sabato 14 ottobre 2017

Settimo San Pietro. Nel graffito di Cuccuru nuraxi il segreto della funzione dei pozzi sacri. Il calendario sacro della primavera e la potenza sessuale taurina astrale dell’androgino yh.

 Gigi Sanna
figg 1  e 2

  Così scriveva (1) E. Atzeni  più di trenta anni fa: [Il pozzo] conservava, su un piano inclinato fangoso ed essiccato, tra la ghiera e la parete sotto il vano di scala, il disegno riprodotto a Tav. VII, graffito a V e raggi obliqui laterali, forse un segno sessuale femminile di valore simbolico magico-religioso.

    Il passo con la foto dell’archeologo è stato ripreso alcuni anni fa (28 luglio 2013) in Monte Prama Novas, il blog Monte Prama, con la chiara speranza che qualcuno, prima o poi, intervenisse a commentare il ‘disegno’ graffito. Ma per ora nessuno, da quanto sappiamo,  si è sentito d’aggiungere altro rispetto a quanto scritto dall’Atzeni. Quindi, per l’archeologia ‘ufficiale’, le incisioni sull’argilla del pozzo sarebbero costituite da:
  1. Delle ‘V’ con raggi obliqui laterali
  2. Da un ipotetico ‘segno’ sessuale femminile di valore simbolico magico religioso.
   Vediamo di analizzare per benino ‘tutto’ il graffito, a partire dalla collocazione dei segni che è organizzata, a scopo di separazione sintattica, con schema ad ‘U’ o taurino (i due grandi segni obliqui e curvilinei).
  Le parti significanti sono in tutto tre: la prima in alto a sinistra, la seconda in alto a destra e la terza in basso tra le altre due.

  1. Il primo significante. Le consonanti yod ed hē agglutinate. L’iterazione logografica.
   E’ costituito, come dice giustamente l’Atzeni, da segni a ‘V’ e da ‘raggi’ obliqui. Ma la descrizione è insufficiente, non basta, quasi depista perché i segni non vanno separati; non sono otto ma quattro e vanno a formare dei caratteristici motivi cosiddetti a ‘forcella’ che risultano  chiaramente agglutinati. Vanno a formare cioè delle note consonanti nuragiche  con valore fonetico di ‘yod’ ed ‘hē’ che, per la loro legatura, formano un segno solo (2). Detti ‘yod’ ed ‘hē’ sono segni tra i più importanti del nuragico in quanto notano il nome di YH (YHWH). Quindi abbiamo come primo significante il segno doppio del dio nuragico androgino, attestato in tutta l’Isola in documenti in ceramica, in pietra ed in bronzo (figg. 3 -4 -5 -6 -7-8 ).

       

  
  I quattro segni legati (le ‘V’ rovesciate sono tutte interconnesse), aprono, attraverso l’espediente dell’iterazione logografica (3), il significato della scritta che procede, quanto a lettura, da sinistra verso destra e da qui verso il centro in basso. Esso è ‘ forza (quattro) di yh’(I Λ > Y )

2. Il secondo significante. La numerologia. 
   Il secondo significante è costituito da due gruppi di tre segni obliqui di dimensioni differenti dei quali il primo sta al di sopra dell’altro. Ciò non è senza significato perché si vuole indicare un ‘tre’ più grande’ e un ‘tre’ più piccolo dato che il segno verticale (o obliquo) ad asta nota l’unità (4), il numero 1. Il tre + tre ha valore notevole nella numerologia nuragica perché è l’essenza della divinità che ciclicamente, giorno dopo giorno, dona la luce sulla terra. Nell’articolo precedente postato nel blog (5) abbiamo visto, con una apposita tabella, che il numero ‘sei’ in etrusco è manifestazione ciclica del sole e della luna ovvero della divinità androgina TIN/UNI. Nel nostro caso la divinità ‘sei’ o l’androgino tre/tre è YH, nome questo che, riportato secondo i segni schematici ‘I’ e ‘Λ’ (quelli che si sono visti prima), rendono il sesso maschile e quello femminile. Il dato lo ricaviamo con certezza dalla testimonianza del coccio di Allai (6) che rende l’androgino (figg. 9 -10 -11) non solo pittograficamente (il di sopra femminile e il di sotto maschile) ma anche attraverso i segni schematici lineari (yod, hē, waw e, forse, una seconda ).

      Figg. 9 -10 -11

   La simbologia del ‘sei’ in nuragico per via documentaria è cospicua e si può vedere anche dai seguenti documenti (figg. 12 -13 -14), alcuni dei quali mostrano, in modo sorprendente, il valore scrittorio e non solo  ‘decorativo’ delle sei colonne presenti negli antichi tempietti sardi ad antas (7) ovvero il valore fonetico del tre maschile e del tre femminile (8).

   
Figg. 12 -13 -14

         figg. 15  -16 -17

  Abbiamo anche affermato altrove (9) che il sei ciclico altro non è che lo stesso tre ciclico, ovvero l’essenza primaria della luce del dio. Anche in Etrusco dire tre o dire sei è la stessa cosa. Infatti, il sei è l’articolazione doppia di una unica unità luminosa (sole -luna). Non è un caso che la raffigurazione singolarissima del tempio ad ‘antas’ (colonne), presente nella chiesetta di Santu Bachis di Bolotana (fig.15), tempio di forma fallica come quello di Samugheo, mostri tre colonne invece di sei. Come non è un caso che il coccio di Sa serra ‘e sa fruca di Mogoro (10) mostri, prima della sequenza s‘an IL (santo Il: yhwh), il numero tre riportato nella stessa identica maniera (fig.16) del battuto argilloso del pozzo di Cuccuru Nuraxi. Maniera che ancora ricorda, ‘stranamente’ (ma direi non troppo), per somiglianza dei tre segni obliqui orientati a sinistra, il segno numerico del noto documento israeilitico in proto sinaitico - protocananaico di Timna  (fig.17) pubblicato dal Wimmer (11). Per citare un altro documento esterno, aggiungiamo che la stessa punta bronzea di freccia palestinese, proveniente dal mercato clandestino e messa all’asta in America per pochi soldi (12), possiede,così come nel documento lapideo di Samugheo, un inequivocabile numero tre ( indicatore della divinità) formato dalle unità a puntino e non ad asta (13).   

3. Il terzo significante. Il pittogramma agglutinato al segno schematico lineare. Il toro che dà la vita.   
   Il terzo significante si risolve con non troppa difficoltà grazie alla bravura dell’archeologo (o di chi per lui) che ha trascritto con molta precisione i due segni. Di essi uno è manifestamente pittografico (il segno del bue o del toro) pur nella sua schematicità e l’altro invece è lineare, costituendo la lettera ‘hē’ protocananaica ‘a pettine’ della nota iscrizione (14) di Izbet Sartah (fig.18) orientata a sinistra e non a destra. Detta lettera è attestata in un altro bel documento nuragico proveniente da Barisardo (fig.19) che conosciamo da  tempo e di cui abbiamo riparlato recentemente (15) a proposito della relazione di segni con un certo documento etrusco di Tarquinia  (fig. 20) che riporta in modo radiale stellare il sei ciclico astronomico di TIN/UNI (SOLE/ LUNA).

     

figg. 18 -19 -20                                                                                                       
4. Il requisito della LOXOTHS (λοξότης) ovvero dell’oscurità ed ambiguità dei segni.  


    Resta da aggiungere che, sul piano epigrafico, non si può non notare che il documento di Cuccuru Nuraxi presenta in tutte le tre parti dei segni manifestamente obliqui, ambigui, λοξοί. Su di essi e sulla natura dell’obliquità abbiamo parlato più volte e in particolare nella trattazione del tardo documento nuragico fittile custodito nel Museo Arborense di Oristano (16). L’obliquità è chiaro avvertimento scribale di rebus, di notevole difficoltà di lettura e dell’esigenza quindi di un particolare sforzo intellettivo per interpretare lo scritto. Se i cosiddetti ‘raggi’ dell’Atzeni altro non sono che delle yod, vorrà dire che anche il segno ad asta obliquo, ovvero l’ultimo segno del documento,  dobbiamo interpretarlo: non come numero uno ma come consonante ‘yod’.
  Ponendo ora in ordine di lettura (e in ordine sintattico) tutti i segni graffiti avremo:
4 yh // sei // toro che dà la vita .Per quanto si è detto circa i valori fonetici di tutti i significanti, otterremo in lingua semitica: ‘oz (forza) yh šš ’alp hy עזיהששאלףהי.
forza di Yh // sole/luna // toro che dà la vita.
Per comodità espositiva ed esplicativa offriamo la seguente tabella:           
 
5. Un rebus nel rebus. Perché questa scritta ‘obliqua’ nel pozzo sacro di Cuccuru Nuraxi?

   Un rebus nel rebus. Tentare di capire il perché lo scriba architetto - sacerdote ha posto quella scritta obliqua presso la ghiera (vera puteale) del pozzo è molto difficile. Ma forse non impossibile se usiamo tutte le nostre conoscenze di oggi sui ‘segni’ del nuragico e teniamo sempre presente il dato che per gli scribi architetti  nuragici fare, costruire, un monumento voleva dire anche scrivere un monumento.  Domandiamoci allora: che c’entra l’esaltazione della forza del dio soli - lunare yh? Che c’entra quel sei astrale? Che relazione ci può essere tra esso e il pozzo? Io penso che la risposta vada ricercata in un certo evento, quello che, dalle ricerche in corso, sembra accadere costantemente in tutti i pozzi sacri. Infatti, dall’anastasis del pozzo sacro di Santa Anastasia di Sardara oppure da quella del pozzo di Santa Cristina di Paulilatino sembra avere particolare significato il raggio riflesso del sole che, in un determinato periodo dell’anno, entra (scende) nel pozzo attraverso la scala. Esso, come scopre e scrive Sandro Angei, allude ai giorni primaverili della maturazione del grano, a quei giorni cioè dove la terra irrigata (bagnata) inizia a mostrare sempre più la spiga sana e soda che promette un ottimo raccolto (17). Il pozzo assume il significato di un calendario astronomico sacro dove gli astri (il tre + tre della scritta) taurini, il sole e la luna, in primavera danno la vita. L’acqua è fonte primaria di vita per il creato. E in Cuccuru Nuraxi, come in tutti i pozzi sacri dell’isola, si celebravano i riti dell’acqua (fig. 21), dell’ emento ‘liquido’ che, non si dimentichi, appartiene simbolicamente sia al padre che alla madre, cioè sia al sole che alla luna.

 fig. 21 (da Atzeni)

    E’ il fenomeno liquido della ‘rinascita’ e della rigenerazione in terra che avviene tramite  l’accoppiamento annuale dei due astri. Come sappiamo ormai con sufficiente certezza dai pozzi sacri nuragici di Santa Anastasia  di Sardara e di Santa Cristina di  Paulilatino, anche in Cuccuru Nuraxi il raggio solare, attraversando la scala, si rifletteva nella superficie dell’acqua (che allora certamente raggiungeva il colmo (la vera) del pozzo); esso andava a sollevarsi (anàstasis: simbologia fallica) e  quindi a fecondare, con uno ‘schizzo’ celeste che penetrava e dava la vita al ‘buio’, l’elemento femminile (lunare) simbolizzato dalla tholos (18). Non sfuggano, per una più completa interpretazione del fenomeno celeste e terreno assieme, la bella circolarità della ghiera del pozzo, simbolo della luce e la stessa forma fallica della ‘canna’, ovvero il contenitore dell’acqua in potenza. Nel vano del pozzo si trova così ‘disegnato’ in modo monumentale, a schema MF, il momento statico e non ancora dinamico dell’atto sessuale: parte maschile sotto e parte femminile sopra. Sarà solo nel punto dinamico giusto del corso ciclico solare, con il simbolico toro focoso muggente primaverile, che avverrà il processo di fecondazione ad opera dell’androgino taurino, grande padre e grande madre assieme.

  La presenza della scritta inneggiante alla ‘forza divina del sole e della luna che danno la vita’ forse può intendersi così. Il graffito sul battuto 'fangoso' (argilloso?) altro non sarebbe (19) quindi che la spiegazione (ma sempre oscura,‘sacra’ e quindi a rebus) più particolareggiata del significato della scritta monumentale metagrafica del pozzo e, quindi, di tutti i pozzi sacri; pozzo però dove l’acqua sorgiva viene più esplicitata e spiegata, come elemento ‘maschile’, con il singolare disegno della canna.       

Note ed indicazioni bibliografiche 
1. Atzeni E, 1986, Il tempio a pozzo di Cuccuru Nuraxi: Settimo S. Pietro - Cagliari (nota preliminare), in La Sardegna nel Mediterraneo tra il secondo e il primo millennio a.C., Atti del 2° convegno Un millennio di relazioni fra la Sardegna e i paesi del Mediterraneo, Selargius-Cagliari,  27- 30.11.pp. 279-297. 
2. Si noti però che il segno, da solo, non disarticolato, può essere considerato come acrofonia di yh (yhw, yhwh). E così, penso, bisogna ritenerlo in alcuni documenti. La tavoletta A3 di Tzricotu di Cabras ad es. (v. fig. 3) manifesta al centro due 'yod' che vanno ad affiancare la 'yod' ad asta verticale in modo da dare di seguito  'tre' magici segni criptati della divinità (yhwh).   

3. Sull’espediente di scrittura, usato anche dall’etrusco, si veda da poco Sanna G.,  2017, Amuleto aureo etrusco da Bolsena in scrittura metagrafica. La forza ciclica immortale della luce di Tin e di Uni. L’iterazione logografica e la numerologia mutuate dal nuragico; in Maymoniblog (4 ottobre).

4. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, 5. In numeri in nuragico. Numeri sacri e simbologia, pp. 111 -131, PTM ed. Mogoro.  
5. Sanna G.,  2017, Amuleto aureo etrusco da Bolsena in scrittura metagrafica. La forza ciclica ecc. cit.

6.  Sanna G. , 2015, YHWH in pittografia? Gerusalemme versus Sardegna, in maymoni blog (6 settembre) 

7. ‘Anta’ in lingua sarda odierna significa ‘appoggio’, ‘sostegno’ (anche in senso traslato), ‘stipite di una porta’ (Wagner DES, a cura di G.Paulis), p.103), ma una volta aveva il  sicuro significato di  ‘pilastro’, ‘colonna di un tempio’. Si ricordi il notissimo tempio di Antas (ad Antas) di Fluminimaggiore  con la scritta del Sardus Pater BBY e, ancora,  la località Pranu Antas di Allai dove un tempo esisteva un grande tempio nuragico a colonne le cui pietre servirono, nel tempo, come materiale da costruzione per le case e gli edifici religiosi del paese. Pare che il ciondolo di Allai (v. Sanna G. 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione, ecc. cit., 1. Definizione di scrittura nuragica. pp. 20 -23) con la dicitura in caratteri fenici arcaici  ‘bd’ ’ab šrdn (io sono il servo del padre signore  giudice), provenga dal luogo de 'su pranu' in cui una volta sorgeva il tempio della divinità šrdn (yhwh).   

8. V. Sanna G., 2016, Tarquinia. L’ancora della salvezza e il sostegno della luce di TIN /SOLE e di UNI /LUNA. Il greco - cipriota? Non c’entra nulla. Semmai il semitico nuragico di Barisardo, in Maymoniblog (15 dicembre)


9. Sanna G.,  2017, Amuleto aureo etrusco da Bolsena in scrittura metagrafica. La forza ciclica, ecc. cit.

10. Per la sua tormentatissima storia come documento ‘reale’ si veda Pintore G.,2011, La storia del coccio di Mogoro secondo Marco Minoia; in gianfrancopintore blog (24 gennaio).

11. Wimmer S.J., 2910,  A Proto- Sinaitic Inscription in Timna/Israel:New Evidence on the Emergence of the Alphabet, in Journal of Ancient Egyptian Interconnections, 2.2 pp. 1 -12. In detta iscrizione però per lo studioso tedesco   il segno del ‘tre’ sarebbe da associare  ad un del tutto improbabile, non certo chiaro (al contrario dei due segni superiori, molto marcati), segno verticale che darebbe così  origine ad una ‘ḥet’,  consonante ritenuta di influsso ieratico egiziano (p. 6). La non conoscenza e la stranezza del segno con tre aste oblique lo porta ovviamente a ricercare, in qualche modo, una qualche ascendenza e a proporre quindi un simbolo di scrittura  del codice  protosinaitico (il documento sarebbe ascrivibile a detta tipologia di scrittura)  sinora del tutto sconosciuto agli studiosi.

12.  Stella del mattino e della sera, 2010, Iscrizioni arcaiche vendensi; in gianfrancopintoreblog (25 giugno); Sanna G., 2010, Una freccia quasi šrdn? O addirittura šrdn? in gianfrancopintore blog ( 30 giugno). 
13. V. bibl. nota 4.

14. M. Cochavi, 1977, An Ostracon of the Periodo of  the Judges from Jzbet Sartah, in Tel aviv, 4, pp. 1 -13;  Garbini G., 1997, I Filistei. Gli antagonisti di Israele, Rusconi Milano, X, p. 248

15. V. bibl. nota 8.

16. Sanna G., 2016, Antiquarium arborense di Oristano. La tarda scritta nuragica tharrense della luce salvifica per il figlio (non nominato) di Yhwh. Il 'segno' complesso della λοξότης (obliquità), in Maymoniblog (26 gennaio).

17. Angei S., 2016, Sincretismo religioso tra nuragico e romano. La porta luminosa e l’architettura della luce (1 -7); in Maymoniblog (14 marzo). Per il pozzo sacro di Santa Anastasia di Sardara, già studiato astronomicamente dall'architetto Borut Juvanec, v. ancora Angei S., 2017, Il pozzo sacro di Santa Anastasia di Sardara; in Maimoniblog  (4 settembre).   

18. Dato assai interessante per ‘leggere’ architettonicamente non solo il pozzo sacro ma  lo stesso nuraghe. La sala grande del tempio , la hykl (היכל) biblica, sembra costituire dunque l’elemento ‘femminile’ del complesso fallico taurino. Non è certo una caso allora che la luce taurina solare (che si trasforma -basta osservarla - lentamente da toro in ‘fallo’) durante i giorni a cavallo del 21 Dicembre, cioè nel giorno della nascita del sole,  ‘penetri’ nella hykl del Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu.

19. Naturalmente il ‘forse’ e il condizionale d’obbligo da noi adoperati potranno essere del tutto rimossi e la presente nostra interpretazione verificata come positiva sia con il ricorso alla disciplina dell’archeoastronomia , grazie agli strumenti appositi  di cui si serve l’Angei per calcolare, in modo matematico -scientifico, l’evento ciclico solare sia con i dati empirici se, con il sollevamento dell’acqua sino al colmo, si riesce ad ottenere il magico raggio annuale riflesso nella parete della tholos  ovvero l’anastasis. E’ da un certo tempo che si è appurato  che l’ archeoastronomia e l’ epigrafia vanno  d’accordo nell’interpretazione dei dati archeologici, quasi o del tutto muti questi senza l’ausilio di esse. Un ‘toro della luce’, osservabile archeologicamente (Murru Mannu di Cabras, Maimoni di Cabras, Nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu, Nuraghe Zuras di Abbasanta, Nuraghe Toroleo di Paulilatino, ecc.), resta una mera ipotesi così come il ‘raggio’ di luce riflessa del toro stesso (Santa Cristina di Paulilatino, Santa Anastasia di Sardara, Cuccuru Nuraxi di Settimo san Pietro, ecc.) se non vi è la rivelazione di  ‘verità’, confortata dai dati della scienza epigrafica e di quella archeoastronomica. E ciò semplicemente perché i nuragici non solo erano formidabili costruttori ma anche raffinati e fantasiosi scrittori e peritissimi astronomi. Tanto lo erano che spesso i monumenti (come quello di Cuccuru Nuraxi e quelli  su menzionati) erano un ‘prodotto’ sofisticato  di religio dei tre aspetti delle tre discipline scribali (forse le più importanti della scuola). Non si poteva prescindere da nessuna di esse. Insomma, fare un monumento sacro voleva dire non solo costruirlo ma anche orientarlo e scriverlo.           


APPENDICE 


Particolare


21 commenti:

  1. Caro Sandro, forse avrei dovuto aspettare le tue misurazioni (ma quando, in un monumento praticamente blindato e inaccessibile se non agli addetti ai lavori?) prima di pubblicare l'articolo. Ma rischio, voglio rischiare, così come ho fatto per la scritta di Murru mannu di San Giovanni del Sinis (Tharros). Lì i dati epigrafici sono stati confortati, come tutti sanno, dalla tua bella scoperta 'calendariale' sulla primavera del grano. E si è gioito per la verifica e la perfetta consonanza delle due discipline. C'era una certa 'porta' (sh'ar) religiosa scritta in maniera monumentale che ha annichilito tutte le ipotesi balzane (davvero fantaarcheologiche) circa l'opera di fortificazione accreditata dall'archeologia cosiddetta 'ufficiale'. Ora la domanda che ti faccio è questa: riusciremo in tempi brevi (o, perlomeno, non troppo lunghi) a sapere se anche in Cuccuru Nuraxi c'era, confortato da dati archeoastronomici, il fenomeno ciclico primaverile dell'anastasis? Come si fa a saperlo empiricamente dato che dalle figure dell'Atzeni mi sembra di capire che il livello dell'acqua nel pozzo è molto più basso? Osservando bene la fotografia del pozzo con la scala che porta diritta diritta alla singolare ghiera mi sembra di poter dire che le due parti della struttura siano in relazione 'assiale' (si dice cosi?) tra di loro. E' così? Hai per caso altri dati che ci possono confortare su detta relazione?

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  2. Certo che l'archeologia "ufficiale" non è molto presente nella ricerca della verità della storia sarda......e nonostante le nuove scoperte e teorie,continua a fare orecchie da mercante.....Grazie per quanto fate e per il coraggio con il quale divulgate la vostra conoscenza.

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  3. E' difficile estrapolare dati senza misurazioni e verifiche sul posto.
    Però, da ciò che si può evincere dalle pubblicazioni e dalle immagini che riportano il pozzo in sezione, si può escludere che all'interno della camera a tholos si verificasse in un qualche momento dell'anno una ierofania con anastasis solare; infatti, a prescindere dal fatto che il pozzo fu realizzato sotto una torre periferica del nuraghe che lo sovrastava; l'orientamento della scala d'accesso alla tholos esclude qualsiasi ierofania all'interno della camera (misuro un azimut di circa 338° relativo all'asse longitudinale del fabbricato moderno che protegge il pozzo e la scala d'accesso; e benché quest'ultima possa avere orientamento diverso dall'edificio suddetto, non penso si discosti di troppo da quell'azimut). Basti pensare che l'azimut massimo che può raggiungere il sole è quello di poco più di 300° al tramonto del solstizio d'estate.
    Il pozzo sacro di Cuccuru nuraxi per questo particolare orientamento è equiparabile a quello di Is Pirois di Villaputzu, che è orientato approssimativamente ad un azimut di 330°.
    Per tale ragione si potrebbe ipotizzare un uso del pozzo legato a riti da praticare in luogo oscuro.
    Studiando attentamente il disegno della sezione del pozzo di Cuccuru nuraxi (pensando e sperando che Enrico Atzeni abbia riportato fedelmente i particolari nel suo disegno – si veda immagine su https://annavercors.wordpress.com/2012/08/12/cuccuru-nuraxi/ ), si potrebbe ipotizzare una “anastasis”, ammettendo però l'utilizzo di una luce artificiale. Ci sono infatti dei particolari nel disegno di sezione del pozzo che lasciano pensare che la superficie della camera fosse colma d'acqua, almeno in certi periodi dell'anno, e che la ghiera del pozzo servisse quale artificio di troppopieno. In sostanza l'acqua in esubero che affluiva all'interno della tholos defluiva all'interno del pozzo, garantendo con questo accorgimento un livello stabile della superficie liquida.
    In quella circostanza una potente fonte artificiale di luce avrebbe potuto proiettare i raggi luminosi sulla superficie dell'acqua in modo da creare una immagine riflessa di una qualche forma, con al centro un cerchio scuro dato dall'orifizio della ghiera, che evidentemente essendo uno spazio vuoto non può riflettere la luce.
    Solo una ipotesi e forse balzana se non addirittura impossibile al lato pratico, benché in modo empirico abbia sperimentato l'effettiva riflessione sulla parete di una camera buia, dei raggi indirizzati da una piccola torcia verso un contenitore d'acqua; ma a prescindere da quanto asserito e quanto ipotizzato, l'interpretazione data al grafito non viene meno; c'è solo da inquadrarla nel rito appropriato; rito di cui si è persa la memoria ma che lo strano orientamento di certi pozzi sacri suggerisce e alcuni particolari di questo pozzo sacro fanno intendere.

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  4. Allora il 5 punto è forse da cassare. Ho rischiato e resta solo la non verificabile ipotesi di una anastasis al buio con luce artificiale. Chissa! Grazie Sandro.

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  5. E' necessario dare una risposta al perché alcuni pozzi sacri recano l'ingresso orientato in tal maniera; è necessaria molta pazienza, studio e ricerca... prima o poi lo scopriremo, anche con l'aiuto della scrittura. A proposito di scrittura voglio segnalare che nella immagine trovata all'indirizzo web fornito nel mio primo commento, E. Atzeni riporta dei grafemi nei massi all'imboccatura della scalinata e tra questi un albero della vita. Inserirò l'immagine in coda all'articolo.

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  6. Bene, l'albero della vita è significativo come 'rigenerazione' e 'rinascita'. Spesoso è associato al toro e addirittura 'scritto' su di questo (amuleto bronzeo di Villaurbana). Di alberi della vita nuragici ormai ne abbiamo non pochi esemplari, ma tutti diversi per forma (v. I Geroglifici dei Giganti). Vedremo come sarà stato disegnato questo.

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  7. In seguito alla tua risposta su di una anastasis non luminosa e quindi sostanzialmente al buio o nell'oscurità ho pensato che una 'anastasis' ci dovesse essere comunque perché il graffito mi parla di una 'forza' taurina e cioè di fecondazione ad opera del sole e di una luna fecondata. Che così sia penso che lo si possa ricavare anche e soprattutto linguisticamente perché in sardo 'canna' significa 'sorgente' ma significa anche 'raggio solare' (est bortaedie:b'at galu tres cannas de sole; duas cannas de sole a serentina, longa s'umbra 'e su crecu in sa piata). Il termine si spiega con il dato empirico, osservabile e osservato da tutti, che il sole forma delle vere e proprie 'canne' di luce che si distendono dal suo disco. Quindi 'sorgente' di Cuccuru Nuraxi e 'canna' coincidono. Una 'canna de soli' si trova all'interno del pozzo, o meglio in corrispondenza assiale del vano della camera o della tholos. Che ci fa? Evidentemente c'è il simbolo sessuale solare, quello stesso, se ci pensi, della 'canna de soli' dell'anastasis di Santa Cristina e di Santa Anastasia. E' 'sa canna de su soli', il raggio del sole che si riflette sull'acqua che determina l'anastasis e simbolicamente la fecondazione della terra -luna in primavera. C'è un 'sollevarsi' fallico luminoso. E in Cuccuru Nuraxi? Che fa 'sa canna de su soli' ('canna de soli' non presente così fatta invece in Santa Cristina e in Santa Barbara)? Anche qui mi sembra che possa esserci l'anastasis; ma stavolta il 'sollevarsi' è semplicemente dell'acqua, del liquido della fecondazione e non della 'canna' stessa ovvero del raggio del sole riflesso. In altre parole, l'acqua sorgiva (canna = sorgente), che sgorga feconda la parte superiore (come ho scritto pensando al chiaro disegno a schema MF della costruzione). Questo vorrebbe significare forse che Cuccuru Nuraxi era una volta una semplice sorgente (canna) che in un certo momento dell'anno (in primavera? Come negli altri due?) si attivava (tutte le sorgenti in misura maggiore o minore, come si sa, registrano questo fenomeno). Il 'significativo' evento liquido potrebbe essere stato sfruttato e ampliato simbolicamente dai sacerdoti del luogo in senso templare con la creazione dell'edificio femminile che suggeriva l'idea dell'accoppiamento e della fecondazione durante il sollevamento dell'acqua. Mi sembra di capire però che anche l'anastasis (certamente più sofisticata e complessa) di Santa Cristina e di Santa Anastasia avvenisse durante il sollevamento dell'acqua della sorgente ovvero de 'sa canna 'e su soli'. Forse le due anastasis coincidevano. E’ per questo motivo che nei pozzi sacri l'acqua ora si trova ora non si trova? Termino ricordando, a proposito di ‘sorgente’ come sacra 'canna', che un pozzo sacro di Cardedu ( con una bella scritta nel lastrone dell’ingresso !) in Sardegna si chiama 'Cannevadosu' (sorgente del pozzo della fortuna, della buona sorte) e che ‘Cannevadosu' ancora si chiama un nuraghe ad un tiro di schioppo dalla necropoli di Monte ‘e Prama , edificio che prendeva il nome dal pozzo che si trovava accanto.

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  8. Caspita! Sandro, da ciò che inserisci in coda quel pozzo sacro è 'tutto' scritto! E' un unicum! E i segni perlopiù sono gli stessi del graffito interno! Possibile che nessuno ne abbia mai parlato? Il pozzo sacro di Cardedu ha dei segni ma ne possiede solo tre. Qui in ogni pietra ci sono uno o due segni! Incredibile! Che sia un 'lusus' degli operai che hanno scavato il pozzo con Atzeni?

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    1. Ohi! cavoli Sandro hai ragione-non lo avevo notato. Gigi per il tuo sole-luna ti ricordo che nella tholos venne trovato anche [..]un betilino tronco-conico fallico, alto cm 13, con coppellina al vertice, attorniata da una serie di segmenti radiali e da una marcata incisione in circolo [..]
      http://monteprama.blogspot.it/2014/05/un-betilino-fallico-con-trattini.html
      Nel post c'era anche una fotografia scattata al museo di cagliari.
      Quanti fossero i segmenti radiali però non lo so, non sono riuscita a capirlo

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  9. Se fossero sei, Aba, il cerchio sui riscontri forse si chiuderebbe definitivamente. Ma le descrizioni purtroppo talvolta sono quelle che sono, ovvero molto o del tutto sommarie. Anche perché si capisce che alcuni 'segni' sono stati ritenuti irrilevanti e 'senza significato' (andazzo che si è ripetuto, purtroppo, anche di recente nella presentazione scientifica (?) epigrafica di documenti non compresi). Peccato, perché così non è del graffito che è stato riprodotto (per fortuna) con notevole fedeltà. E forse con una certa fedeltà possiamo ritenere trascritti i numerosi segni delle pietre esterne del pozzo. Lo si vedrà dall'esame autoptico, il più presto possibile. Ho calcolato che tra quelli interni e quelli esterni ci sono quasi trenta segni. Una pacchia! Alcuni indubbiamente pittografici e ideografici (numeri) associati agli altri di tipo schematico lineare. Insomma, c'è il modus scribendi in mix tipico del nuragico. E quella scritta ovviamente avrà una sua sintassi ed un significato linguistico che forse non sarà diverso da quello della scritta interna (ripetuta con variatio?) cioè del graffito insistente presso la ghiera. Quello che mi fa specie è la iterazione del segno a lineetta, il grafema del coccio di Lachish ignoto (unknow letter), sino a poco tempo fa, nel cosiddetto protocananaico, di cui discettarono Sass e Garfinkel.

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  10. si trova in Sardegna veramente un pozzo sacro di questo tipo ? ..
    pare che abbia un profondità di circa 30 metri !
    sbalorditivo !
    questa arditezza e maestria ingenieristica oggi purtroppo ce la sogniamo dato che una buona parte dei nostri antenati piu capaci partirono e fecero grandi tante altre terre quando constatarono che l`isola-giardino per varie ragioni perse i suoi avvantaggi strategici e si trasformò lentamente in una semi-trappola mal-defendibile; in certi rispetti ciò forse spiega l`arretratezza odierna.

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  11. Straordinario...nella parte superiore, ormai crollata cosa ci sarà stato? Ho visto nella pagina fb del prof.Sanna che é stata postata anche la planimetria...anche lì sono presenti dei segni. Mi sembra interessante notare che questi segni si interrompono laddove la dimensione delle pietre si riduce...

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    1. Nella tav.II sono rappresentati i conci rinvenuti dentro la tholos...ma sono privi di segni...

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  12. Ho visto Angelo. E' proprio come dici tu. E' il caso di dire che la costruzione va ispezionata per benino ....pietra dopo pietra. Quello che mi fa specie (e che ha suggerito il tenore della vignetta satirica è che si è passati sopra su quella unicità segnica con tale disinvoltura e menefreghismo informativo. Capisco due o tre segni possano non impressionare ma una costruzione, per di più sacra, tappezzata di segni! Ma naturalmente il rimprovero non va steso solo all'Atzeni. Il sostanziale 'imboscamento' di un 'unicum' non può essere frutto della decisione di una sola persona! Benedetta scrittura! Lo si può proprio dire: una scritta uno scandalo!

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    1. (Mi sono permesso di aggiungere l'immagine in coda all'appendice fatta da Sandro)

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  13. Hai fatto bene! La mia pagina di facebook non è guardata da tutti i visitatori del blog.

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  14. Angelo nella mia pagina di facebook è entrata una signora (una certa Manuela Mura) che mi ha dato la testimonianza del padre (di Settimo San Pietro) circa lo scavo del monumento. Ha portato i turisti in quel posto (del tutto abbandonato), ha sentito le campane archeologiche, ma mai nessuno, a suo dire, ha fatto cenno a quella lapalissiana testimonianza di segni (scrittura o altro che fosse).
    Ed ecco la mia risposta: 'Una bella testimonianza quella di tuo padre. Questo vuol dire che da subito quei segni furono ritenuti 'top secret'. Che di essi si doveva parlare il meno possibile. E infatti l'Atzeni fa il ...meno possibile. Non usa nè piffero nè trombetta (non dico tromba). L'ho già detto e lo ripeto. Sulla scrittura arcaica dei Sardi ogni documento uno scandalo: i sigilli di Tzricotu, le plance di sughero di Barumini, la barchetta di Teti, la pietra di Villamassargia, la scritta del Losa di Abbasanta, la rotella del Museo Nazionale di Sassari, la stele di Nora, la pietra di Aidomaggiore, l'iscrizione di Aidu Entos di Bortigali, le scritte di Orani, le scritte di Maymoni, di Narbolia, la scritta di sa serra 'e sa fruca, la scritta del Nuraghe Alvu, la scritta di Uras, la scritta del diadema del bronzetto 'musico e ballerino', la scritta della chiesa di Bosa, la scritta di san Nicola di Trullas, le scritte trascritte e riportate dal Lutzu, ecc. ecc. ecc. e ancora ecc. sino a 300 ed oltre!'.

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    1. Si...sarebbe importante anche sapere chi è l'autore del rilievo. Potrebbe essere stato fatto in due tempi? O da due persone diverse? La planimetria 'incornicia' l'area del vestibolo ed è lì che stanno compresi tutti i segni. Può essere che sia stato molto preciso nel riportare i segni della pietra (intenzionali o no che siano) a differenza del lavoro fatto nella seconda parte? Per prudenza pongo anche il dubbio che quelle 'spighe'/'alberi della vita' siano un espediente del disegnatore per rappresentare il rilievo della pietra (Credo che Sandro possa capirmi al volo se mi riferisco alle carte tecniche regionali quando si vuol rappresentare un dirupo)... ma se ci sarà l'esame autoptico questi dubbi saranno presto levati...

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    2. Non possiamo dire nulla di più. E' necessario vedere da vicino il monumento.

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  15. Dubito che nel "61 nell'organico della Soprintendenza ci fossero dei disegnatori, i rilievi venivano realizzati dagli stessi Archeologi o più probabilmente da qualche geometra. Una telefonata all'archivio disegni potrebbe dissipare il dubbio. I segni sono troppo chiari e precisi per essere scambiati per elementi grafici descrittivi del materiale. Veramente strano che l'Atzeni descriva il grafico ai piedi della scala e ignori completamente quelli sulle pietre che, perlomeno nel rilievo sembrano più evidenti.

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  16. Così sembra. Per questo urge un sopralluogo. Io ho ipotizzato una trentina di segni ma potrebbero essercene molti di più!

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