Fig. 1 |
Oggi prendiamo in esame ancora dei
documenti esaminati dallo studioso e ritenuti sempre ‘scrittura nuragica’. Sono
due brevissime scritte che provengono rispettivamente da Santu Antine e da Monte Olladiri.
I grafemi sono tracciati su ceramica come si può vedere dalle didascalie del
fig. 1 (frammento di olla e secchiello
fittile).
Esaminiamoli i testi, uno per volta.
Come ognun vede il resto dell’olla di Santu Antine reca incisi quattro segni lineari, non tutti della
stessa grandezza ma riportati con sufficiente precisione rispetto alla ‘linea’ immaginaria che coincide con la stessa
del colletto del recipiente. A partire
dalla sinistra Giovanni Ugas intende così i ‘grammata’: una ‘I’,
una ‘chi’, una ‘pi’ (o una ‘lambda) e infine una ypsilon. Scrive quindi ICHPU (o ICHLU). La
sua base di partenza per il riconoscimento di vocali e consonanti è un alfabeto
con segni di tipologia greca (4)
e pertanto si ipotizza anche che la
lettura debba seguire il modo destrorso (ma non certo quello arcaico!) di
scrivere dei greci da sinistra verso destra. Ma così facendo non ne vien fuori
nulla di sensato. Solo un pasticcio: le
lingue, classiche e non, non sanno proprio
che farsene di un ICHPU o di UN ICHLU. Motivo per il quale si innalza la ‘crux
desperationis’ e si affida ‘volentieri’ (così si dice) alla preparazione e alla
sagacia dei glottologi la spiegazione di una parola (o più parole) che si
ritiene, evidentemente, comunque sicura o abbastanza sicura. Lui per ammissione
è solo un archeologo epigrafista, mica un linguista!
In realtà le cose non stanno così e la
lettura della scritta risulta nulla semplicemente perché sono state fraintese
tutte, ma proprio tutte, le lettere.
Infatti ci troviamo di fronte a dei segni del codice nuragico a sua volta influenzato
da codici di tipologia semitica, particolarmente dal cosiddetto
‘protocananaico’ (5) . Un codice,
quello nuragico, con variazioni di
lettere che spesso sono omofone ma non omografe secondo il gusto o il lusus di
scrivere, anche ai fini di cripticità, dei nuragici. Esse sono, partendo dalla
destra, una ‘yod’, una ‘hȇ’,
una seconda ‘hȇ’ e
un secondo ‘yod’. I 300 e passa documenti (ma aggiunti a quelli di Ugas,
ovviamente, sono molti di più), trovati in una nostra ricerca di venti anni (6) circa, da noi inventariati per la pubblicazione di
un ‘corpus iscriptionum’ , danno il
primo segno attestato per 31 volte, il secondo per 21 volte, il terzo per 25 volte, il
quarto per 48 volte. Sono quindi segni molto comuni ma talvolta, mantenendo sempre
lo stesso suono consonantico, sono
‘variati’ nell’andamento schematico lineare e, soprattutto, nella loro pittograficità. Ad es. una yod a ‘forcella’
può essere con la ‘forcella’ rivolta verso l’alto, oppure obliqua, oppure orientata
verso il basso. Tre esempi (figg. 2-3-4) con documentazione, la scritta di
Aidomaggiore (7), la tavoletta A3 di
Tzricotu di Cabras (8), la pietra di Villamassargia (9), pensiamo che bastino (v. anche tab.1) per
chiarire il dato della ‘variatio’ di orientamento
segnico. Non dissimile in fondo da quello che accade quando troviamo in periodo,
arcaico e non (10), una ’aleph ruotata
di trenta, sessanta o novanta gradi (v.tab.2)
Fig.2 Fig.3
Per la lettera ‘he’ (terza lettera in sequenza della nostra lettura) essa non è nient’altro, a nostro parere, che il segno, estremamente schematico (a bambolina), che il nuragico possiede in una notevole varietà di forme, pittografiche e meno pittografiche (v. tab. 3). Nella stessa forma, quasi precisa, si riscontra un’altra volta in posizione di rilievo finale (fig.5) grazie alla documentazione apografa fornitaci da Pietro Lutzu nel suo, ormai noto, dattiloscritto sulla scrittura nuragica (11). Il secondo segno, ritenuto (faticosamente) una ’pe’ o ‘una lamed’ è invece una ‘hȇ’, come si dimostrerà (forse) anche grazie al documento di Monte Olladiri. Risulta solo scritto con una ‘sbavatura’ che ha fatto sì che il tratto obliquo a destra del segno ‘Λ’ sia stato traslato verso l’alto (12). Oppure, cosa meno probabile, può essere accaduto che lo ‘stilo’ dello scriba nuragico nel ‘graffiare, incidere ’ (grafein) ha spostato lievemente il tratto perché non andasse unito al segno precedente, creando così una incomprensibile legatura. Tuttavia, anche se noi dovessimo omettere il ‘gramma’ nella catena fonetica, esso si otterrebbe per via indiretta a motivo del senso che sembra risultare possibile se solo si presta orecchio a quello che tante volte si è detto sulla ‘religio’ dei sardi nuragici e sulla loro specifica divinità.
Quanto al ‘gramma’ finale, la ‘yod’
ad asta verticale, il numero dei documenti nuragici che la riportano (più o
meno obliqua a destra e a sinistra) quasi non si contano più. Facciamo due soli esempi
documentari (figg. 6 e 7), ma molto importanti, come quelli che riguardano il
nome stesso della divinità riportato secondo lo schema I Λ o I ΛΛ che coinvolge anche la nostra lettera in seconda posizione:
Fig. 7 Trascrizione
Se noi, trascrivendo, riportiamo Y [.] H Y, otterremo, partendo dalla destra, YH [.] Y. Avremo cioè il nome della divinità seguito da una
seconda voce di due consonanti. Questa non può che essere, secondo noi, l’attestato
‘hy’ (13) che significa’, come
sappiamo, ‘vivificante, che dà la vita’, una delle specificazioni di YHWH creatore. Ma attenzione! La scritta non risulta
banale, non è solo comunicativa ma anche espressiva: è ben pensata e prende vigore
e pregio, così ricostruita, dal fatto che risulta chiaramente palindroma,
potendosi leggere indifferentemente da sinistra verso destra o da destra verso
sinistra. A ben vedere non è nient’altro che l’esplicitazione del nome
dell’androgino IΛ (= YΛ) che può essere
letto (v. tab. 4) ugualmente da entrambe le direzioni e scritto anche in modi
diversi mantenendo sempre gli stessi grafemi omofoni.
tab.4 |
Prendiamo ora la scritta del secchiello di Monte Olladiri.
Anche
qui, evidentemente, bisogna pensare diversamente sulla natura precisa dei
grafemi; anche perché stavolta c’è un dato
fondamentale come quello che che caratterizza la scrittura nuragica a rebus. Quello dell’obliquità. Non è un caso che l’ Ugas sia
stato costretto a raddrizzare la scritta e a porla su di una linea
perfettamente orizzontale e non obliqua.
La λοξότης, ormai
l’abbiamo fatto vedere (v. fig. 8 -9 -10)
e spiegato più volte (17), è
accorgimento scrittorio di scuola a cui lo scriba nuragico ricorre quando si
rende conto che il testo è scritto 'in difficile' e quasi impossibile da interpretare e
pertanto vuole avvertire sulla ambiguità della scritta o di parte della scritta
presente nel testo.
Fig. 8 Fig.
9
Fig.10
Infatti, non c’è scritto ICHS , sequenza
che non ha senso, ma c’è scritto invece quello che di senso nascosto dà il
grafema in forma di ‘shin’. Ma andiamo per ordine sulla lettura del testo.
A partire dalla sinistra si trova, come in Santu Antine, non una vocale ‘I’ ma una consonante ‘yod’,
non una consonante ‘khi’ ma una consonante ‘hȇ’
semitica (con lo schema più rigidamente angolare, leggermente variato rispetto
alla ‘hȇ’ della
scritta precedente) e per ultimo un segno ‘shin’ oppure da interpretare, ma secondo filologia ovvero secondo raffronti e
riscontri, i più ampi possibili, circa la documentazione nuragica e circa la
natura e la composizione dei significanti fonetici. Se si tratta di una ‘shin’ si potrebbe ipotizzare, cosa normale nella
scrittura nuragica in mix (18), la
presenza di un segno lineare con valore logografico e non consonantico. In
relazione a ciò potremmo trovarci di fronte all’espressione yh sh(msh) e cioè ‘sole, luce di yh’.
Ma, sempre secondo il modo criptato di scrivere dei nuragici potremmo vedervi
anche un agglutinamento dei segni a zig -
zag (19) FMF che renderebbe la parola ‘hyh’ (vivere, esistere) oppure ‘hy’
+ ‘he’ (lui che dà la vita). In questo secondo caso ci troveremmo con una espressione
praticamente identica, come senso, alla prima: YH HYH. Composta da cinque consonanti e non da quattro, di cui tre
in legatura. La prima interpretazione però ci sembrae da preferirsi perché la ‘shin’ , come
la scritta, è obliqua e a serpentello. Se la loxoths (λοξότης) ci avverte che la ‘shin’
è ‘ambigua’ perché logografica (20)
e non consonantica e che, ancora, il segno a zig zag è segno riferibile al serpente, avremo ‘SH’ (= shemesh) + il pittogramma serpente che, come, sempre, è segno di
‘wlm עולם (continuità, immortalità). Avremo quindi ‘yh
sole eterno’ yh shemesh
‘wlm יה שמש עולם.
Se poi, seguendo rigorosamente la
‘griglia di Sassari’, diamo valore al numero dei segni avremo, partendo da sinistra, ‘tre’ yh shmsh ‘wlm: Yh sole (luce) immortale lui. Leggendo da destra invece si ottiene 'Lui sole (luce) eterna che dà la vita' ( he shmsh 'wlm hy ). Se così fosse si noti che si ricavano due espressioni complementari. In una si dice che 'yh è luce immortale' nell'altra che quella luce 'dà la vita'. Naturalmente, per coerenza, dovremo scrivere,
aggiungendo la numerologia anche per il documento di Santu Antine , ‘quattro yh hy/ yhhy (forza di Yh hy)’. Così operando il senso del testo risulterebbe
più sicuro ancora perché i nuragici amano costruire la frase (formulare) mettendo
in incipit la voce ’z עז (forza, potenza, toro, fallo): ad esempio (v. fig.2),
nella stele di Aidomaggiore, si ha toro, fallo, potenza (il supporto) della luce (NR) di yhwh.
Altre soluzioni, per ora, non vediamo.
Naturalmente soluzioni che non solo diano un minimo di senso dal punto di vista
linguistico ma che, soprattutto, siano in sintonia con quanto sappiamo oggi (21) sulla religione nuragica e sugli
oggetti in ceramica, in bronzo o in pietra che di lui parlano riportandone il
nome o il pronome o le sue qualità. In ogni caso, resta il fatto che sia in Santu Antine sia in Monte Olladiri abbiamo
delle sequenze o delle singole lettere dove è presente, con ogni probabilità, il nome della divinità sarda (22).Per concludere. I ‘grammata’ dei due oggetti in ceramica presentati da Giovanni Ugas non hanno nulla a che vedere con quelli degli alfabeti greci post-fenici. Sono ‘grammata sardȏa’ che si trovano attestati ampiamente, alcuni con delle leggere o leggerissime variazioni, nel repertorio dei segni adoperati dai costruttori dei nuraghi. Bisogna stare molto, ma molto attenti circa la loro tipologia perché a prima vista (soprattutto nel periodo più tardo, dal V secolo a.C. in poi) ) possono trarre in inganno in quanto sembrare ( su sbrigativa base repertoriale) molto vicini a quelli degli alfabeti classici (si pensi alla sola ‘I’ che sembra una vocale greca o latina quando invece è una comunissima ‘yod’ consonantica). Ne vedremo altri di documenti presentati dallo stesso studioso come contenenti lettere del repertorio classico quando invece sono prettamente nuragiche. Detto ciò però, nella sostanza, forse è il caso di affermare che non esiste insanabile contraddizione tra la nostra ricerca e quella dell’Ugas. Perché si ha la consapevolezza che si tratta di segni e scritture solo nuragici. Di ispirazione certamente esterna ma adoperati in loco. La contraddizione a nostro avviso sussiste solo perché l’Ugas, nonostante l’evidenza, si ostina a considerare i segni come influsso degli alfabeti classici anche se non ricava nulla sul piano linguistico. Noi invece (grazie alla consistente documentazione che gode, per quantità, anche dei ‘prodotti’ del complesso codice metagrafico) insistiamo nel dire che quei segni partono da molto lontano, sono pregreci, sono semitici e appannaggio di una ben precisa divinità. Insistiamo, ricavandone non solo molto di paleografico ma ‘anche’ molto di linguistico. I segni fanno parte di una scrittura scribale di sacerdoti parlanti una lingua di matrice indoeuropea ma scriventi con il linguaggio della ‘letteratura’ colta semitica di origine cananaica; sono scribi che sanno bene, per consolidate convenzioni di scuola, come nel caso sia di Santu Antine sia di Monte Olladiri, come usare in modo assai sofisticato il codice per ‘formule’, variandolo e rendendolo consono alla ‘sacralità’ degli oggetti religiosi. Come abbiamo detto tante volte - respingendo fermamente teorie non scientifiche e di seconda o terza mano, abbandonate dalla scienza epigrafica moderna - niente c’è di laico, di palaziale, di economicistico in quella originalissima scrittura a rebus. Tutto è a gloria del dio androgino celeste e dei suoi figli divini che lo rappresentano in terra. Sempre per YH e ancora per YH. Sempre per yhw o yhh o yhwh. Quando non è, più semplicemente, per ‘y’. Curiosamente (e incredibilmente) il nome di dio (voce precedente a quella di ‘El) del noto passo del Paradiso dantesco (23).
Note ed indicazioni
bibliografiche
1.
Ugas G, 2013, I segni numerali e di
scrittura in Sardegna tra l’Età del Bronzo ed il I Ferro, in Tharros Felix
5, a cura di A. Mastino, P. G. Spanu, R. Zucca. Roma Carocci pp. 295 -377.
2. Questa scrittura chiamiamo per comodità
‘nuragica’ perché codice proprio, usato per tantissimo tempo, dai costruttori
dei nuraghi. Anche quando i nuraghi non si costruirono più il codice
‘nazionale’, basato su ben precise convenzioni (v. la cosiddetta Griglia di Sassari) continuò ad essere
applicato. Esempio eclatante di ciò si ha nella pietra scritta, custodita nell’Antiquarium arborense di Oristano,
con tenore relativo al culto funebre e
alla ‘religio’ di yhwh. Essa, con λοξότης (scrittura obliqua) e mix consonantico - linguistico
(sardo semitico, etrusco e romano) fu rinvenuta in una necropoli del III secolo
d. C.
3. Sanna G., 2015, SCRITTURA NURAGICA DA NURAXINIEDDU: LITTERAE INFELICES, LECTIO INFELICISSIMA; in Maimoni blogspot.com (26 maggio).
4.
Ugas G., 2013, I segni numerali e di
scrittura in Sardegna, ecc. cit. , passim.
5.
Sul cosiddetto ‘protocananaico’ abbiamo detto più volte. Detta scritta richiama
per il mix (caratteri arcaici con caratteri più recenti, pittogrammi misti a segni lineari, ecc.) ) il ‘protocananaico’
dei documenti siriani e palestinesi. Per questi ultimi si vedano Amadasi M.G.,
1998, Sulla formazione e diffusione
dell’alfabeto, in Scritture
Mediterranee tra il IX ed il VII secolo a.C. Atti del Seminario (a cura di
Bagnasco Gianni G. e Cordano F.) Università degli Studi di Milano. Istituto di
Storia Antica (23 -24 febbraio).
6.
Detta ricerca inizialmente fu condotta dal sottoscritto e dal compianto Gianni
Atzori (fino all’anno 2001). Successivamente fu accompagnata dall’attività di
diversi collaboratori (docenti universitari, guardie forestali, dilettanti e
appassionati di archeologia, corsisti dei ‘Corsi di Epigrafia nuragica’, ecc.).
Essa continua tuttora proficuamente come dimostrano le nostre pubblicazioni (ma
non solo le nostre) di questi ultimi anni e mesi.
7. Sanna G.,2013, Aidomaggiore (Sardegna). Il tetragramma/crittogramma di YHWH per la
prima volta nella storia della scrittura; in Monte Prama Blog ( 27 maggio)
. 8. Sanna G., 2004, ‘ag ‘ab sa’an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano, passim; in particolare cap. 4, pp. 117 -120
9. Sanna G., 213, Villamassargia: il 'protocananaico' per un altro santo nuragico della Sardegna; in Monte Prama Blog ( 11 giugno)
10. L’uso delle consonanti, pittografiche o meno, dura
per oltre 1500 anni. Possiamo chiamare periodo ‘arcaico’ quello compreso tra il
XVI secolo a.c sino al VI –V secolo a.C.
e ‘recente’ quello compreso tra il V secolo a.C. sino al III secolo d.C.
11.
Sanna G., 'BUON NATALE' DA PIETRO LUTZU (1859 - 1935), UN SOLITARIO PIONIERE DELLA RICERCA DELLA
SCRITTURA NURAGICA, in Monte Prama Blog Spot.com ( 16 Dicembre).
12.
Se si osserva il tratto è, per lunghezza, corrispondente a quello di sinistra e
contrapposto ad esso.
13.
La testimonianza più esplicita si ha in Tzricotu
A 3 dove, con l’accorgimento dei tre agglutinamenti, si ha un’ ulteriore
lettura del sigillo: YHW HY ‘RWH ( YHW
sesso che dà la vita), 14. Come archeologo si rende lui garante della bontà di tutta la documentazione. Il fatto è però che lo studioso non cita un documento che un documento epigrafico che stia al di fuori, nonostante prove di autenticità incontestabili, di quella presunta garanzia. I cosiddetti ‘cocci di Orani’, la barchetta fittile di S’Urbale Teti, il coccio del Nuraghe Alvu di Pozzomaggiore (v. fig.8), il coccio di Selargius, la pietra di Villamassargia (v.fig. 4) e quella di Aidomaggiore (v.fig.2) sono esempi, con la loro esclusione ingiustificata, di un uso distorto e molto soggettivo della documentazione. Se così si facesse, nelle università siriane e palestinesi la non ‘garanzia’ e il sospetto continuo avrebbero impedito e paralizzato totalmente lo studio dell’epigrafia e della paleografia in quel territorio. Le provenienze, come si sa, sono quasi tutte ‘ignote’ , decontestualizzate e raramente costituiscono materiale (reperti) certo di scavo.
15. All’ Ugas non viene minimamente il sospetto che tutta la ormai imponente documentazione (non più, pena il ridicolo universale, accusabile di falso) abbia radici ben profonde in ‘casa’ anche se esse partono da codici consonantici semitici della prima metà e della seconda metà del secondo Millennio a.C. Pertanto, a costo di ‘addomesticare’ più o meno disinvoltamente il dato epigrafico-paleografico, usando talvolta il letto di Procuste, riporta tutto all’alfabeto greco e in particolare all’euboico. La lettura delle due scritte di Santu Antine e di Monte Olladiri sono un esempio di un’ermeneutica spesso ‘a occhiometro’, modernizzante e per nulla convincente. Anche perché storicamente dove stanno, quali sono le prove storico -archeologiche, di contatti così intensi tra il IX e il VIII secolo a.C. tra i nuragici e gli euboici? Tali da giustificare l’input del codice pressoché ‘unico’ greco di scrittura nuragica?
16.
I primi documenti con scrittura pittografica, ideografica e acrofonica sono le
cosiddette ‘statue’ stele del Sarcidano, l’ultimo (ma oggi sospettiamo che non lo sia ) è la
pietra, con avvertimento in λοξότης, dell’ Antiquarium arborense di Oristano.
17. Si veda ad esempio Sanna G., 2016, Antiquarium arborense di Oristano. La tarda scritta nuragica tharrense della luce salvifica per il figlio (non nominato) di Yhwh. Il 'segno' complesso della λοξότης (obliquità); in Maimoni blogspot.com (26 gennaio).
18.
Sanna G., 2011, Scrittura nuragica: ecco
il sistema. Forse unico nella storia della scrittura; in Monti Prama. Rivista semestrale di cultura di Quaderni Oristanesi, n° 62, pp. 25
- 88.
19.
Sempre di più ci si rende conto dalla documentazione che i cosiddetti segni a zig - zag , a serpente, notano
graficamente (v. fig. 6) il nome della divinità yh. Reiterati, più o meno serpentiformi, alludono alla ‘continuità’ e quindi
all’immortalità.
20.
Cioè, l’acrofonia non dà consonante ma l’intera parola. Un esempio molto
interessante di ciò si ha nella Stele di Nora dove nella riga centrale e al
centro di essa sta la sequenza ‘h ‘A’ che significa ‘lui toro’(Sanna G., 2009, La stele
di Nora. Il Dio, il Dono, il Santo, 3. pp. 85 -
86). Ma forse più interessante ancora per il nostro testo è il B Sh iniziale
della pietra della capanna di Perdu Pes
di Paulilatino dove le due consonanti iniziali stanno per Beth - Shemesh בית שמש(casa del
sole): v. Sanna G.,2008. Le iscrizioni in
alfabeto nuragico (protocananaico e protosinaitico) della capanna di Perdu Pes
di Paulilatino; in Quaderni
Oristanesi, nn. 59/60, pp. 5 -34.
21.
Gli oltre 300 documenti in scrittura
epigrafica e lineare e i numerosissimi documenti metagrafici ci consentono di
avere oggi un quadro, ancora limitato, ma abbastanza chiaro sulla divinità
sarda (Y,YH,YHH,YHW,YHWH) e sulla ‘religio’ nuragica in genere. Soprattutto su
quella relativa all’ideologia dell’aldilà e ai riti e ai culti dei morti. Ci
piace sottolineare che la 'religio' sarda astrale di yh androgino ha il corrispondente in quella etrusca dell’androgno Tin/Uni.
22. Qualcuno potrebbe storcere il naso notando queste nostre difficoltà interpretative. Ma sentiamo di poter dire che bisogna saper convivere con esse, per la semplice considerazione che tutta la scrittura nuragica è a rebus e sempre ambigua. La certezza della soluzione della scrittura criptata può esserci solo con la ripetizione del dato e, possibilmente, con documenti che per via diversa portino sempre alla stessa identica conclusione. Questo - come abbiamo iniziato a vedere e vedremo sempre di più - accade nella scrittura metagrafica acrofonica dei bronzetti e dei coperchi dei sarcofaghi etruschi, che iniziano spesso e spesso chiudono con voci identiche. Pertanto accontentiamoci, per ora. dell'onesto ventaglio delle soluzioni, ricordando, per usare una metafora usata di recente sempre per lo stesso motivo, che ci troviamo ancora, generalmente parlando, nella fase dell'abbaiare e non in quella del 'comprehendere'. La preda certamente è braccata. E' stata individuata e si 'sente' ma scappa di qua e di là ancora e si nasconde.
Gigi, hai visto l'ultima puntata di 40esimo parallelo? http://www.videolina.it/video/40-parallelo/106063/40-parallelo-l-evoluzione-della-civilta-nuragica-seconda-parte.html
RispondiEliminaUgas ne ha parlato
Visto....Ne volevo parlare ma mi sembrava di essere fuori tema.Però non c'è stata molta chiarezza e mi è sembrato che abbiamo interrotto in fretta e furia il discorso sulka scrittura.Alla fine si comincia a parlare di molte cose ritenute fino a poco tempo fa fantarcheolgia ......
RispondiEliminaNo, non l'ho vista. Ma non credo, per quello che mi interessa, di ver perso nulla. Che Ugas ne abbia parlato mi è del tutto indifferente: non credo ugualmente, stando come stanno le cose, di essermi perso qualcosa di importante. Importante (e molto) invece è se, al di fuori delle luci della ribalta, sa replicare o replicare in qualche modo a quanto abbiamo scritto in questo post. Dubito che lo farà ma lui (e gli 'altri') non si rendono ancora conto che con gli ICHPU e gli ICHS/ICHM non si fa scienza; anche perché nessuno è tanto sciocco da accettare il quasi ridicolo. Sono in tantissimi ad aspettare un confronto scientifico su basi scientifiche. Quando si vuole e dove si vuole. Ma ciò non lo si vuole neppure nei luoghi deputati alla ricerca, alle novità, vere o presunte che siano. Io l'ho avviato già dal 2004 ma hanno fatto subito fuoco di sbarramento con il falso, il bizantino o il longobardo, con il fuori contesto, con il 'non è possibile', persino )chissà perché) sparando vigliaccamente da dietro il muretto, anche con apporti di pallettoni di 'amici compiacenti' (imbecilli) germanici. Ma soprattutto con il silenzio. Ma chi è vicino a me (basta seguire facebook) sa quanto io sono sereno circa la valenza dei miei studi, tanto che sento più che mai il desiderio e il dovere di dire che l'epigrafia è una cosa seria, molto seria. E che anche la filologia è una cosa seria. Non si possono fare ricerche né epigrafiche né linguistiche ad occhiometro, con incredibile superficialità, non conoscendo in diacronia tutto il percorso che abbiamo già individuato in venti anni sulla scrittura nuragica. Per questo si scambiano vocali per consonanti quando invece il nuragico non ha mai, dico mai, usato le vocali se non come 'matres lectionis'. E tutto inevitabilmente diventa' unu nudda nieddu'. Ma aspettate ancora un altro articolo, e poi un altro e poi un altro ancora. Dobbiamo ripeterlo? Non abbiamo mai inteso né intendiamo ora 'fare la gara di un giorno'. Presunzione? Ognuno negli studi scientifici 'presume'.Ma la pensi pure come vuole. Un altro, poi un altro e un altro ancora. E qualche libro se dio lo vorrà. E, si stia attenti all'apparenza: non sono affatto solo in questa bellissima avventura che sta cambiando tutto o quasi tutto il quadro relativo alla stupenda civiltà nuragica. Chi vuole può ancora baloccarsi con 'il culto delle acque' e con il politeismo dei sardi antichi. E con i Giganti prodotti in qualche modo di artisti 'levantini'. Esumaria ite orrore! Che orrore che è 'la politica della scienza'. Quella che Aba ha chiamato degenerazione e marciume.
RispondiEliminaDi là del fiume c'è un albero con molti frutti, ma quando si deve andare oltre un corso d'acqua, se qualcuno non ti costruito un ponte, o ti bagni i piedi o salti di sasso in sasso di quelli che sporgono sopra il livello dell'acqua, spesso posizionati a bella posta,
RispondiEliminaMa se non sei cresciuto abbastanza fisicamente, intellettualmente, moralmente, culturalmente;
se non hai il coraggio di bagnarti le scarpe;
se hai le gambe corte come le bugie;
allora ti viene difficile saltellare di sasso in sasso mantenendo l'equilibrio.
Capita allora che l'altra sponda la vedi da lontano, non ci metti i piedi, non riesci a cogliere alcun frutto dall'albero.
E se qualcuno te ne lancia uno dall'altra riva, faresti bene a morderlo subito.
Magari ti capiterà come accadde a Eva: consumato il frutto, ti sentirai nudo. Di scienza, ovviamente.
Ecco, Giovanni Ugas forse prende fichi per mele, ma si ha l'impressione che abbia una gran voglia di saltellare sui sassi o anche di bagnarsi i piedi.
All'altra sponda, Giovanni! All'altra sponda ...
Ciao Sandro, sono Francesco Masia.
RispondiEliminaTu sai se il sito Santu Antine di cui qui si tratta è quello in comune di Genoni? O quale? “Il” Santu Antine di Torralba?