di
gigi sanna
La pietra basaltica iscritta è stata
rinvenuta, alcuni anni fa, in un sito
nuragico in località D. (1) del centro ovest della Sardegna. Così
come altre scritte su pietra, reca pochi segni - in tutto sette - dei quali
alcuni profondamente incisi e altri meno. Come ognuno può vedere sono tutti
facilmente ascrivibili al system nuragico arcaico di ispirazione semitica
protocananaica (2), ovvero a quel codice semitico siro - palestinese che
usava riportare in mix i segni fonetici consonantici , ora usando il
pittografico ora il lineare (3). I simboli grafici sono disposti su due
linee immaginarie (la seconda lievemente obliqua) con lettura bustrofedica a
partire dalla prima che risulta destrorsa. In alto si trovano due segni, uno
pittografico e l’altro schematico lineare, in basso cinque segni dei quali due
pittografici.
La sequenza è N L /
L Z K RY נללזכרי
Come si è detto e come meglio si può notare dalla trascrizione, le sette lettere sono
tutte arcaiche, compresa la yod
‘fallica’ finale, usatissima nel nuragico (4),
della quale però non sembra esservi, per ora, attestazione nella documentazione
protosinaitico - protocananaica della Siria - Palestina attualmente in possesso
degli studiosi (5).
Commento delle singole lettere:
La
prima lettera, riportata (come la successiva) con una incisione poco profonda, è un segno graffito pittografico che imita la
figura del serpente. Per convenzione, a partire dal protosinaitico, essa nota
la consonante nasale ‘n’ per acrofonia della voce semitica ‘nchsh’ נחש (vipera, serpente). La documentazione nuragica riporta ad abundantiam il segno pittografico (6) come si può vedere dalla tabella
seguente e, per esemplificazione, dalle
figg. 3 -4 -5 -6 -7 - 8.
igg. 3 -4 -5
Figg.
6 -7 -8
La
seconda lettera, ovvero la ‘lamed’, col secondo tratto non arrotondato ma
rettilineo è ugualmente arcaica (7).
Essa si è conservata a lungo nel corso dello sviluppo della scrittura nuragica
come testimonia il documento dell’Antiquarium
Arborense (fig. 6, prima lettera a sinistra) che è del III secolo d.C. (8). Può essere orientata a destra o a sinistra.
Ad esempio, nello scarabeo di Sardara (fig.9), di cui abbiamo parlato da poco
tempo (9),
il segno (in legatura dopo la ‘nun’ e insieme alla ‘yod’) è orientato a
sinistra. Si osservi ‘en passant’ la tendenza del nuragico a rendere il più
delle volte pittografica la lettera che precede la schematica ‘lamed’. Ciò non
è, a nostro parere, senza significato in quanto il ‘serpente’ allude
all’immortalità עולם e cioè all’immortalità
(10) della luce נל
La terza lettera, ovvero la prima a
sinistra della seconda linea di scrittura è una ‘lamed’ simile alla precedente
( più piccola e con i tratti leggermente più obliqui) ancora con orientamento a
destra.
La quarta lettera che può presentarsi a
sbarrette orizzontali, oblique o verticali, è, come si sa, un segno
antichissimo, che si trova già a partire dal proto sinaitico, system che alcuni
studiosi sono inclini a datare all’inizio della prima metà del primo millennio
a.C. (11).
I documenti seguenti (figg. 10 -11 - 12 -13) , a partire forse già dagli stessi
sigilli di Tzricotu di Cabras (12)
, mostrano l’uso della ‘zayn’ a doppio tratto che poi man mano evolve, così
come nella stele di Nora (13), nel segno tipicamente ‘fenicio’ con le sbarrette unite tramite il
tratto obliquo.
Figg.
12 -13
Per quanto riguarda il system nuragico notevole è stato il fatto che il segno della ‘zayn’ sia stato riportato, già a partire dagli anni venti /trenta del secolo scorso, quindi quasi cento anni fa, grazie al fondamentale lavoro di trascrizione della documentazione arcaica scritta (figg. 14 -15) iniziato dal noto studioso Pietro Lutzu di Milis (14).
Per quanto riguarda il system nuragico notevole è stato il fatto che il segno della ‘zayn’ sia stato riportato, già a partire dagli anni venti /trenta del secolo scorso, quindi quasi cento anni fa, grazie al fondamentale lavoro di trascrizione della documentazione arcaica scritta (figg. 14 -15) iniziato dal noto studioso Pietro Lutzu di Milis (14).
La quinta lettera risulta essere
la più interessante di tutte, come quella che riporta il segno arcaico
dell’alberello per notare la consonante ‘kap’. Detta consonante in nuragico può
presentarsi (15), come in genere nel
protocananaico (16), schematica (v. figg. 16) oppure pittografica (figg. 17 -18) come
nel documento lapideo ora in esame .
Fig. 16
Fig. 16
L’ultima lettera infine, è una delle più frequenti nel codice nuragico.
Come si è detto la yod a tratto
verticale, confusa con la ‘iota’ greca (17), non sembra essere attestata in area
siro - palestinese. Il fatto però non stupisca perché anche la lettera a trattino
orizzontale (assai frequente nel nuragico) è stata scoperta solo da poco tempo (18)
su di un coccio proveniente (fig.19 e trascr.) da Lachish, luogo che sembra essere tra i più
importanti se non quello più importante quanto a documentazione perché riportante, come nella famosissima coppa (fig. 20), simboli alfabetici grafici simili o identici a quelli
nuragici sardi (19).
Fig. 20.
Interpretazione
della scritta.
La
traccia non profonda delle due lettere incise nella prima l. non ci consentono
di dire con assoluta sicurezza che siamo di fronte all’incipit ‘nl’. Può essere
di conforto però, circa la loro esistenza, il fatto che la seconda l. inizi per il
frequente ‘lamed’, ovvero per la preposizione semitica di vantaggio ‘per’. Lo
schema della brevissima scritta allora potrebbe essere ‘soggetto + preposizione
+ complemento’: luce/ per/ zkry. O
meglio ‘immortale luce per zkry’ זכרי (20) dal momento che il segno del serpente,
soprattutto nella voce ‘nr/nl’, è polisemico e quindi tende a notare sia il
valore fonetico della consonante nasale sia l’idea (di immortalità) che esso
suggerisce. Per rendersene conto si veda la seguente tabella (21)
e alcuni dei documenti a corredo (figg. 21 -22 -23) tra i quali poniamo anche
alcune barchette (fig. 24 e fig. 25) della ‘religio’ funeraria nuragica perché
il segno circolare (posto non a caso nel manufatto nel punto più alto) allude (talvolta
anche con il leggero taglio di esso) al serpente ovvero alla ‘immortalità
della luce’.
fig.21 fig. 22
fig. 23
Fig. 24 Fig. 25
Note ed indicazioni
bibliografiche
- Abbiamo detto più volte che le segnalazioni di scritte (come la presente) su pietre e su monumenti del nuragico sardo saranno da parte nostra sempre molto vaghe. Non si vuole più correre il pericolo che dei malintenzionati possano deturpare i segni dell’antica scrittura dei Sardi. L’atto vandalico (v.fig.seg.) della scogliera di San Giovanni del Sinis di Cabras , compiuto qualche anno fa, con l’annichilimento totale (forse asportazione tramite scalpello) di una delle consonanti che formavano la sequenza NR A (toro della luce), ci è stato di ammonimento.
2 .
Sanna G., 2016, I Geroglifici dei
Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. 3.7.,
pp. 75 – 79.
3. Amadasi
M.G., 1998, Sulla formazione e diffusione
dell’alfabeto ; in Scritture
Mediterranee tra il IX e il VII secolo
a.C.. Atti del Seminario (a cura di G,. Bagnasco Gianni e F. Cordano).
Università degli Studi di Milano. Istituto di storia Antica(23 -24 - febbraio);
Attardo E., 2007, L’utilità della
paleografia per lo studio, la classificazione e datazione di scritture
semitiche in scrittura lineare, in Litterae
Caelestes, Center for Medieval and Renaissance Studies, UC Los Angeles, 2
(1), pp. 169 -180.
4.
Essa, stante l’attuale documentazione, ricorre più di 50 (cinquanta) volte. Talvolta si trova associata alla consonante omofona, detta 'a forcella' , dagli archeologi formalisti e descrittivisti, restii a considerarla un segno di scrittura.
5.
Attardo E., 2007, L’utilità della
paleografia per lo studio, ecc. cit.
, pp. 175 -176; Atropa Belladonna, 2013, Le fortune del protosinaitico. I primi passi: in Monte Prama blog (25 giugno). Detta documentazione, al contrario di quella sarda nuragica, è alquanto scarsa (quella protosinaitica è inferiore alle tre decine). V. Amadasi M.G., 1998, Sulla formazione e diffusione dell’alfabeto ; in Scritture Mediterranee tra il IX e il VII secolo a.C. ecc. cit. pp. 31 -34.
6.
Detto segno, come si può vedere dalla tabella, si può dire che non si trova mai
riportato identico. Ciò è dovuto al gusto della ‘variatio’, una delle
caratteristiche fondamentali della scrittura nuragica sia di tipo lineare che
metagrafico. V. Sanna G., 2016, I
geroglifici dei Giganti. Introduzione
ecc. cit. 6. pp. 135 - 143.
7. Risale
certamente al XII - XI secolo a.C. V. Garbini, 1988, La questione dell’alfabeto; in I Fenici (a cura di S.Moscati),
Bompiani, Milano, p. 94.
8.
V. Sanna G., 2016, Antiquarium Arborense
di Oristano. La trada scritta nuragica tharrense della luce aslvifica per il
figlio (non nominato) di Yhwh. Il ‘segno’ complesso della λοξότης (obliquità), in Maymoni blog (26
gennaio).
10.
La luce del sole e della luna (di Tin e di Uni) è immortale anche per gli
Etruschi. V. Sanna G., 2017, http://maimoniblog.blogspot.it/search?q=Gigi+Sanna+amuleto+
11. V. Sass B., 1988, The Genesis of the Alphabet and its
development in the Second Millennium B.C.(Agypten un Altes Testament 13),
Wiesbaden, pp. 135 -144. Per la stessa
datazione è sostanzialmente d’accordo Amadasi M.G., ( 1998, Sulla formazione e diffusione
dell’alfabeto, ecc. cit. p.34 ).
12.
Purtroppo i calchi (in parte mal eseguiti) nel 1994 dall’odontotecnico di
Oristano Blumenthal, non consentono di accertare in assoluto la presenza della
consonante. Essa comunque sembra presente nella tavoletta sigillo A 4. V. Sanna
G., 2004, Sardōa Grammata, ‘’ag ‘’ab sa’
‘an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, p. 97, tab. 6.
13.
Sanna G., 2009, La stele di Nora. Il Dio,
il Dono, il Santo. The God, the Gift,
the Saint, 1. pp. 15 - 21.
14.
Sanna G., http://monteprama.blogspot.it/2013/12/buon-natale-da-pietro-lutzu-1859-1935.html. V. anche Bittichesu C., 2017, Culto degli antenati nell'età del bronzo della Sardegna. I templi degli eroi dormienti della Macomer preistorica, Ed. grafiche Puddu, pp. 202 - 210.
15.
Sanna G., 2016, I Geroglifici dei
Giganti, Introduzione ecc. cit. 3, p. 44. tab.1.
16.
Attardo E. , 2007, L’utilità della paleografia per lo studio, ecc. cit. ,p. 176.
17.
Ugas G., 2013, I segni numerali e di
scrittura in Sardegna tra l’Età del Bronzo e il I Ferro; in Tharros Felix 5, a cura di A.Mastino,
P.G. Spanu, R.Zucca, Carocci Roma, pp. 295 - 377.
19.
Se uno si prende la briga di confrontare i segni lineari della coppa di Lachish
(fig. 20) con l’alfabeto del system nuragico noterà che tutti (ma proprio
tutti: nun, taw, lamed, shin, yod, ecc.) risultano presenti nella medesima
forma. Anche il mix del pittografico (cervi, tori) e del lineare, nonché le stesse legature fanno
della coppa di Lachish il documento più vicino, per ‘modus scribendi’, al
nuragico.
20.
Zkry זכרי è nome di persona attestato nel
V.T. (Bianchi F., 2001, Dizionario dei
nomi biblici, dei nomi di luogo e dei lemmi di incerto significato; in
Rymond Ph.,2001, Dizionario di ebraico e
aramaico biblici, Società Biblica Britannica e Forestiera, Roma,
p.516). Il nome 'biblico' di Zkry , se la lettura è giusta, si aggiunge ad altri nomi, sempre biblici, come yaziz, b'az, 'aly, riportati nella (ormai cospicua) documentazione nuragica.
21.
La tabella riprende, con qualche modifica e aggiunta, quella da noi pubblicata
alcuni anni fa. V. Sanna G., 2014, Scrittura
e lessico nuragici. Il serpente e la
lettura completa della voce NR, 'lux aeterna' (I); in Monte Prama blog (4
marzo).
Appendice
da “Il Santuario Nuragico di Serra Niedda a Sorso (SS)”, a cura di Daniela Rovina (BetaGamma editrice, 2002
Sandro Angei mi scrive per posta privata chiedendomi se la penultima lettera l'abbia trascurata appositamente per stimolare la reazione dei lettori. No. Si tratta di un errore. Nel riporto dell'articolo da word al blog ho saltato il 'punto' riguardante la lettera 'resh'. Essa risulta attestata nella forma nel cosiddetto protosinaitico. In Sardegna sarebbe un unicum. Ma non sono sicuro se si debba considerare anche la traccia del prolungamento della testa, assai labile. Può essere quindi anche una 'resh' 'semplice' ovvero un pittogramma 'testa' che si avvia all'assoluto schematismo, senza aggiunte somatiche.
RispondiEliminaCerco nel vocabolario di ebraico biblico di Luis-Alonso-Schokel la radice זכר e vi trovo tutta una serie di significati: ricordare, commemorare, evocare, considerare, nominare, invocare, memoria etc.
RispondiEliminaNel caso specifico vista la sofisticata costruzione della frase, contenente la preposizione “per”, potremmo pur dire che lo "yod" finale sia pronome personale suffisso della prima persona singolare. Per tanto la scritta potrebbe, letteralmente, significare: “eterna luce per memoria di me”.
'Di me' chi? Semmai un teonimo: memoria di Yh. La yod acrofonica, la cosiddetta lettera a 'forcella' (omofona della lettera fallica e di quella lunata), è frequentissima nel nuragico. Forse era frequente anche in area siro -palestinese. E chi può saperlo! Come dicono certi studiosi è meglio attenersi alla ipotesi 'meno costosa'. Tanto più che i nomi ebraici (biblici, come scrivo nell'articolo, sono attestati nel nuragico.
RispondiEliminaLuigi, Sndro Angei non ha tutti i torti. Sono molto comuni nell'ebraico espressioni quali "זה מוצא חן בעיניי" in cui lo yud finale indica che gli occhi sono di chi pronuncia la frase, o indicare "לבי" per il proprio cuore, aggiungendo anche in questo caso lo yud alla radice. Inoltre ha perfettamente ragione Sandro, la radice זכר vuol dire "ricordare". Non ho riscontri nemmeno di נר come luce, il termine è usato come "candela" (si pensi alla benedizione dell'accensione dei lumi), mentre la parola che indica luce è אור (alef-vav-resh).
EliminaEfraim, mi giunge felicemente inaspettato il tuo intervento.
EliminaPer il nome che qui porti e la competenza che esprimi, mi sembra che tu sia di madre lingua ebraica. Se così è saremmo, tutti noi del blog, felici di ottenere da te una proficua collaborazione.
Che il doppiamente fecondo sia con noi!
Ciao Sandro. Si, sono un ebreo italiano. Per quanto il mio livello di ebraico non sia quello di un madrelingua israeliano, il mio livello è piuttosto alto (non ho problemi a guardare la tv, leggo libri e scrivo in ebraico). Sarà un piacere per me aiutarvi se ne sarò in grado.
EliminaPer adesso un saluto.
Ben venuto fra noi Efraim. Mandami un messaggio privato sulla casella di posta: sandroangei59@gmail.com oppure maymhon@gmail.com, così possiamo dialogare.
EliminaGrazie
Voglio rappresentare l’ultima ruota del carro per rimarcare che l’ingresso e la disponibilità di Efraim ci fanno davvero tutti felici, dal direttore in giù. Benvenuto, speriamo trovi materia per radicare una duratura passione. Ti assicuro che i presenti, tanto più a conoscerli davvero, sono ottime e generose persone, la cui amicizia vale il viaggio.
EliminaPuò essere inteso certamente come teonimo, ma di certo il nome Zaccaria in ebraico זכריה (he finale) fosse pronunciato, alla stregua dell'italiano: “Ben-venuto”, con cognizione di causa: “memoria di me (yh)”, nel senso che la locuzione era come se venisse pronunciata direttamente dalla divinità. Forse sta qui la differenza tra i teonimi che terminano in “al” e quelli che terminano in “yh”. In ambito nuragico non vedo difficoltà nel considerare quello “yod” finale quale attributo deitico visto che il nome del dio si poteva scrivere nelle sue varie forme y, yh, yhh, yhw e yhwh. Tenuto conto del fatto che la scrittura era solo ed esclusivamente indirizzata alla divinità, quel suffisso pronominale “y” (mio) non poteva che essere riferito al dio. Per tanto la locuzione sarebbe da intendersi quale affermazione divina, per la quale abbiamo esempi notevoli in Esodo, lì dove yhwh parla in prima persona a Mosè.
RispondiEliminaIn questo senso possiamo dire che la scritta qui studiata sia equiparabile ai dieci comandamenti scolpiti su pietra.
Difficilmente si incontrano le doppie lettere in ebraico. Osservando la prima riga, dopo il serpente, si potrebbe scorgere un Aleph e quindi le parole sarebbero due: na zkry vale a dire, come un monito o un pressante invito:"per favore ricorda!" Occorrerebbe sapere di più del contesto.
RispondiEliminaNon sto a farne un articolo; quel che voglio dire, poi, è pertinente col “pone in bertula” di questo.
RispondiEliminaSappiamo già, per loro ammissione (Alessandro Usai intervistato dall’Unione Sarda del 12-07-08), che negli scavi archeologici ogni tanto salta fuori qualche segno di scrittura di cui poi, per qualche motivo, non viene data comunicazione. Ieri sera ero a Ittireddu, attratto dall’annunciato confronto tra Fiorenzo Caterini e l’archeologo (e Sindaco del paese) Franco Campus (si presentava “La mano destra della Storia”). Così ho avuto modo di sentir raccontare da Campus che in occasione degli scavi a Serra Niedda (Sorso), cui aveva partecipato (dovrebbero essere quelli dell’85-86, se non ce ne sono stati altri), trovò lui stesso “anse di brocche recanti segni alfabetici”.
Naturalmente questo non ha fatto saltare sulla sedia nessuno, e chissà quante altre volte lui e altri potranno raccontare fatti simili davanti a platee che, comprensibilmente, non hanno conoscenze adeguate a valutare la portata di quanto, in certi casi, possono ascoltare.
È vero che rischierò a questo punto di prendere io un granchio, ma mi risulta che di segni di scrittura da Serra Niedda non avesse fin qui parlato (e figuriamoci pubblicato) nessuno.
Campus, stranamente, ha infilato questa rivelazione nell’esporre la sua posizione quantomeno scettica, se non assolutamente contraria, rispetto a una scrittura nuragica, quasi che volesse intendere che lui ha visto questi segni ma, gli si dia credito, non erano nulla di importante.
Spero il dott. Campus non trovi nulla di irriguardoso in questa cronaca, come spero nessun archeologo si senta bersaglio di "spionaggio": si tratta di dichiarazioni in pubblico (per giunta spontanee) e la loro portata, il loro interesse, non possono non meritare (dietro una corretta ripresa) adeguata diffusione.
Pone in bertula.
Chiedo venia, a Serra Niedda ci saranno stati di sicuro scavi più recenti, perché nell’85-86 Franco Campus non aveva ancora l'età.
EliminaI segni di scrittura? Tale è stata la prassi del 'lasciar perdere', del dire di 'dubitare', del 'rimandare' che non si sono resi conto che è tutto un continuo 'imboscare'. Il bello è poi che negano di 'imboscare'. Se non fosse stato di un informatore di Leonardo Melis il coccio del Nuraghe Alvu non l'avremmo mai potuto vedere e studiare. E non avremmo mai potuto mettere in ponte archeologi e epigrafisti che si contraddicono per la presenza di tre scritture e non di una sola distanti tra di loro secoli e secoli. Non dimentichiamoci mai, a proposito di imboscamento (è il sottoscritto che per primo ha esaminato e studiato la barchetta nuragica 'imboscatissima'). Ci è voluta un petizione parlamentare per stanare la scrittura di quella barchetta di Teti con tutti i suoi incredibili segni compreso il pugnaletto. Quanto a Usai che proclama che non bisogna 'barare' nella ricerca perché non gli chiedete che fine ha fatto il suo interessamento per la pietra della capanna di Perdu Pes. Era intervenuto con tutta la sua forza per interrompere una conferenza programmata su quella pietra promossa dall'allora sindaco on. Gallus. Nel blog di Gianfranco Pintore aveva detto che era molto interessante. Caspita! E quell'interesse dove è andato a finire? E dire che sono passati ormai tanti anni, più di dieci credo. Tanto perché si capisca di cosa parliamo: la pietra scritta è quella nella figura 18. Quella trovata da due insegnanti di Paulilatino mica dai corsisti del corso di epigrafia nuragica. E' una pietra di importanza storica nella storia della scrittura perché contiene uno dei segni del kaph ad alberello più rari del Mediterraneo orientale ed occidentale! Campus, si dice, è 'scettico' o 'contrario'. Io invece da tempo sono scettico su quello scetticismo e su quella contrarietà. C'è e continua ad esserci la 'mano destra' della storia. Coscienti o no che si possa essere. E oggi non ci si rende conto quanto quella mano ormai sia tragicomica. Gli archeologi (non tutti per fortuna) usano l'oralità o al massimo i bollettini della parrocchia per i pronunciamenti. Noi usiamo la scrittura, 'ci mettiamo la faccia', per far vedere la scrittura. E ripagati per questo. Mi pare che in tre giorni le visualizzazioni del Blog siano state quasi seimila. Con l'informazione libera a livello planetario 'imboscare' non si può, 'essere scettici' non si può, 'negare' non si può. Si continua con l'andazzo? E chi se ne frega! Capisci Francesco? Tu che cerchi, addirittura, di dialogare con 'gli intellettuali' (ce ne fossero ancora!) della 'mano destra' e cioè con l'impossibile?
RispondiEliminaNon so se il granchio sia, a mia insaputa, ancora più grande, ma a quanto ho potuto mettere insieme finora il granchio che ho preso potrebbe stare qui: da “Il Santuario Nuragico di Serra Niedda a Sorso (SS)”, a cura di Daniela Rovina (BetaGamma editrice, 2002, pagg. 32, € 4,00, con il contributo del Comune di Sorso; ripresa di testi e immagini della mostra omonima realizzata nel 2001 dal medesimo Comune con la Soprintendenza); capitolo 7, "Le ceramiche nuragiche", di Franco Campus; pagina 18; “Alle brocche sono pertinenti delle anse anch’esse decorate: una di esse (fig. 6, n. 2, 3) presenta un motivo inciso formante una X, al momento sconosciuto in altre località dell’isola.”
EliminaQuindi è probabile che Campus quando (sabato scorso, a Ittireddu) ha parlato di "anse di brocche con segni alfabetici" (sic) si riferisse a questa X, in tal modo pubblicata.
Da una parte fa piacere arrivare a correggersi da soli; dall’altra dispiace che in un luogo aperto come (noi vorremmo fosse) questo non intervenga prima qualcun altro (magari lo stesso autore, perché no?) con benedetti contributi pro veritate.
Ma già, è vero che così si darebbe ai blog troppa importanza, meglio lasciarci passare per sprovveduti che ignorano opere fondamentali (sicuramente note a tutti gli studiosi seri).
Mi sembra attendibile, comunque, che i segni simili a questa X raccolti nell’articolo
"I documenti 'ufficiali' della Sardegna arcaica (1 di 4)", di Atropa Belladonna (http://monteprama.blogspot.it/2013/01/i-documenti-ufficiali-della-sardegna.html), non fossero pubblicati al 2001-2002 (allora, appunto, “un motivo inciso ... sconosciuto in altre località dell’isola”).
Gigi, non ho mai pensato di voler cercare un dialogo proprio o anzitutto con quegli intellettuali. Gli intellettuali "della mano sinistra" (della Storia) valgono altrettanto o più, ché (tra l'altro) se mai raggiungessero una massa critica potrebbero rappresentare il germe di una futura (nuova) "mano destra" (così va il mondo, anche se lo vediamo cambiare molto di rado). Poi è vero che non chiudo le porte a nessuna apertura di quanti oggi potresti (o potremmo) inquadrare nella vigente e vegeta mano destra.
RispondiEliminaMa tornando alle rivelazioni (?) di Campus, mi resta tra l'altro la curiosità di scoprire se i reperti emersi negli scavi presso Serra Niedda cui ha partecipato siano stati, magari, addirittura pubblicati (e pubblicati, allora, sempre non stia prendendo un granchio, senza documentarne i testé dichiarati segni alfabetici). Un'ipotesi che, certo, dovremmo e vorremmo escludere, perché sarebbe già un più che sufficiente motivo di rammarico il fatto che non siano stati ufficialmente presentati.
Bae cun Deus! Non faccio altro che ripeterti le stesse cose. Ormai lo 'storico' della quaestio scrittura, anche se 'principiante', sei tu. Le 'rivelazioni di Campus'? Sono un niente. Pensa a quante rivelazioni non sono mai state fatte, a partire dalle famose plance di sughero di Lilliu! Che ci frega di questo o quell'archeologo? Che sono mai i segni ipotizzabili di Serra Niedda di fronte alla realtà dei segni di questo documento che abbiamo presentato? E dove si trova in tutto il Mediterraneo un testo così importante quanto a segni del protosinaitico? Un documento che riguarda uno dei system più coccolati dagli epigrafisti semitisti? Cosa sono mai di fronte a quello (che tu hai già ammirato in tutta la sua bellezza)che stiamo per presentare? Perché affannarsi a rincorrere chi è restio ad essere rincorso? Che bisogno ne abbiamo delle informazioni centellinate quando ne abbiamo da dare per anni?
RispondiEliminaApprofitto di questa esclamazione iniziale nel commento del Prof. Sanna per fare un paralello preregrino attinente, nella sfera del sacro, al connubio tra ebraico biblico e sardo di ascendenza nuragica: “Bae cun deus”. Quel “deus” che sembra un plurare, mi fa tanto pensare allo "Eloim" ebraico; anch'esso plurale (forma duale) del lemma “El = dio”. La medesima costruzione che trova nel nome del nostro amico Efraim, il significato di “doppiamente fecondo”.
RispondiEliminaSolo un caso?!
Ciao Sandro. Ancora una precisazione. Per quanto il termine אלוהים (Elohim, o per i più ortodossi Elokim) sembri a prima vista un plurale, grammaticalmente si comporta da singolare. Nella Torah è la terza parola che compare בראשית ברא אלוהים את השמים (Bereshit barà Elokim et hashamaym...) La seconda parola, barà, dal punto di vista grammaticale è un passato alla terza persona singolare, quindi anche Elohim (che è il soggetto) deve per forza di cose essere un singolare. Se Elohim - per assurdo - fosse un plurale, allora avremmo בראשית בראו אלוהים - Bereshit barù Elohim (Barù è una terza persona plurale, crearono). Così è in tutti i passi della Torah che mi vengono alla mente, non ti so dire con certezza se nei Nevim sia così. Per onestà intellettuale, ti cito un'espressione (l'unica, che conosco) che mi sconfessa, in cui Elokim è trattato da plurale è l'espressione אלוהים אדירים in cui la radice Adir significa grande (nel senso di potente)
EliminaStasera ti mando un'email
Interessante spiegazione che chiarisce questo aspetto controverso del termine Elohim; interpretabile, almeno in ambito nuragico, quale doppia natura della unica divinità androgina.
EliminaEfraim, tengo a precisare; e penso che tu lo abbia capito dal tenore dei nostri articoli, che quando parliamo di yhwh, lo facciamo col massimo rispetto del credo religioso di ognuno di noi.
Dubito molto, Sandro, che Deus sia un plurale, in questo caso di Deu.
RispondiEliminaQuesto Deu, per intendere Io, si pronuncia con la e aperta, è appuntu: dèu.
Se invece vogliamo dire che sia il plurale di Déu, e chiusa, e dunque dio, magari uno qualunque, come nell'esclamazione perdéu! o peldéu o paldéu, a seconda della latitudine isolana, allora il plurale dovrebbe essere Dèus, con la e aperta, come di regola succede con la nostra lingua: giudéu-giudèus, Perséu-Persèus (cognome), Mazzéu-Mazzèus, e così tutti gli altri, che io ricordi.
Ma Deus per dire Dio, il nostro, lo pronunciamo Déus, sempre con la e chiusa. Per questo non può essere un plurale.
E non c'entra nulla neppure il plurale maiestatis, su cui voleva fare una battuta, ma mi sono ricordato che siamo in tempi di par condicio.
Grazie Francu. Alla fine siamo giunti alla conclusione che sia in ebraico che in sardo quel plurale, riferito a Dio, sembra non essere tale.
EliminaNon è plurale perché in realtà la parola esatta è Deusu. Poi come succede spesso, quando la penultima lettera è una s c'è la tendenza a non pronunciare l'ultima.
EliminaForse t'intendi di ebraico.
EliminaLa redazione ha inserito in appendice i reperti di cui scrive Francesco Masia nel suo ultimo commento.
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