Fig.1 Nuraghe Sanilo di Aidomaggiore Fig.2 Scritta in caratteri latini riportata dal Pittau
E’ questa un’iscrizione, assai nota, in
caratteri latini, rinvenuta presso (1)
il Nuraghe Sanilo di Aidomaggiore (fig. 1 e 2) e pubblicata dal
Gasperini (2). Generalmente (3) viene ritenuta dagli studiosi, anche se con
notevole difficoltà (4), un testo funerario, ovvero un
epitafio, contenente due nomi, Urseti e Nercau, uno maschile e
l’altro femminile. Quest’ultimo nella sua forma dativale -NI. Le cose per noi
non stanno affatto così; il significato potrebbe essere stato
completamente travisato ed il testo rivelarsi, con lettura più attenta e
puntuale, ben più complesso di quello che può sembrare a prima vista. Vediamo
perché, sottoponendolo a rigoroso esame paleografico, epigrafico e
contenutistico - testuale.
Dal
punto di vista paleografico le lettere, di non facile periodizzazione,
sono tutte latine tranne una. Sembrerebbero del IV - III secolo a.C., ma
potrebbero essere anche molto più recenti (III - II secolo d.C.).
Dal
punto di vista epigrafico la scritta risulta, alla nostra visione autoptica non
riportata fedelmente dal Gasperini, soprattutto tra la sesta e la settima
lettera.
Infatti, tra le 14 lettere comprendenti tutta la linea significante si riscontrano diversi agglutinamenti (v. figg. 3 - 4 ): la seconda lettera è legata alla terza e la sesta lettera è legata alla settima. La ‘R’ (ritenuta, a torto, con tratto ‘corto’ dal Gasperini) è ‘legata’ (con il tratto cosiddetto ‘corto’) alla lettera seguente 'S', così come vistosamente legata alla lettera successiva e cioè alla ‘N’ è la lettera ‘I’. Quest’ultima lettera però non è per nulla un segno verticale (il segno normale ‘I’ della lettera latina) come riportato in trascrizione sia dal Gasperini che dal Pittau, ma un segno sinuoso che va a congiungersi con il disegno della N, effetto che determina la realizzazione di un chiaro ‘serpentello, cioè un pittogramma (5). Agglutinata forse è anche la undicesima lettera alla dodicesima, prima della quale il trattino di connessione è stato inteso, evidentemente, irrilevante sbavatura.
Fig.3
Fig. 4
Pertanto, a nostro parere, la trascrizione fedele della scritta sembra essere la seguente:
Pertanto, a nostro parere, la trascrizione fedele della scritta sembra essere la seguente:
Quasi al centro della scritta sta la lettera ‘n’ pittografica (6), a serpente con tre spire, agglutinata alla 'I' riportata, in qualche modo, tra la testa e la prima spira del נחש .
fig.6
La presenza delle legature e soprattutto quella del segno pittografico consente di respingere il dato (si direbbe consolidato) che l’iscrizione sia ‘strettamente’ latina e di sospettare che essa ci nasconda dell’altro, soprattutto in considerazione del fatto che tanta della scrittura sarda (arcaica e non) sinora pervenutaci è di difficile interpretazione perché nascosta, a rebus e non facilmente decifrabile. Vediamo pertanto se riusciamo a scorgere altri indizi che possano farci capire l’apparente espressione 'latina' in ‘scriptio continua’ e con legature URSETINERCAUNI. Un indizio è subito offerto dal fatto che nella scritta potrebbero essere presenti non due nomi di persona (Urseti e Nercau), come sinora si è ritenuto, ma due nomi di divinità. Infatti, è facile osservare che dopo la sequenza URSE si riscontra, modificato (come si è visto) con l’agglutinamento, il nome di TIN e dopo la sequenza ERCA, verosimilmente, quello di UNI. Avremmo quindi il nome di due divinità spessissimo associate in etrusco; anzi il nome delle due massime divinità del pantheon etrusco, quelle che spesso sono raffigurate con schema MF e cioè come una sola divinità androgina (7). Se così è, stiamo registrando - per ora solo come ipotesi - la presenza di un testo latino ma riguardante due divinità non latine ma etrusche. Una scritta che si presenta dunque con alfabeto latino e ‘nuragico’ (il pittogramma monogramma a serpente) ma con lessico etrusco. Aspetto questo che ci fa pensare, dato il mix linguistico, che da altri scribi, non latini, sia stato redatto il testo.
A questo punto è evidente che la risposta utile affermativa di un reale
coinvolgimento nella scritta delle ipotizzate divinità etrusche non può che
essere data dalle ‘voci’ mancanti, ovvero dalle due sequenze vocalico -
consonantiche che precedono sia TIN che UNI e cioè da URSE e da ERCA. Ora, per chi ha assuefazione a leggere di greco (al suono del greco), a ‘tradurre’
individuando subito le sue basi radicali verbali, non è difficile capire che OR
- è radice del verbo ὄρνυμι (OR -NU -MI)
che
ha ὄρσευ/ ὄρσεο
come
seconda persona dell’imperativo aoristo epico (8) e che ERC/X - è radice del verbo ‘ἔρχομαι’ che ha ἔρχῃ come seconda persona
del congiuntivo. Due verbi peraltro comunissimi del greco: il primo significa
‘sorgere, balzare, levarsi, mettersi in moto, ecc.), il secondo ha il valore di
‘andare via, procedere, proseguire’, ecc. Se così è, come sembra che sia, i due
verbi sono assai pertinenti quanto a significato in quanto risultano
perfettamente ‘organici’ e confacenti al comportamento naturale astronomico
ciclico dei due astri, il sole e la luna e cioè a TIN e ad UNI. L’uno sorge
mentre l’altro sta proseguendo la sua corsa. ‘Pertinenti’ anche perché verbi
riportati in seconda persona. Quindi: SORGI SOLE (TIN), PROCEDI (LUNA) UNI . La
presenza in mix anche del greco, ovvero del terzo system (9) linguistico (latino,
nuragico, greco etrusco), sarebbe - stiamo per ora procedendo per
ipotesi - quanto mai interessante perché i mix alfabetico - linguistici, sono
più che presenti nelle iscrizioni note, quelle che da tempo abbiamo individuato
e pubblicato come nuragiche, ovvero pertinenti al sincretismo religioso nuragico
(10).
Naturalmente si deve considerare la trasformazione fonetica di ὄρσευ/ὄρσεο greco nell’etrusco
URSE così come quella di ἔρχῃ greco in ERCA etrusco
per poter affermare con sicurezza che l’iscrizione di Aidomaggiore riguarda,
anche per specifiche voci verbali, le divinità TIN ed UNI. Il processo fonetico
non sembra creare difficoltà di sorta se si tiene presente il noto comportamento
dell’etrusco per quanto riguarda il consonantismo, il vocalismo e la
dittongazione. Comportamento singolare che spesso, come si sa, oscura
agli etruscologi la voce iniziale rendendo talora problematica la derivazione
certa delle parole e dal greco e dal latino. Nel nostro caso il mutamento, la etruschizzazione delle voci verbali
greche ὄρσεο/υ e ἔρχῃ non sorprende in
relazione a quanto già da tempo si sa ed è assodato nell’etrusco. Infatti, per
quanto attiene al vocalismo è noto che la lingua etrusca tende di norma a non
pronunciare la vocale ‘o’ che muta pertanto regolarmente in 'u'
connotandolo con il grafema apposito della ‘u; e ancora è noto che essa,
nella sua dittongazione (11), alquanto complessa e non ancora studiata
a fondo (Cristofani M., Introduzione
allo studio dell'etrusco, OLSCHKI ed, 7.1. pp. 45 - 46), tende a
semplificare e a perdere il secondo elemento vocalico. Per quanto riguarda il
consonantismo invece è ugualmente noto il fenomeno dell’interscambio (12) tra occlusive tenui (c
p t ) e occlusive aspirate (χ - φ - θ).
In base a tale ben attestati esiti fonetici dell’etrusco possiamo capire ora,
si direbbe perfettamente, la trasformazione che hanno ricevuto le
due voci greche originarie, quelle che rispettivamente, nel nostro testo, precedono
i nomi di Tin ed Uni:
-
URSE è derivazione fonetica da ὄρσεο
greco con mutamento della vocale iniziale (O>U) e semplificazione del
dittongo EU (< EO) in E.
-
ERCA è derivazione fonetica da ἔρχῃ con mutamento della consonante occlusiva
tenue in aspirata (c = χ,
con
la caduta del secondo elemento del dittongo iniziale (ERXHAI da
*ERXHSAI) con il primo abbreviato (η >α).
Se
si fosse avuta tutta la scritta in greco (non ‘etruschizzato’) avremmo avuto
un testo con 17 lettere: ORSEUTINERXHAIUNI.
Quindi dalla verifica filologico - linguistica crediamo si possa affermare che
la nostra, con buona probabilità, non appare più come una mera ipotesi e che il
senso della scritta non va ricercato nella individuazione di due nomi di
persone, URSETI (13) e NERCAU, supposti presenti
in un epitaffio (14),
ma sia quello di un’ invocazione/esortazione alle divinità TIN ed UNI perché
sorgano e tramontino ogni giorno, in continuità ciclica perenne (v. fig. seg.), per non far mancare la luce, la
lampada (15) celeste (NR) che è la
fonte indispensabile della vita. Fonte di vita, ovviamente, anche per i defunti
se, come sembra, la pietra apparteneva ad una tomba.
URSE/ TIN / ERCA /
UNI
E riteniamo altresì che si possa affermare che quella del masso funerario (?) del
Nuraghe Sanilo è una scritta nuragica con religio sincretistica in
quanto la divinità androgina luminosa soli - lunare YH qui coincide con
la divinità, sempre androgina, sempre luminosa e sempre soli -lunare, TIN/UNI.
Se
però il masso basaltico stante presso il Nuraghe
Sanilo, non apparteneva ad una tomba ma ad un qualche edificio di
pertinenza del tempio, il suo significato di culto ‘astrale’ (Sorgi Tin
immortale procedi Uni) sarebbe ugualmente coerente con la destinazione
d'uso dell’edificio nuraghe anche in età tarda, cioè in periodo
latino e di certo anche oltre. Riteniamo che forse sia opportuno, per rifletterci
bene su, riprendere l'iscrizione trilingue
(cioè con aspetti latini, greci ed etruschi) del Nuraghe Rampinu di
Orosei (v. fig. seg.) la quale recita, nascosta ma non troppo nei massi dell’ingresso, in
lingua greca: 'ITUS(O)N TI TIN APEI' (affrettati
perché stai lontano (trascuri) TIN?).
1 Il dato è sicuro. Il masso (che oggi funge malinconicamente,
del tutto negletto, da sedile in una piazzetta nei pressi del municipio del
paese), con altri massi ancora, recanti simboli e segni, venne collocato prima
nella chiesetta di San Gavino e poi, con il rifacimento del sagrato di questa,
trasferito in uno slargo presso il
municipio del paese. La lastra è
trapezoidale con le seguenti misure: base maggiore cm 88, base minore cm 50,
altezza cm 68.
2 V. Farre C., 2014, Geografia epigrafica delle aree interne della Provincia Sardinia, Bibl.
2 V. Farre C., 2014, Geografia epigrafica delle aree interne della Provincia Sardinia, Bibl.
3
Mastino, Zucca, Tore, Ruggeri, Farre (v. per la bibl. ancora Farre C., 2014, Geografia
epigrafica delle aree interne, ecc. cit. p.17).
4
Detta difficoltà si evince dalla interpretazione del Farre, meramente
ipotetica stante l'integrazione nonchè il dubbio sull'identità del secondo nome: ‘Urseti
(ha fatto questo monumento) per Nercau (?)’
5
Il pittogramma serpente è presente, come ideogramma, nell’iconografia latina (si pensi ai due
serpenti, simboli di ‘continuità’ del sole e della luna, della cosiddetta Grotta della Vipera di Tuvixeddu di Cagliari) ma mai esso è esito
di scrittura con due o più lettere in agglutinamento. Invece il pittogramma si
trova, ben attestato, nella scrittura nuragica. Ad esempio nella fiancata della
barchetta di bronzo dell’Antiquarium Arborense di Oristano, insiste, disegnato a puntinato, un serpentello
agglutinato alla lettera resh ,
realizzato al fine di contribuire con quest’ultima a rendere la voce ‘NR’ (v.
fig. seg.)
6 La lettera ‘n’ pittografica è frequentissima nel nuragico. Anche nel periodo tardo: v. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed.Mogoro, 3.2. tab. 2, p. 49,
6 La lettera ‘n’ pittografica è frequentissima nel nuragico. Anche nel periodo tardo: v. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed.Mogoro, 3.2. tab. 2, p. 49,
7 L’androgino
TIN/UNI, con i simboli delle due divinità sole e luna, in una raffigurazione
vascolare etrusca.
9
L’alfabeto ovviamente è considerato parte integrante di una lingua. C’è una
terza lingua nella scritta in quanto c’è quell’alfabeto specifico riguardante
il latino. E’ inutile sottolineare che la terza lingua è espediente
numerologico che, così come il dodici, sottolinea il ‘sacro’ (il tre :
la luce) presente nel testo.
10
Si veda in particolare l’iscrizione del Nuraghe Rampinu di Orosei (latino
- greco - etrusco), l’iscrizione di Allai (latino - greco - nuragico),
l’iscrizione di Aidu Entos di Bortigali (latino - semitico - nuragico),
l’iscrizione della lapide dell’Antiquarium arborense di Oristano (latino
- nuragico - etrusco) e (la più macroscopica di tutte quanto a mix)
l’iscrizione, detta ‘trilingue’ (latina - greca -punica)’, dell’altare
(?) in bronzo di San Nicolò Gerrei. C'è da aggiungere però che il
fenomeno del lusus numerologico ternario riguardante gli alfabeti e le
lingue non è però solo del medio e tardo nuragico. Esso riguarda documenti assai
antichi (bronzo finale e primo ferro) come i sigilli dei Giganti (circa i detti
sigilli v. recentemente Angei S.,
2018, Il sigillo
A' di Tzricotu? Matrice per modani medioevali? No. Modello per matrici
nuragiche. Una indagine, in Maimoni blog, 17 aprile) del Nuraghe
Tzricotu di Cabras e la stessa stele di Nora.
11
Pittau M., 1997, La lingua etrusca. Grammatica e lessico, Insula ed.
Nuoro, pp. 46 - 47.
12
Idem, 1997, La lingua etrusca. ecc. cit. pp. 54 -55.
13
Per URSETIN antroponimo si potrebbe obiettare, con verità, che
esso compare con sicurezza nella nota lastra mortuaria latina tarda (v. fig.
seg.), quella che il marito (URSETIN e
non URSETI) fece fare ‘coniugi
b. m.’ e cioè a ‘Ispenina’ (hispanina? Da ISPANUS. In etrusco
l'aspirata talvolta cade del tutto). Ma si sa che non di rado i nomi sono 'composti', evidenti
derivati da espressioni (in questo caso Verbo + NP) di grande significato, come
quello che in genere coinvolge, in qualche modo, la divinità. Si pensi al n.pr. 'abdiah'
עבדיה
(che serve, servitore di yh:in questo caso verbo/sostantivo + NP).
14 Il Pittau è stato il primo a sospettare che quella scritta, così come altre in greco e in latino (in particolare quella di Aidu Entos, oggetto di un suo studio particolareggiato), non fosse latina e che quel ‘latino’ alfabetico celasse in realtà la lingua nuragica (v. Pittau M., 1994, Ulisse e Nausicaa in Sardegna, Insula ed. XII, pp. 189 - 209). Non è proprio così. La 'lingua nuragica' qui è del tutto assente, ma la ‘nuragicità’, in termini stilistici, della composizione della scritta di Aidomaggiore, ci sembra fuori discussione. E’ stato uno scriba sacerdote nuragico (nessuna persona, quindi, di ‘officina’ laica) che ha graffito quel masso secondo il lusus secolare, se non millenario (si pensi ai sigilli di Tzricotu di Cabras con il mix alfabetico comprendente addirittura i cunei dell'ugaritico: Sanna G., 2004 , Sardoa grammata. 'ag 'ab sa'an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S'Alvure e. Oristano, 4, pp. 85 - 179) della scrittura in mix. Una scrittura originale che in virtù dell’espediente scrittorio tende a manifestare da subito, per chi sa leggerla, tutta la sua sacralità.
15
La luce, ovvero NR נר, che in ebraico
del V.T. significa propriamente ‘lampada’, è una delle voci più
attestate del lessico nuragico. Si veda anche l’ultimo documento nuragico
scritto rinvenuto nella marina di Pula (Nora): l nr yh b ‘al h ( לנריהבעלה). Si veda ancora. il nostro http://maimoniblog.blogspot.com/2019/10/a-pula-nora-cosi-come-tharros-le.html
Aidomaggiore riserva delle belle sorprese a quanto pare; da un lato aiuta, con l'esempio della cosiddetta “pietra di Aidomaggiore”, ad interpretare e sciogliere in modo più puntuale lo pseudo monogramma longobardo relativo al SANTO IOHANNIS; dall'altra, con l'iscrizione vicina al nuraghe Sanilo, ci aiuta a capire più a fondo il legame che univa la civiltà Nuragica e la successiva civiltà Etrusca. Un legame sincretistico che vede in TIN e UNI lo sdoppiamento (solo formale e non concettuale) della doppia natura dello YHW Nuragico. Come dire che TIN e UNI equivalgono per così dire al binomio inscindibile acqua e luce celebrati nei pozzi sacri (Santa Cristina insegna), che di fatto sono una sorta di espressione biunivoca della stessa essenza divina che da la vita, perché ognuna delle due ha necessità dell'altra nel ciclo vitale.
RispondiEliminaE che proprio di TIN si stia parlando in quella scritta, lo indica nascostamente il simbolo del serpente, che aggiunge significato logografico alla frase, definendo immortale TIN, rendendo di conseguenza l'esortazione più incisiva: “SORGI SOLE (TIN) IMMORTALE”, perché proprio il momento del sorgere è quello più delicato, quello pervaso dall'eterno dubbio della rinascita del sole; quella rinascita che rispecchia l'ancestrale dubbio dell'uomo circa l'opportunità per lui di nuova vita dopo la morte.
Che dire..... Non é facile abbattere muri del potere,il tempo sarà grande giudice e sicuramente sarà con voi.Loro lo sanno, per questo ignorano. Agguanta dúu
RispondiEliminaGià
RispondiEliminaConcordo,in pieno,con l'affermazione del signor Thor,la verità viene sempre fuori,basta aspettare.
RispondiEliminaAspettare senza mai fermarsi di lottare, signora Pintore.Ognuno manifesti con i propri mezzi, in maniera pacifica e senza discostarsi dalla legalità il proprio dissenso all'oscurità nella quale ci trascinano e vorrebbero farci vivere. La diversità si paga..... Il re é nudo ma il popolo anestetizzato dall'assistenzialismo,sembra ignorarlo. Buon vento
Elimina