Il grande inganno IV
Parte quinta
Labrys
Come già anticipiato nella parte seconda, possiamo
ipotizzare, che anche la bipenne possa essere la materializzazione terrena (nel
terreno) del percorso solare nei suoi punti cruciali, come si può evincere
dalla Fig.1.
Fig.1
Fig. 2
L’immagine di
Fig 2, a dar credito alla sua didascalia che recita: c) Tanit's substitute
(Punic votive stele, Museum of Carthage, Ref.[4,#35], potrebbe avvalorare quanto ipotizzo.
Se la
labrys è intesa quale immagine sostitutiva della Tanit, la mia ipotesi potrebbe
essere l’anello di congiunzione. Tenuto conto che nel medesimo sito web la
figura “b”
in didascalia viene definita: b) Tanit
labrymorph (Punic votive stele, Museum of Carthage, Ref.[4,#37]. Per via (forse
n.d.r.) di quei due “coltelli minacciosi” (così li definisce il Garbati),
che la figurina pare ostentare.
Nello stesso
studio si fa riferimento ad un’altra immagine ben più antica, che viene datata al 4000 BP[2],
dove la figura brandisce due labrys, non in segno minaccioso ma con significato
iniziatico, come suggerisce il Garbati, per via dell’aspetto labrymorfico del
corpo della dea.
Il Garbati alla
fine della trattazione della labrys ipotizza un aspetto iniziatico affiancato
ad uno sacrificale di tale raffigurazione.
Per quanto
sostenuto nella mia tesi posso ipotizzare che la labrys, vista sotto l’aspetto
astronomico, ha origine esclusivamente iniziatica e solo in seguito potrebbe
aver assunto scopo sacrificale, ma per motivi paludativi del simbolo e
sottomissione dei fedeli.
Tali ragioni
possono, se non chiarire del tutto la questione, almeno aprire un varco in
questo inesplicabile e ingarbugliato mondo di immagini.
In “Il Carnevale: La maschera, il tempo e le origini di
Arlecchino[3],
Emanuela Chiavarelli scrive, parlando della maschera di Arlecchino: “Conserva
nel nome «la chiave del mondo
sotterraneo da cui
proviene». Come molte maschere,
è un essere demoniaco che costituisce il retaggio di antichissimi culti di
fertilità confermati dal suo ruolo di Zanni.
Dietro l’appellativo si cela,
in realtà, Giano, il “bifronte” dio delle porte dell’Anno, giovane e vecchio
Signore del divenire. Si tratta, quindi, di una duplice entità connessa alle
fasi del transito annuale affine al dio dell’Anno Calante e Crescente dei Celti
che si contendono il favore della dea della Regalità; ai Forseti nordici le cui
opposte scuri evocano, unite, la doppia ascia emblema dell’anno; alla
complementarietà dei greci Apollo e Dioniso – detto Pélekys, “bipenne”,
motivo che parrebbe
suggerire il vero
senso da attribuire
al labrys cretese.” (il
sottolineato è mio).
Alla ricerca di prove in un sito web[4]
troviamo un’altro indizio che potrebbe confermare la nostra tesi. Descrivendo
la grotta di Polifemo in territorio di “Erice”, Testualmente si scrive “Il
vano rialzato costituito dalla metà sinistra della grotta, profondo all'incirca
7 metri, presenta un soffitto piuttosto basso e digradante verso il fondo. Su
di esso ad un'altezza di 1 metro e 30, si trova appunto il pittogramma del
labirinto in ocra rossa, costituito da sei volute concentriche e grossomodo
ellittiche per un diametro massimo di 30 cm.
Immediatamente di lato - nonostante il forte degrado del colore
- si indovina anche una figura antropomorfa, sempre di colore rosso, che anche
a detta degli archeologi che l'hanno studiata, sembra essere costituita da
una testa stilizzata, due braccia alzate, ed una lunga tunica “a campana”. Con
la mano sinistra essa sembra reggere qualcosa, come un corno, dipinto in colore
scuro. (il sottolineato è mio).
Dalla descrizione si intuisce che quella raffigurata è
indubbiamente la Tanit che regge un corno.
Tornando indietro e continuiamo a leggere l’articolo di Giuseppe
Garbati, egli accosta il pittogramma del labirinto a quello della labrys, anzi
fa derivare la prima dalla seconda (ma in questo contesto poco importa sapere
se è nato prima l’uovo o la gallina), fatto sta che tra labirinto e labrys, che
pare abbiano la stessa radice lessicale, c’è una forte correlazione.
Ma le sorprese non sono finite. Del sito di Erice si scrive a
chiare lettere che i pittogrammi posti all’interno della grotta sono illuminati
al tramonto del sole al solstizio d’estate.
Le coincidenze paiono troppe per non trasformare dei semplici
indizi in prove concrete.
[2] Da: : http://www.archaeometry.org/d95.htm
nota 1: Le divinità del Sacro Axe, Margaret C. Waites, Am. Jour. di Archeologia
27 (1923), pp. 25-56
La cultura è uno dei pregi più importanti in una persona perché serve a migliorarla e,se è vera cultura,ad allontanarla dalle miserie e meschintà della vita.Come le ho già scritto, signor Angei ,per quanto riguarda questi argomenti, sono e resterò al nido e come mi diceva affettuosamente il mio direttore;che era di una cultura inimmaginabile ed affascinante(sarei stata ad ore ad ascoltarlo):lei Pintore è un'analfabeta di ritorno.La ringrazio per tutte queste cose che lei scrive,ribadisco,in maniera chiara e comprensibile.
RispondiElimina