mercoledì 6 luglio 2016

La popolazione della Sardegna secondo il Lilliu, 1200-900 a.C.: oltre 7 milioni di Sardi!

di Mikkelj Tzoroddu
- premessa

Ci siamo decisi a scrivere la presente nota perché ci serva quale viatico per un contributo più consistente che andremo a proporre di poi.

Il Lilliu Giovanni da Barumini è stata persona che si negò fin da subito, la possibilità di ritagliarsi un posticino nella ristretta cerchia dei più insigni studiosi della Sardegna. Dopo il liceo, gestito da religiosi nelle vicinanze della capitale, frequentò la Sapienza di Roma dove conseguì, con il Pettazzoni, il diploma “sulla religione sarda primitiva” e, tornato in Sardegna nel ’43, inopinatamente (causa il numero di docenti esiliati, oppure rinunciatari o trasferiti, che colpirono l’università di Cagliari) si trovò ad occuparsi fin da subito di paletnologia ed archeologia, senza verun didattico tirocinio tuttavia.
Nel suo percorso professionale, crediamo fosse malevola sua consigliera, proprio la iniziale scarsa dimestichezza con la materia, la quale lo indusse a dichiarazioni davvero paradossali sulla antichità sarda “lato sensu”: per lo (impreparato) studioso, la Sardegna ed i Sardi risultavano sempre relegati all’ultimo posto in qualsiasi ambito lui prendesse in considerazione. Al riguardo, si era creato una tal eccessiva inclinazione, che non smise mai di applicarne il metodo ai suoi resoconti, anche quando i dati che andava esprimendo cozzavano contro le fantasie che ne faceva risultare. Da orgoglioso e testardo, nonostante le mille occasioni avute, su temi che giudicava fondamentali, non volle mai correggersi, perché non s’ingenerasse l’idea che Lilliu Giovanni si fosse sbagliato, anche soltanto una o due volte nella vita!
Eppure, non era partito male. Mentre, sempre a Roma, prima del ‘41 studiava per ottenere la specializzazione in archeologia, nel copincollare da autori che andava memorizzando, così si esprimeva su quel mondo di nuraghi, tombe megalitiche, pozzi, villaggi di capanne: «una grande civiltà che ha sprigionato da sé vigorosamente […] forme molteplici ed elevate di vivere civile». Ed è, addirittura, positivamente propositivo, quando afferma che: «maestri di muro sardi recano, forse, nelle Baleari […] la forma e la struttura del nuraghe e della tomba di gigante […]». Salvo poi, retrocedere verso espressioni appiattite verso il basso: «E’ il periodo più brillante della sua storia, l’unico momento d’iniziativa cosciente della sua “razza afflitta”»![1] (nostra l’enfasi grafica)
Ecco il Lilliu, e la sua indole intrisa di cupo pessimismo che si esprime col nulla dar conto! 
Di seguito ci offre, invece, un chiaro esempio di quanto aleatoria fosse quella sua cultura, priva d’ancoraggio col mondo reale, che si compì solamente sui libri, senza mai concretizzarsi con una impegnativa ricerca sul campo: «[…] si collega in Sardegna […] anche tutta una serie di bronzi di uso e figurati […] bronzi i primi, colati in forme di steatite, forse delle rocce verdi di Corsica o delle Alpi Piemontesi»[2]. Stupefacente davvero! Perché, persino “i bambini” del Nuorese, conoscevano bene “sa preda modde” de Orane (Nu), per usarla nei loro giochi! Senza contare le altre località di possibile origine, quali Monte Plebi-Olbia, Poglina-Alghero, Illorai, Teulada, siti ad oriente di Cagliari e, forse, Mogoro e provincia Iglesias, nonché tanti altri.  
È facile, ora, risalire alla genesi del suo paradossale muoversi, semplicemente considerando quanto, al rientro dal Continente, fosse devastante per il giovane sardo che aveva trascorso gli anni belli e spensierati dei suoi studi nella città più importante d’Italia, il confronto con la realtà di casa propria.
Quì, non trovava una minima traccia delle tante grandiosità della Roma caput mundi: architettoniche e artistiche (il Colosseo, la basilica di S. Pietro col suo colonnato, la Cappella Sistina), edilizie (le stesse comuni abitazioni costituite da grandiosi palazzi di otto, dieci piani, con ascensore), relative ai trasporti (la stazione Termini con i suoi tanti convogli che contemporaneamente caricavano e scaricavano migliaia di viaggiatori d’ogni dove)! Il constatare come, tutto ciò che gli stava attorno, fosse minuscolo e “perdente” al confronto con la realtà d’oltremare, ebbe un impatto devastante con la sua immatura dignità di Sardo. Da quel momento, svilì tutto ciò che gli si andò parando davanti nel percorso dei suoi studi! Quelle sarde, minuscole e “perdenti” situazioni, esso portò stampate nell’intimo per molti decenni a venire! Purtroppo, cercò di esorcizzarne l’effetto, non evitando di dar conto di fatti i cui elementi non ben conosceva ma, in una sorta di auto fustigazione, esaltando la pochezza delle sarde cose che, il più delle volte, era creazione di sua stessa psiche!
Ed, ove saltasse fuori una situazione meravigliosa, come quella di Monti Prama, se ne stava abbattuto, rinchiuso entro i suoi personalissimi drammi, per almeno due anni, senza muovere un dito né un verbo: ciò che gli si presentava violentemente vestita di una culturale grandiosità senza pari, giudicava un terribile, inspiegabile, scherzo del destino!
Per molti anni avemmo grandi difficoltà nel percorrere il campo minato dei suoi resoconti, fatti di verità, nascondimenti della stessa con architettura di dati opposti, e relativa conclusione appiattita su espressioni che gettavano alle ortiche ogni minima possibilità di rendere luminoso il passato di Sardegna e Sardi!  Ci rendemmo conto, per la prima volta, essere certificata tale assurda modalità di procedere, nello studiarci il suo “La grande statuaria nella Sardegna nuragica”, Memoria presentata all’Accademia dei Lincei nel 1997, argomento che esso decise di trattare “a mente fredda”, essendo quasi trascorso un quarto di secolo dalla scoperta! Come dicemmo in altra sede, si evince ivi chiarissimamente, nonostante le reiterate contrarie argomentazioni, che esso fermamente, credesse doversi datare le Statue di Monti Prama ai secoli XIV - XI avanti Cristo!  Ma, esso giammai avrebbe potuto in modo franco esternare il suo pensiero, causa tutti i nascondimenti e sotterfugi perpetrati ai danni delle statue che erano lì a rappresentare la negazione lampante di tutte le sue “sarde minuscole e perdenti situazioni”!
Riguardo il presente argomento circa la popolazione, il risultato leggibile è occultato scientemente dietro mille paramenti che, se visti da un leggere attento che sia conseguente a quanto appena svelato, risultano attrezzati davvero ingenuamente, indispettendo il lettore, abituato ormai a decriptare lo svolgersi di sua non sempre elegante prosa.
Desideriamo altresì porre in essere (proprio in seno alla premessa), in modo estremamente chiaro, la seguente dichiarazione:
«Noi siamo in totale disaccordo con tutto ciò che viene raccontato da Lilliu Giovanni Baruminese sull’argomento Nurakes. Lo siamo su quella che riteniamo ridicola indicazione di metà II millennio a.C. per la nascita del Nurake. Dissentiamo sulla configurazione socio antropologica con cui ebbe ad etichettare il Nurake complesso. Reputiamo la errata definizione di villaggio, con cui qualifica  l’insieme abitativo posto in contiguità del Nurake complesso, chiaro frutto della mancanza d’un serio studio d’insieme».
La scarsa attitudine ad esprimere uno specifico studio dedicato alla dinamica struttura del Nurake risulta, con disarmante evidenza, dalla attenta lettura dei suoi libri e riallaccia la presente osservazione con quella esternata supra, ove si rileva la preparazione universitaria del Baruminese fosse ampiamente dedicata alla «religione sarda primitiva». La quale ultima materia egli dovette ascoltare ben più che le “mute pietre” del Nurake, allo studio delle quali non accompagnò molto del suo tempo. Ed, ove il lettore desideri accertare la veridicità di quanto testé espresso, può recarsi alle pp. 137-233 della Civ. Sar. ed. ’63 ed analizzare i contenuti dei capp. V e VI descrittivi del “nuragico arcaico e medio”. Ebbene, nelle quasi cento pagine, quelle dedicate “specificamente” allo studio dell’insieme organico di materiali e forze che interagiscono per la eternità del Manufatto, non arrivano “nella loro interezza” a superare le cinque! Vi si parla invece, con enfasi non poggiante su esame alcuno, di “età dei grandi costruttori”, di “età dei guerrieri pastori”, di “età della libertà sarda” (sembrandoci questa ultima, una sorta di programma elettorale in nuce: infatti, il nostro nel ’67 divenne consigliere regionale democristiano) che definiamo semplici amplificate esternazioni, valide sol perché: “su di esse vi passarono aliti dell’atmosfera delle grandi civiltà europee”! Invece, la gran parte dello spazio è riservato al descrivere luoghi funerari delineati come «cultura dei morti», quindi tipi di seppellimento, riti connessi con la deposizione, elencazione di corredi dei passati. Nella loro più varia ed estesa tipologia!
Tuttavia, proprio sull’argomento popolazione, avendo scoperto i numeri propinati dal nostro grandemente privi della necessaria forza persuasiva, ma essendovi degli studiosi sprovveduti e creduloni che ancor oggi fanno propri i numeri del Lilliu catapultandoli incautamente nei loro lavori credendo di scaricarvi uno scientifico afflato, abbiamo inteso dimostrare al mondo che vuol sentire, utilizzando fra i dati forniti dallo studioso soltanto quelli pregni di costante evidenza, che la popolazione della Sardegna nel periodo compreso fra 1200 e 900 a.C., cioè durante quella sua “Fase III nuragica”, non fosse affatto composta da 200/250 mila unità, com’esso declamò a partire dal 1982 fino all’ultima pubblicazione che di poco precede la sua morte!  

2- i dati

Età del Bronzo[3] 
2.1- Fase II nuragica: 1500-1200 a.C 

Ci si dice.
- Non ci sono serie difficoltà per ammettere che, nella Fase II, siano state costruite, se non tutte, la massima parte delle torri nuragiche sia quelle che rimasero allo stato d’origine nella forma elementare sia le altre arricchite, per lo più nella successiva Fase III, di corpi aggiunti di varia grandezza. Appunto, lo spazio di trecento anni fra 1500 e 1200 a.C., è tale da aver consentito di erigere gradatamente i “7000 e più nuraghi turriti”, diffusi in tutta la regione[4].
- Motivo delle singole torri a piani plurimi, oltre la monumentalità indicativa del potere, fu ottenere in elevazione lo spazio abbastanza carente in piano, negli stessi nuraghi di un certo respiro ambientale, come il Santu Antine; infatti, anche nelle torri a un solo piano con terrazzo, talvolta, si scompartisce in due sezioni orizzontali l’ogiva, per mezzo d’un solaio di legno; una soffittatura tutta di legno, poggiata su riseghe del vano-torre in corrispondenza ai due piani superiori, sostituiva per l’appunto la sovrapposizione di ogive in muratura del nuraghe Oes di Torralba.
- i nuraghi monotorre sono stati usati sempre come abitazione e difesa: edifici civili riservati ai capi e ai lori nuclei familiari opportunamente protetti da una proporzionata forza militare,  in vicinanza e a dominio del connesso e dipendente villaggio: in sostanza (riepiloghiamo) un nuraghe = un villaggio.            

Età del Bronzo
2.2- Fase III nuragica: 1200-900 a.C. 

Ci si dice.
- Il fenomeno più rilevante e caratteristico della fase III, è costituito dall’origine e dallo sviluppo del nuraghe complesso. In essa avviene la fusione della forma dello pseudonuraghe della Fase I con quella del nuraghe a torre cupolato, della Fase II. Ad una parte dei cosiddetti nuraghe monotorre, si aggiunsero altri corpi di costruzione, che li arricchirono sino a culminare in monumenti grandiosi e organici di architettura superiore: i cosiddetti nuraghi complessi. Le forme più elaborate e spettacolari di essi si producono con la addizione concentrica: la torre primitiva resta nel centro, o quasi nel mezzo. L’evoluzione formale si verificò lentamente (sic!), nel lungo spazio di circa 300 anni![5]
- Riguardo l’argomento “difesa”, il nuraghe di tipo Barumini permette il formarsi di un’idea chiara delle diverse fasce del sistema difensivo concentrico. In questo sistema di muraglie a gradoni, poteva manovrare e operava una guarnigione di 200-300 uomini (rif. Civ. Sar., 1963, p.251 e 1983, p.292). Ma, si dice anche che vi poteva agire una massa di circa 200 soldati (rif. Civ. Sar., 1988, p.507 e 2003 e sgg. p.586). Qui si prenderà per valido il dato: 250 uomini.
- Viene rilevato essere, la quantità dei nuraghi, compresa fra 7000 ed 8000; credendo di interpretare il pensiero dello studioso, e per posizionarci nel mezzo delle quantità indicate, prenderemo per buono il canonico dato: 7500 nuraghi sparsi per tutta l’Isola.
- Inoltre, viene fornito un dato di grande importanza per addivenire ad un conteggio attendibile:  i nuraghi complessi rappresentano il 28% del totale[6]. Da ciò, noi deduciamo che, nella Fase III nuragica, son presenti 2175 nuraghi complessi, mentre 5325 si contano essere i nuraghi monotorre.
- I nuraghi complessi, che dominano sull’abitato a contatto e su contadini e pastori con esso correlati, rappresentano il luogo del potere di piccole città-capitali che ospitavano monarchi militari estendenti il comando a limitati staterelli; essi risultano integrati in un sistema di nuraghi monotorre opportunamente distribuiti nel territorio. 
- Riguardo il possibile ampio ventaglio delle occupazioni lavorative della popolazione di tremila anni addietro in Sardegna, il Lilliu pare non avere dubbi! Infatti, esso così sentenzia: «Altrettanto problematico appare oggi esprimersi su quanto concerne lo spazio di “terreno coltivabile e di pascolo” costituente il patrimonio rurale di ciascun villaggio[7]»! Caro lettore! Altro che ampio ventaglio! Il Baruminese era sicurissimo, su questo punto! Il Sardo di tremila anni addietro, aveva soltanto due orizzonti lavorativi: il pastore, il contadino, fine! Ma come! Eppure, di sovente, ci apostrofa sentenziando che i Sardi avevano manifestato in varie epoche, compresa questa cui si rivolge ora, la innata predisposizione a generare i più arditi ingegneri delle costruzioni, i più mirabili architetti, i più saggi geometri, i più esperti “maestri di muro” i quali, così geniali, fa andare persino nelle Baleari ad insegnare agli “indigeni” a costruire nuraghi e tombe di giganti! Così magistralmente dotati, le tantissime migliaia, ma forse milioni, di Sardi dediti alle suddette discipline, da costringere il Lilliu ad affermare che essi: «in tre secoli soltanto, erano stati capaci di costruire SETTEMILANURAGHI»! 
- Infine, riguardo la superficie geografica che faceva capo al nuraghe monotorre, il Lilliu (portando un esempio da sette nuraghi con relativo agglomerato di case, dell’area di Mamujada-Nuoro), ne indica la estensione in 38 ettari. In questo, che è parametro cruciale per il calcolo della popolazione, troviamo deviazioni e nascondimenti inseriti, a bella posta, allo scopo di far naufragare il logico condursi d’ogni tentativo di comprensione razionale!  L’autore afferma essere l’area di pertinenza di tutti i succitati nuraghi, circa 270 ettari, avendosi di conseguenza «disponibili da parte di ciascun villaggio 38 ettari di terra per circa 35 abitanti; CIASCUN GROSSO GRUPPO FAMILIARE (10 PERSONE) GODEVA POCO PIU’ DI TRE ETTARI  per gli usi regolati dalla comunità»[8]. Subito il lettore percepisce una qualche soddisfazione per l’abbondanza di dati forniti! Verifichiamone la attendibilità.

3- analisi 

Iniziamo proprio dai dati riferiti all’area di Mamujada che vien presa in discussione solo casualmente, ma è propinata dal Lilliu quasi fosse il degno campione statistico sul quale poggiare una dimostrazione, il cui risultato debba rivelare la superficie, generalizzata, di pertinenza del Nurake e del suo villaggio.
Ora, aver la pretesa di stabilire un dato universale valido per tutto il continente Sardegna, presentando un misero esempio come questo evidenziato, che non è esito statistico, mancandovi raccolta e ordinamento di solidi dati e assenza delle cardinali connessioni, ma è parziale persino della stessa area “presa a campione”, getta nefasti dubbi sulla correttezza ed accettabilità dei calcoli del Lilliu! Pertanto, pur restando nello stesso ambito geografico, allargandone però compiutamente la visuale, per conto nostro diremo che:
- ove volessimo cogliere lo spazio che compete all’odierno comune di Mamujada, prenderemmo in considerazione tutta la superficie relativa che è pari a circa 4.900 ettari
- cercheremmo di venire a conoscenza del dato che riporti il numero dei nuraghi di pertinenza; scopriremmo[9] che tale dato si rivela essere pari a 33 nuraghi, relativamente ad una analisi sul territorio che tenne conto dei «nuraghi realmente esistenti o dei quali è stato possibile rilevare tracce convincenti, sia pure talvolta miserevoli […] (e di, ndr) quelli individuati con certezza attraverso il racconto degli anziani o dalla comune memoria anche se non più esistenti». E, nel far ciò, non ci si fermerebbe, come non ci siamo fermati, al primo dato che facilmente ci vien posto innanzi: «Nel territorio di Mamujada si contano oggi quindici nuraghi»[10], perché contrariamente a quanto pare pretendere il superficiale, raffazzonato resoconto del Lilliu, i comuni mortali ambiscono arrivare (per quanto possibile) a scoprire la reale sostanza di fatti, luoghi ed avvenimenti di cui si discute; e, sia detto per inciso, la differenza fra nuraghi visibili e nuraghi “realmente” esistiti, 15 contro 33, è davvero abissale! Ma, non si ha la minima pretesa di credere quei 33, certamente rispondenti alla reale quantità di quei monumenti costruiti nell’area! Il numero evidenziato è soltanto il punto di una ricerca lunga e paziente, portata avanti a vari livelli nel lungo volgere di un secolo, che peraltro siamo oltremodo sicuri non ci garantisca, il numero 33 rappresenti la certa verità! Per arrivare a ciò, v’ha necessità d’una specifica disciplina che, non solo non captiamo portata avanti, ma non vediamo neppure delineata nelle sue parti essenziali in neanche un solo progetto orientato esclusivamente allo scopo! Ci accontentiamo pertanto della disponibilità del dato al momento più correttamente plausibile: 33 Nurakes. Bene, con tale numero di nuraghi risulterebbe, il corrispettivo territorio di ciascuno di essi (per l’area di Mamujada), pari a circa 148 ettari, che è dato decisamente più veritiero dei 38 indicati dal Baruminese[11]. Si tenga anche conto che il conteggio testé prodotto è parziale anch’esso! Pertanto, non ci si può lontanamente azzardare a voler generalizzare i dati vagliati in questo procedimento.  Per chiarire, ma anche ampliare il nostro pensiero, poniamo in essere la seguente:

3.0.1- digressione

Attivando una valutazione (peraltro approssimativa) abbiamo trovato possibile essere stata la superficie della Sardegna con le sue isole, nei pressi dell’epoca considerata (1500-900 a.C.), vicina a 25.000 km2 ma forse più. Ora il numero inferito dal Lilliu, sulla quantità dei nuraghi alla data, era pari a 7500; detto numero gli è stato suggerito sulla base di ciò che altri ha rilevato in questi ultimissimi decenni. Ma, tremila anni fa, i nuraghi visibili saranno stati certamente in numero maggiore e per trovare detto numero (presumibilmente vicino al vero, nella misura in cui lo siano tutti i dati in giuoco) possiamo attivare una tanto banale quanto teorica operazione proporzionale, che metta in relazione superficie e numero dei monumenti. Parrebbe così, che i nuraghi visibili all’epoca fossero poco meno di 7.800; tale risultato ci conduce a considerare come, ciascun nuraghe (senza far distinzione di categoria), potesse insistere su una propria porzione di terreno pari, mediamente, a circa 320 ha.  In tale margine geografico, son compresi anche monti, fiumi, stagni, rendendo pertanto molto articolato e variabile il concentramento umano ivi assiso, che sarebbe orientato allo sfruttamento del relativo territorio di competenza, in funzione dei possibili pascolo, semina, sfruttamento minerario, navigazione e pesca marittima e non, commercio, ecc.,  incidendo le quali attività, sull’assetto imprenditoriale, collocazione sociale e disposizione  economica della comunità. A questo proposito, credendo di fare cosa gradita al lettore che desideri “vedere”, lo stato delle cose al di là delle parole, avviamo il tentativo a “disegnare” la ideale mappa del Nurake contenente gli elementi costitutivi del paesaggio vegetale della Sardegna. In linea teorica, rifacendoci ai dati estrapolati e messici a disposizione da Maurice Le Lannou[12], in “Pâtres et paysans de la Sardaigne”, datato al 1941, possiamo ricavare una possibilistica “composizione media” del territorio ascrivibile a ciaschedun Nurake (di quegli ha 320 teorici) che, soltanto in linea statistica, risulterebbe così composto:
- i pascoli, pari al 47,29% del territorio generale, coprirebbero oltre 151 ettari
- i terreni trasformati da attività agricola o pastorale, pari al 27,08%, coprirebbero circa 87 ettari
-  gli spazi cespugliosi (macchia), pari al 17,08%, risulterebbero coprenti ha 55 circa
- i boschi, che occupano il 5%,  coprono ha 16 circa
- gli spazi a presenza d’acqua (stagni, fiumi, laghi, acquitrini ecc.) e cime montane non identificabili col resto, pari al 3,5%, occupano ha 11,2 circa (essendo, questa ultima, porzione da noi inferita).

3.1- pesantissime incongruenze – parte prima

Bene, nel principiare solo ora la annunciata analisi, subito, è d’uopo ci si pronunci a chiare lettere su quella davvero inopinata, suddetta indicazione dei “35 abitanti per ogni villaggio”.
Poco prima[13] di infrangersi sui nuraghi di Mamujada il nostro, che sta trattando e descrivendo la “Fase III nuragica: 1200-900 a.C.”, così fugge via, lasciando con un palmo di naso il Buon Senso Comune:
«Purtroppo distruzioni operate dalla natura e dall’uomo o successive ristrutturazioni dei più antichi nuclei capannicoli non consentono di precisare la consistenza abitativa delle case. Quando i villaggi acquistano una stesura edilizia compiuta e definitiva (e ciò avviene nella Fase IV), vi si contano “da una decina a una sessantina e più di vani”. Supponendo che “cinque vani aggregati costituissero una casa con una decina di persone ciascuna” (tre generazioni familiari), si avrebbe una media di popolazione per villaggio da 10 a 60 abitanti (35 in media)»! Ovvero, sostiene incredibilmente il Lilliu, si avrebbe una media di case per villaggio da 1 a 6, (sic)![14]
Bene, caro lettore, con grande tranquillità e bontà senza pari, definiamo lo scritto qui sopra evidenziato, in questo modo:  NON ALL’ALTEZZA DI UNO SCIENTIFICO PROCEDERE! 
Ma, eseguiamo assieme disamina e coerente posizionamento dei dati forniti.
a)- Si dice: 1) nei villaggi si contano “da una decina a una sessantina e più di vani”, ed anche, “5 vani costituiscono una casa con dieci persone”. Se ne deve dedurre che i villaggi più piccoli sono composti da 2 case ed abitati da 20 persone; mentre quelli più grandi hanno 12 e più case, con 120 e più abitanti!  Pertanto, per seguirlo con le sue stesse parole, “si avrebbe una media di popolazione per villaggio da 20 a 120 abitanti” e non i 10–60 abitanti che esso propone con grossolano ardore sminuente!  Ma, sarebbe interessante si venisse a sapere che fine abbiano fatto tutti i villaggi con tantissime abitazioni, menzionati dal nostro a suo tempo[15]. E, a titolo di puro esempio, rammentiamo quello del Nuraghe Arvu – Calagonone, “composto da 114 capanne”! Oppure quello del grosso paesino montano di Ruinas – Arzana, presso l’omonimo nuraghe, “composto di 200 abitazioni circolari”.
b)- il sostenere, pur nella erroneità della proposizione, che “villaggi da 10 a 60 abitanti abbiano una popolazione di 35 abitanti in media per ogni villaggio” rappresenta, di per sé, una nefandezza metodologica ed una logica scandalosa, per di più unite ad una aritmetica prescolare!
Perché tutto ciò? Il Lilliu non intese mai seriamente impegnarsi, con tutta la sua anima di studioso e di sardo, nella ricerca del numero di abitanti della Sardegna! Per esso, il dato era del tutto insignificante, in quanto aveva già deciso nel suo insondabile io, che il numero finale sarebbe stato qualunque, purché il più basso possibile!
Infatti, da un eventualmente insigne scienziato, nonché strenuo studioso dell’archeologia nuragica che “dopo 60 anni di lavoro indefesso” avesse affrontato il computo, ci saremmo aspettati ci venisse comunicato: “il numero totale (abbastanza preciso) di tutti i villaggi e, nell’ambito di ciascun villaggio, il numero delle abitazioni e, dentro le abitazioni ed in funzione della loro tipologia, il numero di abitanti”! Fine!  A questo punto la semplice somma di tutti i dati parziali avrebbe fornito la verosimile quantità degli abitanti della Sardegna!
c)- per di più, supporre che “cinque vani aggregati costituissero una casa con una decina di persone”, cioè ospitanti due persone per stanza, può essere modello che ricalca una situazione socio-economica che verrà, semmai, raggiunta nel III millennio d.C.! Cioè TREMILA ANNI DOPO,  il momento di cui si discute!
Ebbene, ora sei tu tirato in ballo caro lettore: in quasi un quarto di secolo, fra la pubblicazione del 1988 e quella del 2011, il Lilliu non ha mai ritenuto opportuno correggere una sola, fra queste tante assurde nonché rozze discrepanze!  Sarebbe il caso te ne chiedessi il motivo!  Ovviamente i dati, per lo più cervellotici, destinati ad una cultura depressa non in grado di reagire, sono da noi presi e cestinati in buona misura.

3.2- pesantissime incongruenze – parte seconda

Ma ora, trasferiamoci su altra pubblicazione del tal Lilliu Giovanni e leggiamo cosa ebbe a scrivere in relazione allo “stesso, identico argomento”.
- BRANO DEL  1982[16]: l’autore discetta circa il numero dei nuraghi della Fase III nuragica: 1200-900 a.C., sostenendo che la loro quantità dovesse essere ben superiore ai 7000 indicati precedentemente. Indi, così porta avanti il suo pensiero: «Le ristrutturazioni, avvenute in periodo di tempo successivi per cause naturali e umane, dei più antichi nuclei d’abitazione, non consentono di precisare la consistenza quantitativa delle case, le quali, nella definitiva stesura edilizia, variano nel numero dalle 40 alle 200: ciò che fa ipotizzare una popolazione da qualche centinaio  a un migliaio e più di individui».
Desideriamo, il lettore ponga ben mente al preciso contenuto del brano appena riportato, perché intendiamo offrirne la interpretazione critica, che vorremmo mettere a confronto con quella che si evince dalla lettura del brano del 1988, già riportato ma, appresso esposto nuovamente acciocché se ne fruisca il subitaneo confronto visivo.
- BRANO DEL 1988: «Purtroppo distruzioni operate dalla natura e dall’uomo o successive ristrutturazioni dei più antichi nuclei capannicoli non consentono di precisare la consistenza abitativa delle case. Quando i villaggi acquistano una stesura edilizia compiuta e definitiva (e ciò avviene nella Fase IV), vi si contano da una decina a una sessantina e più di vani. Supponendo che cinque vani aggregati costituissero una casa con una decina di persone ciascuna (tre generazioni familiari), si avrebbe una media di popolazione per villaggio da 10 a 60 abitanti (35 in media)»!
NOTA - Prima di procedere, bisognerà tenere ben in vista quel che si disse nella premessa di questo articolato insieme di pagine: «obiettivo costante della dottrina lilliana è stata la dimostrazione della “piccolezza”, “insignificanza”, “puerilità”, “irrilevanza” di tutto ciò che riguarda i Sardi e la Sardegna». Ad amplissimo spettro, è d’uopo si aggiunga! E, la popolazione non poteva fare eccezione! Ove più povera d’abitanti risultasse l’Isola, più misera sarebbe risultata la sua statura storica! Perché, i “pochi” mai furono protagonisti, ma sempre oggetto passivo!  E, siccome il nostro si era accorto esservi alcuno, fra i pochi “senza anello al naso”, che aveva ben compreso da suoi resoconti, la popolazione della Sardegna risultasse molto, ma molto più elevata rispetto al numero drogato ch’esso andava dichiarando, ecco scattare l’operazione per soffocare numeri e vocaboli incautamente sfuggiti anni prima!
Orbene, s’inizi il confronto esegetico dei due testi.
a- 1982: «Le ristrutturazioni, avvenute in periodo di tempo successivi per cause naturali e umane, dei più “antichi nuclei d’abitazione”, non consentono di precisare la consistenza quantitativa delle case». 1988: «Purtroppo distruzioni operate dalla natura e dall’uomo o successive ristrutturazioni dei più “antichi nuclei capannicoli” non consentono di precisare la consistenza abitativa delle case».
Ecco, caro lettore, il primo esempio chiaramente distruttivo, ottenuto con la semplice, apparentemente innocua, sostituzione di vocaboli: gli “antichi nuclei d’abitazione” eccoli diventare gli  “antichi nuclei capannicoli”! Infatti, il vocabolo “abitazione” risulta oltremodo più grandioso (pur nella sua normalità), ma soprattutto più carico di modernità non disgiunta dalla ormai conquistata comodità, rispetto ad un misero “capannicolo”, che si manifesta talmente arretrato, scomodo, malmesso e umido, sistemato com’è nella più vetusta antichità tormentata dalle intemperie, da risultare essere persino l’antenato povero della signora “capanna”, ch’è pur certamente posizionata, nella scala del tempo, in un angolo ancora buio ed oltremodo più remoto del luogo ove la Fortuna sistemò la “nobile abitazione”!
b- 1982: […] la consistenza quantitativa delle case, «le quali, nella definitiva stesura edilizia […]».  1988:  «Quando i villaggi acquistano una stesura edilizia compiuta e definitiva (e ciò avviene nella Fase IV)».
Ricordi bene, l’attento lettore, che il contesto temporale in cui sono inserite le considerazioni tutte dell’autore, è esattamente questo:  «Fase III nuragica: 1200-900 a.C.»! Ed ora, se un qualunque autore di lingua italiana vada a produrre due frasi come le seguenti:  «la consistenza quantitativa delle case, le quali, nella definitiva stesura edilizia», congiunte come sono, dal pronome relativo, è letterariamente ineccepibile risultino sia la consistenza quantitativa delle case sia  la loro definitiva stesura edilizia, strettamente racchiuse all’interno del contenitore temporale del quale si vanno enumerando le caratteristiche!  In sintesi: si riferiscono entrambe alla suddetta «Fase III nuragica: 1200-900 a.C.»!  SENZA VI SIA NECESSITA’ DI ALCUNA PRECISAZIONE NEL MERITO!  
Ma, ove il malizioso lettore avanzi solo un dubbio sulla irreprensibilità della nostra dichiarazione, è il solerte Lilliu a smentirlo elegantemente!  Così: “Quando i villaggi acquistano una stesura edilizia compiuta e definitiva (e ciò avviene nella Fase IV)”!  Hai ben compreso malizioso lettore?  È lo stesso autore che fuga ogni tuo dubbio dicendoti (anni dopo) a gran voce: attento bene che, ove io desideri riferirmi a diverso periodo, lo scrivo chiaramente: “ciò avviene nella «Fase IV nuragica: 900-500 a.C.»”!  Pertanto, caro lettore da più lati continuamente offeso ormai, si manifesta anche nel presente caso b) che stiamo studiando, l’insano procedere del Baruminese che stigmatizziamo coerentemente di tal guisa:
«prendere un dato strettamente connesso alla Fase IV nuragica: 900-500 a.C., appartenente a un futuro cioè lontanissimo, e portarlo di peso a determinare la consistenza abitativa di un villaggio del 1200-900 a.C. che lo precede di mezzo millennio circa, CREDIAMO SIA ATTO DI DISONESTA’ SENZA PARI»!

3.3- pesantissime incongruenze – il “non plus ultra”

Ma, procediamo pure nella nostra entusiasmante analisi critica!
c- 1982: «(le case, nella definitiva stesura edilizia, ndr) variano nel numero dalle 40 alle 200».  1988:  «(relativamente ai villaggi, ndr) vi si contano da una decina a una sessantina e più di vani».
Subitamente si nota come, (forse) per ingenerare confusione, si sia provveduto a cambiare la unità di misura: nel 1982 ci si riferisce alla “casa”, nel 1988 si prende a misura “il vano”.  E poiché, una casa era composta di cinque vani ed era abitata da una famiglia di dieci persone ebbene, tramortiti dalla irraggiungibile aritmetica del Baruminese, apprendiamo come «i villaggi di 40-200 case», del 1982, siano diventati «villaggi di 2-12 case», nel 1988!  Che, sonoramente così titoliamo: La sminuente, vertiginosa caduta dei numeri!  VIENE OPERATO UN ABBASSAMENTO del numero delle case dei villaggi più piccoli DI VENTI VOLTE!  Ed UN ABBASSAMENTO del numero delle case di quelli più grandi DI OLTRE SEDICI VOLTE!  E, il nume di Barumini, non fornisce alcuna giustificazione di questo salto qualitativo e numerale! Ma, tratta i sacri dati che afferiscono all’antichità sarda, come fossero carte da gioco, che distribuisce al tavolo degli inconsapevoli lettori, facendo in modo che vinca sempre il banco! Cioè la sua perversa idea di una “sempiterna minima Sardegna”!
d- 1982: «(le case dei villaggi si contano dalle 40 alle 200: è, ndr) ciò che fa ipotizzare una popolazione da qualche centinaio a un migliaio e più di individui (rispettivamente, ndr)».   1988:  «Supponendo che cinque vani aggregati costituissero una casa con una decina di persone ciascuna si avrebbe una media di popolazione per villaggio da 10 a 60 abitanti»!
Ricordiamo quì (sforzandoci di non piangere) che il Lilliu Giovanni riporta (come già rilevato) dei numeri che affondano e scompaiono nella tinozza di sua svilente inventiva, essendo quelli corretti, pur nella ipocrisia della sua aritmetica: 20-120 abitanti!
Male! E, caro pur già distrutto lettore, qui è opportuno tu sappia che, la succitata determinazione del 1982, trae origine nientemeno dalla edizione del 1963! Ripetuta anche nella ristampa del 1983 della seconda edizione di Civ. Sar.[17]. Nelle pubblicazioni succedutesi in questo periodo l’autore, dopo aver trattato del “progresso dell’organizzazione sociale e dello sviluppo economico manifestantisi col costituirsi di numerosi villaggi fra i monti, sulle colline agricole, sui grandi altopiani dei pastori e in riva al mare”, così ci ammoniva: «Il numero delle capanne varia dalle 40 alle 200, costituendo, così, borghi “da cento a  mille persone” calcolate in 4 per capanna»!  Hai ben compreso, attento lettore?  Dopo questa data il nostro, pare alfin esser vittima di una razionale determinazione, perché si convince che «una casa dovesse, certamente, essere abitata da dieci persone»!
Questo salto da 4 a 10 abitanti per casa, peraltro, ci trova in perfetto accordo col Baruminese!
E, d’altro canto, a nessun sardolettore non giovanissimo, sarà apparso saggio il determinarsi il numero delle persone costituenti una famiglia sarda, pari ad appena 4 unità, come (in modalità presminuente, nel ‘63) ebbe a comunicarci il nostro! E, si badi ancora qui: nel nuovo testo “Civiltà Nuragica” del 1982 (come ricordato supra) esso riportò: «una popolazione “da qualche centinaio a un migliaio e più di individui”», correggendo il dato relativo al piccolo villaggio di 40 case, i cui abitanti fa salire “da cento a qualche centinaio” (cioè quattrocento); ma alzando soltanto di poco il dato relativo al grande villaggio, che da “mille persone” sale impercettibilmente a “un migliaio e più”!
Ben si comprende come, nel primo caso abbia adottato il più realistico parametro di “dieci abitanti per casa, o famiglia”, mentre nel considerare i grandi villaggi, abbia rinnegato lo stesso procedimento perché il risultato avrebbe portato gli ultimi ad assurgere quasi a delle città (che, per il vero, proprio lui chiamerà le «città-capitali»!), risultando abitate da 2000 persone ciascuna! La qual cosa risultò inaccettabile in funzione della sua caparbia filosofia sminuente.  
Ma, nel testo del 1988 ed in tutti quelli che seguirono, il Baruminese ebbe a dare al mondo che lo adorava,  il meglio di sé!
Altro che 400 e 2000 abitanti per villaggio e città! Egli azzerò tutti questi dati che cozzavano spietatamente contro il suo intento depauperante e, senza darne la minima giustificazione, gli servì un paio delle sue carte truccate, essendo il banco ancora il suo! In questa vilipendibile maniera:
«UNA MEDIA DI POPOLAZIONE PER VILLAGGIO DA 10 A 60 ABITANTI»!
Così è se vi pare!

4- il calcolo (nostro)

Prima si entri a pieno titolo nel merito del “corretto” conteggio della popolazione, è necessario ricordare che, gli ultimi trent’anni della sua vita, il Lilliu Giovanni da Barumini, volle dedicare a retrocedere la “sua” Sardegna così evoluta demograficamente della Fase III, avente cioè un numero talmente esorbitante di centri abitati da essere calcolati in 7500 (diconsi settemilacinquecento! E, si consideri che la italietta, ne conta oggi appena 8000 circa!), ad area geografica pressoché deserta! Quasi DISABITATA!
Cioè avente poco più di 9 abitanti[18] per km2! Si rammenti il presente in cui, la pur “davvero desertica” Sardegna, ha una densità di circa 68 abitanti per km2
Infatti, esso già (ed inopinatamente) nel testo Civ. Nur. del 1982[19], sparacchiò, prendendoli dal bussolotto, i seguenti numeri AVENTI IL COMPITO DI TRAVISARE TUTTA LA REALTA!
Questo il risultato:
«[…] ci sfugge il calcolo dello stato demografico dell’isola che, se fosse valida la supposizione della presenza d’una trentina di abitanti (ancora inferiori ai famosi 35!) in media sui 7.000-8.000 nuraghi e dimore pertinenti, oscillerebbe tra le 200 e le 250 mila unità».  Ohibò! 
Ebbene sì, caro lettore!  
Questo, il tuo amato Lilliu!  Ben capace di raccontarti una verità incomprensibile ma, altrettanto restio a lasciarti il tempo per razionali tue considerazioni, sollevandoti dal trauma di scoprire il vero assoluto! Eccolo allora, riversarti addosso la bugia definitiva, tombale, la quale sola tu debba tener a mente: LA POPOLAZIONE DELLA SARDEGNA E’ PARI A  250.000 PERSONE!
E cosi sia!

4.1- procedimento

Secondo l’autore, i nuraghi, nella loro totalità, sono in quel taglio temporale, circa 7500; di questi, ci si dice essere il 29%, cioè  2175, quelli complessi; pertanto calcoliamo in circa 5325 quelli semplici restanti (§ 2.2).
Ci viene anche detto che nei nuraghi complessi albergasse una guarnigione militare che poteva contare (come per Barumini) circa 250 soldati. Ci si avverte altresì, che i nuraghi aventi una sola torre, per lo più a piani plurimi (anche con soffittature lignee), fossero edifici civili riservati ai capi e ai lori nuclei familiari opportunamente protetti da una proporzionata forza militare,  in vicinanza e a dominio del connesso e dipendente villaggio. Osserviamo che, se nel caso di Barumini e complessi nuraghi, si ritengono necessari 250 soldati alla difesa, crediamo nel caso del nuraghe monotorre, possa forse ritenersi sufficiente un decimo di tale forza militare, cioè appena 25 soldati (essendo questo un dato da noi inferito).
C’è poi da ricordare che: «i nuraghi complessi, che dominano sull’abitato a contatto, e su contadini e pastori con esso correlati, rappresentano il luogo del potere di piccole «città-capitali» che ospitano monarchi militari estendenti il comando a limitati staterelli».
Ora, ciascuno di questi “staterelli” era composto: 1)  dalla città-capitale ove risiedeva un monarca, 2) da militari ed amministratori, 3) dagli abitanti (circa 2000), 4) dal suo proprio territorio, ma anche, 5) dal territorio altro, che mediamente comprendeva (da ricavo aritmetico) 2,448 nuraghi monotorre, con i rispettivi regoli con famiglia, militari ed abitanti di pertinenza.
Ebbene, ora ci interessa conoscere il numero totale dei componenti la famiglia del regnante e della sua corte, atti entrambi a governare lo staterello, cioè ad esprimere e far rispettare le sue indicazioni in termini legislativi, economici, di ordine pubblico. Non crediamo essere lontani dalla realtà se ne indichiamo in circa 80 il numero totale: 10 persone che formano strettamente la famiglia del re, 10 provenienti dalla famiglia della regina, 10 provenienti da quella dello stesso monarca, 30 che si occupano dei servizi “domestici”, altre 15 fra artigiani ed addetti tecnici al funzionamento della reggia in senso lato. Quindi la corte, composta da tre, quattro funzionari, ciascuno con un paio di addetti al servizio.
Ove si ritenga corretto il dato degli 80 abitanti del nuraghe complesso, quelli che afferiscono al nuraghe monotorre reputiamo vicini ai 20.

Pertanto, in osservanza di tali dati, avremo quanto segue.
POPOLAZIONE relativa alla città:
- 2000 nella città
- 80 nella reggia (dato di nostra inferenza) a)
- 250 soldati
Totale popolazione della città: 2330 abitanti
POPOLAZIONE relativa al villaggio:
- 400 nel villaggio
- 20   nel monotorre (dato di nostra inferenza)  b)
- 25 soldati (dato di nostra inferenza)  c)
Totale popolazione del villaggio: 445 abitanti



4.2- RISULTATO  FINALE

- abitanti delle città:   2175x2330 = 5.067.750
- abitanti dei villaggi: 5325x445   = 2.369.625

TOTALE DEGLI ABITANTI LA SARDEGNA nel periodo 1200-900 a.C.   PARI  A:

7.437.375    c.v.d.


5- considerazioni sul  Nurake

Ora siamo nella condizione di calcolare, mediamente ed in linea teorica, la quantità di superficie attinente ai nuraghi complesso e monotorre, servendoci dei dati su popolazione totale, popolazione del villaggio e popolazione della città.
In linea generale, sui 25.000 km2 di superficie di quella Sardegna che si sta analizzando, ogni abitante si riferiva ad un territorio pari ad ha 0,336. Pertanto:
- un nuraghe complesso con la sua città di pertinenza, agisce su una superficie di ha 783 circa.
- un nuraghe monotorre con il suo villaggio, svolge la propria attività su una superficie di 149,5 ha.
- il “territorio altro”, cioè l’area relativa ai 2,4 monotorre riferentisi al nuraghe complesso, risulta così caratterizzata:
POPOLAZIONE:
- 400 nel villaggio x 2,448 = 979
- 20 nel monotorre del regolo x 2,448= 49
- 25 soldati x 2,448 = 61
Totale popolazione dell’area comprendente i 2,4 monotorre: 1.089 abitanti circa.
Inoltre:
- lo “staterello” lilliano (cui non pertiene personalità ufficiale) risulta mediamente usufruire di uno spazio pari a: 783 + (149,5 x 2,448) = 1.149 ha circa; ed anche, risulta una popolazione dello staterello di 3.419 abitanti circa (essendo esso, soltanto un dato statistico).

6- considerazioni finali.

Come, l’attento lettore avrà notato, i dati che sono stati inseriti da noi perché mancanti da quelli indicati dal Lilliu in tanti decenni (segno evidente che mai esso ebbe desiderio di arrivare alla fine di un conteggio corretto),  sono quelli indicati con a), b), c).
Ebbene:
il dato a) non crediamo ragionevole far scendere al di sotto di 62
il dato b) reputiamo corretto non possa essere inferiore a 20 (in origine si era pensato a 25)
il dato c) riteniamo non sia ragionevolmente in discussione se confrontato al dato lilliano: 200-300 soldati per il nuraghe complesso, da cui deriva
In onestà, affermiamo che l’unico dato che, a malavoglia, acconsentiamo a diminuire è proprio il dato a).
In questa ipotesi il risultato finale sarebbe:    7.398.225  abitanti

mikkelj

I.A.- Sarà bene si ricordi come il dato che definisce la popolazione della Sardegna vicinissima ai 7.000.000 di abitanti, fu pubblicato sul saggio “kircandesossardos” nel 2008! In esso, il periodo di riferimento era posto circa un secolo dopo il momento in cui i Sardi permisero ai Romani di svolgere un’attività alle proprie dipendenze! (così avrete altro materiale su cui “crogiolare”!)
La strabiliante concordanza dei due risultati, provenienti da metodiche di calcolo decisamente disuguali è ricompensa, sì grandemente insperata, che va consegnata a quell’intimo guerriero “kircande”, che demorde giammai!
















[1] G. Lilliu, 1941-42, Appunti sulla cronologia nuragica, in “Bullettino di Paletnologia Italiana ”, p.143, 153, 155.
[2] G. Lilliu, 1941-42, Bronzi preromani di Sardegna, in op. cit., p. 179.
[3]Si è rilevato, il contenuto delle varie dichiarazioni qui evidenziate, fondamentalmente, da due opere di G. Lilliu: 1) “La civiltà nuragica” del 1982, e ristampa 1987, Carlo Delfino, Sassari;  2) “La civiltà dei Sardi, dal Neolitico all’età dei nuraghi”, ed. 1963, e ristampa 1983 della seconda ed. Eri Rai, Torino; 2a) “La civiltà dei Sardi dal Paleolitico all’età dei nuraghi” nelle edd. 1988, Nuova Eri, Torino e 2003, Il Maestrale/ Rai Eri, Nuoro-Torino, e ristampe 2007-2011, Il Maestrale, Nuoro.
[4]Riff. Civ. Nur., 1982, op. cit., p.32; Civ. Sar.,1988, op. cit., p.318; Civ. Sar., 2003-2011, opp. cit., p.366. Perché si comprenda quanto l’autore fosse solito percorrere i bucolici pascoli della sua fantasia, proprio quì, potrà considerare l’attento lettore, come sarebbe stato possibile i 250.000 abitanti la Sardegna (che l’autore indicherà appresso) edificassero in così breve tempo i settemila e più nuraghi, soltanto nel caso fossero stati tutti dei superUomini dotati di  dieci braccia e dieci gambe, ma anche aventi ognuno un’altezza tra i cinque e i sette metri!  Chi lo volesse, potrebbe condurre altro lavoro, per evidenziare il numero esorbitante di sarda popolazione del periodo, semplicemente conteggiando il numero di ore lavorative necessarie a progettare ed erigere un solo Nurake, complesso e monotorre. 
[5]Riff. Civ. Nur., 1982-87, op. cit., p.62;  Civ. Sar., 1988, op. cit., p.357; Civ. Sar., 2003-2011, opp. cit., p.413. Noterà, anche il lettore meno smaliziato, come questa dei 300 anni sembri una formula magica, consacrata dall’uso fattone presso la corrente archeologica sarda, buona per tutte le stagioni! Ne siamo oltremodo convinti, causa il ritrovamento della stesso modulo, anche in uno scritto del 2005 di tale Ugas G., “l’alba dei nuraghi”, ove a p.79, ci si produce nella stessa musica, cambiandosi appena le parole: «Ovviamente non tutti i “proto nuraghi” furono costruiti contemporaneamente. Ma nell’arco di tempo di tre secoli, tra il 1600 e il 1330 a.C., essi ebbero un progressivo formidabile incremento numerico […]»!
[6] Vedasi p.357 di Civ. Sar. ed. 1988; p.413 di Civ. Sar. edd. 2003 fino a 2011.
[7] Vedasi p.365 di Civ. Sar. ed. 1988; p.424 di Civ. Sar. edd. 2003 fino a 2011
[8] Vedasi pp. 365-66 di Civ. Sar. ed. 1988; p.424 di Civ. Sar. edd. 2003 fino a 2011.
[9] G. Manca e G. Zirottu, 1999, “Pietre magiche a Mamoiada”, Ass. Folk Mamuthones e Issohadores “Peppino Beccoi”, Mamoiada-Nu, pp. 103-20.
[10] G. Manca e G. Zirottu, 1999, op. cit., p.103.
[11] Facemmo un’analisi tempo addietro sul vissuto di un’area geografica continentalesa: “appiccadura sa ‘e duos”.
[12]Chiediamo venia ma, forse per nostra incapacità, non riuscimmo a trovare una rappresentazione moderna altrettanto chiara ed esaustiva del tema che desideriamo visualizzare, nelle disponibili pubblicazioni statistiche.
[13] Vedasi pp. 365 di Civ. Sar. ed. 1988; p.423 di Civ. Sar. edd. 2003 fino a 2011.
[14]Non crediamo, caro lettore, sia mai esistito alcuno studioso che abbia osato definire “villaggio”, una singola abitazione!
[15]G. Lilliu, 1963, op. cit., p.196; G. Lilliu, 1983, op. cit., p. 230.
[16] G. Lilliu, 1982, e ristampa1987, op. cit., pp.80-81.
[17] La civiltà dei Sardi, dal Neolitico all’età dei nuraghi”, ed. 1963, p.196 e ristampa 1983 della seconda edizione p.231, Eri Rai, Torino.
[18] Su una superficie che reputammo vicina ai 25.000 km2 per l’epoca di cui si parla.
[19] A p.81.

26 commenti:

  1. Egregio Tzoroddu se ha deciso di “uccidere il Re” per ereditarne il trono utilizzi un’arma più appropriata e consona alla bisogna; la grandezza di Lilliu è tale che il suo temperino scalfisce appena. Lilliu è un uomo del suo tempo vissuto pienamente: Uomo di Scienza, politico, e democristiano solo perché cattolico, anche se questo non gli ha creato impedimento nello scrivere in SU POPULU SARDU, di ben altra estrazione. Ho iniziato ad interessarmi della Storia della Sardegna solo grazie alle Sue, di Lilliu, pubblicazioni; negli anni sessanta/settanta dell’altro secolo c’era ben poco a disposizione e soprattutto di esaustivo. Da studente di medicina seguivo anche le lezioni di Antichità Sarde, prima a sa Duchessa poi all’Arsenale, e nelle occasioni mai e poi mai Lilliu ha rifiutato un confronto, è sempre stato molto disponibile dimostrando una conoscenza dei luoghi molto dettagliata e precisa. La Vita è breve e l’Arte è lunga; Lilliu è vissuto troppo poco, anche se quasi centenario; i suoi allievi non li conosco ma sono consapevole dell’enorme eredità che questi hanno avuto e dalla quale non si può prescindere. Tzoroddu non tenti di buttar giù il Gigante per quanto deforme in alcune sue parti, è frutto meraviglioso del suo tempo. Questa è un’altra epoca, con altri strumenti di ricerca e relativi progressi; il superamento conoscitivo non vuol dire annientamento; tragga esempio da Losi e Sanna in tutta stima, la quale crescerà ancora appena avrò chiara la sua, di Tzoroddu, di epoca, almeno nello stile.
    Cordialmente Giorgio Pinna in Milano

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    1. Uomo di scienza,politico e democristiano........questo basta (senza togliere nulla all'uomo di scienza)questo dovrebbe bastare per capire come funzionava e funziona il sistema.Carta Raspi non è mai stato preso in considerazione eppure anticipava il vero già molto tempo fa.Un sistema politico cieco e corrotto a ridotto la Sardegna al "relitto"che è ora grazie anche ai silenzi degli uomini di scienza.

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  2. "Tzoroddu non tenti di buttar giù il Gigante per quanto deforme in alcune sue parti, è frutto meraviglioso del suo tempo. Questa è un’altra epoca, con altri strumenti di ricerca e relativi progressi; il superamento conoscitivo non vuol dire annientamento".
    Vede Pinna, Lei sbaglia in questo:
    1- "è frutto meraviglioso del suo tempo"! Non è mai esistito "un tempo meraviglioso" da dedicare a colui che NASCONDE LA VERITA' PER SESSANTA ANNI!
    2- Lei non ha saputo, meglio, Lei non ha voluto leggere con "onestà intellettuale" il mio scritto! Altrimenti si sarebbe accorto che non mi sono avvalso di "altri strumenti di ricerca e relativi progressi"! Ho, invece, scientemente usato gli stessi strumenti del Baruminese, che necessariamente (per raggiungere il mio-nostro scopo di scoprire il VERO) ho dovuto far miei, senza porre in mezzo nessun progresso tecnico nel frattempo sopravvenuto! E' proprio questo il problema dei Sardi di continente! Si sentono talmente "piccoli", nel contesto in cui vivono, che una qualsiasi luce-ombra, venga loro a mancare, si sentono nel pieno dell'avversità della "maledetta sorte".
    3- E poi sappia, "il superamento conoscitivo" SIGNIFICA PROGRESSO!
    mikkelj

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  3. A parte le considerazioni sull’uomo di scienza Lilliu, che ognuno può ritenere giuste o sbagliate, penso sia il dato di fondo quello da considerare e che Mikkelj mette in evidenza.

    Se ho ben capito 10 capanne farebbero capo ad un nuraghe.
    5 capanne sarebbero state ad uso di una famiglia di 10 persone e per tanto secondo questo calcolo due famiglie formerebbero un villaggio e sarebbero in grado di avere risorse necessarie a edificare il loro nuraghe ad uso esclusivo. In ragione di ciò, 4 maschi adulti in gran forma: due agricoltori e due pastori, più 4 donne adulte in gran forma, dedite a coadiuvare i mariti, sarebbero stati in grado di reggere il sostentamento di (almeno) 4 anziani e/o vecchi (2 per ogni famiglia), 8 tra ragazzi e bambini, e accumulare produzione eccedente da destinare alla remunerazione dei costruttori di nuraghe.
    La costruzione del nuraghe presuppone a mio avviso, una stratificazione sociale, per la quale sono possibili mansioni specialistiche a tempo pieno e che sono possibili solo concentrando un sufficiente numero di persone in uno stesso posto (città). In “L’origine delle città – le prime comunità urbane del vicino oriente” Mario Liverani scrive “Ancora per tutta l’età del bronzo, almeno l’80% della popolazione deve dedicarsi alla produzione primaria (produzione di cibo), e non più del 20% può dedicarsi alle attività secondarie (trasformazione dei prodotti) e terziarie (servizi)”.
    In ragione di ciò usando queste percentuali sul nucleo di due famiglie (20 persone), scaturisce che 16 persone debbano pensare a procurare cibo, le altre 4 (due anziani e due infanti), risultano, ad andar bene, impiegati nel “terziario”. Ma a parte la battuta, questo dimostra, al di là di qualsiasi ragionevole dubbio, non poteva esistere un villaggio di 20 persone, ma neanche uno di 60, che potesse permettersi la costruzione di un nuraghe.

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  4. Aggiudu torrau, amo pensare. Per rimanere terra terra: non molto tempo addietro, nel Sulcis, una intera comunità partecipava all’evento de sa crobettura, in particolare se interessati giovani sposi e la loro prima casa; i professionisti: n° 1 Maistu de muru; n° 2 Muradoris ed una infinita schiera volontaria di manorbas. Tutto ciò se edilizia privata civile in scala minore; immaginiamo la partecipazione di vicinato (Clan, Tribù, o soltanto Homines) se si trattava dell’erezione di un Simbolo di una Identità comunitaria emanazione di Forza e Religiosità. Qui Lilliu si è autolimitato, ha cercato di consolidare le sue certezze, ma non merita in nessun modo il Crucifige; il pensiero da millenni si avvale della stessa massa cerebrale, cambia il numero delle sinapsi che moltiplicano i circuiti neuronali; oggi Tzoroddu è avvantaggiato, gli ultimi cinquanta anni sono stati forieri di enormi cambiamenti che incidono non poco nella psiche di ognuno di noi; questo però non ci autorizza a sentirci superiori ai nostri “Maggiori”. Lilliu rimarrà sempre un Gigante.
    Cordialmente Giorgio Pinna in Milano

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  5. La costruzione di un nuraghe presuppone tutta una serie di conoscenze specifiche, molte delle quali erano in possesso e nella mente di pochissimi: direi i sacerdoti, che nella fattispecie erano pure architetti, astronomi, geometri, scribi… e chissà quant’altro.
    Non è dettata dall’improvvisazione metter su un nuraghe, perché non bastano le sofisticate conoscenze di statica che questa costruzione, occorre conoscere l’intima essenza della pietra, studiarne la forma e cercare tra decine, se non centinaia, di quelle avvicinate al “cantiere”, quella che per forma si confaceva al profilo di quelle già poste in situ, in un puzzle probabilmente anche tridimensionale, che determinava una connessione duratura nel tempo. Una prassi questa che comportava notevole esperienza, collaborazione e affiatamento tra chi dirigeva e chi di fatto eseguiva quei lavori. Sicuramente anche nella fase di reperimento del materiale, si faceva una cernita tra le migliaia di massi a disposizione, per trovare quelli più idonei allo scopo, in modo tale da alleggerire il lavoro di posa.
    Per far questo era sicuramente necessario un gran dispendio di energie, che non potevano coinvolgere solo poche decine di persone, ma un insieme di clan, o tribù unite da stretti rapporti sociali di cooperazione.
    L’esempio che lei porta, Signor Pinna, riguarda mera cooperazione dettata dall’esigenza del singolo, di costruire la propria casa facendo affidamento sulla cooperazione di parenti e amici il sabato e la domenica. Qui stiamo parlando di un edificio, dimora della divinità che doveva lì abitarvi in eterno. Per tanto doveva essere ben solida e costruita in modo magistrale. Aveva bisogno in fin dei conti di personale specializzato che si dedicava a tempo pieno a questa mansione. Posso pensare che fossero delle figure professionali ambulanti, che viaggiavano per il territorio lì dove era necessaria la loro opera, e proprio in ragione di ciò dovevano dedicarvisi a tempo pieno e per tanto chi commissionava l’opera doveva avere il necessario surplus di produzione di cibo per sfamare pure loro. Ma quelle erano solo una delle tante figure professionali che in quella società esistevano: i fabbri e i fonditori forse avevano la possibilità tra una martellata e l’altra o una fusione e l’altra di allevare bestiame o coltivare grano? Il minatore, il marinaio, il vasaio, il falegname, il guerriero… lo scultore, avevano la possibilità di fare questo? L’enorme quantità di reperti trovati in una miriade di siti archeologici e quelli che ancora aspettano di essere portati alla luce, dimostrano che quella società era altamente specializzata e questo basta per avvalorare “i numeri” di Mikkelj.

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  6. Il Pinna dice: «Lilliu [...] non merita in nessun modo il Crucifige»!
    Vede Pinna, Lei fa perfino tenerezza! Quì, non si ha intento di crocifiggere alcuno! E' scopo del mio scrivere, SEMPRE, riuscire a comprendere da che parte sia il Vero! E, debbo dire sinceramente, il Lilliu Baruminese ha lasciato nei suoi scritti tanti di qui "chiodi da carpentiere" che una ONESTA E CRITICA LETTURA conduce obbligatoriamente all'automatico denudamento del Falso Profeta!
    Mi creda (ma nel caso non voglia farlo Le rimane solo di mettersi a studiare, con critico cipiglio, i testi tutti del Baruminese Giovanni, al fine di poter intervenire in questo contesto con la necessaria, appropriata cognizione di causa!), il suo Gigante di sabbia, ha fatto tutto da isse ettottu! Si è costruito e si è disintegrato!
    E poi, caro Pinna, La ringrazio molto di portar acqua al mio mulino!
    Infatti, così ha pretesa di rampognarmi: «gli ultimi cinquanta anni sono stati forieri di enormi cambiamenti che incidono non poco nella psiche di ognuno di noi»!
    Vediamo un po’, Pinna! Gli ultimi cinquant’anni ci riportano agli anni sessanta! Ma, caro Lei, sono proprio gli anni in cui inizia la folgorante carriera letteraria del suo eroe! E, perché non spiega all’attento lettore, come mai il Lilliu non si sia voluto avvantaggiare degli infiniti collegamenti sinaptici a sua disposizione per adire meravigliosamente alla ricerca del vero, in relazione al vissuto della sua Sardegna più Antica? Ma, ove invece risponda al vero ciò che Ella afferma, il suo ormai distrutto “eroe di macchie pieno”, si sarà certamente avvalso di quella enorme possibilità che ha condizionato positivamente (son sue parole) la sua psiche di uomo vissuto, a pieno titolo, negli ultimi cinquant’anni! Certo che ne ha tratto profitto! E, ben più che il sottoscritto, a voler sol considerare il suo peso culturale, pur rigorosamente limitato alla sola area geografica sarda!
    Infatti, ha mortificato i propri neuroni nel pervicace, prolungato esercizio del vigliacco nascondimento dei dati che andava di continuo discoprendo! Ed, è riuscito talmente bene nel suo intento, che persino Lei, dopo queste dodici pagine di eclatanti disastrose prove che Le ho portato (ma forse Lei neppure ha letto perché il contenuto è troppo devastante per la sua tranquillità psichica), continua a menar il can per l’ahia!
    Infatti, insieme alle sue, caro Pinna, sento levarsi molte grida di insanabile dolore! Un po’ come accadde quando scrissi che: “i fenici non sono mai esistiti”! Corridure e ricorridure chiamansi.
    mikkelj

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  7. Ti dirò, Mikkelj, che non mi hanno mai convinto i 200-250 mila abitanti della Sardegna in un preciso momento storico, quello appunto detto III nuragico da Giovanni Lilliu, né i 300 soldati a guardia del nuraghe complesso, come dice ancora Giovanni Ugas in un suo recente libro.
    D'altra parte, non riesco a deglutire la notizia che, in quel periodo storico, i Sardi fossero 7 milioni e passa, anche perché ci si conteggia dentro un mucchio di soldati, nei piccoli e nei grossi nuraghi, come se fossero stipendiati statali e non, più verosimilmente, pastori- guerrieri, contadini-guerrieri, muratori-guerrieri, guerrieri all'occorrenza, insomma, tutti quanti, comprese le donne giovani, incinte o in menopausa.
    Prova a togliere tutti questi soldati dai nuraghi-fortezze e riconta.
    Mi viene in mente anche che, posti 7 milioni di individui, bisogna dire che in capo a 50 anni si sarà verificato un totale ricambio generazionale di 7 milioni di individui, considerata la vita media, supposta per quel tempo intorno ai 40-45 anni: non ricordo che si sia trovata traccia del seppellimento di oltre 40 milioni di morti riferiti a quei famosi 300 anni 1500/1200 a.C..
    Forse tu hai una notizia che io non ho, forse hai una teoria che io ignoro.
    Quanto all'organizzazione politica – nuraghe complesso come città-stato con intorno capi e capetti più o meno potenti – non capisco da dove sia nata quest'idea, salvo che a pensare che i Sardi abbiano inventato anche il Feudalesimo, con i vari valvassori e valvassini, quando sappiamo che questo istituto fu introdotto in Sardegna dagli Spagnoli, mentre non esisteva al tempo dei Giudicati.
    Fra l'altro mi viene male a pensare a un territorio, quello di Orroli ad esempio, dove esiste, oggi in periferia, dove si sono addossate le ultime case costruite, il nuraghe Sa Serra che, mai investigato, appare come un fortissimo quadrilobato, da cui si è attinto per costruire i muri di metà delle case del paese. Ma sappiamo anche che, solo a qualche km di distanza, c'è il nuraghe Arrubiu, pentalobato, il quale, per essere posto a poche decine di passi dal canyon del Flumendosa, non poteva che estendere la sua influenza verso il paese, cioè verso il nuraghe Sa Serra, di cui ho detto. Fra i due colossi poi, esistono vari nuraghe monotorre e quello di Carcina, che di torri ne ha due e possiede un villaggio ancora ben visibile.
    I conti non mi tornano, visto che Arrubiu città-stato avrebbe il potere solamente sull'altipiano basaltico povero e improduttivo, mentre Sa Serra avrebbe avuto il controllo dell'altro lato, con i terreni più fertili.

    P.S.: se dovessi morire prima di te – ma non credere che ci tenga -, mi solleva il pensiero che tu possa pronunciare l'elogio funebre in mio onore. Sono convinto che nessuno, dopo averti sentito, azzarderebbe un aggettivo contro di me!
    Ti prometto che, se viceversa dovesse capitare il contrario, io non dirò una parola sopra le tue spoglie.

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  8. Caro Francu, pensando a te con invidia, visto che in questo momento sei in barca e tra un’esca viva che si contorce e il suo degustatore che vorresti già tra le mani o meglio sulla padella, ti diletti a scriver commenti sul tuo PC da tavolo che, per l’occasione hai trasformato in portatile da barca con connessione via satellite, per la quale la canna pescatoria funge da antenna, devo dire che Mikkelj non si è esibito in prima persona nell’affrontare calcoli matematici, né tanto meno si è lanciato in proposte di utilizzo del nuraghe. Ha lasciato fare tutto a Giovanni Lilliu che intravedeva 250 guerrieri sulla fortezza di Barumini.
    Io dal canto mio non vedo guerrieri sopra il nuraghe a difesa di reggia e regali, piuttosto pellegrini che si accingono a consegnare doni sacrificali.

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  9. No, caro Sandro, i conti li fa Mikkelj a modo suo, esagerando per esagerare, sia in quantità, che in qualità.
    Chi ha detto che tutti i nuraghetti monotorre presentino, per averlo avuto in qualche momento storico, un villaggio di sua pertinenza?
    Mikkelj però ce li mette tutti, con i suoi 480 abitanti, mediamente inventati.
    Per non parlare di altre esagerazioni che inducono in errore qualche lettore meno addentro alle situazioni e meno aduso alla dialettica zoroddesca.
    Se poi i nuraghi furono, in principio e soprattutto, edifici di culto, potremmo collocarci al massimo un sacerdote e un sacrestano in quelli minori e metti 3 (perché numero nuragico) sacerdoti e 7 (perché numero santo nuragico) in quelli più grandi.
    Forse che nelle nostre chiese campestri ci vive sa cunfraria tutto l'anno?
    Ecco dunque, caro invidioso Sandro, come puoi fare a venire a discutere di cose dell'aldilà su natante: telefona a Gigi, prendi un appuntamento senza guardare il calendario, ma il Bollettino del mare per Capo Frasca e dintorni.

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    1. Francu, che facciamo "Tre uomini in barca"?

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    2. Sarebbe il numero giusto. Così si avrebbe sempre una maggioranza su un dilemma.

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  10. Caro Francu!
    Come ho già raccomandato al Pinna, così mi esprimo con te!
    Evidentemente sei davvero in vacanza! Pertanto non hai affatto letto CON LA DOVUTA ATTENZIONE quanto da me presentato!
    Ed allora, caro Francu, come ti permetti di intervenire su argomento, QUESTO ARGOMENTO, che tu non conosci?
    Prova a leggere! Si Francu! Anzi, caro Francu, da come ti esprimi appare chiaro che riguardo l'argomento ti sia rimasta una sbiadita fotocopia! Beh, sì! Con una sbiadita fotocopia "i conti li fai a modo tuo, esagerando per esagerare, sia in quantità, che in qualità"!
    Ma così manchi di onestà! Falli a regola d'arte aritmetica ed ove i numeri ti manchino, per causa di quella tua sbiadita fotocopia, prova a studiare! Studiando s'impara! Chi meglio di te!
    Ciao, mikkelj.


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  11. Oh mikkelj,sei una ghigliottina.

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  12. Ripeto: i conti li fai esagerando per esagerare. E ti ho dato anche delle spiegazioni. Chi pensa che attorno a ogni misero nuraghe monotorre ruotino oltre 400 individui?
    Eppure tu li hai conteggiati.
    Dove li hanno riposti i 40 milioni di morti in quei 300 anni?
    Li hanno buttati in mare come usava ne L'Isola dei Cani?.
    E il disonesto sarei io?
    Tutto sommato, mi piacerebbe pure, se almeno riuscissi a ricavarci qualcosa!

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  13. Scusatemi in questo periodo non sono molto lucido causa lavoro,vi chiedo quindi se è un modo di confrontarvi,il vostro,oppure come si dice in tabarkin"Ve tiè de faccia"

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  14. Caro Francu, per quanto riguarda i 40 milioni di morti in 300 anni, non penso ci siano grossi problemi a pensare che fine abbiano fatto, visto che io, ad esempio, non so mica che fine hanno fatto i resti dei miei bisnonni e stiamo parlando di metà ottocento, non di 3000 anni fa. Presumo siano nell’ossario del cimitero di San Gavino Monreale, ma 3000 anni fa non penso esistessero ossari.
    Per quanto riguarda il numero degli abitanti, non sarei così ribassista e sempre per via di quel sillogismo che vuole una società stratificata composta da varie figure, la maggior parte addette alla produzione di cibo ed altre per la trasformazione di beni, altre ancora occupate nei servizi.
    Nella società nuragica abbiamo questa stratificazione sociale.
    Basta pensare che quella società fu capace di erigere 7500 nuraghi (esistenti. Quanti erano in origine?), concependo complicati concetti di statica. D’altro canto se prestiamo attenzione solo alla produzione bronzea, quelli furono capaci di realizzare una enorme quantità di oggetti e utensili di bronzo, usati nei più svariati campi: oggetti sacri, monili, stoviglie, armi, utensili da falegname, da scalpellino, cavatore e quant’altro anche per pastori e agricoltori, usando le più sofisticate tecnologie per la loro produzione e raffinatissimi quanto basilari principi fisici che ancor oggi sono alla base di molte nostre applicazioni tecniche.
    Sembra cosa banale e poco eclatante, ma pensandoci bene, quando al museo archeologico di Cagliari vediamo esposte due punte elicoidali di bronzo, dovremmo sbalordire, visto l’utilizzo che ancor oggi facciamo delle punte per trapano e che in quel periodo di certo rappresentavano una geniale evoluzione nelle tecniche di lavorazione.
    Ecco perché ritengo che quelle genti abbiano di sicuro raggiunto un grado di sviluppo tecnico e sociale che creava ricchezza in termini reali tanto da consentire loro di mettere da parte scorte alimentari in surplus, da mettere a disposizione di quella fascia di società che lavorando a tempo pieno in mansioni di prima necessità, non poteva produrla in proprio: sacerdoti, guerrieri, muratori, scalpellini, minatori, fabbri e fonditori e commercianti. Ognuno di questi, per la propria parte, rendeva più facile la vita a contadini e pastori. Di certo un aratro con vomere in bronzo ere ben più efficace di un vomere di legno. Trasportare il necessario facendo uso di un carro trainato da buoi era ben più facile che non trasportare il tutto a dorso d’asino.
    Una società capace di produrre menti tanto fertili, che conosceva di sicuro la tecnica di costruzione dell’arco ma andò oltre, concependo una cupola autoportante che non aveva bisogno di centina per la sua costruzione (una cupola basata su un principio di statica difficilmente concepibile ancor oggi “ai non addetti ai lavori” che sfrutta lo stesso principio dell’arco, ma in orizzontale); e menti (come abbiamo avuto modo di apprendere), che riuscivano a costruire delle perfette macchine solari per fissare precise date calendariali (Nuraghe Santa Barbara, pozzo sacro di Sant’Anastasia, porta di Murru mannu, e chissà quante altre), potevano essere sollecitate solo se la società aveva superato l’ostacolo posto dall’esigenza primaria di approvvigionamento del cibo: a pancia piena si ragiona meglio.
    Ora, senza usare i dati fornitici da Mikkelj Tzoroddu, cerchiamo di capire quale possa essere l’essenza numerica da prendere in considerazione per verificare la veridicità di quei numeri da lui prodotti.

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  15. Dal momento che almeno l’80% della popolazione in quel periodo doveva essere occupata a produrre da mangiare per tutti, risulta chiaro che quel 20% che poteva occuparsi di altro doveva essere abbastanza numeroso da poter costruire 7500 nuraghe in 300 anni e realizzare nel frattempo una miriade di quei manufatti utili alla vita quotidiana. E badate che nel calcolo che segue non conterò il numero di muratori, scalpellini, cavatori e cercatori di pietre che servivano per erigere un nuraghe, perché se facciamo i conti, in 300 anni furono costruiti circa 25 nuraghe all’anno, per tanto qualche migliaio di persone bastava, man mano, per erigerli tutti.
    Ora se affrontiamo il problema partendo dalla forza lavoro impiegata nella trasformazione dei prodotti e nei servizi (quel 20%), la quantità numerica potrebbe esser vista in modo meno scettico.
    Se cercassimo il congruo numero di individui che avrebbero dovuto essere impiegati per realizzare tutto quel che fu realizzato in quel torno di secoli e se in quel 20% ci mettiamo vecchi e bambini, di certo i numeri risulteranno più affidabili.
    Prendiamo in esame le persone occupate in un centro abitato connotato da un nuraghe polilobato.
    1 regnate con la famiglia: moglie e 6 figli.
    1 sacerdote con famiglia: moglie e 6 figli
    40 guerrieri in servizi stabile, composti da 10 arcieri, 10 spadacini, 10 pugilatori, 10 lanciatori con relative mogli e 6 figli per famiglia.
    1 fabbro con famiglia: moglie e 6 figli
    1 falegname con famiglia: moglie e 6 figli
    1 vasaio con famiglia: moglie e 6 figli
    1 muratore con famiglia: moglie e 6 figli
    1 scalpellino con famiglia: moglie e 6 figli
    e mi fermo qui.
    Teniamo conto del fatto che in ogni famiglia i figli più grandi aiutavano nelle mansioni lavorative i genitori e solo il 10% risultava inabile, ossia 0.8 persone per famiglia.
    In totale abbiamo per questa città modello 329 persone delle quali 296 abili al lavoro e 33 inabili da sfamare.
    Per tanto in ragione della percentuale dell’80% di persone che può sostenere il restante 20%, la forza lavoro costituita da contadini e pastori doveva sommare a 3264 persone abili al lavoro che però, avendo famiglia pure loro, a quel numero dobbiamo aggiungere sempre quel 10% di inabili, che sommano a 326 persone da sfamare.
    Da questo calcolo scaturisce che 3264 tra pastori e contadini dovevano dar da mangiare a 655 persone, per un totale di 3919 persone in una città e dintorni.
    Se pensiamo che in un anno potevano esser costruiti 25 nuraghe e il 30% di questi erano polilobati, ossia 7,25 nuraghe in un anno, ne scaturisce che in 25 anni furono costruiti 181 nuraghe polilobati con una popolazione totale di 710.000 persone. Durante altri 25 anni furono realizzati altri 181 nuraghi e la popolazione poteva salire a 1.420.000 persone. Durante altri 50 anni furono costruiti altri 362 nuraghe e la popolazione di conseguenza salire a 2.840.000 persone. E così via.
    Benché non possiamo esser certi della completa contemporaneità dei villaggi, ammettendo per un attimo che questo sia avvenuto, potremmo dire che 2.175 nuraghi pollilobati con 3919 abitanti che li sostenevano e sostentavano, potevano assommare ad una popolazione di quasi 8.524.000 abitanti.
    Questo significa oltre tutto che avrebbero avuto a disposizione un esercito che poteva contare su almeno 3.500.000 tra pastori guerrieri e contadini guerrieri (considerando maschile la metà della popolazione delle persone abili), più 650.000 guerrieri a tempo pieno, per un esercito di 4.150.000 soldati.
    Ma non vogliamo arrivare a tanto, perciò ci limitiamo ad una contemporaneità dell’80% di tali città, ossia 1740 centri popolati da 6.819.000 persone.
    Francu, ho contato solo i nuraghe polilobati, ritenendo che la maggior parte di contadini e pastori non vivesse nei grossi centri ma nei villaggi più piccoli con il loro nuraghe campestre a loro disposizione.

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  17. Da un nostro lettore vengono sollevate delle obiezioni a riguardo del computo da me fatto. Tengo a precisare che i 40 guerrieri sono da me calcolati sulla base delle tipologie raffigurate nei bronzetti: arcieri, spadaccini, lanciatori etc. ipotizzando che fosse normale una varietà di guerrieri che usavano armi differenti per diversi tipi di combattimento. Inoltre non sono stati computati per “tutti” i nuraghe”, ma solo quelli più importanti. C’è da dire inoltre che mi son tenuto basso in fin dei conti, visto che G. Lilliu ipotizzava 250 soldati per la reggia nuragica.
    Esagerato non è il numero di abitanti, ma il numero di centri abitati… ma quelli sono realtà.
    Inoltre non bisogna smontare solo il numero di soldati in servizio stabile, ma anche il numero di figli per famiglia e quelle due percentuali: 80% e 20%, certamente non lanciate a caso da me. Su quelle due percentuali si è pronunciato Mario Liverani in un suo libro, come già accennato in un precedente commento.

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  18. I benpensanti hanno preferito non pensare!
    Credono essi sia il massimo, del comportamento umano cosciente, mantenere ben infilati i propri “perenni, consueti pensieri” nella mansueta “rena”, multivariabile composto che anche delimita il confine entro cui essi giacciono.
    Ebbene, come promesso in nota, porrò in mostra questo commento che coinvolge il tizio ch’essi, di ritorno dall’apnea, continuano a considerare il loro santo! A proposito, si può sapere a quando la festa?
    mikkelj

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  19. APPICCADURA
    Ricordiamo la dichiarazione rilasciata dal Lilliu in relazione ai sette nuraghi di Mamujada: «ciascun grosso gruppo familiare (di 10 persone) godeva “poco più di tre ettari” per gli usi regolati dalla comunità».
    Si rammenti ancora come, nel §5 (di “la popolazione della Sardegna secondo il Lilliu […]”) trovammo che: «In linea generale, sui 25.000 km2 di superficie di quella Sardegna che si sta analizzando, ogni abitante si riferiva ad un territorio pari ad ha 0,336». Per comodità nel confronto fra le due dichiarazioni, così modificheremo la nostra: «un gruppo familiare di 10 persone aveva disponibili poco più di “tre ettari” per soddisfare le esigenze del vivere quotidiano».
    Com’è facile rilevare, i due dati sono praticamente uguali. Bene, considerando il lettore conosca, per averci potuto seguire, la modalità generativa del risultato da noi ottenuto, desideriamo sia conosciuto anche il percorso lilliano che portò lo stesso risultato.
    Per far ciò, è bene si rivedano, i dati da noi esposti nel §3 su Mamujada, alla luce di quanto ricavato nel §5. Ricordiamo (non se n’era accennato) che fra i 33 del territorio, son dati leggibili soltanto due nuraghi complessi, pertanto, rifacendoci ai dati espressi nel §5 sulla relazione fra popolazione e superficie da essa occupata, avremo: due nuraghi complessi aventi in totale 4660 abitanti e trent’uno nuraghi monotorre aventine 13.795 che, in totale compongono una popolazione di 18.455 mamujadinos, essendo il rapporto con la superficie geografica di riferimento circa 0,27, il quale dato, indica la terra disponibile per la famiglia di dieci persone, essere pari ad ha 2,7.
    Osserviamo:
    - la estrema vicinanza, dell’ultimo dato “ufficiale” su Mamujada, a quello dichiarato dal Lilliu, ci fa ragionevolmente credere che il Baruminese, nonostante il suo mutismo nel merito, avesse anch’esso percorso (invece di quella sgangherata che volle farci credere) la stessa analitica ricerca sull’area del paese barbaricino, ma avesse mancato la precisa visione di tutti i parametri di cui si tratta nel testo che riportammo in nota, e si fosse fermato al conteggio dei 2 nuraghi complessi e di altri fra 25/23 monotorre. In questo caso il risultato sarebbe stato, appunto, «poco più di tre ettari».
    Ora, noi sappiamo bene come, una famiglia di dieci persone sia destinata nel breve a morire, ove l’unico spazio a provvedere tutto il necessario sia ridotto a tre ettari, anche considerando i dovuti riposo e rotazione di suoli e colture! Ma, tutto ciò era anche a conoscenza del Baruminese!
    Ebbene, nel percepire i circa tre ettari disponibili, a noi scattò fulmineamente, l’automatico meccanismo che rovista fra le cose che sono scorta del nostro conoscere! E risultò evidente fosse quella: LA CHIARISSIMA IMMAGINE DI UNA SOCIETA’ ESTREMAMENTE EVOLUTA!
    (ja sikit)

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  20. La società dell’epoca, al pari e meglio della società (troppo subordinata a interessi di comando e controllo sovranazionali) dei nostri giorni, aveva attivato una selezione specializzata delle attività del singolo, al punto che solo alcuni fra essi (nella fattispecie) si occupavano di agricoltura: e vi si dedicavano solamente le professionalità strettamente necessarie ed altamente qualificate a ricavarne il dovuto per la comunità. Gli altri componenti, ciascuno nel campo della propria specializzazione, portava a compimento il proprio ufficio, fosse nella muratura, nella pesca, nel portare al pascolo le greggi, nell’architettura, nella tessitura e colorazione dei tessuti, nei codificati processi sottesi alla preparazione del pane o nel molto proficuo commercio marittimo in tutto il Mediterraneo. La organizzazione delle varie attività era tale per cui ogni singolo, ogni famiglia, ogni villaggio, ogni regione geografica, estesa quanto capitò che fosse, attraverso la tradizionale integrazione dei ruoli, non mancava di nulla!
    È esattamente ciò che accade nell’oggi: tu caro lettore, ove ti proiettassi nel passato, non ti sogneresti mai di curare semina e raccolto, perché non sei neppure in grado e ciò non ti è chiesto, essendo demandato altri al provvedervi; così come sei tu a occuparti d’altra bisogna secondo la tua competenza, che potrebbe essere quella di portare oltremare il sovrappiù della produzione di grano.
    Ed ecco il punto:
    il vostro Lilliu Giovanni da Barumini certamente comprese, in modo ben più ampio ed immediato del nostro, perché partecipativo della gran mole di dati che certo possedeva, CHE LA SUA SARDEGNA NURAGICA ERA FORSE LA PIU’ EVOLUTA FRA LE SOCIETA’ DELL’EPOCA!
    Che questo fosse il suo inconfessabile pensiero dominante, siamo assolutamente certi, in ragione di ridicoli raccontini e calcoli da asilo infantile, tessuti col più spregiudicato basso profilo nella consapevole certezza nessuno vi avrebbe aperto bocca mai! Perpetrati a coprire in più strati la tomba in cui venne gettata la orrendamente mutila, massacrata, irriconoscibile VERITA’!
    mikkelj

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  21. Caro Sandro, suppongo che non abbia preteso, con i ragionamenti e calcoli rafforzativi, di aver convinto qualcuno e meno che meno te stesso nel profondo.
    Non so da dove cavi fuori numeri e modi di vita e di organizzazione sociale della Sardegna di 3500 anni fa, se non da un'analogia col presente basata esclusivamente sul senso comune perché nulla si sa, a oggi, di certo, salvo le ipotesi (chiamale pure elucubrazioni) fatte da Lilliu (tanto per dire!), dai suoi maestri e dai numerosi allievi. Nulla si sa, ripeto, di sicuro.
    Ti faccio due esempi che stridono con la raffigurazione che hai fatto, anche alla faccia del senso comune:
    1 – perché sei delle mie parti e hai conosciuto la vita dei paesi, sai bene quanto spazio dell'anno avanzi ai contadini e ai pastori, specialmente dopo il raccolto. Forse che non parrebbe questo un tempo utile per essere impiegato a costruire case e castelli e chiese? E anche, ricordi come erano impiegati i servi nei giorni di pioggia, quando il lavoro agricolo era impossibile? Te lo ricordo io: andavano a “pesai muru” intorno a “is cungiaus” del padrone, andavano a recingere coi muretti a secco le tanche del padrone. Erano anche contenti, perché comunque gli pagavano la giornata. Questo per dirti che chi sapeva arare e zappare e mietere, era bravo anche a pesai muru. E non era l'unico lavoro per quei giorni di pioggia. Un antico muttettu, usato come proverbio o ammonimento, recitava così: Giorrunaderis de Gonnatramatza / a totu cida fibendi funi; / su trabballu fattu in dì de baganza / a pagu a pagu indi torrat a rui, che – a parte le rime mancate – sentenzia: I giornalieri di Gonnostramatza / tutta la settimana filano fune; il lavoro fatto nel giorno di vacanza (festa) / piano piano ricade giù. Questo per dire del multiforme ingegno dei braccianti agricoli che filavano anche la canapa, pianta coltivata abbastanza fino a non molto tempo fa. Mi fermo qui per non esagerare, ma forse ti convinci che un bracciante forse l'hai conteggiato parecchie volte, per ciascuna delle attribuzioni cui è capace di far fronte.
    2 – mi è venuto in mente che i soldati italiani - fra mare, aria e terra – sono meno di 200 mila, su un totale di 60 milioni di abitanti. A occhio e croce, più o meno la stessa cifra conteggiata per i soldati, nelle varie specializzazioni che hai tenuto a precisare, dell'età del Bronzo in Sardegna.
    Ti rendi conto?
    Ma soprattutto, dove s'annidavano i 20 mila nemici, considerando un rapporto di 1 a 10, visto che ai Sardi Nuragici gli sarebbe piaciuto vincere facile?
    A meno che tu non creda, con Lilliu e tutti gli altri che la pensano allo stesso modo, che i nuraghi fossero castelli difensivi e non basiliche e aule di scienza, che i Sardi si combattevano fra di loro in una lotta continua per non so che cosa. Se guerra perenne fosse stata, e io non ci credo, dove avrebbero trovato il tempo e l'agio di coltivare e allevare tanto da produrre in eccesso al bisogno, come dici tu?

    Ora, se questi ragionamenti ti appaiono come approdo del pensiero di un benpensante, uno dei tanti che ben conosce e pratica Mikkelj - il quale, ogni volta che inveisce contro qualcuno, insulta se stesso e la sua estrema perspicacia -, sappi che io non mi annovero fra quella élite, essendo solamente un qualificato somaro sardignolo.
    Ma, proprio per questo motivo, ben conosco e riconosco gli asini i quali, qualche volta viaggiano con su focili – il paraocchi – così che non si distraggano un attimo dal cammino intrapreso. Così procedendo dritti alla meta, allorquando un qualche rumore laterale o retrostante li infastidisce, reagiscono nell'unico modo che gli è permesso: scalciano all'impazzata, non importa se colpiscono solamente l'aria o impattano con lo sfortunato di turno, fosse pure il fantasma di un omuncolo chiamato Lilliu.

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  22. Ma, con tutto il rispetto dovuto , come li fai i conti ??? Gia`il significato dato al nuraghe , in primis non mi soddisfa . Secondariamente le cifre sono disposte in modo cosi` categorico ( 200/250 soldati per ognuno dei nuraghi complessi e 60 per quelli monotorre ) Come a far intendere che tutti i polilobati fossero uguali all`Arrubiu , al Barumini , al Seruci , al Palmavera e altri simili . Dove io se avessi la possibilita` ti dimostrerei che se metti 250 persone , anche dislocate nei vari ambienti de su Nuraxi, starebbero cosi` strette che non avebbero modo di muoversi ... Vorrei proprio vedere 250 turisti andare all`interno del nuraghe tutti assieme.....Ancora , pare che i nostri progenitori fossero coinvolti continuamente in battaglie , guerre , in faide intestine .I calcoli vedono piu` di 200000 soldati in continua allerta ...Ma allerta da chi ?? Forse non ricordi che dalla posa della prima pietra all`arrivo di approdanti le nostre coste , passarono 800/1000 anni ...Li vogliamo immaginare dire " Ajo , fareusu immoi custu casteddu po si difendi de sos nemigos no si sciri mai..??" Alla faccia della premonizione . L `inghilterra oggi su una popolazione di 67/68 milioni di abitanti ha 167000 effettivi .... Non credi che dovresti rivedere le cifre riguardante la popolazione della Sardegna 3500 anni fa ? Il nuraghe Seruci e un pentalobato con piu` di 100 capanne ...e credimi . se vai a misurarle non puoi proporre 10 persone per capanna ma un massimo di 4/5 persone esagerando e bada bene tutti questi soldati che tu enumeri all`interno del nuraghe , con tutto rispetto, sono solo nella tua fantasia e nella tua concezione primaria dell`uso e significato del nuraghe . Il nuraghe Sirai e` un polilobato ( Forse pentalobato ) anch`esso ma ha neanche un terzo delle capanne di Seruci e le torri sono molto piu` piccole di quelle di Seruci e di moltissimi polilobati censiti . ... Cio` che voglio significare e che non e` detto che se il nuraghe sia un polilobato di grandezza simile ad un altro abbia lo stesso numero di capanne e che all`interno di esso si potesse contenere un numero cosi` alto di persone ,che sarebbero apparse come del tonno in scatola o galline nelle produzioni in stia . Ma forse io nel mio vagare nelle campagne Sarde , distruggendo scarpe e fratturandomi spesso dita , in 45 anni , osservando e calcolando piu` di 500 nuraghi , non ho capito proprio un bel nulla , anche perche ` io avevo calcolato un numero di abitanti su 7500 nuraghi intorno ai 540000/650000..Cifra questa che a quei tempi mi e` parsa piu` che ragionevole. Vorrei proprio sapere se abbia veramente vagato anche tu di nuraghe in nuraghe come me e se ceramente abbia esaminato attentamente la cosa .. Occorre nei conti inserire il fatto che spettanza di vita era limitata e non sappiamo come si svolgesse il cambio gerazionale Ricordiamo che in quei tempi i territori a disposizione per essere lavorati erano inferiori , data l`alta boscosita` della nostra isola .. Ora 7500000 abitanti non mi pare esagerato , ma assolutamente assurdo . .Probabilmente la popolazione totale esistente in Europa in quel periodo . In definitiva il mio calcolo della popolazione nuragica era 2175 x 160 individui e 5325 x 45 = 614.00 abitanti . Considerazione e calcolo fatto su una media ovviamente +/- che non ha nulla di preciso ... Mikkelj, si tui accruzza s`anguidda, deu sturu sas stearicas in su galeoni.....! ....!!

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