dove hanno spiccato il volo.
EliminaNon credo, caro Sandro, che un volo di fantasia che solleva di qualche metro dal suolo possa essere chiamato pindarico. L'atterraggio è posto sul mezzanino, sopra il corridoio d'ingresso. A vederlo con occhi di chi non è neppure del mestiere, il vuoto che quella scala crea a scendere dalla camera a primo piano per arrivare al mezzanino fa proprio il paio con il vuoto della scala principale.
RispondiEliminaOra si vede a occhio nudo di profano che la camera del Toro della Luce non è per niente centrata con la circonferenza muraria la quale, in prossimità dell'ingresso, ha spessore doppio della parte sul retro, giustificata proprio dallo spazio dei vuoti delle due scale. Per quanto se ne sa, non sappiamo neppure in che modo la scala principale continuasse per accedere alla sommità della torre. Così a naso, pensando che se la scala continuasse ininterrotta avvolgendo la camera al primo piano con andamento destrorso, una volta arrivata sul retro, troverebbe uno spessore di muro che non permetterebbe la sua realizzazione; se invece si fosse dipanata partendo una seconda volta dalla verticale all'ingresso retrocedendo con andamento sinistrorso, oppure partendo dal fianco a destra della camera al primo piano, si fosse sviluppata con andamento sempre destrorso avrebbe trovato agio nello spessore rilevante della paratura muraria anteriore.
Se così fosse, vale a dire che, se questi miei ragionamenti risultassero non del tutto fuori luogo, non c'è motivo di chiedersi il motivo per cui non esistesse un pianerottolo-scorciatoia che dalla scala principale sfociasse nel mezzanino.
I movimenti supposti del sacerdote hanno fondamento solamente nella tua “convinzione che tra passato e presente fu operato un sincretismo religioso che tutt’ora permane”. Come a dire che la Chiesa di Roma ha copiato i riti nuragici per adattarli alle proprie esigenze.
Onestamente, Caro Sandro, mi pare eccessivo. Visto che non ha continuato neanche i riti ebraici, dei Fratelli maggiori nella fede, come dicono i papi attuali.
I movimenti sono dettati dall’andamento delle due scale, la principale sale e quella che porta al mezzanino scende. D'altronde non c’era il posto per passare dalla scala principale al corridoio “b” che sbocca sopra la scala. Che poi quel corridoio, a giudicare dalle ombre del disegno, sembra sopraelevato rispetto al pavimento del mezzanino.
EliminaMi spieghi una cosa, Sandro? Il pennello di luce che dà l’immagine della testa del toro/vitello passa per il centro dell’altare nel giorno del solstizio d’inverno e solo in quello; la tua ricostruzione in 3D lo riproduce ormai facilmente e fedelmente, quindi mi conforterai che possiamo dirlo con tranquillità. Tu dai enfasi, poi, al fatto che quel giorno il percorso del pennello di luce entro il nuraghe segna la direzione esattamente rivolta all’alba del solstizio (al punto di levata, quel giorno, del sole). Quello che mi chiedo è se una cosa (la testa che passa nel centro dell’altare) potrebbe mai verificarsi senza coincidere con l’altra (segnare il percorso del pennello di luce l’alba di quel giorno). Perché, sarebbe ovvio, se i due fenomeni non potessero che coincidere dovremmo tenerci come ricerca intenzionale la collocazione dell’altare fuori asse rispetto al corridoio d’ingresso per centrarvi il fascio al solstizio (venendo il resto da sé).
RispondiEliminaE già che riapri l’argomento tanto dibattuto (non troppo produttivamente), confessato che i tomi del GRS continuo a non averli letti (magari bisognerebbe farlo per riparlarne, anche se quanto al punto che vado a toccare credo di aver capito non vi si trovino parole definitive), sintetizzerei che non abbiamo indizi sufficienti per capire se il fenomeno del toro di luce sia stato valorizzato solo dopo lo scapitozzamento, comunque realizzatosi, della seconda torre (in questo caso toro di luce non originariamente progettato e costruzione solo successiva dell’altare) o se, al contrario (in linea con la tua ipotesi di religiosità a un certo punto sconfitta o magari superata, comunque “oscurata”), fosse progettato fin dall’inizio per un altare interno benedetto dalla divinità al solstizio (con un disallineamento rispetto all’asse dell’ingresso direi scusabile, non così sbagliato da impedire il verificarsi del fenomeno entro il nuraghe).
Certo Francesco, perché quello è il punto oltre al quale non può andare: come un pendolo.
EliminaAlla seconda domanda hai già dato la risposta tu, nel senso che appunto la direzione rivolta all’alba del solstizio d’inverno passa per il centro dell’altare solo il 21 di dicembre.
Al terzo quesito, penso non si potrà dare una risposta definitiva al momento, sta il fatto che ci fu un memento di oscuramento di quella finestrella, perché mi pare improbabile che le genti che eressero la seconda torre, di proposito realizzassero l’edificio così come lo troviamo noi oggi.
Per quanto riguarda l’altare, benché non si possa dire se fosse stato costruito assieme al nuraghe, ti posso dire, dopo aver verificato sul modello 3D, che il 21 di dicembre il percorso della testa taurina a terra sarebbe passato più a nord est dell’altare e avrebbe individuato una traiettoria con azimut di circa 114°. Per tanto l’altare era organico alla rappresentazione teofania. Ti dirò di più, se l’altare fosse stato più alto o più basso dell’altezza da me rilevata sul disegno del Nissardi, l’evento non si sarebbe compiuto al centro dell’altare. Ecco perché parlo di macchina astronomica, perché orientamento del corridoio, segnacolo nella finestrella che individua la protuberanza tra le corna del toro, posizione e altezza dell’altare, fanno sì che si realizzi la manifestazione teofania in quel dato giorno e solo in quel giorno.
Ti stavo dicendo che l'andamento delle scale che ancora ci sono e di quella che ci sarebbe dovuta essere per arrivare alla sommità del nuraghe sono congrue con la struttura della costruzione, mentre tu supponi che fossero così fatte per soddisfare un rito.
RispondiEliminaNon si comprende, anzi io non riesco a comprendere l'esigenza del sacerdote di salire alla camera del primo piano per essere a contatto diretto con la divinità, quando proprio nella camera centrale a piano terra la divinità si manifestava in quel modo meraviglioso e stupefacente.
Non riesco a vedere alcuna logica in quello spostarsi del sacerdote, che lascia da solo il devoto-penitente, cosa improbabile per chi vuol controllare il prossimo, come avviene o è avvenuto tramite la confessione individuale, che ha messo in mano al sacerdote le armi delle debolezze di ciascun confessato.
Se abbandoni il devoto a se stesso, è probabile che gli sorgano dei dubbi e si penta di essersi pentito dato che, da sempre, per pagare e per pentirsi il tempo non mancherà.
Non vedo dove sia il problema legato al rito di salire verso l'alto per poi ridiscendere nel mezzanino(come in effetti dimostra il saliscendi delle scale). E' possibile che il sacerdote entrasse nel mezzanino ad una data ora ed aspettasse i fedeli, che uno alla volta entravano nell'ingresso del nuraghe al piano terra.
EliminaCerto che è nell'insieme delle cose possibili, non certo di quelle probabili, non essendo presente alcun nesso logico, né indizio, al di fuori di una tua personale intuizione.
EliminaNon so se vuoi dire che il nuraghe è costruito apposta in quel modo per soddisfare il particolare rito che tu hai ipotizzato, o se il rito è sorto adattandosi alla struttura del nuraghe.
Quanti nuraghi si conoscono con una struttura simile?
Tieni conto che i riti di una religione sono pressoché identici indipendentemente dall'ubicazione del tempio. Se si accetta la tua ipotesi, essendo - suppongo - il Santa Barbara pressoché unico riguardo a quella particolare struttura, bisogna desumere che anche il rito fosse specifico del luogo e non comunemente in uso nel territorio.
Un esempio è il nuraghe Crabia di Bauladu.
EliminaErrato .Esistono almeno cinque tipologie di nuraghi con mezzanino.Abbiamo trattato questo argomento nel tomo 2 Architettura Sacra nel capitolo " i nuraghi mezzanino". Se non vuoi leggere il nostro libro in bibliografia esiste molto materiale da consultare e studiare.
RispondiEliminaMinchia! Parlate come Archeologia Nuragica!
RispondiEliminaFrancu stai calmo!
EliminaIo sono calmo, non lo vedi?
EliminaMa voi volete parlare solamente tra voi?
Mi sono tornate in mente le parole con cui si liquidava una richiesta di Aba Losi da parte di un archeopurista che di certi argomenti avrebbe parlato solo con i suoi pari.
Visto che parlate per monofrasi, devo guardare anche i video per vedere se vi scambiate i sorrisetti come la Merkel e Monsieur le Président?
Ah!ah! È vero Francu. Ci deve essere una brutta " influenza " in giro. In ogni caso credo ancora che se si vuole avanzare ipotesi su questo particolare monumento sia essenziale conoscere tutte le tipologie. Poi fate voi.
RispondiEliminaFrancu ha fatto le sue obiezioni dettate dalla sua cultura, esperienza e un lineare modo di ragionare. Non penso che per aprir bocca debba prima conoscere tutto lo scibile sui mezzanini dei nuraghe.
EliminaSono d'accordo. Di fatto il mio intervento era rivolto proprio ad allargare il discorso in modo costruttivo e non per fare polemiche
RispondiEliminaPer ricapitolare, qui, anche i dubbi degli scettici (un po’ onesti e un po’ ignoranti) in merito agli orientamenti astronomici, o almeno in merito a una loro generale osservanza e significatività: se i costruttori di torri avessero voluto semplicemente orientare l'ingresso grosso modo a difesa dal maestrale avrebbero finito per accumulare una netta distribuzione degli orientamenti verso Sud-Est, che ad analizzarla considerando intervalli di pochi gradi (o anche di un grado) troveremmo ragionevolmente raccolta in picchi dalla significatività (ad applicare gli opportuni filtri statistici) al massimo dubbia; cosa convince, invece, che la distribuzione degli orientamenti dei nuraghi con tali picchi non sia casuale? Dovrebbero convincercene i numeri e i calcoli di significatività statistica, certamente, ma pare di capire che (tra quelli che abbiamo sentito) chi si è provato a guardare tra i dati rilevati e raccolti e tra i calcoli conseguenti è riuscito a capirci poco, rimanendogli quantomeno il sospetto che i numeri siano bassi e la sensazione che le procedure di verifica (vorrei dirlo senza alcuna ombra di squalifica) non siano facilmente verificabili (io non mi reputo più ferrato di alcuni che ci hanno provato, per cui mi sollevo senz'altro dalla prova).
RispondiEliminaSia chiaro che non sto chiedendo lumi a Mauro Zedda, poiché è acquisito che lui, lecitamente (la simpatia qui non rileva), rimanda a leggersi i suoi libri e ad avanzare, nel caso, critiche più formali. Ma è troppo ingenuo sperare di capire meglio da qualcuno (magari da più d'uno, magari non di noi soliti) che con cognizione di causa lo abbia letto (che abbia letto Zedda e/o altri che sostengono questa tesi)? Più precisamente mi chiedo se sia stato pesato nei calcoli per la significatività statistica, con un adeguato fattore di correzione, l’elemento Maestrale; se questo non fosse stato fatto (e mi scuso per la riserva, semplicemente connaturata al processo di verifica), ben più facilmente i nostri “picchi” negli orientamenti (considerate uguali le possibilità per tutti i 360°, o escluso solo un arco di gradi intorno al Nord) risulterebbero soddisfare la significatività statistica. Già potersi dire sicuri che dietro le tesi archeoastronomiche sui diffusi orientamenti dei nuraghi non vi sia un simile vizio metterebbe più tranquilli (restando da affrontare le dispute ancora in campo sugli ulteriori possibili vizi indicati dal GRS in merito alla precisione degli orientamenti e a cosa debba considerarsi in ciascun monumento per giudicarne gli allineamenti possibili).
E quante sarebbero, poi, le probabilità che un orientamento semplicemente dettato dal ripararsi dal maestrale vada a coincidere, tra non poche migliaia di nuraghi, con l'alba del solstizio d'inverno? Allora il pennello di luce per la finestrella potrebbe essere stato notato e interpretato come noi oggi crediamo di ricostruire, fino a ispirare l’edificazione dell'altare interno (al Santa Barbara) proprio in quel punto e fino, magari, a lavorare ulteriormente l'architrave sulla finestrella per dare miglior foggia di testa di toro al fascio di luce (un'altra spiegazione "semplice" alla progettazione del fenomeno l'ho riferita nel commento del 2-1-16 ore 01,46 al post Il toro sull’altare del 27-12-15, dove immagino il passaggio dal cogliere un’ombra proiettata dal sole basso soslstiziale al riprodurla architettonicamente, in negativo, come un fascio di luce nell’oscurità). Ora, connettendo il filo di questo discorso alla discussione sul Santa Barbara, risalta che al centro di quanto non capiamo (la torre secondaria voleva oscurare il fenomeno luminoso noto e intenzionale?) si incrocia anche il più generale e dibattuto rebus delle finestrelle sugli ingressi: se il fenomeno luminoso non era progettato (e se la funzione di scarico non risulta necessaria), a cosa serviva (qui come altrove) la finestrella?
Magari, continuando a latitare tra i contemporanei generosi divulgatori all’altezza del compito (senza dimenticare quanti comunque stimiamo e sanno della nostra stima), spunterà a spiegarci qualcosa lo scritto di un altro sapiente del passato, magari un’altra illuminante lettera dell’abate Arri.
EliminaNelle antiche case dei paesi esistono ancora delle finestrelle, spesso triangolari, fatte di sole lastre di pietre e senza vetro, per il ricambio dell'aria e per capire, dalla luce che penetra, se si sia fatto giorno, senza alzarsi dal letto inutilmente.
RispondiEliminaSe l'ingresso del nuraghe fosse stato chiuso da una sorta di porta, in legno o in sughero poco importa, la finestrella sarebbe servita più o meno come quella delle case antiche. Se poi, casualmente o in un modo voluto e studiato, la luce del sole dicembrino faceva, come seguita a fare, gli effetti speciali, tanto di guadagnato.
Questo per dire che, in ogni caso, la finestrella sopra l'ingresso del nuraghe aveva anche un uso feriale.
Quanto all'ingresso che dà le spalle al maestrale, bisognerebbe verificare alcuni aspetti significativi per ciascun nuraghe. Infatti, se è vero che il maestrale è oggi il vento dominante, lo era anche 3.500 anni or sono?
Se così supponiamo che fosse, è vero o non è vero che il vento resta pur sempre un diavoletto che s'infila e si rafforza nei canali vallivi, modificando e non di poco la direzione del suo scorrimento, proprio in conseguenza della conformazione del terreno? La risposta è sì, non stiamoci a pensare su.
Faccio un esempio: in alcuni paesi della Marmilla, voglio dire quelli che sorgono tra il Monte Arci e la Giara, non fanno differenza tra i venti di Libeccio e di Scirocco, quantunque quest'ultimo spiri da SE e l'altro da SW. Perché?
Quando questi venti arrivano all'altezza di Villamar-Lunamatrona, vengono incanalati per chilometri a destra dalla grande Giara di Gesturi e a sinistra, prima dalla Giara di Siddi, poi dalla catena del Monte Arci, in modo tale che in quei paesi, da Ussarammanna, Siddi, Turri, ecc., sino ad Ales, Usellus, passando per Albagiara, il vento è sempre quello, caldo e umido, con direzione Sud-Nord. Viene chiamato Bent' 'e soli, Vento di sole, nome delicato e romantico, che comunque non corrisponde all'affetto con cui lo recepiscono i paesani.
Detto questo, si può calcolare in quante direzioni si sparpagli il Maestrale nei singoli siti del territorio sardo?
Mi pare ragionevole, per non dire logico, pensare ad un ventaglio di direzioni, concentrate nella direzione NW-SE, come appunto i rilevamenti eseguiti specificano.
Tutto questo detto, se anch'io penso, come Giovanni Antonio Arri abate supponeva e dimostrava, i nur-hag sono costruzioni sacre, si può mettere in conto un riferimento preciso alla divinità a cui erano dedicati, il Sole nel caso specifico. Anche se, rimugino dentro da sempre, perché mai nel mio paese, che ha solamente due chiese, una sia rivolta a SE, l'altra invece proprio a W.
A capire cosa passa in ente a chi decide!
Con la sua calma,saggezza e,sopratutto esperienza,Francu ha fatto capire che di nuraghi se ne intende,come si intende di venti e di cultura sarda.Bravo Francu.
RispondiEliminaHo cercato di giustificare eventuali discostamenti da quest’ampiezza proprio nel post del 06/01/2016 nel blog di Mauro (Ahia, la citazione!!!) dove cercavo di dire che a volte è necessario abbandonare gli effetti e cercare con caparbietà le cause, appunto quelle “fondanti”.
RispondiEliminaDetto ciò, la realtà, le facili critiche che chiamano a sostegno i casi singolari, le eccezioni, che ravviso nella volubilità dell’animo umano, che nega la regola, sia perché non la conosce, sia perché la vuole superare, in bene o in male, mi inchioda proprio nel nuraghe S. Barbara. La porta del nuraghe rovinato di fronte a quella di cui discutiamo, ha una finestrella! Come poteva entrare il sole a 310° ? Potrei dire che molti particolari costruttivi si ripetono, perché si fa così, senza sapere l’origine. Si costruisce spesso per archetipi, perché così si è fatto e così si deve fare. Perché? = non rompere!
Infine una considerazione sulla fantasia (purtroppo non immaginazione!) di Angei sui riti dal mezzanino, andrei cauto perché si assomma all’ipotesi (non teoria) ancorché seducente, del toro di luce. L’ipotesi di una ipotesi, è una ipotesi al quadrato perlomeno, non lineare e perciò pericolosissima. Fortunatamente accanto agli stucchevoli claquers c’è una voce saggia che non ha ancora portato il cervello all’ammasso
Vale!
Certo che c’è fantasia, ma guarda il percorso saliscendi delle due scale, che è alla base di quella fantasia.
EliminaPosso dirti provocatoriamente che la torre di fronte al nuraghe Santa Barbara non è un nuraghe?!
EliminaO vogliamo individuare una tipologia di nuraghe che ha l’ingresso orientato al 320°, non ha nicchia d’ingresso e alcuna nicchia nella camera, ma una serie di basse feritoie a raggiera. Certo presenta ancora la tholos, ma la costruzione e di rozza fattura, benché più recente, rispetto alla torre principale.
Secondo me basta questa considerazione per attribuire quella costruzione ad altra cultura ed altri riti.
La cosiddetta finestrella di scarico, cosiddetta perché scarica poco del carico sovrastrante, già deviato ed incanalato ai bordi del vuoto ed il suo orientamento e funzione andrebbe reindagata, mettendo assieme tutta la bibliografia sull’argomento, copiosa, perché quasi tutti coloro che si sono occupati di nuraghi hanno scritto di questo intrigante dettaglio. Non tutti i nuraghi hanno questo dettaglio, ma non credo che ciò sia ostativo a ricercarne il significato. Perlomeno avrebbe il vantaggio di offrire subito una facile critica a coloro che sapientemente criticano una ipotesi perché conoscono l’eccezione costruttiva.
RispondiEliminaL’indagine statistica è un utilissimo strumento. Nei dati statistici non c’è la spiegazione dei fenomeni, ma l’osservazione scientifica è la genesi della spiegazione scientifica.
Proprio Lilliu, osservando che l’entrata dei nuraghi fosse posta per la maggior parte nel settore sud-sud est, intorno ai 148° + o – 5°, come mostrano i dati statistici di Mauro, scrisse che ciò fosse per opporsi al maestrale. Questa osservazione introduce una categoria abitativa: una casa deve avere certi orientamenti per il confort, ad esempio non metterei mai il cesso a sud e nemmeno il soggiorno a nord e sicuramente non offrirei la casa al maestrale! Ma il nuraghe non era una casa d’abitazione, per il semplice fatto che dormire in un nuraghe ci si assicurerebbe i reumatismi!
Mi parve subito, parlo di più di trent’anni fa, che Lilliu con questa osservazione fosse oltrettutto in grave contraddizione: come è possibile che una fortezza, di uguale e diffusa tipologia, fosse impostata con lo stesso orientamento, senza tener conto del luogo (esempio la presenza di un corso d’acqua, un avvallamento, un dirupo…) ovvero privo di strategia difensiva che tiene conto del luogo. E’ stato uno dei primi ragionamenti che mi portò a pensare all’uso sacro del monumento, così come le ns chiese sono impostate sull’asse est-ovest e ciò perché dipende dalla nascita della Luce, della verità, del sole, ovvero Dio. Che questa regola sia sempre rispettata non è affatto vero. A Venezia molte chiese non hanno questo orientamento. Alcune chiese sono orientate verso la nascita del sole nel giorno genetliaco del Santo a cui la chiesa è dedicata. Ma la regola aurea è l’orientamento ad est.
Fin che qualcuno non mi smentirà -le critiche di Mauro non mi convincono totalmente- continuerò a pensare che l’atto fondativo del nuraghe (atto importantissimo, prendere possesso del luogo, stabilire un “centro”, fondante appunto) ha come asse principale la nascita del sole al solstizio d’estate, il più lontano dell’arco, a 58° e l’altro estremo è al tramonto del sostizio d’inverno (238°)
Che straordinaria coincidenza assiale, nascita e tramonto estremi e chiaramente –facilmente- determinabili (senza il teodolite).
Se poi il semispazio -con quest’asse ho diviso il territorio in due- lo divido per quattro, l’asse dell’entrata viene proprio 90+58= 148°. Quanto è significativa la divisione in quattro dello spazio: da un centro ci si espande nelle quattro direzioni:la croce –ora non c’entra niente- è proprio un simbolo di espansione!
Per determinare la direzione est-ovest non è necessario un teodolite, basta il sole, uno rotolo di spago, un sasso ed un bastone, un po' di pazienza e tanto ingegno.
EliminaIl teodolite ti serve per ricreare un modello 3D affidabile.
Franco Laner cosi afferma : L'entrata dei nuraghi è posta a 90° rispetto al Fondamentale asse astronomico Alba Solstizio Estivo-Tramonto Solstizio Invernale. La costante dell'orientamento non è dunque l'entrata ( che è conseguenza), ma l'asse delle due nicchie che taglia a metà lo spazio.
EliminaDi questa affermazione volevo sapere se il signor Laner abbia a sostegno una sorta di documentazione statistica ; perché non ci risulta un tale picco " costante". Anzi posso dire con certezza ( in base al nostro campione) che è molto raro seppure in certi nuraghi tale asse 58°-238° l'abbiamo riscontrato in modo preciso tipo Nuraghe Ergulis.
quello che viene prima, va letto dopo!
RispondiEliminascusate!
Quanto ho scritto sulla finestrella si legge male: ho diviso in due la mia osservazione per i limiti di battute e oltrettutto sei intervenuto subito tu così sembrano due interventi. Non puoi mettere a posto?
RispondiEliminaHo scritto che per determinare l'asse est-ovest non serve il teodolite. Grazie per avermi spiegato cosa serve per tracciarlo, me lo aveva insegnato anche Vitruvio e i Romani quando impiantavano l'accampamento. Invece non capisco cosa possa servire uno strumento preciso per misurare oggetti imprecisi. Con lo spago e un bastone si divide anche lo spazio in quattro parti. Grazie per aver corretto 310°, ma non ricordavo se la misura esatta fosse 140° o 130°...
Ho la foto dell'entrata del non-nuraghe, quindi della non-finestrella, se mi dai l'indirizzo del blog te la mando.
Queste tue osservazioni però non mi dicono nulla di aggiuntivo sull'orientamento dell'entrata. Allora cosa serve porre un problema e ottenere risposte che nulla aggiungono all'oggetto?
Parliamo di lucciole o di lanterne?
Sulla funzione della scala/e, sulla salita del sacerdote e discesa della divinità, argomento pertinente al tuo post, potrei dire che non servono due scale: la divinità scende anche dalla stessa scala del sacerdote, come a S. Cristina. Ammesso ovviamente che i "sacerdoti", sciamani? capi tribù? pensassero che la divinità "scendesse" oltre che manifestarsi. Nell'intradosso della scala/e del S. Barbara ci sono i gradini?
Sono molto propenso a pensare che una pianta, una tipologia costruttiva sia tracciata per assecondare un percorso, lo svolgimento di un rito. Quando guardo una pianta di un nuraghe -sto ovviamente parlando dei più diffusi- non posso che pensare allo svolgimento di riti. Ma da qui a dire quale rito la distanza è per me siderale. Pertanto se non so risalire dalla pianta al rito di un nuraghe tipo, cosa posso dire dei riti di una pianta singolare? Questo mi pare suggerisse Francu, o almeno io così l'ho capito.
Franco al momento mi pare inutile sistemare il tuo commento, creerebbe solo confusione cronologica. Il tuo avvertimento in coda basta per sciogliere il dubbio.
RispondiEliminaPer quanto riguarda le tue osservazioni: so benissimo che tu sai come tracciare la direzione est ovest senza “teodolite” e senza bussola, evidentemente era rivolto ad altri che potrebbero pensare che quello strumento sia indispensabile per fare ciò.
Lo strumento preciso serve per misurare punti caratteristici di un oggetto impreciso, più punti rilevi di un contorno approssimativo e più ti avvicini alla sua descrizione puntuale. Avrei certamente potuto usare altri metodi, che avrebbero richiesto però misure sovrabbondanti, con dispendio di tempo ed energie e siccome ho a mia disposizione uno strumento di precisione che mi da modo di rilevare una consistente quantità di punti nell’arco di pochissimo tempo e con un’affidabilità non paragonabile alla misurazione con doppio decametro o altro, beh, mi pare il caso di usarlo.
In questo post non dovevo aggiungere alcunché di più sull’orientamento dell’ingresso. Esso è volto alla descrizione e/o spiegazione di particolari specifici.
Per quanto riguarda le scale, sono d’accordo con te che non né servono due, come ho già puntualizzato nel post, ma di fatto due scale esistono in quel nuraghe ed io ho interpretato solo quello che vedo nella pianta del primo piano e la descrizione didascalica, punto. Come vedi nella pianta, il Berretti rilevò un dislivello tra il mezzanino ed il corridoio “b” che sembrerebbe non di poco conto e comunque dal quel corridoio si poteva arrivare alla scala principale solo in modo “rischioso”. A questo punto mi viene in mente che quello poteva servire come via di fuga al sacerdote per evitare di essere scoperto nella sua funzione di “voce divina”, ma è solo un’altra illazione, che fa parte però delle congetture utili a dipanare il dilemma.
Poi, che mi sia lanciato in una ipotesi che per alcuni è perfettamente inutile senza prove, benissimo, non ho detto che ciò rispecchiasse la realtà dei fatti, posso dire però, che cercando di introdurmi, con cautela ben inteso, in quella che viene definita “archeologia cognitiva”, ho cercato di immedesimarmi in quelli che potevano essere i gesti di un sacerdote sciamano, e quel saliscendi di scale suggerisce proprio quel percorso; come suggerisce un certo percorso la posizione della scala che porta al mezzanino del nuraghe Crabia di Bauladu, al quale (mezzanino “nascosto”), si accede da una scala ricavata nella nicchia di destra della camera, una scala “nascosta”, come “nascosta” è agli occhi del fedele la scala in discesa al mezzanino “nascosto” del Santa Barbara.
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EliminaTutto bene. Rimango comunque sempre molto perplesso quando le questioni vengono avvolte in un'aurea di mistero, di volti occultati, voci che vengono dall'oltre, il ricorso ai fantasmi, al sovrannaturale. In Sardegna poi, che proprio da quel poco che so sul nuragico, mi pare di scorgere un residuale di concretezza, fuori dal ricorso, molto contemporaneo, del ricorso all'invisibile. Proprio la possibile teofania, non ad un riferimento vago, incorporeo, c'è un esempio di cosa voglio dire. Se dio c'è, ecco come si manifesta...
RispondiEliminaNo Franco, nessun interesse a voler avvolgere in un'aurea di mistero, di volti occultati, voci che vengono dall'oltre o il ricorso a fantasmi e al sovrannaturale, ma solo la ricerca di un perché sulla base di indizi, in linea con la mia natura di Ricercatore di Calzini Spaiati.
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Eliminariporto anche in questa discussione una mia riflessione. forse utile a capire meglio il percorso del raggio solare che attraversa lo spazio della sala del Santa Barbara, e di dove si potesse posare, quando era ancora in sito il probabile e supposto altare, dove stava collocato un qualche oggetto di fattura e funzione sacra. Ho scelto questo reperto per una certa analogia del simbolismo taurino, in questo caso cervina, tralasciando i così detti "modellini di nuraghe" secondo me simboli sacri come totem del territorio e del clan di appartenenza. Allego un link che potrebbe suggerirci qualche riflessione su cosa potesse esservi collocato sull'altare:
RispondiEliminahttp://www.cortonamaec.org/percorsi/scheda.php?id=22
cosa vi suggerisce tale insegna con triplice protome cervina? Vi lascia ancora un'altre indicazione utile al ragionamento, che potrete trarre alla pagina 17 dal libro: il canto del pane di Franco Diana. la nota su tale reperto riporta:"insegna?con triplice protome cervina... "insegna" nella quale è chiaramente presente la fenomenologia del "centro". Forse collocato su un qualche supporto lapideo è probabile dovessi indicare, appunto, la centralità del luogo sacro.
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RispondiEliminaPenso che su quell’altare non ci fosse altro se non un focolare dove fare sacrifici alla divinità e questo per un semplice motivo, il "totem" era la stessa teofania.
RispondiEliminaPaolo Sanna Caria Felice Carta,bisogna chiarire cosa si intende per "modellino di nuraghe";è evidente che non era un semplice modellino in scala!Aveva indubbiamente un significato particolare,sia nella sfera spirituale che in quella civile.Lo troviamo infatti nei luoghi del potere comunitario(le capanne delle riunioni),nella necropoli di Mont'e Prama,e mi pare anche all'interno dei nuraghi.Quando parla di totem ha certamente ragione,ma solo in parte.Vari"modellini di nuraghe"(come ad es. quello rinvenuto a San sperate in loc. "Su Stradoni de Deximu")terminano con un incavo,dove con ogni probabilità si bruciava qualcosa:erano in pratica dei nuraghetti-altarini(certo, forse si potrebbero anche questi definire totem, in senso lato).Quello che contesto vivamente è l'asserzione di taluni,che negano assurdamente la relazione tra questo tipo di scultura e i nuraghi! Perciò io continuerò a chiamarli modellini di nuraghe...
RispondiEliminaStarfighter658, infatti ho messo tra virgolette il termine "modellini di nuraghe" indicandoli come: così detti, portando l'attenzione e la discussione sul reperto da me indicato: INSEGNA(?) con TRIPLICE PROTOME CERVINA, in modo tale da poter sviluppare un altro aspetto finora trascurato dalla presente discussione che si è sviluppata principalmente su misurazioni di azzimut, levate eliache e lunari, trascurando gli aspetti attinenti al sacro. Altri anno ipotizzato tali oggetti come incensieri. Ma ripeto quello che volevo far presente è quel particolare reperto bronzeo da me indicato e su questo improntare un'eventuale discussione.
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RispondiEliminaPaolo Sanna Caria Felice Carta (spero che prima o poi mi spiegherai il tuo nome!), ho postato in appendice l'immagine a cui ti riferisci.
EliminaCertamente i riti attinenti al sacro sono difficili da trattare, occorre molta prudenza e la necessaria competenza, nonché una certa predisposizione all'immedesimazione nel modo di pensare di quelle genti, che naturalmente deve essere supportato da una solida base bibliografica e prove archeologiche. Io in un certo qual modo mi sono affacciato a questo aspetto leggendo qualche testo di antropoligia, ma di certo sono alle prime armi (Ma non a caso ho fatto riferimento all'archeologia cognitiva). Per tanto sono ben felice di ospitare una tal discussione.
Per orientamento di studi ho studiato antropologia, ma non ho terminato il percorso universitario. Per quanto attiene al mio nome non vi sono dubbi è PAOLO, il cognome "sanguinau" riporta i cognomi di linea paterna originario di SIDDI, in sostanza mio padre fa cognome SANNA dal padre mentre il cognome CARIA è della linea materna di mio padre, mentre il Felice-Carta attiene ai cognomi dei miei nonni materni nonno Felice (Piras) e nonna Carta, il Felice in effetti è un cognome dato dal gerarca di Tissi a mio nonno che per le leggi del Regno non poteva portare quello del padre carnale che era un Piras, morto in terra di Eritrea senza aver sposato la sua compagna, pertanto il cognome Felice è dato dal padre della patria Carlo Felice. Ultimamente ho tolto il Felice dalla lista dei cognomi ed ho messo il Piras, ridando dignità al mio bisnonno morto in guerra lontano da casa. Il perchè utilizzare i 4 cognomi e presto detto, come inoltre si usava durante il periodo spagnolo, ho indicato questi per distinguermi in modo inequivocabile, mio padre è un Sanna xxxxxx Caria xxxxxx, mia madre una Felice(Piras) xxxxxx Carta xxxxx, le x indicano le varianti della singola generazione, sempre differenti tra loro, solo riportando i 4 cognomi possiamo essere certi che quel paolo sia quello e non un altro, ad esempio mio fratello è Sanna Caria Felice (Piras )Carta, ma anche un mio nonno paterno si chiamava Elia, mia figlia è una Sanna Felice (Piras) Cau Achenza. Lo so no è facile da dirsi e da capirsi, spero di aver chiarito la cosa.
EliminaSandro Angei, per evitare altri fraintendimenti ed incomprensioni, come avrai ben letto, ho escluso i così detti "MODELLINI" di nuraghe, intesi da altre teorie come totem del clan, indicando una probabile possibilità da non escludere a priori, ho allegato un link dove viene riportato un reperto bronzeo di una così detta insegna di TRIPLICE PROTOME CERVINA, se avete possibilità di consultare il link potrete vedere la fotografia di questo reperto, a quanto pare, sinora, dovrebbero essercene due di questi reperti, uno presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ed un altro (quello da me allegato) presso quello di Cortona. L'aspetto che vorrei fosse vagliato con maggior attenzione, senza fermarsi su altre posizioni se pur legittime è il possibile uso e significato di tale reperto, che a mio avviso ha forte attinenza col sacro e sicuramente anche con alcuni e particolari nuraghi. La cosa importante da tenere in debita considerazione ed intrigante di questa insegna è proprio la sua più che probabile funzione sacro-simbolica, riporto la parte della didascalia del reperto: "INSEGNA" nella quale è chiaramente presente la FENOMENOLOGIA RELIGIOSA del "CENTRO". Forse collocato su un qualche supporto lapideo è probabile dovesse indicare appunto la CENTRALITà del LUOGO SACRO". Su cosa potesse essevi collocato a suo tempo sul quel particolare punto della sala non abbiamo certezze assolute, a parte il rilievo del Nissardi dove viene raffigurato un probabile altare: il luogo elevato dell'ARA sacra dove si facevano le offerte agli dei con anche accensione di incensi. Certo sicuramente in quel punto si trovava un altare, ma cosa vi fosse collocato, di più preciso, lo potremo desumere da certe indicazioni ricavabili da rituali ancora in uso in certi templi odierni, così come oggi, su un altare vengono sistemati deferenti oggetti, così in quei tempi remoti, potevano esservi collocati differenti oggetti anche in diverse occasioni sia quotidiane che temporali riferite a differenti fasi dei riti annuali, come si può ben dire in una tavola si colloca ciò che serve per officiare il rito, non vi è sempre collocato solo un singolo oggetto; cosa invece differente sarebbe il prendere in debita considerazione l'oggetto da me indicato, come un'insegna che venisse collocata in quel luogo, in modo da essere inondata della presenza vivifica del sole, per poi essere utilizzata in probabili ed eventuali processioni, in modo da poter far partecipe il popolo che aspettava fuori di poter essere in qualche modo irradiato dall'energia condensatasi in quello stendardo, che come starebbe ad indicarci la sua probabile simbologia, le tre PROTOMI CERVINE collocate sul vertice centrale e sull'apice triangolare di un bastone, starebbero ad indicarci un centro sacrale, sia ad indicare dove veniva collocato in quel particolare frangente lo stendardo sia ad indicare dove si era concentrata l'energia dell'astro solare che poteva essere dispensata-elargita ai fedeli portandolo in processione. Chissà, sto solo ipotizzando non dando certezze assolute, con il sacro ci si addentra in sentieri spesso inesplorati. se fosse possibile inserire la foto del reperto mi farebbe piacere, in modo che altri possano vedere e capire meglio di cosa parlo. Grazie.
RispondiEliminaCome vedi abbiamo avuto la stessa idea, la foto è nel post in bella mostra.
EliminaCertamente come dici tu si sta ipotizzando, ma questo fa parte dello studio. Poi che qualcuno ci indichi come "fantasiosi", beh, ce ne faremo una ragione, ma continueremo per la nostra strada.
il reperto raffigurato in questa foto è a Cortona, ma ve n'è un altro, da dove ho tratto la possibile correlazione, ed è riportato nel libro IL CANTO DEL PANE di Franco Diana, dove viene riportata una fotografia del reperto presente presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze, dove viene citato come Bronzo di età nuragica altezza di 25 centimetri, che sia di fattura nuragica sembra certo ma non sicuro, altri reperti simili sono presenti al Museo di Cagliari ma non nella triplice forme della protome cervina.
EliminaConfesso che la discussione sulla triplice protome cervina e l'altare del Santa Barbara mi spiazza perché non ne capisco proprio la correlazione. Peggio per me, ma sono felice perché Angei ha trovato un compagno di viaggio "fantasioso". Mi dispiace che sia così permaloso per questo aggettivo. Mi spiego meglio con un esempio. La funzione militare dei nuraghi era sostenuta da prove che per me erano fantasiose. Una era quella che in alcuni nuraghi ci fossero botole, trabocchetti, anfratti nascosti all'incauto invasore, spioncini e vie di fuga. Ora questi stesse cose sono riferite al sacro e ai riti connessi al sacro: il sacerdote che può sparire e non farsi sorprendere. Io penso che ciò sia fantasia, nell'eccezione che usa E.A. Poe per distinguerla dall'immaginazione, mi pare nei "Racconti del mistero" E' ciò offensivo? Ma per intervenire nel blog forse sarà bene che sia scritto un galateo, in modo che si entri nel salotto buono coi dovuti modi. Non lo dico per dire, ma davvero mi pare che si sia accettati solo con la qualifica di claqueur!
RispondiEliminaFranco Laner, premetto che ho letto con attenzione le sue pubblicazioni su alcuni aspetti inerenti l'ambito archeologico sardo, dal suo punto di vista della tecnica delle costruzioni e che ho trovato molto interessanti, su alcuni aspetti non condivido le sue tesi, ma non mi permetto di darle certamente del claqueur solo perché le mie posizioni sono discordanti dalle sue, pertanto la pregherei di non proferire offese a chi non la pensa come lei, grazie.
EliminaIo non trovo offensivo il termine “fantasioso” detto da te o da altri, in un certo modo e contesto, spiegando i motivi, lo ritengo offensivo invece se detto da altri che aprono la bocca o sbattono le dita sulla tastiera tanto per metterti solo, e specifico “solo”, in ridicolo. Senza fare nomi naturalmente!
EliminaDetto questo, Franco non travisare quel che si scrive. Non può essere una delle ipotesi sostenibili quella che vede il sacerdote nascosto in un bugigattolo agli occhi del fedele, che sente solo la sua voce? Sto parlando di ieri, come sto parlando di oggi, solo che oggi abbiamo mangiato la foglia e sappiamo che dentro quel bugigattolo/confessionale, c’è un sacerdote che fa da tramite. Oppure no!
Tutto qui, nessun mistero, solo un semplice parallelismo, e come ho avuto modo di dire in altre occasioni, il tutto è dettato da quel percorso inusitato di saliscendi di scale e dal contesto religioso di quel dato monumento.
Franco, comunque in questo blog non si cercano applausi o applauditori, cerchiamo di arrivare, se mai ci riusciremo, alla verità delle cose, magari a volte sbagliando, e siccome l’errore può essere sempre dietro l’angolo, ben venga chi con le sue obiezioni ci mette in guardia e ci dimostra che stiamo sbagliando appunto. Ma in campi come quelli che stiamo trattando in questo momento, dove certamente la fantasia spazia, le obiezioni generalmente hanno lo stesso peso delle affermazioni che quelle vogliono contrastare. Ognuno rimane sulla propria posizione. Poi sinceramente, ci sono fantasie e fantasie e se le prime sono legate a certi particolari visibili e reali, le seconde sono legate a ipotetici finestroni dai quali si può vedere di tutto.
EliminaRitornando nel merito e sull’argomento da me introdotto, ho allegato un link dove viene riportato un reperto bronzeo di età nuragica, ovvero una così detta “INSEGNA(?)di TRIPLICE PROTOME CERVINA”, se avete possibilità di consultare il link potrete vedere la fotografia di questo reperto, a quanto pare, sinora, dovrebbero essercene due di questi reperti, uno presso il Museo Archeologico Nazionale di Firenze ed un altro (quello da me allegato) presso quello di Cortona.
RispondiEliminaSandro Angei cortesemente ha allegato l'immagine del reperto presente a Cortona, che si differenzia da quello presente a Firenze, per la sua collocazione su tre aste e non su di tre piedini d'appoggio come quello riportato sul libro IL CANTO DEL PANE di Franco Diana.
1) il reperto presente al Museo Archeologico Nazionale di Firenze è indicato come BROZO di età nuragica, tale reperto è riportato alla pagina 17 del libro “IL CANTO DEL PANE” di Franco Diana, edizioni Grafica del Parcella, seconda edizione 2005.
RispondiElimina2) riporto la dicitura completa della didascalia di tale reperto: "INSEGNA" con TRIPLICE PROTOME CERVINA. Molto vicine per qualità formali alle protomi delle barchette di età nuragica, l’impostazione delle tre protomi di cervo-con facce rivolte all’esterno e i lunghi colli che s’innestano su un fusto cilindrico segnato da due ampie modanature e dotato di piedini d’appoggio-qualificano questo oggetto come una “insegna” nella quale è chiaramente presente la fenomenologia religiosa del “CENTRO”. Forse collocato su un qualche supporto lapideo è probabile dovesse indicare, appunto, la CENTRALITà del LUOGO SACRO".
3) l’aspetto che vorrei fosse vagliato con maggior attenzione, senza fermarsi su altre posizioni, anche se pur legittime, è una considerazione di un probabile ambito sacrale-cerimoniale; l’aspetto da tenere in debita considerazione ed intrigante di questa insegna è proprio la sua più che probabile funzione sacro-simbolica-cerimoniale.
Da come si può evincere, in tale didascalia si fa cenno ad un centro sacro, un centro cardine di un concetto anche da Lei, Laner, preso in debita considerazione sugli aspetti costruttivi-funzionali del “NURAGHE” inerenti la sua funzione non militare ma bensì sacra.
Certo sicuramente in quel punto si trovava un altare, ma cosa vi fosse collocato, di più preciso, lo potremo desumere da certe indicazioni ricavabili da rituali ancora in uso in certi templi odierni, così come oggi, su un altare vengono sistemati deferenti oggetti, così in quei tempi remoti, potevano esservi collocati differenti oggetti anche in diverse occasioni sia quotidiane che temporali riferite a differenti fasi dei riti annuali, come si può ben dire in una tavola di altare si colloca ciò che serve per officiare il rito, nell’arco temporale del rituale, non vi è sempre collocato solo un singolo oggetto.
RispondiEliminail prendere in debita considerazione l'oggetto da me indicato, per capire meglio una probabile cerimonialità del rito, come un'insegna che venisse collocata in quel preciso luogo, in modo da essere inondata della presenza vivifica del sole, per poi essere utilizzata in eventuali processioni, in modo da poter far partecipe il popolo, che aspettava fuori dal luogo sacro, di poter essere in qualche modo irradiato dall'energia condensatasi in quello stendardo.
Come starebbe ad indicarci la sua probabile simbologia, le tre PROTOMI CERVINE collocate sul vertice centrale e sull'apice triangolare di un bastone, protomi che osservano da un fulcro centrale, starebbero ad indicarci appunto un centro sacrale, sia ad indicare dove veniva collocato in quel particolare frangente lo stendardo sia ad indicare dove si era concentrata l'energia dell'astro solare che poteva essere dispensata-elargita ai fedeli portandolo in processione. Chissà, sto solo ipotizzando non dando certezze assolute, con il sacro ci si addentra in sentieri spesso inesplorati.
Su cosa potesse essevi collocato di preciso, a suo tempo, sul quel particolare punto della sala non abbiamo certezze assolute, a parte il rilievo del Nissardi dove viene raffigurato un probabile altare di circa 80cm di altezza, quindi, come si accennava in altra discussione, non un semplice focolare ma bensì un ALTARE: “il luogo elevato (elevazione sia simbolico-spirituale che materiale del reperto in quanto sollevato a tutti gli effetti da terra) ARA sacra dove si facevano le offerte agli DEI, con anche accensione di incensi ed aspersioni di differenti liquidi, oltre all’eventuale e non improbabile sangue di eventuali sacrifici animali, come quello del toro od un ariete-capro espiatorio, (più attinentemente praticati in una particolare pietra esterna entro il recinto sacro del sito nuragico, non dobbiamo certamente dimenticare l’elemento principe ancora in uso nelle odierne chiese: L’ACQUA.
Si, certo, L’ACQUA elemento sacro alla Dea-Dio dal doppio aspetto femminile-maschile, come il ben conosciuto, in Sardegna, DIO “EA-EN-KI” spirito dalla divinità doppia, da ricordare che EA in sardo logudorese sta ad indicare appunto l’acqua, KI si riferisce alla madre terra o meglio alla sua energia rigeneratrice che insieme al sacro elemento fecondante dell’acqua, condensato nello spirito dal duplice aspetto ERMAFRODITO (ERMES-AFRODITE) BABBAI-MAMMAI rigenera tutte le cose del mondo, ACQUA-SEME+UTERO-UOVO=VITA, UOVO COSMICO, LUCE.
D’altronde la Torre nuragica simboleggia sia l’antro fecondo e rigeneratore della Madre Terra sia l’albero cosmico-fallo fecondante del Grande Padre, simbolizzato dalla luce solare che entra dentro l’intimità della Madre Terra. Certo rimaniamo nell’ambito delle ipotesi, non eravamo presenti in quel tempo per darne certezze assolute, ma se vogliamo capire la vita e la mentalità di quegli antichi antenati, dovremo anche cercare di capire il loro modo di percepire il mondo, differente sicuramente da quello odierno molto materialista-meccanicistico, ma ancora ben presente nel nostro DNA e nel nostro sangue di sardi.
Franco Laner, quasi come ciascuno di noi, ha i suoi limiti e li confessa. Come dice l'adagio, limite confessato, mezzo dimenticato!
RispondiEliminaLa mia simpatia però va Paolo Sanna y Caria y Feliz Y Carta perché ce ne vuole di pazienza e di voglia di differenziarsi, quando si sa che nei paesi un indivduo era conosciuto e differenziato da tutti con un semplice soprannome che gli s'incollava addosso più della sua stessa pelle. Anche a Siddi, di questo sono certo. Ti chiedo, Paolo ecc. ecc., sei sicuro che un appuntato dei carabinieri qualsasi, uno di quelli che passano le ferie a leggere i codici di Hammurabi, non ti possa contestare un abuso di cognome?
Ma non è di questo che volevo parlare, bensì del totem eventuale al centro dell'altarino del santa Barbara.
Ora, guardando bene la Triplice di Cortona, se qualcosa di simile fosse stata posta al centro dell'altare che sta al centro della camera (anche della sala delle riunioni), secondo la mia immodesta opinione aveva un solo scopo, umanamente comprensibile e significativamente devozionale.
Mi spiego, per non andare sulle lunghe: tornate alla foto della Triplice, contate bene i cornetti - sono 10 per ogni cervo, totale 30 -, metteteci pure le orecchie che sembrano e hanno comunquela stessa funzione dei coretti -sono 6 per un totale di 46 - infine aggiunte altri 3 per i musi - e siamo a 49.
Ora tutti sanno che questo numero ha un potenziale dichiarativo eccezionale, intanto perché è dispari, è un quadrato perfetto di un numero potente, è composto da tre numeri primi consecutivi.
Indica però inequivocabilmente che i prinzipales che si riunicano nella camera erano proprio in tal numero, dispari per ottenere comunque una decisione a maggioranza semplice, robabimente provenienti da 7 cantoni.
Quando gli uomini prinzipales si riunivano, ciascuno si toglieva sa berritta dalla testa e l'appendeva a un cornetto o a una lingua, ovvero al muso dell'animale. Questo per deferenza verso il luogo santo dove si trovavano e anche, io direi soprattutto, per far capire che ciascuno lasciava perdere il proprio interesse personale o di cantone,ma si preparava a discutere e decidere nell'interesse di tutti.
Non arrivo a ipotizzare che quella specie di conclave durasse 7 ore o 7 giorno o ancora 7 settimane, ma si ricordi che nella Smorfia 49 è simbolo della carne, di quella carne che i prinzipales di ieri non disdegnavano similmente ai prinzipales di ogni epoca.
Io di più non so dire, anche se riconosco che non è poco quello che ho detto, sebbene l'errore è alla portata di tutti.
...sebbene l'errore sia alla portata di tutti.
EliminaFrancu, la mia presente non per far polemica ma per una doverosa precisazione dovuta ai miei studi di etnologia sul comparatico e albero genealogico. La scelta di riportare i 4 cognomi non è una preziosismo di spagnolesca memoria, ma bensì una scelta del tutto personale. Vedo di spiegare meglio e con la dovuta sintesi il mio pensiero al riguardo; tra le generazioni di alcune famiglie era ed è ancora in uso utilizzare il nome di un antenato per i propri figli, mettiamo ad esempio il nome Elia, e che ci siano nella stesso albero genealogico tre quattro o più Elia, per non confondere i posteri si era in uso in alcune famiglie riportare i 4 cognomi due per parte di padre e due per parte di madre, nel caso specifico mio fratello è Elia, ma anche mio nonno paterno era Elia, quindi per distinguere si può adottare questa prassi, ovvero Elia Sanna mio nonno paterno ed Elias Sanna mio fratello, per una ricerca genealogica si distinguono solo per le date di nascita, per non incorrere in probabili errori si possono distinguere i due Elia delle differenti generazioni, adottando i 4 cognomi della linea patriarcale; per mio nonno potremo utilizzare SANNA-Matta, i cognomi da parte di padre e madre della linea paterna, e SULIS-Marongiu per la parte attinente alla linea materna, mio padre Adolfo figlio di Elia-SANNA-Matta/SULIS-Marongiu. la madre di Adolfo è CARIA-Garau/MADAU-Salis, pertanto Adolfo prende i cognomi della linea patriarcale SANNA-SULIS/CARIA-MADAU. Ora veniamo alla mia generazione ovvero SANNA-CARIA/PIRAS-CARTA ed all'esempio di Elia, questi si distingue dal nonno paterno SANNA-MATTA/SULIS-MAROMGIU da SANNA-CARIA/PIRAS-CARTA oltre per la data della differente generazione per quella di due cognomi differenti. Mia figlia ad esempio è una Sanna-Caria/Cau-Achenza, cambiano gli ultimi due cognomi derivati dalla sua linea genetica di linea materna, ma della linea patriarcale dei suoi rispettivi nonni materni. In europa le due antiche etnie che utilizzavano i cognomi della linea matriarcale erano i PITTI (Tuatha de DAN.ann) stanziati nel nord della attuale Scozia ed i Sardi Shar.DAN stanziati nelle barbagie, tra gli scozzesi ed i sardi antichi, oltre che dell'identico sangue scorreva della buona Birra e degli ottimi distillati. De DON.de està tu sangre ombre? Ritengo di essere stato sufficientemente esaustivo. :-)
EliminaMaestro, maestro... Dura coi congiuntivi eh? Se non lo correggevi, avrei lasciato solo Gigi fra quelli che scrivono in italiano!
RispondiEliminaComunque se da una parte comincio bene la giornata perché non sapevo che 49 fosse la somma di tre numeri primi, (ho verificato e trovo però che ci sono molte serie di tre numeri primi che fanno 49: 1+19+29, 5+17+27, 7+19+23, 13+17+19, 1+17+31, 3+17+29, 7+11+31..)dall'altra ho guardato la miseria del mio cognome ed oltrettutto solo qualche anno fa ho capito che sono Làner (dal moccheno=frana)e non Lanér (dal veneto= lanaio). Ovvia la mia esultanza sapendo che sono una frana!
Una delle frasi che mi fa di più girare le armonie -e ricorre molto spesso fra gli studiosi- è quella della serie che comunque sono tutte ipotesi, perché in quel momento non eravamo presenti. Se ciò fosse vero, sarebbe meglio chiudere ogni studio, non solo storico, archeologico,... ma si pensi solo alla teoria del big bang. Chi c'era allora? Per di più, visto che non c'eravamo e nessuno può testimoniare siamo legittimati a dire sciocchezze a sfare...Invece si possono avanzare ipotesi ed anche teorie, salvo rientrare appena qualche passaggio non funziona (v. Popper-Zedda!)
Il sig. Paolo Sanna Caria Felice Carta (Carìa o Cària? Viene dall'Anatolia o è il singolare (esiste?) di carie?)introduce il tema dell'ermafrodito, molto intrigante.
Perché non fa un bel post? Anche il tema dell'acqua è interessante ed entrambi riguardano il sacro. Se non altro si parlerebbe di qualcos'altro.
I tre numeri primi di cui ho parlato (13+17+19) sono anche consecutivi, ma l'errore non sta lì.
EliminaNo, prof Laner, per il sardo-parlanti in congiuntivo è pane quotidiano. Lo so che non interessa molto e siamo fuori tema, ma è la ricerca del miglior senso compiuto della frase che a volte mi (ci) frega. Avevo scritto ... ma l'errore è alla portata di tutti (coordinata alla principale), poi ho corretto quel ma con un sebbene (concessivo) che mai e poi mai desidera affiancarsi all'indicativo- Quando ho riletto il post già pubblicato, ho frugato nel cassetto dove tengo ancora la matita rossoblu (come la maglietta del Cagliari) e il finale è già noto.
RispondiEliminaCaro Paolo ecc. ecc., avevo capito già prima e ti ho detto che mi sei simpatico, per quello che vale.
Ora mi dici pure che hai lo stesso sangue degli Scozzesi.
Magari arriverai a paragonare anche il kilt a is crazzonis de arroda e l'indole risparmiosa dei Sardi con la strepitosa avarizia nordica, come pure su filuferru con il whisky, ma la birra col cannonau e col nuragus la vedo dura. Vero è che essi hanno Sean Connery e noi abbiamo avuto Amedeo Nazzari, ma uno come Benito Urgu (sardu sardu) se lo sognano.
Francu, allora tiro fuori la mia matita nero-azzurra (che sofferenza!) e in blu sottolineo la somma 30+6+3 = 49 ! Ovviamente nel contesto ciò non ha alcuna influenza e nemmeno conta che a ben leggere la serie di numeri primi è particolare perché i tre numeri primi sono consecutivi 13+ 17+19 ! A volte l'ironia è così intrigante che diventa più attendibile della verità!
RispondiEliminaMi scuso, ma non vedo la risposta a Francu e non mi ricordo più cosa ho scritto.
RispondiEliminaDicevo, mi pare, che ho tirato fuori la mia matita nero-azzurra (che sofferenza proprio sul bianco-nero) e ho segnato 30+6+3 = 49!
Il tema comunque non era sulla solitudine dei numeri primi, quanto che mi accorgo che l'ironia è spesso più intrigante della realtà
I maestri, come si vede, esagerano: non sbagliano di uno ma, quando ci si mettono, sbagliano almeno di dieci!
RispondiEliminaBisogna riconoscere però la motivazione dell'errore: il 39, nella Smorfia, è il cappio al collo. Non riesco a sopportare che nella camera principale del nuraghe o nella sala riunioni si convivesse con l'impiccato.
Da Francesco a Franco su Francu, il quale non manca un congiuntivo senza motivo. Francu non ce lo viene a spiegare gratis e ride sotto i baffi, ma secondo me almeno quel contatto onirico con uno scriba nuragico che nega di avere è possibile che ce l’abbia. Postando un commento non può ricorrere agli aspetti formali della griglia di Sassari per scrivere celando, non può farlo per ragioni tecniche (nemmeno può ricorrere all’obliquità, per esempio). Ma una particolare forma di malizia scribale, a ben vedere, ha mostrato di poterla usare sotto i nostri occhi distratti: la scrittura (così potrebbe chiamarsi) “coerente”, in cui si fa quello che si scrive, in cui il significato del segno è sostenuto dal modo in cui il segno si realizza, dalla sua foggia. Quando perciò scrive “sebbene l’errore è alla portata di tutti” sta coerentemente producendo come effettivamente l’errore sia alla portata di tutti.
RispondiEliminaQuanto al 49 invece del 39, qui (ahimè) c’è poco da azzeccare un garbuglio all’altezza. D’altronde, imparare che quello del 7 è l’unico quadrato frutto della somma di tre numeri primi consecutivi non è da buttar via, per chi apprezza il genere. Quindi, sì, rimarrà che la bella immagine dei 7 prinzipales dai 7 cantoni vicini (che in occasione dei loro consigli appendevano insieme, ritualmente, le loro 49 berritte) non ha fondamento, ma tutto sommato noi a Francu perdoneremo non 7 volte, ma 77 volte 7.
Non resta che provarmi in una forma di scrittura coerente, firmandomi: un claqueur.
Francesco, Franco e Francu, non avete tenuto in debita considerazione che 7 al quadrato da come risultato 49. E qui davvero si insinua la numerologia, altro che numeri primi, dobbiamo parlare dei "primi" numeri: 1, 2, 3, 4, 5, 7, 9, 12.
EliminaSandro non ho capito perché non consideri fra i primi numeri 6 o 8..
RispondiEliminaFra i numeri che da Francu, Francesco che parla di foggia di come il segno si realizza (e qui tutti usiamo il Courier) e che si firma claqueur (mai pensato, caso mai spaccapalle), il sottoscritto che s'impegna a trovare le possibili somme di numeri primi che danno 49 mi pare di poter dire che questo post sarà archiviato come surreale. Per la completezza manca l'ultimo commento di Paolo Sanna Caria Felice Carta e dell'irruzione supersonica e radiosità stellare di Starfighter. Da incorniciare!
Non far finta di non capire la correlazione numerica di carattere nuragico (usata in modo scherzoso ben inteso), del 49 che essendo 7 al quadrato significherebbe santa forza e da lì gli altri numeri con valenza sacrale solamente enumerati.
EliminaProf. Làner,il mio nickname non ha nulla a che fare(perlomeno nelle mie intenzioni) col famoso caccia F-104 Starfighter.Starfighter significa letteralmente "cacciatore di stelle",e se lei avesse almeno l'umiltà di leggere i titoli dei miei primi video-slideshow caricati su Youtube capirebbe il motivo.La saluto
RispondiEliminaI cacciatori di stelle hanno in genere molta pazienza, abbine pure con Franco, lui scherza e fa battute, lo ha fatto pure con me, risultato? Mi ha dato modo di spiegare, non a lui che non né ha assolutamente bisogno, ma a tutti coloro che ci seguono, perché usare uno strumento di altissima precisione per definire un oggetto estremamente impreciso.
EliminaNon sono così suscettibile(credo di avere un discreto Humour),un po' pignolo certamente si.Ho solo voluto precisare.Comunque Làner è un po' "comporacertus"(attaccabrighe),e non capisco perchè.
EliminaMa sì, per conto mio quoto il prof. Laner e accetto pure che stigmatizzi, tra quelle degli altri, le mie pecche. In aggiunta ho qualche scrupolo per il contagio che egli stesso dice derivargli dalla malattia del blog. Così, se anche può sembrare un orco, non mi convince affatto che lo sia; un po' lo vorrà sembrare e un po' si tratterà dei segni di quel contagio. Concordando sul post surreale, però, è il caso di dire: salviamo l'orco dall'orchite (contagiosa).
RispondiEliminaHo altri limiti, Cacciatore di stelle, non sono su facebook e robe simili. Sto aspettando che vinca chi usa la penna d'oca... Anche i blog mi vanno stretti. Il tutto per il semplice motivo che sono vecchio, pigro, imbranato, però godo quando posso parlare con qualcuno, sapere chi sia, cosa fa, guardarlo negli occhi, confrontarmi, prenderci per il culo, perché condividiamo inevitabili limiti. Come e cosa scrive chi non conosci è importante, ma è solo un aspetto dei rapporti interpersonali. La vita è fatta di ben altro. Ad un amico perdoni una sciocchezza, perché capisci, per chi non conosci è più difficile. E una piccola verità di un amico è esaltante. Viceversa, se non conosci, è indifferente.
RispondiEliminaMi stai dicendo che sei bravo e che dovrei aver l'umiltà di guardare la tua produzione. Resterai bravo anche senza il mio consenso, se lo sei davvero. E, con sincerità, sapere che ci sono giovani (ecco, non so nemmeno l'età) che valgono, in Sardegna o in Italia, mi si allarga il cuore, perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza ed impegno. Forse dopo tanti anni di studio (non archeologico, di cui conosco un infinitesimo) forse sono riuscito a scrivere mezza pagina che valga la pena di leggere e proporre qualche piccolo ritrovato tecnologico che fa risparmiare fatica in edilizia o far guadagnare qualcosa a chi mi ha dato la possibilità di ricercare. Forse ho avuto la possibilità di affacciarmi sulla finestra che da sul prato del vicino e ammirare cose belle, intelligenti, anche se non le possiederò mai. Chi è più fortunato di me?
Per favore però non confondere con attaccabrighe chi rompe le scatole e dice la sua su di un blog, luogo per me deputato a questo esercizio. Altrimenti per discorsi sui massimi sistemi ci sono altri strumenti. Con ciò non mi si fraintenda, intendo rompere le scatole con logica, non con buonismo o superficialità, altrimenti deprezzerei la discussione sui vari argomenti. Forse in questo senso ingoierò la definizione di salotto e cercherò di entrarci col vestito delle feste, per non perdere il contatto con diversi personaggi che l'hanno fatto diventare tale.
Ben dice Franco con un piede in Italia ed uno in Sardegna: “E, con sincerità, sapere che ci sono giovani (ecco, non so nemmeno l'età) che valgono, in Sardegna o in Italia, mi si allarga il cuore, perché abbiamo bisogno di tutta la vostra intelligenza ed impegno.” riprendendo e facendo sua una frase di un grande politico italiano che sacrificò la propria vita per difendere il proprio pensiero. Frase che pronunciata in questo contesto, svincolata da tutti gli attributi politici, sociali e territoriali, che la legittimarono, rivolta da un Sardo ai Sardi in primis, ma a tutti coloro che amano questa terra e auspicano che la sua storia e la verità riemerga dal buio del tempo, suona come una sveglia; ed un nodo alla gola mi viene ogni volta che nel pensiero la pronuncio:
RispondiElimina“Istruitevi perché abbiamo bisogno di tutta la nostra intelligenza.
Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo.
Organizzatevi perché abbiamo bisogno di tutta la nostra forza”.
Antonio Gramsci
Ho fatto il '68. La frase di Gramsci è riemersa sopra, perché allora era nel cuore di tutti noi e mi è rimasta. L'ho fatta mia, rubandola. Come vorrei essere ladro di queste cose!
RispondiEliminaÈ bella e certamente condivisibile (tra noi, figuriamoci) la menzione di Franco Laner ai personaggi da lui conosciuti e stimati che, concede, hanno fatto diventare (anche, aggiungerei, e a volte) salotti i blog sui quali nel tempo con loro si va confrontando. Ma, appunto, questa storia del salotto, emersa ai tempi di Monte Prama soprattutto per l'affetto nei confronti delle signore ospitanti e l'apprezzamento della loro cura, non corrisponderebbe alla definizione che i più accetteremmo -così come non piaceva fino in fondo alle suddette signore, tenute peraltro ad accettare con cortesia i segni di considerazione. Più volentieri si è parlato, non di rado, di tinello, stanza assai meno formale; magari non un tinello, dalla padella alla brace, con piccole cose di cattivo gusto, ma uno in cui si può ricevere continuando a lavorare e coinvolgendo, a volte, nel lavoro.
RispondiEliminaE in questi tinelli, l'avevo già sottolineato, l'accesso è libero, senza pre-filtri, al contrario di quanto si deciderebbe a volerne fare un salotto ovattato e formale (potrei citare, di nuovo, proprio Archeologia Nuragica, il blog di Mauro Peppino Zedda, dove i commenti inviati nemmeno risultano pubblicamente in attesa di moderazione e possono essere cestinati senza una parola solo perché non graditi; senza che Franco, sono sicuro, ne sappia niente).
Perciò, Franco, lascia perdere questa esagerazione del vestito delle feste ed entra, come hai sempre fatto (e come tutti), col vestito che ti viene. Magari, in questi giorni, con un vestito delle feste del carnevale veneziano ... o è proprio a quello che ti riferivi?
Quanto a quella frase di Gramsci, questa estate mi hanno regalato una maglietta (una T-shirt) su cui dovevo far scrivere una frase a mia scelta, e la frase è quella.
Nel blog di Mauro mi trovo benissimo, mi trovo a casa e poi possiamo mandarci a remengo reciprocamente senza remore, ma quando condividiamo oggetti e obiettivi, ce la mettiamo tutta, lui più di me! Sul suo carattere? Solo un folle potrebbe pensare di cambiarlo. Ma a me intriga più la lampadina che si accende e che rischiara. Ogni tanto, andiamoci piano! Su come gestisce il blog davvero non ne so più di tanto, ma conoscendolo, se non gli va un argomento, lo cestina senza pensarci troppo. Non si mette problemi di tatto, è schietto, testardo, molto sardo! Io lo stimo. Anche perché penso alle conseguenze. Sua madre Teresina, santa donna (mai aggettivo fu meglio coniato) prepara dei piatti che non hanno pari. Tanto basterebbe per farmi abiurare!
RispondiEliminaMi spiace che Làner si sia offeso per così poco. Noi sardi(non solo anagraficamente parlando) ,quei pochi autentici rimasti(purtroppo in via di estinzione),abbiamo una spiccata propensione all'autoironia(forse da mettere in relazione al famoso “riso sardonico”),e l'uso di termini come “comporacertus”,”stròllicu” (ecc) è normale,di ordinaria dialettica,anche rivolti a persone che non si conoscono. Avrei forse dovuto immedesimarmi nella mentalità di un veneto.Equiparare l'anonimato al nickname è un errrore,e quando l'ho invitato a leggere almeno i titoli dei miei video-slideshows non era certo per dimostrargli la mia “bravura”(non mi può fregar di meno).Lei, Làner, è persona colta,intelligente e arguta(non è solo retorica vuota,mi creda),e sono convinto che(“ossessionato” dall'anonimato-in realtà da un nickname) abbia cercato sul web, e sapesse del perchè io avessi scelto quel nickname. Perciò sono convinto che le sue frequenti battute gratuite,scontate,sul mio nickname distorto, nascano dalla non abbondanza di argomenti validi da contrapporre. p.s. : anch'io rifuggo dai blog-salotto,e questo non lo è affatto
RispondiEliminaSTARFIGHTER658 ha ragione a dire che questo non è un salotto. Io lo immagino come una sorta di “banchetto” organizzato ai confini del mondo, dove tutti noi ogni giorno ci diamo appuntamento, ognuno alla ricerca di quel che gli serve e quel che gli piace, portando con se il proprio pranzo al sacco, come “quasi” tutti gli altri d’altronde. Che mai manchi il fiasco del vino, quello buono, che quando è il momento lo si offre a tutti, anche il formaggio magari, ma quello lo assaggiano in pochi, spalmato sopra una fetta di pane casereccio. Il resto di quei “quasi” invece non solo non porta nulla da offrire, ma rimane fuori affacciato alla finestra e guarda schifato, vedendo saltellare quei vermiciattoli che si allenano a volare, non sapendo quei vermetti, che mai spiccheranno il volo da quel pane casereccio e non sapendo che prelibatezza si perde il resto di quei “quasi”, mentre sgranocchia cracker e beve acqua tiepida; gli altri, divertiti festeggiano, mangiano e bevono. Naturalmente nella comitiva c’è sempre quello che cerca di far passare il proprio vino per il migliore e s’arrabbia se qualcuno storce il naso, altri ancora portano quel che hanno, magari solo la propria presenza, il buon umore e la voglia di stare con gli altri. L’importante è che ognuno porti con se un pizzico di sale.
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