mercoledì 16 marzo 2016

Esodo biblico siriano. I sardi, soprattutto, accolgano con ‘pietas’ e letizia i profughi. Sono nostri parenti stretti e tantissimo a loro dobbiamo.



 





di Gigi Sanna

 

      L’esodo biblico siriano di milioni di profughi che fuggono disperatamente dalla loro terra martoriata dalla guerra, dalla miseria, resa invivibile dal clima di intolleranza per gli odi religiosi scatenati dai fondamentalisti islamici, sembra essere alquanto distante da noi in quanto distanti o relativamente distanti  sono le rotte turco -greche - balcaniche percorse per raggiungere il cuore ricco e potenzialmente accogliente dell’Europa.

   Eppure quelle scene di miseria e di disperazione che ci arrivano ogni giorno in tempo reale attraverso la televisione non possono lasciarci indifferenti in quanto in quella marcia per la sopravvivenza, in quel cammino da cristi tra il freddo, la fame, il fango, il filo spinato e, non poche volte, tra  gli ‘sputi’ delle comunità, non ci sono persone qualunque della terra. Ci sono quelli che il tempo non ci fa più riconoscere con immediatezza ma che sono stati (almeno in parte) i nostri progenitori dai quali abbiamo preso a vivere secondo gli stessi usi e costumi e anche con la stessa (sebbene  non sola) lingua.

   Ci ha fatto piacere che una prestigiosa rivista scientifica di paleogenetica abbia preso in considerazione le nostre risultanze derivanti dalla documentazione scritta  arcaica dei Sardi. Da essa risulta in maniera inequivocabile che i Sardi adoperarono, già a partire dalla prima metà del secondo millennio a.C., due lingue fondamentali: una di ceppo indoeuropeo (cosiddetto ‘occidentale’) e una di ceppo semitico. La prima largamente maggioritaria, usata per l’oralità, e l’altra per la cultura religiosa. I tanto contestati sigilli cerimoniali di Tzricotu di Cabras, per quanto esistenti e autenticissimi,  nonché centinaia di documenti venuti alla luce dopo di essi, mostrano ‘ad abundantiam’  i due aspetti linguistici e religiosi. C’è il lessico semitico (bn, ‘ab, nr/nl, sh’ar, ‘oz, r’ash, h, ‘ash, ‘od, hdrh, bbh, ecc.) e quello indoeuropeo (’ak, gghloy, gwhro, kor’ash, sa’an, bdnt, ecc.). C’è in particolare la presenza della divinità androgina yh (scritto anche y, yhh, yhw e yhwh), di origine cananaica e non ebraica, con il suo caratteristico alfabeto ‘protocananaico’ in mix e a rebus (LOXOTHS) che tanta fortuna ebbe nel corso dei secoli presso le scuole scribali della Sardegna della seconda metà del secondo e di tutto il primo millennio a.C.  Sono cose che abbiamo detto e ridetto, ormai tante volte, ma che è bene ripetere soprattutto quando a dire e ad  affermare non c’è una sola disciplina ma entra in campo una seconda voce,  autorevolissima e modernissima perché di altissima caratura scientifica, che la affianca.

I detti sigilli di Tzricotu sia con i ‘tria nomina’ di origine e aspetto occidentale indoeuropei sia con il mix dei segni orientali mostrarono da subito, già nei primi anni della scoperta ( quando ancora la maggior parte dei documenti sardi scritti stava nell’oscurità) quello che fu un binomio inscindibile e che caratterizzò dal punto di vista antropologico la civiltà della Sardegna dell’età della costruzione dei nuraghi, delle tombe di Giganti, dei pozzi sacri, della piccola statuaria e della grande statuaria e anche della produzione materiale dei secoli successivi sino all’età imperiale romana. Civiltà che, come si sa (e che oggi sempre di più conosciamo)  adoperò uno stesso codice di scrittura e che venerò, sempre con esso, una e una sola divinità.

   E’ evidente allora che scrittura, lingua della religione e della cultura, culto religioso con l’incrocio genetico indoeuropeo - semitico abbiano plasmato non poco una popolazione che è ancora quella, nonostante altri notevoli o notevolissimi apporti culturali successivi, della nostra cosiddetta ‘identità’. E se è vero che noi oggi usiamo ancora molto di quella lingua indoeuropea delle lontane origini ‘pre-cananaiche’, è anche vero che quella stessa lingua, in quanto visione del mondo, è figlia anche e soprattutto della cultura materiale e spirituale delle genti di  Canaan che forse, in seguito ad un altro esodo, ‘biblico’ o meno per consistenza numerica, emigrarono per vari percorsi e rotte, ma soprattutto quelle sarde.

Sono questi gli aspetti  nuovi della storia mediterranea ed europea che  sembrano emergere, si voglia o non si voglia, dalla ormai cospicua documentazione lasciata dalle scuole scribali arcaiche dell’isola. Aspetti che ci fanno vedere con occhi diversi e considerare  quanto siano in fondo piccole le distanze temporali e vicini i popoli;  quanto un esodo ‘moderno’ in seguito a guerre, a calamità e a odi religiosi in fondo sia antico, e un esodo antico viceversa quanto moderno. I Cananei di allora, che forse scappavano anch’essi portandosi dietro la loro lingua, la loro religione e i loro usi e costumi, quelli che approdarono in Sardegna più di tremila e cinquecento anni fa, con ogni probabilità,  sono gli stessi che per via terra e non via mare, come una volta, raggiungono i territori di tutta l’Europa. Genetica, archeologia e scienza epigrafica concordano oggi nel disegnare un unico quadro di formazione antropologica riguardante la Sardegna. Esse ci aiutano allora a capire che l’accoglimento dei profughi Siriani (o Cananei che li si voglia chiamare), non è, almeno per noi Sardi, un fatto di generico umanitarismo, ma di profonda cultura e di singolare affetto assieme  perché tocca le nostre salde radici, ovvero quello che siamo stati per tantissimo tempo nella nostra storia e forse, senza saperlo bene, siamo ancora.        

                

20 commenti:

  1. Qualcuno mi scrive in 'facebook' dicendo che il post è impopolare. Ma lui ha il clima di Berlino e della Germania, ancora molto razzista in alcuni strati della popolazione. Noi scriviamo qui in Sardegna perchè sappiamo 'ora' la nostra storia. Fatta dalle gioie (poche) e dalle lacrime (molte) di essa.

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  2. Cosa vuol dire il post è impopolare? Direi che è osceno usare il termine impopolare.Dove c'è sofferenza ci dovrebbe essere subito accoglienza.Gigi non ero a conoscenza di una quasi parentela con questa popolazione(c'è sempre da apprendere da te).Non riesco a capire come si può restare indifferenti a tanta sofferenza,mi rendo conto che il termine Europa sta perdendo di significato perché la chiusura di tanti paesi nei confronti di esseri umani disperati che affrontano mille difficoltà per scappare dall'orrore della guerra,è una cosa orrenda.

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  3. Un post impopolare?! Impopolare per quale popolo? Quello razzista?! Beh, noi non seguiamo quel “popolo”, noi seguiamo la nostra coscienza e quella ci dice di tendere le mani a queste persone.

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  4. Gentile professor Gigi Sanna, spettabile platea del Blog, sono pienamente d'accordo con Voi.
    Mi piacerebbe vedere tutta la Sardegna impegnata nell'accoglienza umanitaria dei profughi siriani, con l'impiego delle case vuote che ci sono in ogni paese isolano, che sono tante, quelle che non sono più vissute dai sardi, emigrati a loro volta, per situazioni e motivazioni poco diverse da quelle siriane. Sarebbe un bel gesto da offrire alla nostra ed alle future generazioni mediterranee. Che ne dice professor Sanna. Non sarebbe bello lanciare questa proposta a tutti i sindaci isolani perché siano catapultati in una dimensione di umanità condivisibile più di tante questioni che poco hanno a vedere con l'appartenenza al genere umano? Davide Marras

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  5. Impopolare? Perché no?

    Quando ha detto che “l’accoglimento dei profughi Siriani (o Cananei che li si voglia chiamare), non è, almeno per noi Sardi, un fatto di generico umanitarismo, ma di profonda cultura e di singolare affetto assieme perché tocca le nostre salde radici, ovvero quello che siamo stati per tantissimo tempo nella nostra storia e forse, senza saperlo bene, siamo ancora”, Gigi Sanna ha ben presente che si può comprendere cosa significhi “essere sardo” solamente quando si è superata la “vergogna” di essere sardo.

    «È lavorando con voi che ho capito quanto bella, quanto raffinata, quanto importante, quanto ricca sia una civiltà come la nostra. Noi non siamo caduti nello spazio del Mediterraneo, dentro quest’isola bellissima, chissà per quale vicenda mitica. Noi siamo il frutto delle civiltà più raffinate, più sottili, più pensanti, più filosofiche e più capaci di rispetto umano tra tutte quelle che si sono affacciate su questo Mediterraneo. Siamo allo stesso tempo figli e creature dell’età nuragica. Un’età che ha elaborato le forme più alte, più compiute che si conoscessero allora di comunitarismo. Siamo retaggio del mondo bizantino, vale a dire degli eredi che hanno tratto i frutti più succulenti della ricchezza della civiltà antica, quella greca soprattutto. Siamo creature profondamente imparentate con il mondo islamico, un mondo che ha saputo tradurre forme di civiltà così alte, così raffinate che davvero sarebbe difficile trovare termini comparativi sul piano della storia. Noi siamo un esito di tutto questo. Siamo quello che avrebbe potuto definirsi il nord del mondo di allora. A confronto, i tanti nord che si sono imposti dopo: il nord Europa, il nord lombardo-veneto-piemontese, sono veramente delle cose insignificanti. Delle creazioni di piccolo e modesto livello rispetto all’altezza umana e alla profondità di quell’essere punto di riferimento per tutte le rotte che si incrociavano nel Mediterraneo di allora.
    ……………
    … all’inizio sembrava impensabile, sembrava in qualche modo utopistico il discorso sulla sovranità, sul diritto dei sardi a tornare ad essere “soberanos” in terra nostra.
    ...
    A parlare appunto di riconquista, di recupero delle radici profonde e del diritto a queste radici da parte di tutta una gente, che è una grande gente. Sappiate che i sardi sono gli esseri, per quel che se ne sa, o per lo meno per quel che ne so io, sono gli esseri più problematici, più “FUNGUDOS” tra tutti quelli che si muovono nella parte del mondo nella quale ci stiamo situando».

    (Dalla relazione di Placido Cherchi, due mesi prima che morisse, per i DEGHE ANNOS DE IRS, Tissi 23 luglio 2013 – da SOLIANA, anno VII n. 10 del 24 settembre 2014)

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  6. Caro Davide, la risposta politica non so se debba essere questa e se possano essercene delle altre. Ma una risposta ci dovrebbe essere. Quello che ho voluto dire con questo post credo che sia semplice. Se davvero genoma e cultura sarda sono quello che sono abbiamo un dovere morale nei confronti di una sofferenza immane. Aiutare non solo 'per umanitarismo' ma anche perché il sangue non è acqua. Guardateli bene quei profughi, tutti quei profughi, uomini e donne. Non ci vuole molto a intuire quanto essi sono in noi e noi in loro: genoma o non genoma, scrittura o non scrittura, divinità arcaica comune o no.

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  7. Placido era Placido. Una bella mente. Peccato che io. personalmente, non me la sia potuto 'godere' quella intelligenza. Che avrebbe detto su quello che ho scritto? Sulla nostra cultura cananaica di fondo? Sul nostro dovere 'morale'? Ma il fatto è che abbiamo una conoscenza storica così distorta e superficiale che ci impedisce di onorarlo. E mi rendo conto che il mio post è quasi un appello elitario, senza troppo senso. Forse, riflettendoci su, davvero 'impopolare'.

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  8. Non ti meravigliare, Gigi, se Placido era arrivato a cercare e trovare le radici dei Sardi nella stessa area a cui tu sei pervenuto seguendo la scrittura e la religione del dio unico, i genetisti nell'esame del DNA. C'era arrivato per via della struttura della lingua sarda - in tutte le forme dialettali in cui si esprime, teneva a precisare - perché mantiene ancora la "bicameralità" del cervello, tipico delle antiche civiltà "idrauliche" (così le chiama lo studioso di psicologia storica statunitense Julian Jaynes, nell'opera intitolata “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza”). E quali siano state quelle civiltà è presto detto, visto che i grandi fiumi che regolavano l'esistenza dell'uomo sono storicamente noto, dal Tigri e l'Eufrate al Gange e l'Indo, sino al notissimo Nilo.
    Da questo rimasuglio (ma che parola stupida!) di bicameralità deriva appunto, secondo Placido, ... anzi meglio, il sintomo residuo di quella “bicameralità” del cervello dei sardi, reso evidente dal “senso di doverosità problematica che è presente in maniera dilagante nelle strutture della nostra lingua, o fer­marsi a riflettere sulla metafisica del possibile che caratterizza il modo di definire l’azione da parte del congegno verbale di cui disponiamo”.
    Mi viene in mente la parabola del seminatore e si capisce perché, visto che il terreno non pare proprio fertile: anche Placido ha seminato sui sassi delle nostre coscienze, come a molti altri accade.

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  9. Cose molto interessanti per Maria Rita Piras e la sua scuola che studia il linguaggio e l'organizzazione del cervello per manifestarlo. Chissà se la studiosa ha mai letto qualcosa di Placido Cherchi! Credo di no. Ma ne parlerò con lei il prossimo mese ad Olmedo. Ci sarà una conferenza che è ancora in fase di organizzazione. E ci sarà... l'Università. Reale e non formale.

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  10. ATTENZIONE!

    L'EPIGRAFIA RIVOLUZIONARIA? SI'. MA NON E' NE' DI SINSTRA NE' DI DESTRA!

    Attenzione! Noto che il mio post sui profughi Siriani ha indotto qui alcuni ad intervenire (ma soprattutto su 'facebook') con posizioni ed atteggiamenti benevoli da parte di una certa sinistra e invece di irritazione da parte di una certa destra. Qualcuno (mi dicono alcuni amministratori che hanno censurato il post per violenza verbale)ha parlato di 'irresponsabilità', di 'leggerezza' e addirittura di 'faciloneria' di contenuti. Invece, a nostro parere, niente di tutto ciò. Il post non nasce da una visione politica nè tanto meno partitica circa la vicenda di un esodo biblico che non ha precedenti nella storia moderna. Nasce invece dalla nostra coerenza nel ritenere scientifici i dati epigrafici riguardanti la Sardegna. Trecento e più documenti, trovati nell'arco di appena due decenni, sono oggi in grado di dire quello che non si sapeva e che neanche si immaginava sulla storia antica (nuragica) che ci riguarda. Quello che poi confermano i dati scientifici della paleogenetica. Dicono, al di là di ogni ragionevole dubbio, che noi abbiamo appreso tantissimo da quella che una volta era la terra di Canaan e che ora è chiama ta Syria. Abbiamo appreso che quelle popolazioni sono con noi imparentate e non alla lontana. L'epigrafia dunque è rivoluzionaria e spesso molto rivoluzionaria. Talora è in grado di spezzare le forti catene del pregiudizio. Ma detto ciò nessuno si azzardi a piegare i dati 'oggettivi' e nuovi dal punto di vista storico per ideologia di 'chiese' e/o per becero tornaconto personale e di bottega. Qui non c'entra Salvini nè la presidente della Camera dei deputati. Qui c'entra solo quello che siamo stati e, come ho scritto, 'forse siamo ancora'. Qui c'entra la nostra umanità che è l'umanità di tutto il mondo e nel contempo c'entra la storia autentica del passato, quella che forse ci tocca più di tutti gli altri. Qui c'entrano le nostre più autentiche e profonde radici e la nostra completa identità che non è solo, come si vuol far passare da parte di autentici pasticcioni, punica o romana o bizantina o catalana o castigliana.

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  11. Avvertimento dell’amministratore: Chiunque volesse fare POLITICA, ha nel web, una miriade di blog dove scatenare il proprio pensiero, in questo blog TUTTI gli argomenti esulano dalla fede POLITICA. In ogni caso il Signor "anfulpen" è pregato, se volesse intervenite in questo blog in maniera aPOLITICA, di rendersi palese.

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    1. Sandro, il sig. ANonimo FULl PENe, si è già qualificato, perché, come dicevano gli antichi romani, nomen omen.

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  12. Caro Sandro forse bisognerebbe dire che qui si fa POLITICA. Eccome! Ma nel senso che si suda, si studia e si interpreta e poi si offre, con umiltà e senza spocchia, alla comunità ovvero alla POLIS in tutta la sua estensione. Perché oggi la Polis non è più Atene né Cagliari o Roma o Bruxelles. Ma molto, molto di più. Una polis senza confini.

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    1. Certo Professore, che si fa politica, ma politica culturale. Ho voluto, però, scrivere la parola tutta maiuscola (ossia urlata, per distinguere l’uso e abuso dell’accezione comune del termine, dal significato originario), e far capire che qui non si fa quel tipo di politica.

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    2. Qui, mi è sembrato, nessuno ha fatto politica partitica perciò, suppongo, tu stai mettendo le mani avanti.
      Nel caso ti riferissi al fatto che io stesso ho citato una rivista e una situazione, mi pare che sia esclusivamente informazione, visto che le cose non le ho prodotte io ma le ho prese a prestito. Ho dato a Cesare quello che è di Cesare, come correttamente usa fare.
      Inoltre credo che nessuno, se ha incrociato Placido Cherchi almeno una volta, riesca a pensare che il suo discorso era diretto a un "poco per cento" che si riconosce in un movimento o partito politico.
      Colgo l'occasione per precisare che il discorso della bicameralità del cervello dei Sardi risale al 1995 e fu pubblicato come saggio in "ATTOPPUS/INCONTRI", col titolo “Alcuni problemi del fare arte in Sardegna”.
      A ben vedere, era giusto il tempo in cui a Oristano certi Sanna e Atzori cercavano di confrontarsi col linguaggio dei sigilli di Tzricotu.

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    3. Francu il mio riferimento era a quel tal "alfulpen" che ha postato un commento subito rimosso da uno degli amministratori.

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    4. Ecco perché mi è sfuggito.

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    5. In questo post sono stati cancellati alcuni commenti.
      Voglio ribadire per l’ennesima volta che non intendo pubblicare commenti di persone che non si firmano. Naturalmente non è necessario scrivere per esteso il proprio nome nei commenti, basta inviare una semplice mail di presentazione all’indirizzo del blog e continuare a firmarsi con lo pseudonimo.
      Inoltre, sempre in riferimento ai commenti cancellati, gradirei che si restasse in tema.

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  13. Gigi, sei già arrivato ad avvertire il dubbio, leggiamo, che il tuo appello sia elitario e non abbia troppo senso. In effetti troverei che le persone interessate alla problematica delle radici storiche alla base del tuo appello siano poi persone che non abbisognano di avvertire radici comuni con altre genti per solidarizzare con queste nelle difficoltà ed aiutarle. Le persone che, al contrario, avessero effettivamente bisogno di rintracciare un qualche legame di parentela per convincersi all'aiuto e all'accoglienza, da una parte subito non ti piacerebbero, dall'altra facilmente rimarrebbero fredde trovando che questa parentela rimonti a troppo lontano, e ti piacerebbero così sempre meno. Paradossalmente, infine, temo rischi di ottenere che quanti siano comunque disposti alla solidarietà ti guardino storto sospettandoti di volerla solo riconoscere ai più simili a te (a noi). Terreno insidioso.

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  14. Sì, ma c'è l'identità e il nuragico' cananaico' che forse è durato oltre i tempi di Ospitone. 'Lontani' forse 8la storia è lontana e nello stesso tempo vicina o vicinissima) ma fortissimi. Ma ripeto, non è questione di razza ma di identità,di una realtà antropologica storicamente falsata con la mitopoiesi al contrario. Del resto anche quel mio 'impopolare' va interpretato e pesato. In facebook generalmente il post ha avuto un'accoglienza favorevole. E non era rivolto solo agli 'amici'.

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