domenica 15 maggio 2016

L'importanza di capire un capitello

di Sandro Angei


   Domenica 8 maggio in occasione di "Monumenti aperti" ho avuto modo di visitare per la prima volta la chiesa del Santo Spirito che si trova in Oristano lungo la via San Francesco, poco distante dalla chiesa di San Francesco.

  Il tempio visibilmente restaurato ha le connotazioni comuni a tutte le chiese evidentemente, ma compreso nell'arredo piuttosto spartano, a parte un organo a canne, spicca un grosso blocco ben lavorato, fregiato esternamente d'un ricco decoro.
   Le informazioni acquisite dalle giovani guide (i ragazzi della 3B del liceo linguistico B. Croce di Oristano, che per l'occasione hanno prestato il loro servizio in modo professionale direi, spinti da un forte entusiasmo), mi hanno edotto sulla provenienza tharrense del capitello; si perché di questo si tratta: di un capitello che direi di ordine corinzio o forse più precisamente di fattura corinzieggiante (che brutta parola!).
   Fin qui nulla di strano, visto che Tharros fu letteralmente smontata per costruire Oristano e dintorni; strana però è la modifica del capitello, apportata per un uso ben diverso dal primitivo, ma ancor più strano è però, il suo decoro interno.
   Infatti il manufatto presenta un profondo incavo di forma troncoconica, con la parete circolare realizzata con una sequenza di scanalature zigzagate che attraversano l'incavo dal bordo superiore fin sotto al fondo, a formare, visto dall'alto, una raggiera. Che strano! Li per lì ho pensato subito che quello davanti a me fosse un fonte battesimale e sicuramente lo è stato, ma perché prendersi la briga di eseguire un incavo tanto complesso nella sua perfetta geometria quanto schematico nel motivo geometrico, che contrasta terribilmente con le decorazioni così vistose della faccia esterna? 
   Inoltre sul fondo del manufatto, proprio al centro, è presente una ulteriore concavità, di forma quadrangolare questa volta; e benché non possa giurarlo, perché sul momento non badai al particolare, all'interno di quest'ultima c'è (forse) una ulteriore concavità di forma circolare (quasi puntuale).
   Per il momento non dirò altro, lasciando ad ognuno di voi il tempo di studiare il manufatto ed eventualmente trarre delle conclusioni.
   Ah, la prima cosa da fare? Io inizierei a contare!









6 commenti:

  1. Hai già detto tutto tu Sandro: 12 per 3 36; e poi 3 cerchi e anche un quadrato. Continua a venir fuori il nuragico dalla città fenicia. Semprechè si abbia una buona vista e non solo.

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    1. Beh, dovevo pur descrivere il manufatto, altrimenti le sue forme non si sarebbero capite bene.
      Giovanni, vedo che hai contato bene con quel "3 volte 12", ma non è tutto, c’è scritto ancora altro.
      Per quanto riguarda la provenienza, potrebbe non avere molta attinenza con la nuragicità del manufatto, ossia la concavità secondo me non è stata eseguita a Tharros ma ad Oristano, ammenoché il reperto non provenga da una chiesa di Tharros ormai smembrata (visto che Tharros fu abitata fin verso l’anno 1000 d.C.) e questo, in ogni caso, implica un sincretismo che trascina il credo nuragico bel oltre l’anno zero e non di pochi secoli.

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  2. Un segno di quanto dici,Sandro, sul credo nuragico e sincretismo, come già ipotizzato in sardoa grammata con gli allora pochi reperti studiati, sono i conci nuragici scritti inseriti nell'architettura delle chiese romaniche, ben oltre il 1000 d.c.
    E possiamo credere che alla corte di torres non ci fosse qualcuno in grado di leggere il concio di bosa? Sappiamo che il saggio arabo era presente alla corte di mariano. E sappiamo ancora che l'Aronne medioevale gonario di torres, prima guerriero, anche alle crociate, è stato poi sacerdote con bernardo di chiaravalle, fondatore dell'ordine dei templari.

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    1. E qui che volevo tu arrivassi, perché questo capitello potrebbe essere un indizio del fatto che anche in tempi relativamente recenti la religione nuragica sopravisse, perché se questo capitello-fonte battesimale è scritto, come io penso sia, i conci incastonati nelle varie chiese sarde non furono utilizzati per mero uso edificatorio, ma furono lì usati per glorificare in modo nascosto e leggibile solo a pochi, il dio yhw cananeo ormai da millenni, nuragico; e posso pure arrischiare a pensare che il concio della chiesa di San Pietro in Bosa, non sia un riutilizzo ma scolpito ad arte durante l’edificazione della chiesa.

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  3. L'ho pensato anch'io da sardoa grammata in poi. Ma un conto è pensare un conto è fare ricerca, scoprire nuovi reperti e interpretarli come fai tu.
    Tu ti puoi permettere di rischiare e secondo me rischi pochissimo.
    Voglio però con questo commento rivolgere l'attenzione alla chiesa di san bachisio a bolotana.
    In questa chiesa, riedificata nel 1600, ma su una preesistente del XIII secolo, c'è sia all'interno che all'esterno un nutrito insieme di bassorilievi alquanto singolari.
    In uno è scolpito gesù cristo in croce nudo e col fallo scoperto. Si noti che gesù cristo nudo è presente in alcuni dipinti rinascimentali, che io sappia mai sulla croce.
    Basterebbe questo per fare di san bachisio di bolotana un gioiello unico al mondo.
    Immediatamente sopra gesù crocifisso si trova un sole nascente ( sembra con 12 raggi ) e subito sotto vi è il faccione di bacco ( bakis per noi ); bakis rappresenta per la nuova fede cristiana l'aspetto orgiastico e irrazionale della vita, l'essenza della religione sarda precedente che viene definita pagana ( bontà loro ). Poi continua la tradizione della festa sino ad oggi dopo aver adattato il nome del nuovo santo, bachisio, come già si è visto per lefisi sant'efisio e gaini san gavino, per non urtare troppo la sensibilità popolare.
    All’interno ci sono, debitamente distribuite fra le due pareti, scene di ballo sardo e due suonatori isolati, uno col doppio flauto (launedda) e l’altro con piffero e tamburo. Sia i ballerini che i suonatori, intenti a suonare i loro strumenti, sono come il Cristo,seppure vestiti, ma col fallo scoperto.
    Nelle lesene ai lati del portale ci sono invece quattro soldati o guerrieri; due dei quattro, quanto a nudità, sono anch'essi itifallici.
    Nell'architrave del portale vi è una triade di teste taurine.
    Vi sono molte altre figure, angeli e demoni, maschere, un'altra figura itifallica, un leone itifallico, diversi dragoni, di cui uno alato e uno serpentiforme.
    Il sincretismo insomma pare più che evidente. Vi sono anche figurate scritte nuragiche? Chissà. C'è pure un disco dove l'interpretazione corrente ritiene ci sia la data del rifacimento della chiesa ( 1599 ), ma......secondo me c'è da valutare per bene.
    Per chi fosse interessato a visitare la chiesa occorre contattare la parrocchia.

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    1. Giovanni, quando si fanno studi di un certo tipo è normale rischiare; naturalmente deve essere un rischio ridotto al livello dell’imponderabile; e lo si riduce a quel livello con lo studio e l’impegno, anche la sagacia se vuoi. Di certo non mi sarei lanciato nello studio della postierla di Murru mannu o quello sul nuraghe Santa Barbara senza avere in mano dati concreti e significativi, perché il sole è un orologio perfetto. In questo senso ti do ragione quando dici che rischio pocchissimo, benché su altri versanti possa rischiare grosso, lì dove mi lancio nell’interpretazione di toponimi, ad esempio. Ma anche lì, benché il rischio sia altissimo, è consciamente accollato perché comunque basato su un ragionamento, più o meno condivisibile naturalmente, ma certamente non lasciato in balia delle semplici assonanze. In questo senso da un po’ di tempo un tarlo mi rode il cervello e un demonio o forse un angelo custode: non lo so, mi istiga a lanciarmi e trovare il nesso tra l’articolo sulla porta del sole di Murru mannu e quel tremendo guazzabuglio intitolato Rapsodia di un grafema. “E’ lì, lampante il significato!” Mi suggerisce l’angelo o demone che sia; ma qui, devo ammetterlo, ho paura a lanciarmi e rischiare. Ecco perché sto leggendo la Bibbia.

      Giovanni, quest’esempio che porti, rafforza la tesi che vuole il sincretismo religioso tra “paganesimo nuragico” e religione cattolica, arrivare e superare l’anno mille.
      In quella raffigurazione che descrivi e che possiamo vedere su http://www.ilmarghine.net/focus/storia/2111/il-bassorilievo-della-crocifissione-nella-chiesa-di-san-bachisio-un-enigma-fuori-dai-canoni-dellarte-religiosa riusciamo a cogliere dei dettagli iconografici di carattere numerale, perché sopra il Cristo parrebbe di contare 13 petali che però tengono e costringono 12 raggi (quelli che dalla divaricazione del contorno dei petali formano quasi un tridente), mentre sotto la croce c’è una sequenza di quelle che sembrerebbero sette piccole absidi). Secondo me l’iconografia è in sintonia col messaggio cristiano della vittoria del bene luminoso e solare sul male, ridotto quest’ultimo, a stare sotto la croce, perché in fin dei conti il male ha crocifisso l’uomo (ecco perché esso è nudo) ma non lo spirito Santo che, posto alla base della croce, lo eleva sopra di esso. Ecco questa potrebbe essere una spiegazione di carattere religioso. Fatto sta però che il bassorilievo nasconde un messaggio criptico numerologico in ottimo accordo con il credo e la scrittura nuragica.

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