giovedì 27 settembre 2018

Santu doxi, Santu Jaku, Sant'Ephisi, Santu Gaini, Santu Bachisiu, Santu Antine. SECONDA PARTE

Eh Santu Giorre?!
di Sandro Angei

prima parte


יאר יאר
fiume sacro lucente


 L'ultima tessera del puzzle è stata trovata, quella di San Giorgio non si adattava alle altre

   Abbiamo considerato GIORRE di Allai, quale appellativo dedicato ad uno specifico rito propiziatorio dell'acqua e della luce, diventato, forse, nome proprio di persona.

 Dall'elenco non esaustivo di A. Rubattu abbiamo appreso anche che il nome in alcuni casi è insignito del titolo di santità.
   Il santo in questione: Santu Giorzi e tutte le sue varianti, potrebbe, però, non essere di ascendenza cattolica. 

    GIORRE di Allai potrebbe essere colui che diventò santo, o per lo meno fu ricordato in modo speciale in quella lapide funeraria, per via del suo ruolo nella società in cui viveva, la sua condotta in vita e non ultima la sua longevità (lo fa sospettare il tenore della lapide). E' probabile che gli imposero il nome (praenomen) pensando al nome che già in antico contraddistingueva sorgenti sacre o culti legati all'acqua sorgiva; come è successo per tanti altri nomi in altri contesti. Ma la lapide ricorda tal GIORRE UTU URRIDU, che di fatto è "tria nomina" del defunto, dal momento che l'uomo <GIORRE> (praenomen), è figlio spirituale di <UTU/YHW> (nomen), <URRIDU> di Ur (urrita) (cognomen). In sostanza di GIORRE conosciamo il nome, la sua (presunta) condizione sociale: sacerdote di un dio (yhw) originario di Ur. La lapide, per tanto, rispetta i carismi della scrittura nuragica, come ci indicò il Prof. Sanna nella sua interpretazione in Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi (I), rifacendosi alla consuetudine rimarcata in special modo nelle tavolette di Tzricotu dove si trovano appunto praenomen, nomen e cognomen del figlio divino.
   Ed è per questa ragione che si può ipotizzare che GIORRE sia una persona "speciale": il tramite della divinità su questa terra.
 Ma la memoria di GIORRE non si è perpetrata solo attraverso la sua lapide funeraria; forse essa fu affidata in perpetuo al nome di un torrente che in special modo a GIORRE fu dedicato.

   ***
    Nell'elenco di fonti e fiumi individuati da Antonio Rubattu troviamo uno stranissimo idronimo al confine territoriale di Ruinas con Villa Sant'Antonio[1]. Il torrente in questione e nomato: Riu Giorgi coilongu. Il rivo ha origine nel Foglio 2 di Villa Sant'Antonio, in un territorio affollato di emergenze archeologiche risalenti al neolotico; prosegue il suo corso lungo il confine con Ruinas, fin quando si immette nel riu Imbessu. In territorio di Ruinas il riu Imbessu cambia nome in riu Flumineddu e scorrendo, quale confine territoriale con Samugheo, arriva in Comune di Allai dove assume il doppio idronimo di riu Flumineddu o Massari; scorre a sud di Allai per costeggiare la località Isca Nurachi, dove fu trovata la lapide di GIORRE UTU URRIDU.
Questo dato potrebbe avvalorare l'ipotesi che la lapide funeraria sia arrivata ad Allai, trascinata dalla corrente, dal luogo di origine del riu Giorgi coilongu.
***
   Coilongu in sardo significa letteralmente “coda lunga” e in genere è appellativo di persona lenta. Nel “GLOSSÀRIU ISPERIMENTALE cunforma a sas normas de referèntzia a caràtere isperimentale pro sa limba sarda iscrita, in essida, de s’Amministratzione regionale”[2] leggiamo alla voce italiana “lento” coilongu, istentosu, lentu. Per tanto possiamo auspicare che il riu Giorgi coilongu rechi la memoria di colui che diventò Santu Giorre, venerato in tutta la Sardegna.
    Giorre morto, coilongu (lentamente), alla veneranda età (è proprio il caso di dirlo) di 110 anni fu sepolto forse vicino a quel rivo; e se fu seguito il cerimoniale funebre in uso nel V-IV sec. a.C. (data presunta di realizzazione della lapide), sarebbe da ricercare una tomba a pozzetto o a fossa lungo le rive del riu Giorgi coilongu (Fig.3). La tomba doveva essere tanto vicino al rivo, che abbondanti precipitazioni meteorologiche scalzarono dalla sua sede la lapide ivi deposta e la corrente la  trasportò a valle in 2500 anni di peregrinazione fluviale.


Fig. 3 - La confluenza di tre canali di compluvio da origine al rivo.


 La località della presunta sepoltura è ricca di testimonianze archeologiche che partono dal neolitico. Tutta l'area evidentemente era considerata sacra e dedicata al culto dei morti, a giudicare dalla presenza di numerose domus de janas, due betili, uno dei quali alto circa 5 m, coppelle e scanalature evidentemente attinenti riti legati al culto dell'acqua. Non a caso il sito fu scelto per tali riti, visto che in esso hanno origine il riu Giorgi coilongu ed altri due rivi (vedi Fig. 4).



Fig.4 - Immagine elaborata da Google Earth
Si noti l'origine dei tre rivi.



Fig.5 - canaletta rituale – visuali antipodiche della stessa canaletta

   Abbiamo effettuato un sopralluogo del sito dove ha origine il Riu Giorgi coilongu.
  La strada parte dal largo stradale dov'è ubicata la canaletta rituale di Fig. 5; sale per il declivio, a tratti composto da roccia vergine, solcata in millenni d'uso, per piccoli tratti, da carri trainati forse da buoi, che nel via vai di genti e mercanzie, lasciò traccia indelebile di stretti solchi. D'un tratto la strada culmina nel passo che prelude allo scollinamento verso la meta. Lungo il viottolo le tracce d'acque furenti hanno lasciato il segno in piccole improvvise voragini; aprendo in tal modo lunghe ferite nel corpo di madre terra, che ormai stuprata con inaudita violenza, l'accoglie incanalandola, quell'acqua mossa da furente potenza, che a volte, però, scorre placida. Seguiamo “sa gora” e d'improvviso siamo lì, nel punto d'inizio di quell'universo mondo, dove il seme del dio toro solare, confluisce, intercettato e indirizzato dai seni della madre terra, in uno spazio inizialmente adimensionale, al quale man mano il seme del toro solare da forma, dimensione e tempo... il tempo della creazione della nuova vita, che sia essa terrena o d'auspicio dopo la morte.
  Forse questi furono i sentimenti che legavano l'uomo alla natura, alla ricerca di conforto nel momento del trapasso. In questo luogo, segni di recente vitalità ricordano il passaggio di armenti che lì vanno a placare la sete in un moderno abbeveratoio: atto sacrilego? Ai nostri occhi forse si, ma visto con gli occhi dell'anima di quelle antiche genti, sicuramente no... no, non sarebbe stato un atto sacrilego, ma un atto di vita.
Scendendo lungo il corso del ruscello in secca troviamo ancora i segni di acque furenti che copiose hanno lambito quella gola incidendola ed esponendo schegge d'ossa della madre terra, simili in tutto e per tutto a quella su cui fu inciso l'epitaffio in morte di Giorre[3]. Torniamo, in salita, sui nostri passi e poco vicino all'origine di quell'universo mondo notiamo un cumulo di terra dal quale a tratti spuntano lembi di grosse pietre. Il cumulo non sembra naturale ma null'altro possiamo avanzare, benché ci piaccia pensare che li sotto possano riposare i resti di Giorre. Forse non è così; forse Giorre fu trasportato via, assieme alla sua lapide, dalla furia dell'acqua; ma siamo fiduciosi del fatto che questo luogo isolato dal resto del mondo, un tempo ospitò i resti mortali di un uomo di nome Giorre morto alla bella età di 110 anni. Non fu sepolto assieme ad altri e lasciato all'oblio che il tempo impone. Fu tumulato lui, solo, nel punto d'origine dell'universo mondo perché la sua condizione di santità lo avvicinava al suo dio, al quale aveva dedicato l'intera sua vita e ne portava il nome della sua manifestazione terrena: יאר
***
Conclusioni
   Siamo partiti da lontano, molto lontano, con pochissimi indizi che si sono rivelati punte di icebergh. Forse qualche considerazione potrà far storcere il naso agli addetti ai lavori; coloro che sono competenti in materia, ognuno nella propria disciplina. La mia vuole essere (spero lo sia) una lucida analisi dei dati ricevuti dal Prof. Sanna e letti alla luce di dati certi o presunti tali dalla scienza e dagli eruditi. Il mio vuole essere un contributo il più possibile esaustivo, che appare chiaramente di matrice tecnica, per la quale l'asintoto ne prefigura una traiettoria che tende alla precisione matematica. Probabilmente dal punto di vista antropologico ciò non è vero fino in fondo, essendo l'uomo capace di inventiva che esula dal raziocinio e sfocia nella fantasia e in un credo che ammette cieca obbedienza a logiche diverse da quelle rigide della ragione.
    Ma, alla luce di ciò che andiamo scoprendo della civiltà nuragica, abbiamo fiducia di non essere troppo lontani dal vero. Il binomio luce-acqua è sempre più evidente nelle manifestazioni e nei templi della civiltà nuragica ed il pozzo di Sant'Anastasia di Sardara ne è un esempio lampante e Giorrè di Florinas, pure.


   E' probabile che il motivo che indusse il sincretismo da parte della religione cattolica nei confronti di un rito "pagano" sia la semplice assonanza tra nome del Santo cristiano e la parola semitica.
  Un rito che auspicava i benefici vitali dell'acqua sorgiva e della luce viene espropriato ed "esorcizzato", liberandolo dal "male pagano" chiedendo l'intervento del Santo salvatore Giorgio; che nel rito ancestrale pareva fosse evocato quale sorta di alter ego demoniaco di questo santo: יאר  jor. Lo stesso identico sincretismo adottato nel pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara.
***
   Alla fine di questa lunga trattazione abbiamo studiato la parte meno indagata della lapide di Allai. Abbiamo cercato un possibile significato di quel GIORRE UTU URRIDU, che ha rivelato forse un aspetto importante del rito legato ad acqua e luce e che potrebbe far emergere dalla nebbia dell'oblio un pezzo di storia Sarda. Le conclusioni estrapolate possono soddisfare alcuni, altri meno; ciò non di meno vogliamo terminare questo articolo cercando di strappare un sorriso al paziente lettore che fin qui ci ha seguito, concludendo con un pensiero per mezzo di cose.

   Rimembrando l'Eco del pendolo, mi sovviene lucida immagine di tal devoto, erudito quel che basta che, pellegrino appropinquante le sacre reliquie per render omaggio al sant'uomo votato, leggea in sardonico pensiero, supra il litico omaggio del di lui ultimo stabile dominio: “Qui giace Giorre morto per uno starnuto”.


[1]    Si noti che Villa Sant'Antonio fu ufficialmente riconosciuto come villaggio solo nel 1720 col nome di Villa Sant'Antonio de Funtana Coberta.
[3]    Troviamo, disseminate nel terreno lastre di pietra stratificata simili a quella ritrovata ad Allai.

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