giovedì 3 ottobre 2019

ED ORA AL LAVORO. IL CLIMA E' (CI SEMBRA) PIU' SERENO. E' URGENTE LA REALIZZAZIONE E LA PUBBLICAZIONE DEL CORPUS INSCRIPTIONUM NURAGICARUM

Iscrizione nuragica a puntinato su bronzo di una barchetta (trafugata ) dell'Antiquarium Arborense di Oristano


Iscrizione nuragica della chiesetta campestre di San Nicola di Trullas con la voce yzyz


Iscrizione nuragica del Nuraghe Alvu (Pozzomaggiore). Sulla prima linea la voce ShRDN




Coccio con 'scrittura' di Su Pranu di Selargius. La 'Tanit' come segno alfabetico tra segni alfabetici 'lineari'.  

 
Coccio nuragico di Orani con alfabeto e parte lessicale della scritta simile a quello della stele di Nora.  
  
 Ed ora al lavoro. Ci attende un compito forse di poca creatività ma fondamentale per la ricerca scientifica sulla scrittura antica dei sardi del secondo e primo Millennio a.C.Cioè la realizzazione del 'Corpus' delle iscrizioni 'nuragiche' (XVI secolo a.C. - III secolo d.C). Spero che in questa mia fatica, avviata praticamente già dal 2011 (mostra didattica permanente dei documenti nuragici realizzata dalla Associazione 'Selene' di Macomer dall'archeologa Caterina Bittichesu),  goda della simpatia generale e (se possibile) del contributo informativo di tutti (esperti epigrafisti e appassionati per l'argomento). Dopo la Conferenza di Villanova Forru penso che non poco sia cambiato nel mondo accademico nei riguardi dell'esistenza e della consistenza (si vedano alcuni esempi 'supra') della scrittura dei nuragici del periodo dell'età del Bronzo finale e del primo Ferro. Ora si attende che non solo i sigilli di bronzo di Tzricotu di Cabras (riguardanti i cosiddetti 'Giganti' di Mente 'e Prama) ma che decine e decine di documenti siano mandati a periziare sulla scorta del successo scientifico ottenuto con la barchetta fittile 'scritta' di Teti, quella sulla quale, come tutti hanno potuto sentire a Villanova Forru, c'è stato un deciso ripensamento di 'scrittura' da parte del prof. Raimondo Zucca. 'Ripensamento' che,come è facile capire, prelude ad un ripensamento più generale del mondo accademico che è la 'conditio sine qua non' per la collaborazione fattiva  per un argomento che, come è facile capire, porta la Sardegna nella ribalta della Storia del Mediterraneo. Uno di questi giorni, come da noi promesso nella conferenza del luglio scorso a Villanova Forru, informerò più dettagliatamente sul luogo (ripostiglio nuragico) dove vennero rinvenute le tavolette -sigillo di bronzo di Tzricotu. Un nuraghe piccolissimo ma ormai storico (e quindi grandissimo) che ha restituito quelli che io da tempo ritengo tra i sigilli cerimoniali scritti più belli ed originali di tutto il bacino del Mediterraneo antico (XIII -XII secolo a.C.). Non sono solo i 'Giganti'  ad essere eccezionali nella loro originalità, lo sono anche i loro sigilli di identità 'divina', oggetti la cui bellezza e specificità erano consone a quella particolare identità.


Gigi Sanna



14 commenti:

  1. Ben tornato Professore. Dal tono la sento brioso e pacificamente agguerrito. Certo è che Villanova Forru ha posto un bel paletto, anzi una recinzione senza via d'uscita... non si torna indietro.

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  2. Grazie. Nessuno nella stampa ha parlato del confronto. Peccato! Quello che più mi ha interessato è stata la 'limpidezza' - diciamo così - di Momo Zucca a proposito della barchetta scritta. Scritta e basta. Con un punto enorme. In questo ha quasi 'battuto' l'archeologa Nadia Canu la quale non si è ancora espressa (da quanto so) sulla cosiddetta 'onda corrente'. Gli Etruschi l'hanno presa o no dai Nuragici? A pensarci bene quel motivo (non decorativo ma di scrittura) rende ancora più interessante degli stessi segni lineari il contenuto della barchetta perché 'pittografico'.

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  3. Gigi,ma sei sicuro che l'iscrizione non sia "fenicia",te lo chiedo provocatoriamente ,sembra che in Sardegna sia tutto fenicio,forse hanno portato la civiltà a questi ignoranti dei nuragici???!!

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  4. In un racconto di Gabriel Garcia Marquez si parla di un angelo vecchissimo che una terribile notte di tempesta abbatté sulla terra semi svenuto in un villaggio di pescatori. L’angelo non faceva che balbettare, ma nessuno lo capiva. Con logica stringente, quella “gente di mare” dedusse che, siccome parlava una lingua incomprensibile, doveva per certo essere un norvegese. Decisero così di chiuderlo in un pollaio.
    È capitato che in Sardegna, a S’arcu de is forros di Villagrande Strisaili, in una campagna di scavo sia stata ritrovata una brocca in ceramica “sicuramente scritta”. Siccome l’archeologa non ci aveva capito nulla della scritta, interpellò un grande esperto italiano in materia il quale, dato che non ci capì altrettanto nulla, sentenziò che si trattava di scrittura filistea, con una evidente logica stringente pari a quella della “gente di mare”. Di “filisteo” infatti pare che si trovino non più di una decina di reperti scritti, ma nessuno al mondo è riuscito ad interpretarli, almeno per il momento.
    Dunque, norvegese di là, filisteo di qua.
    Ne consegue che, dato per certo dai Sapienti nostrani che i Nuragici non sapessero scrivere, le incisioni sulla brocca sono state l'opera di un filisteo.
    Che ci facesse un filisteo in Barbagia si può solamente ipotizzare: o era venuto per funghi, o commerciava in lana caprina.
    A questo punto si può dedurre che è più convincente affermare che i nostri archeologi e i loro esperti “non sanno leggere” piuttosto che i Nuragici “non sapessero scrivere”?
    Adesso, sconcertati per il destino riservato a vari reperti improvvidamente scritti e misteriosamente "persi di vista" e spariti dai musei e da collezioni varie, come la navicella di Oristano appunto, il brassard di Loci Santus o il coccio di Serra sa furca di Mogoro per esempio, si sta in pensiero per la sorte della brocca "filistea".
    Con la speranza che non vada a finire dimenticata in un "pollaio", come lo sdentato angelo di Marquez.
    Il tuo lavoro, caro Gigi, illuminerà tutti i pollai e tutti gli scantinati dei nostrani musei.
    Almeno questa è la speranza di molti di noi.

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    1. Finalmente signor Francu,è tornato a scrivere con la sua splendida ed efficace ironia.Il fatto più grave,signori Francu e Gigi è che sono ,proprio, i cosi detti esperti sardi che negano la scrittura nuragica,sinceramente non ne capisco la motivazione.Che sia un p0' di invidia ed ignoranza?

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  5. Per sapere quanto sia 'filistea' basterà far periziare la ceramica. Semplice. E si sapranno tante belle cose. Come per la barchetta di Teti. Francesco Masia ha reiterato la proposta della perizia con la 'termoluminescenza', aggiungendovi tante belle scritte su ceramica che potrebbero risolvere in qualche ora di accertamento 'scientifico' la 'quaestio' della scrittura nuragica in Sardegna. E' passato non poco tempo dalla sua proposta. Ma nessuno (sovrintendenze, archeologi, accademici di dentro e di fuori, ecc.)si muove nè gli 'intellettuali' cari a Francesco, più rari dei porcini nei nostri boschi a Ferragosto, protestano con un refolo di voce. Un complotto? In certi limitati ambienti sì. E' evidente. Negli altri tutti solo pura imbecillitas (debolezza intellettuale) al massimo grado. Come sai a Villanova Forru ho proposto pubblicamente, nel confronto con Momo Zucca, 'almeno' la perizia del coccio nuragico scritto trovato da Desogus dalle 'tue' parti (a Su Pranu di Selargius) e regolarmente consegnato da diversi anni alla Sovrintendenza di Cagliari. Infatti, che ci fa una Tanit in una sequenza organica di segni di scrittura arcaici nuragici? Che bello sarebbe 'confermare' (io l'ho detto in mille salse!) scientificamente che la cosiddetta Tanit è un segno alafabetico! Ma non c'è speranza di inoltro. Le perizie, dati i risultati rivoluzionari (barchetta di Teti,inumati di Monte 'e Prama, si temono come la peste bubbonica!







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  6. Caro Francu, mi sa che certi, non solo non san leggere i ghirigori alieni, ma solo quelli no-strani (si perché i grafemi si dividono in ghirigori si-strani e ghirigori no-strani), ma non sanno neppure di fisica, matematica e geometria, figurati tecnologia delle costruzioni! In architettura poi, certi si lanciano nel “non plus ultra” delle bestialità! Vedi nuraghe (nuraghe?) Zerrei di San Vero Milis o il nuraghe (nuraghe?) sopra il pozzo sacro di Is Pirois di Villanovaputzu. Quest'ultimo più che nuraghe lo definirei una mansarda (man-sarda... bellina vero?!) visto che non ha accesso alcuno dall'esterno. E' mai possibile che un architetto nuragico (a qualcuno piace dire Sciardana... si con la esse di sciarpa, perché è più scientifico, infatti è tentato di definirsi lui stesso “sciardo” perché "nasciu e cresciu" in Sciardegna), che di sicuro aveva la stiba avvolgibile in tasca, il mòdano triangolare nell'altra, il compasso attorcigliato al polso destro, il filo a piombo a quello sinistro e lo stilo segnatorio incastrato nel padiglione auricolare, pronto a controllare se i muratori seguivano al decimo di stiba i suoi dettami, non sapesse scrivere, Ahiò!

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  7. Gigi,per certa gente"esperta",la peste bubbonica è meno pericolosa.

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  8. La più volte apprezzata ironia del commentatore Francu andrebbe in questo caso sicuramente trattenuta, almeno per la parte che si riferisce al rimando filisteo della effigie incisa su un concio del muro di un tempio a Murru Mannu. Non dirò punico per una questione di età, dovendo collocarlo almeno cinque o sei secoli prima. Ma al di là delle righe, dei punti che sembrano contenuti nella stiva di una nave e della linea a zigzag che in fondo ricorda il mare, la doppia scritta composta di due lettere a sinistra e di due lettere a destra che incorniciano la figura della “svastica”, vale a dire לסאן significa “ al sole”. Ora, moltissimi studiosi sembrano essere concordi nell’attribuire anche alla “svastica”, qui con una particolarità locale che la caratterizzano come tipicamente Sarda , una simbologia solare. Dunque un documento importante che fa pensare ad un mix con altre culture con le quali si era venuto in contatto.

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  9. Gentile Ergian45,
    mi sarebbe stato difficile trattenere o lasciar correre l'ironia, più o meno apprezzata, sul "rimando filisteo della effigie incisa su un concio del muro di un tempio a Murru Mannu" quando non ne ho minimamente parlato e neppure ci avevo pensato.
    Lo terrò a mente per la prossima volta, se avrò la tentazione.

    Per tornare all'argomento dell'anfora scritta rinvenuta a S'arcu 'e is forros, che qualcuno definisce "cananea" (anche se non sembrerebbe di quelle atte al trasporto sulle navi), qualcuno dice scritta in lingua filistea, altri riporta che i caratteri sono filistei e fenici.
    Ciò comporterebbe che anche i Filistei avessero elaborato un proprio alfabeto particolare, o almeno una variante di qualcuno già esistente, tipo cananaico o protocananaico, visto che pare che vivessero proprio nella terra di Canaan, là arrivati intorno al XII secolo a. C..
    Tutta intera quell’affermazione viene fatta in totale assenza della conoscenza di una eventuale lingua filistea, di cui si suppone che siano sopravvissute una decina di parole, ma nessuna legata a un coccio scritto.
    Ciò non frena la fantasia dell'esperto che vede convivere Nuragici, Filistei e magari Fenici nei villaggi di Barbagia, intenti forse a raccontare paristorias all'ombra fitta e rassicurante del nuraghe.
    Non ha pensato il grande esperto che se il filisteo raccontava i suoi contus o ascoltava i nostri, o lui conosceva la lingua nuragica, o i nuragici conoscevano la lingua filistea. (Almeno loro nell’universo!).
    E se il filisteo conosceva la lingua nuragica, perché scrivere egoisticamente in filisteo?
    O forse l'aveva portata già scritta quella famosa anfora?
    Non c’è limite alle congetture, quando si parla di un argomento senza saperne un … niente.
    Avessero fatto l’analisi ai cocci, sapremmo almeno quando e di che pasta fu fatta l’anfora, se di terra biddanoesa o delle alture di Nabulus.
    Perché se l’impasto è biddanoese, non credo che qualcun s’azzardi a dirci che iol filisteo era venuto a insegnare come fare frascus e tistivillus.

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  10. Non imitate Maria Ausilia Fadda nel segnalare i documenti! Li segnalò solo al prof. Garbini (a caccia di scrittura filistea)scavalcando tutto e tutti! Con i pessimi risultati ermeneutici che, purtroppo, si sono visti! Essi vanno segnalati correttamente cioè informando prima di tutto le Sovrintendenze. Ci siano simpatiche esse o no dal punto di vista 'politico'. Ho scritto, a tal proposito, sulla mia pagina di facebook questa nota che ritengo possa interessare i lettori di questo post.
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    Grazie amici Ma...

    Grazie amici per le segnalazioni circa la cosiddetta 'scrittura nuragica'. Non piccola parte del 'Corpus Inscriptionum nuragicarum' si deve ad esse, alla costanza con la quale, per decenni ormai, mi avete mandato le foto con vere o presunte attestazioni della presenza dell'antico codice di scrittura dei sardi dell'età del bronzo e del ferro. Grazie a dette segnalazioni se oggi l'archeologa Caterina Bittichesu intendesse aggiornare la mostra didattica permanente (quanto sarebbe interessante proprio dal punto di vista didattico!) della scrittura nuragica non basterebbero i locali di tre case del poeta Melchiorre Murenu per contenere tutti i pannelli illustrativi. Grazie dunque amici per il contributo fattivo che prosegue ancora e credo proseguirà. Ma sarebbe bene (è un consiglio che mi pare di aver dato un'altra volta) che le segnalazioni per correttezza venissero fatte anche alle Sovrintendenze isolane anche se le probabilità che si sia individuata veramente 'autentica' scrittura arcaica sono (generalmente parlando) molto scarse. Lo so, lo so. Non avete fiducia nelle risposte data la pregiudiziale accademica negazionista, nonostante le numerosissime prove antidogma, sulla esistenza della scrittura nuragica. Non importa. Voi segnalate, segnalate, segnalate. Sarete così voi i primi testimoni di reticenze, non curanze e, magari, chiari 'imboscamenti'. Il sottoscritto sarà così il primo a riferire che le vostre foto e le vostre informazioni sono state regolarmente effettuate e che non è solo lui (il sottoscritto) l'unico 'collettore' privilegiato delle segnalazioni (provenienti ormai da tutta la Sardegna). Recentemente (pochi giorni fa) degli amici mi hanno inviato la foto di una scritta stupenda di una roccia del litorale di Pula. Con segni chiaramente arcaici: non fenici, non etruschi, non greci, non romani, non bizantini. Chiaramente nuragici. Sarebbe stato bene informare anche e soprattutto la Sovrintendenza di Cagliari non fosse per altro perchè Pula vuol dire Nora, il luogo cioè dove è stato trovato il documento più intrigante del codice di scrittura nuragico riportato in caratteri fenici arcaici. Ovvero la stele detta appunto 'di Nora'.Il detto documento, di cui spero di poter parlare tra non molto, richiama, in qualche modo (ma con grafemi più arcaici), il tenore della Stele norense o 'pulense' che dir si voglia.

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  11. Signori Francu e Gigi,potreste spiegare ad una povera ignorante,come me,come mai certi così detti esperti e,per di più sardi,si intestardiscono a negare la scrittura nuragica però sono certi della scrittura filistea e fenicia? Per quanto mi arrovelli il cervello non riesco a provare una spiegazione valida.Signor Francu ite este su tistivillus e su frascu? La ringrazio.Per piacere,la prego,continui con la sua ironia,è così divertente ed estremamente esplicativa.

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  12. Signora Grazia,
    lei si arrovella, ma io ho smesso di chiedermelo già da un pezzo.
    E cosa ci vuole fare?
    Suppongo, anzi spero per loro stessi, che siano in buona fede. In questo caso sarebbero solamente disparità di vedute.
    Altro dirti non vo', diceva il poeta e io sono con lui!

    Frascu è una sorta di fiaschetta del viaggiatore" di coccio, una sorta di cilindro di una trentina di cm di diametro di base e un'altezza variabile tra 15 e 25 cm. Ha una base piatta e l'altra a cupola, due piccoli manici che s'attaccano alla bocca. Serviva al contadino per portarsi l'acqua in campagna; si sa che per il vino usava sa corcoriga.
    Come capienza, andavano da due a cinque litri circa.
    Oltre che ad Assemini e a Oristano, in Marmilla erano famosi quelli di Pabillonis: non per caso, nella piazza grande di quel paese troneggia unu frascu enorme che peserà qualche tonnellata.
    Insieme alle broccas, pianus, sciveddas, pratus, tianus e pingiadas, i Pabillonesi li vendevano nelle feste paesane, mettendoli in bella mostra ai bordi della strada, posati per terra.
    E se capitava che qualche ubriaco ci rovinasse addosso, o un cavallo o un carro svicolasse, i danni ... eh, i danni ...
    Ecco, c'è un bel modo di dire dalle nostre parti: Su dannu de Pabillonis, su tialu ddu paghit! (Il danno arrecato ai pabillonesi, glielo paghi il diavolo!), a significare sconcerto per un accaduto spiacevole di cui nessuno si dichiarava colpevole.
    Tistivillu significa coccio, cioè il pezzo di un manufatto rotto di terracotta. In genere lo si usava per piantarci i fiori. Estensivamente, e scherzosamente, tistivillu significa un manufatto di terracotta.

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  13. Mamma mia quante cose sa,signor Francu lei è un pozzo di scienza.Ma lo sa penso che i "famosi esperti" di archeologia sarda capiscano ben poco delle nostre immense ricchezze e mi chiedo anche :chi ha dato loro incarichi importanti?Saranno stati i fenici o i filistei?L'importante è non abbattersi ed andare oltre,prima o poi la verità verrà fuori,d'altra parte Gigi Sanna è talmente"tostorrudu",che non si fermerà mai.Grazie ancora delle sue spiegazioni.

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