Un problema di difficile soluzione
di Sandro Angei
vedi: parte seconda
Nella seconda parte dello studio abbiamo tracciato la base della Grande Piramide. E' venuto il momento di risolvere il più difficile dei problemi che gli architetti Egiziani dovettero affrontare.
4. Quarto problema
Il problema è quello di capire come fecero gli antichi Egizi a edificare le loro piramidi riuscendo a mantenere la direzione dei quattro spigoli inclinati che, necessariamente, dovevano convergere verso un punto esatto: il vertice della piramide (Fiorini §12.3 e §15).
Il metodo piuttosto semplice e sbrigativo nella sua fase di utilizzo è legato alla peculiare forma della piramide, con quel vertice che svetta, unico verso il cielo, a mo' di faro. E' quello il punto di mira che gli antichi Egizi usarono per edificare quella magnifica forma, benché in fase di costruzione quel vertice fosse solo virtuale.
Dicevo che il metodo è semplice e sbrigativo nel suo utilizzo, meno facile inquadrarlo dal punto di vista teorico.Ma prima di affrontare il problema è necessario fare una dissertazione.
5. Una dissertazione di geometria e sulla precisione. Ragionamenti pro e ragionamenti contro.
5.1 Un avvertimento
Diciamo subito che son restio a condividere la precisione mostrata a suo tempo dagli Ing. Maragioglio e Rinaldi nelle misure della Grande Piramide.
Quella che si presenta attualmente ai nostri occhi è una costruzione la cui struttura possiamo definire senza ombra di dubbio "allo stato di grezzo". Ciò significa che con ogni evidenza i blocchi posti alle estremità dei lati non mostrano la perfetta finitura che possa dare per certo lo spigolo da misurare; ma non avendo io mai visto da vicino la Grande Piramide e non conoscendo nel dettaglio la prassi misuratoria che i due ingegneri adottarono, non posso valutare a ragion veduta il loro operato e per tanto userò le loro misure senza indugio, però, conscio del fatto che quelle misure potrebbero essere messe in discussione, per la quale dovrei rivedere i miei calcoli, non i miei ragionamenti.
Rimando per tanto il lettore ad alcune considerazioni che espongo nella prossima nota, nella quale esibisco calcoli e formulo ragionamenti allo scopo di verificare l'opportunità o meno della precisone mostrata nelle loro misure dai due ingegneri che, nel lontano 1962, erano membri della missione archeologica in Nubia del Museo Egizio di Torino.
Ragionamenti e calcoli che, in fin dei conti, come vedremo, non sono influenzati da quella precisione millimetrica; in ragione di ciò, e benché ancora non riesca a capire come ad esse arrivarono i due ricercatori accetto, benché con titubanza, quell'altissima precisione... tanto male non fa.
Userò in nota quelle misure ma a modo mio, trasformandole in cubiti reali, e non opererò alcuna approssimazione alle loro misure, benché vi sia tentato... tanto male non fa. E benché possa sembrare contradditorio, in alcuni casi spingerò l'approssimazione più in là, ma solo per dovere di cronaca... diciamo così. (8)
5.2 Premessa
Il cubito reale (Cr) aveva una lunghezza di 0.5236 m, questa è la misura media accettata dagli studiosi. Esemplari di questa unità di misura furono ritrovati nella tomba dell'architetto Kha (1400 a.C. circa) che visse durante la XVIII dinastia, ossia un millennio dopo la costruzione della Grande Piramide. Naturalmente vi sono vari esemplari del cubito reale che, a seconda del periodo, ma anche della foggia (rigido o pieghevole come quelli dell'architetto Kha), risultano di lunghezza variabile tra 52.0 cm a 52.7 cm. Cinque di questi righelli sono conservati presso il Museo Egizio di Torino, uno al Louvre di Parigi e un altro al British Museum di Londra.
Dalla divisione del lato della Grande Piramide per questa unità di misura si evince che il cubito reale, con molta probabilità, fu usato per costruire il monumento.
Questa misura comunemente viene approssimata alla 4° cifra decimale (decimo di millimetro). Con tutta evidenza questa approssimazione è il risultato di una divisione attuata in metri per un numero intero di unità, come rileviamo dai dati esposti dagli Ing. Maragioglio V., Rinaldi C., che misurarono il lato medio della piramide in 230.364 m*; misura che divisa per 440 restituisce la lunghezza in metri del Cr pari a 0.523554 approssimata per eccesso a 0.5236 m. (9)
* nella tavola si legge 230.384 m ma questa con ogni probabilità è relativa al calcolo approssimato alla quarta cifra decimale del Cr ossia, 440 x 0.5236 m = 230.384, non alla media delle misure rilevate.
Questa approssimazione sembrerebbe necessaria perché anche un solo decimo di millimetro (0.0001 m) sulla lunghezza del cubito darebbe una scarto pari a 4.4 cm sull'intero lato di base della piramide. Infatti se moltiplichiamo 0.5236 m x 440 unità otteniamo 230.384 m, se invece moltiplichiamo 0.5235 m x 440 unità otteniamo 230.340 m.
Tuttavia il margine di errore che si commette nell'approssimare il cubito in tal modo rientra nei limiti di errore che rileviamo nelle misure del monumento; in ragione di ciò sarebbe accettabile un'approssimazione ad 1/4 di mm, che darebbe una indeterminazione sull'intero lato di ±0.11 m (10).
Ma ciò è pura illusione, dato che se ragioniamo in termini di "cubiti interi" ben poco ci importa di questa sottigliezza (vedi ancora la nota 8).
5.3 Quale approssimazione?
Vediamo ora quale sia il grado di approssimazione delle misure in cubiti reali interi trasformati in metri, calcolando l'errore che ruota attorno alla misura di progetto: 440 Cr = 230.364 m. Questa misura di progetto sarà rapportata alle misure rilevate da Maragioglio e Rinaldi, secondo la sottostante tabella A. Vediamo i risultati:
lato N medio 230.364 m reale 230.253 m differenza -0.111 m
lato E medio 230.364 m reale 230.394 m differenza +0.030 m
lato S medio 230.364 m reale 230.454 m differenza -0.090 m
lato W medio 230.364 m reale 230.357 m differenza -0.007 m
Sulla base della misura media dei lati calcoliamo ora la misura relativa alle diagonali in 325.784 m per mettere in evidenza quale sia l'errore tra il dato teorico e quello reale.
diagonale NE-SW teorico 325.784 m reale 325.699 m differenza -0.085 m
diagonale NW-SE teorico 325.784 m reale 325.867 m differenza +0.083 m
L'esame della tabella mette in evidenza un margine di errore piuttosto esiguo vista la differenza massima sul lato Nord pari a -11, cm e una differenza di poco più di soli 8 cm sulle due diagonali.
Questo dato ci induce a pensare che se quegli architetti usarono il cubito quale unità di misura di cantiere, lo usarono con un certo margine di errore in alcun modo valutabile da parte loro, tant'è che probabilmente ritenevano perfetto (benché erroneamente) il rapporto geometrico tra lato della piramide e la sua diagonale ossia, 440 Cr di lato e 622 Cr in diagonale** (vedremo nella quarta ed ultima parte il perché di questa affermazione, che non può essere dettata dalla misurazione reale delle diagonali per quanto esposto nella 2° parte di questo studio, ma da un calcolo, per così dire "a tavolino").
Evidentemente questo è un gioco di approssimazioni che in qualche modo rientravano nel margine di errore, in quanto calcoliamo la diagonale pari a 440x√2 = 622.2539674 Cr1 (vedi nota 8).
Quei 0.2539674 Cr rimanenti, equivalenti a poco più di 13 cm, benché siano fuori dall'errore riscontrabile nella tabella A potremmo pure tollerarli e farli rientrare in quell'errore riscontrato in tabella; tant'è che se dividiamo la parte decimale per 622 Cr otterremo un errore sul Cr pari a 0.0004 m, ossia 4/10 di mm per ogni Cr, tenendo conto che 0.2539674 Cr equivalgono esattamente a 13.3 cm.
** Nella sua Tesi di laurea in Analisi Matematica e Storia della Matematica, anno accademico 2015-2016, il Dr. Rosario Luigi Carella scrive: "Per quanto riguarda i problemi geometrici, tanto gli Egizi quanto i Babilonesi non avevano una chiara distinzione tra misure esatte e misure approssimate. Per esempio, accanto a regole corrette per calcolare l’area di triangoli si trovano calcoli di aree di quadrilateri in cui si considera il prodotto delle medie aritmetiche dei lati opposti. Nel problema 50 del papiro di Rhind il compilatore, lo scriba di nome Ahmes, avanza l’ipotesi che l’area di un campo circolare con diametro di 9 unità sia uguale all’area di un quadrato con un lato di otto unità, il che significa attribuire a π il valore di circa 3 + 1/6".
Quanto scritto dal Dr. Carella ci induce a pensare vera la nostra affermazione. e per tanto ribadire che con ogni probabilità gli architetti Egizi ritenevano perfetto il rapporto tra altezza della piramide e la sua diagonale.
***
Fatta questa premessa, che ci servirà nel prossimo paragrafo e nella scelta della giusta posizione in cui installare quello che più in là chiameremo "mòdano", veniamo alla dissertazione annunciata.
5.4 - Alla ricerca del rapporto perfetto
Il problema che si pone è quello di calcolare a priori l'altezza della piramide secondo un numero intero di Cubiti reali. Perché, benché gli Egizi conoscessero e facessero uso delle frazioni, sarebbe stato piuttosto difficile districarsi in calcoli con numeri frazionari (11).
Lo scopo che ci siamo prefissi è quello di calcolare le dimensioni di un "marchingegno" posto in una determinata posizione "in cantiere", che in qualche modo possa aiutarci a edificare il nostro monumento dell'altezza da noi voluta.
Qui nasceva, probabilmente, nel 2500 a.C. l'esigenza di adoperare numeri interi per il calcolo e quindi la necessità di arrotondare le misure al cubito intero e di conseguenza dar corpo alla nostra premessa.
5.5 - I dati di progetto
I dati di progetto sono la base del triangolo rettangolo, che di fatto è la semi diagonale del quadrato pari a 311 Cr (benché approssimati), e la sua altezza che impostiamo di 280 Cr.***
*** A dire il vero potevamo pure utilizzare in alternativa sia un'altezza di 279 Cr, come pure una semi diagonale di 312 Cr, ma ciò non arricchirebbe il nostro discorso, solo lo complicherebbe con altre disquisizioni che potranno, eventualmente essere avviate se sollecitate.
Per tanto dobbiamo trovare dei rapporti numerici ben precisi se vogliamo costruire un triangolo con l'altezza e la base secondo una specifica misura senza parte frazionaria (nel nostro caso il cubito reale).
Rapporti numerici che si traducano in ben precise misure lineari.
Si noti che nella sottostante tabella B abbiamo espresso il rapporto numerico nella forma n/d, ma quelli espressi non sono numeratore e denominatore di una frazione, ma semplicemente il rapporto che intercorre tra altezza (primo termine) e base (secondo termine) di un triangolo rettangolo.
Fatta questa precisazione possiamo continuare dicendo che questi rapporti numerici sono esattamente 15, ossia quelli dove il primo termine sia divisibile in numeri interi per 280.
tabella B
Dalla lettura della tabella B si nota che i rapporti numerici utilizzabili sono solamente due: 4/5 e 5/6, gli altri, per un motivo o per un altro, sono da scartare; e fra poco vedremo quali siano questi motivi.
Per tanto adotteremo quale rapporto ottimale quello pari a 4/5 tra altezza del triangolo rettangolo e la sua base.
5.6 - Dalla teoria alla pratica. L'esigenza di un mòdano
Poco sopra abbiamo accennato al fatto che fosse necessario realizzare un "marchingegno" che potesse aiutare quegli architetti a edificare il monumento dell'altezza da loro voluta; ossia una installazione che mirasse verso il vertice in sommità (il vertice della piramide ancora inesistente); per tanto dovevano trovare le giuste proporzioni di quello che definiremo d'ora in poi "mòdano".
Le proporzioni confacenti, lo abbiamo visto, sono solo due: 4/5 e 5/6.
In ragione di ciò possiamo ipotizzare che quegli architetti prolungarono le diagonali di base (Fig.17 che abbiamo già esposto nella 2° parte dello studio) in modo da posizionare su quella linea un "caposaldo" a 39 Cr dallo spigolo già tracciato della piramide e installare il mòdano di 5 Cr di base e 4 Cr di altezza, in modo tale da aver un varco libero tra questo e la base del piramide in costruzione di 34 Cr, ossia 17.80 m (Fig.18 a-b).
Fig. 17
Fig.18a
Fig.18b
Se avessero optato per il rapporto di 5/6, il mòdano avrebbe avuto le dimensioni di 6 Cr di base e 5 Cr di altezza, tale da aver un varco libero tra questo e la base del piramide in costruzione di 19 Cr (ossia 9.94 m). Ed è proprio la larghezza di quel varco libero il motivo che porta a scartare l'uso di tutti gli altri rapporti numerici della tabella B (si veda la 4° colonna della tabella), a meno di non aumentare il primo termine, ad esempio (vedi 4° riga di tab. B) del rapporto di 7/8 a 7/9 e così via per le altre a seguire; ma in ogni caso quel primo termine, oggettivamente, non poteva andare oltre un certo limite, altrimenti avrebbero dovuto realizzare un mòdano troppo alto e senza per questo avere alcun beneficio in termini di precisione del congegno.
***
Le considerazioni sopra esposte sono frutto di esperienza proiettata in un cantiere di 4500 anni fa, ma con ragionamenti "col senno di poi".
Ben altri saranno i ragionamenti da fare per dimostrare che in effetti quegli architetti riuscirono nella loro impresa secondo questo metodo; ragionamenti che non possono eludere l'empirismo, al quale tutte le regole e ragionamenti che abbiamo esposto devono soggiacere per essere credibili; perché sull'empirismo, dettato dall'osservazione attenta e puntuale dei fenomeni e delle leggi naturali, era basata la scienza antica... ma lo vedremo più avanti, nell'ultima parte di questo studio.
***
Dopo questa imprescindibile dissertazione esaminiamo la peculiarità formale della piramide, perché è ad essa che verrà applicato il metodo geometrico-matematico appena esposto che prevede l'installazione di un mòdano di controllo.
6 - Il faro piramidale, un vertice ancora teorico al quale punta il mòdano
Se dal vertice di un solido piramidale mando una semiretta che incontra il piano di base della piramide in un punto qualsiasi esterno ad essa, vi è sempre un punto dello spazio dal quale posso osservare la sovrapposizione di detta semiretta con lo spigolo inclinato posto dalla parte opposta dell'osservatore rispetto alla semiretta stessa (vedi sequenza di Figg.16, 17, 18, 19).
Fig.16
Fig.17
Fig.18
Fig.19
in questa posizione vi è la sovrapposizione delle linee
Ciò accade, con tutta evidenza, anche se la linea condotta dal vertice della piramide risulta lungo la direzione della diagonale di base (Figg. 20, 21, 22, 23, 24, 25). E qui sta il fulcro attorno al quale ruota la teoria su esposta.
Fig.21
Fig.22
Fig.23
Fig.24
Fig.25
Ecco spiegato il significato di “faro”; perché le infinite semirette che vogliamo mandare da quel vertice soggiacciono a questa regola.
Questo è il concetto fondamentale che portò con ogni probabilità gli architetti Egizi a edificare senza dubbio alcuno la Grande Piramide.
Senza questa cognizione teorica, probabilmente, noi oggi non saremmo qui a descrivere alcuna piramide di quelle dimensioni.
Note
8 Osservando le immagini della piramide di Cheope (basta una verifica su Street View di Google Earth) si nota la rudezza dei blocchi di base, tant'è che non sarebbe per nulla biasimevole arrotondare le misure ai 5 cm, ma è pur vero che le misure attuali della piramide non sono quelle originali comprendenti il rivestimento esterno.
Per tanto una precisione come quella presentata dagli Ing. Maragioglio e Rinaldi nel loro studio, ha motivo d'essere?
Per rispondere a questa domanda occorre considerare innanzitutto l'intento degli architetti Egizi che con ogni probabilità impostarono le misure della piramide secondo numeri interi; ma non solo, quei numeri dovevano essere divisibili più volte in altri numeri interi per la semplificazione dei calcoli. In ragione di ciò dobbiamo prendere in considerazione l'unità di misura che adoperarono nel tracciamento, tenendo conto degli esemplari di cubito a noi pervenuti, che di certo ci danno un giusto termine di paragone.
Sono arrivati a noi svariati esemplari di righelli da un cubito la cui lunghezza varia, se pur leggermente dall'uno all'altro, di quantità che vanno dai 52.4 cm e 52.7 cm dei righelli di Kha del Museo Egizio di Torino ai 52.5 cm e 52.0 cm di altri righelli conservati nello stesso museo; quello conservato presso il Louvre di Parigi è lungo 52.4 cm e quello del British Museum di Londra 52.35 cm.
La buona regola vuole che l'arrotondamento operato sia uniformato a quello del dato con precisione inferiore; in ragione di ciò, facendo la media degli esemplari* di cubito indicati si arriverebbe ad un cubito medio (provvisorio) di 52.39 cm che arrotondiamo a 52.4 cm e che chiameremo Cmp.
* Certamente avendo a disposizione altri elementi avremmo una media che più si avvicina alla realtà, ma forse, anche questa potrebbe essere pia e pura illusione, dato che nei secoli il cubito potrebbe aver subito modifiche a noi sconosciute. D'altronde anche il metro ha subito dal momento della sua codifica delle modifiche, almeno nella sua enunciazione.
Per quanto riguarda le misure dei lati della piramide, vi è da fare una considerazione: quelli che noi oggi misuriamo della piramide sono lati corrotti che non corrispondono per nulla alle misure "finite" imposte dagli architetti Egizi. Vi è da dire inoltre che di certo quegli architetti non pensavano di realizzare il lato della piramide con un numero frazionario di cubiti, come già affermato, ma è più ragionevole che volessero realizzarla con un numero intero di cubiti.
Il fatto che il cubito fosse suddiviso in palmi e questi in dita, era in funzione del rilevamento di misure piuttosto che per imporle, le misure, in modo frazionario su monumenti così grandi. Per tanto dobbiamo ragionare in termini di "cubito intero"**.
** Di questo ci dà ragione il Dr. Riccardo Manzini, autorevole studioso di egittologia, del quale ammiro il modo di porsi e la generale obiettività delle sue argomentazioni che mi ispirano una grande fiducia nei suoi confronti.
In ragione di ciò devo da subito trasformare le misure in metri dei lati della piramide in cubiti. Per fare questo devo sapere la misura esatta del cubito, ma qui ci si scontra con i dati di fatto che non sono incontrovertibili, dato che su sei righelli che abbiamo preso in considerazione non vi sono due misure uguali; in ragione di ciò abbiamo calcolato la media delle misure approssimandola alla cifra con minor precisione, consci però che questa misura media potrà subire variazioni per effetto del calcolo in cubiti interi del lato della piramide.
Prendiamo le misure rilevate al millimetro da Maragioglio e Rinaldi e trasformiamo tutto in Cubiti medi provvisori - Cmp - e vediamo cosa succede.
lato Nord 230.253 m / 0.524 m = 439.41 Cmp
lato Est 230.394 m / 0.524 m = 439.68 Cmp
lato Sud 230.454 m / 0.524 m = 439.80 Cmp
lato Ovest 230.357 m / 0.524 m = 439.61 Cmp
media 230.364 m / 0.524 m = 439.62 Cmp
Per quanto poco sopra asserito, non penso che quegli architetti avessero in mente di realizzare i lati della piramide di 439.62 Cr, ma è più ragionevole pensare che la misura fosse di 440 Cr o 441 Cr (non 439 perché questo è numero primo e per tanto non divisibile per numeri interi, mentre 440 è composto a 2x2x2x5x11 e 441 è composto da 3x3x7x7).
Ipotizziamo ora che la misura dei lati della piramide sia di 440 Cr; in ragione di ciò se utilizziamo la lunghezza del cubito medio (Cmp) da noi calcolato dovremmo avere il lato medio, e quindi di progetto, della piramide pari a 440 x 0.524 = 230.560 m.
Questa misura però va oltre i lati misurati dai due ricercatori delle seguenti quantità:
lato Nord 230.253 m - 230.560 m = 0.30 m
lato Est 230.394 m - 230.560 m = 0.16 m
lato Sud 230.454 m - 230.560 m = 0.10 m
lato Ovest 230.357 m - 230.560 m = 0.20 m
media 230.364 m - 230.560 m = 0.19 m
Usassimo un numero di cubiti pari a 441 avremmo ancor più lunghi i lati e per tanto risparmio la loro esibizione.
Nella tabella poco sopra esposta notiamo una costante inferiorità delle misure reali calcolate da Maragioglio e Rinaldi rispetto al lato medio da noi impostato; questo può essere dovuto a due cause: o fu usata per le misurazioni una fune mal tarata, perché se fosse stata ben tarata avremmo avuto misurazioni con errori negativi ma altre con errori positivi per via della estensibilità della fune; oppure il cubito non era di 0.524 m ma più corto. e visto che il cubito che noi abbiamo usato è il risultato di una media di misure, proviamo ora a calcolare la lunghezza del cubito partendo dalla media delle misure dei lati espressa in metri, così come furono rilevati dai due ricercatori, dividendola per il numero intero di cubiti che pensiamo possano essere quelli effettivamente voluti dagli architetti Egizi, ossia 440 o, in alternativa, 441 cubiti.
Lato medio 230.364 m / 440 Cr = 0.523554 arrotondato per eccesso a 0.5236
Lato medio 230.364 m / 441 Cr = 0.522367 arrotondato per eccesso a 0.5224
Per tanto il cubito reale effettivamente usato nella costruzione della piramide poteva essere di 0.5236 m che chiameremo Cr1 o di 0.5224 m che chiameremo Cr2 .
Allo stato attuale delle nostre considerazioni non possiamo affermare che i lati della Grande Piramide fossero sicuramente in numero di 440 o 441, per tanto per il momento essi hanno pari merito.
Veniamo al calcolo della diagonale.
La diagonale di un quadrato di 440 Cr1 di lato è pari a 622.25 Cr1 equivalenti a 325.810 m, arrotondabili per difetto a 622 Cr1 equivalenti a 325.679, con una differenza di -0.131 m.
Se ora calcoliamo la diagonale di un quadrato di 441 Cr2 otteniamo la misura di 623.67 Cr2 equivalenti a 325.805 m, arrotondabili a 624 Cr2 equivalenti a 325.978 m, con una differenza di + 0.173 m.
In ragione di queste considerazioni possiamo dire che le misure di progetto della piramide, stante la misura media dei lati pari a 230.364 m, potrebbero essere di:
lato di base 440 Cr1 (di 0.5236 m) e altezza di 280 Cr1 equivalenti a 146.608 m
oppure:
lato di base 441 Cr2 (di 0.5224 m) con un'altezza di 280 Cr2 equivalenti a 146.272 m.
In conclusione possiamo affermare che il nostro ragionamento esula dalla precisione delle misure dei due ricercatori, tant'è che potremmo usare, forzando la mano, quelle loro misure approssimandole ai 5 cm e avremmo comunque un risultato di poco differente. Vediamolo.
lato Nord 230.25 m
lato Est 230.40 m
lato Sud 230.45 m
lato Ovest 230.35 m
media 230.35 m
Lato medio 230.35 m / 440 Cr = 0.52352272 arrotondato per difetto a 0.5235
Lato medio 230.35 m / 441 Cr = 0.52233560 arrotondato per difetto a 0.5223
ossia, in un caso o nell'altro, una differenza nella lunghezza del cubito, che sia esso Cr1
o Cr2, di un solo decimo di millimetro.
9 Nel libro dell'Arch. Fiorini vi è una interessante coincidenza nel rapporto tra la misura del cubito reale pari a 0,5236 m e il π. In sostanza si punta l'attenzione sul fatto che π/6, ossia 3.1415926/6 è pari a 0.52359876.
La coincidenza farebbe pensare che gli antichi Egizi conoscessero il valore effettivo del π e non quello approssimato che nel papiro di Amhes risulta pari a circa 3+1/6 ossia 3.166 (vedi ut supra -**- tesi R.L. Carella) che darebbe il cubito pari a 0.527 m.
Ma a questo punto oltre al π, pari a 3.1415926, avrebbero dovuto conoscere pure la nostra unità di misura - il metro - così come fu definito da una commissione costituita dall’Accademia francese delle scienze nel 1791; visto che il cubito reale, così come lo descriviamo noi oggi, è espresso nella nostra unità di misura: il metro.
Fatto sta che di primo acchito vi è da dire che 0.52359876, che scaturisce dalla divisione del π in sei parti, è un numero puro, mentre quel 0.5236 del cubito reale non lo è affatto.
Su internet circola una teoria che vuole il metro dedotto dal cubito reale. Mi domando quale sia il rapporto che lega l'uno all'altro, dato che la lunghezza del cubito noi la esprimiamo in frazione di metro secondo il sistema decimale; la qual cosa era sconosciuta agli antichi Egizi che usavano dividere il cubito in 7 palmi e ogni palmo in 4 dita. Per tanto la misura di un metro sarebbe stata pari a 1 Cr, 6 palmi e 2 dita, con un resto insignificante.
E' ragionevole invece, pensare che il Cr parta dall'archetipo che vuole il dito quale unità di misura iniziale. 4 dita generarono un palmo e 7 palmi generarono il Cr. Per tanto il valore in centimetri del Cr è solo frutto della casualità che ha voluto il dito (di un faraone?) pari a 1.86 cm dei nostri centimetri.
Un esempio di quanto sia aleatoria la ricerca e la estrapolazione di numeri da numeri la possiamo trovare nella esposizione numerica qui sotto riportata, ottenendo dei risultati tutt'altro che peregrini in termini numerici, ma piuttosto astrusi dal punto di vista meramente pratico.
I dati stanno in questi termini: traccio un cerchio di raggio pari a un cubito reale - 0.5236 - divido la circonferenza in 3 parti ed ottengo tre archi di cerchio uguali lunghi 1.0966 m la cui corda ha la lunghezza di 0.9069 m. La media di queste due misure: (1.0966+0.9069)/2 = 1.0017 m.
A questo punto, invogliato dal risultato, affino la tecnica; per tanto penso che sia poco probabile che gli architetti Egizi potessero stimare il decimo di millimetro nella calibrazione del loro righello lungo un cubito, per tanto anziché usare nel mio calcolo il cubito di 0.5236, arrotondo il dato a 0.523 m, eseguo il nuovo calcolo e ottengo un arco di cerchio pari a 1.095 m e la relativa corda lunga 0.905 m, la media delle due misure è pari a 1.00 m.
Visto, quanto è aleatorio cercare affinità numeriche?
Se a qualcuno gli pungesse vaghezza di appoggiare una siffatta bizzarra teoria, mi domanderei: perché gli antichi Egizi avrebbero dovuto misurare arco e corda e calcolarne la media? Cosa se ne facevano di questa unità di misura ottenuta in tal modo? Per poter formulare il teorema: "il 'Cr' è pari alla 6° parte della circonferenza generata dal raggio pari a 1Cr, 6 palmi e 2 dita?!". Mi sa tanto di gatto che si morde la coda, visto che il raggio qui è espresso in Cr. D'altronde il contrario, ossia derivare il raggio dall'arco di cerchio è come mettere il carro davanti ai buoi, visto che l'arco di cerchio è generato dal raggio, ma il contrario non può essere ragionevolmente asserito.
Ecco perché non ha senso parlare di cubito reale che genera l'unità di misura "metro" perché si dovrebbe ammettere che un arco di cerchio genera il suo raggio.
Alla fine di questo "sproloquio" fastidiosamente lungo e macchinoso però, non inconcludente, ritengo di poter dire che, oltre ad essere impossibile il binomio, sarebbe servito praticamente a nulla usare l'unità di misura "metro" associata al Cr; neanche ipotizzando l'uso della ruota misuratoria, perché se è vero che con una ruota di 1 metro di diametro si ha una circonferenza di 3.1415926 m, che per tanto contiene 6 cubiti esatti da usare quale ruota metrica ante litteram per la misura con 73 rotazioni + 2 cubiti aggiuntivi del lato di base della piramide, è pur vero che avrebbero potuto usare una ruota di 2 Cr di diametro (1.0472 m) che avrebbe sviluppato 6.283 Cr (5.76 m) e misurato il lato della piramide con 70 rotazioni intere (70x6.283 Cr = 439.82 Cr) ossia 230.29 m, la qual cosa, in verità, non mi sembra neanche troppo azzardata se ammettiamo che nel 2500 a.C. in Egitto era nota la ruota, naturalmente non quella usata per i veicoli (sarebbe tutto da dimostrare), ma quella, ad esempio, usata a mo' di carrucola per spostare pesi, con la funzione cioè di deviare la forza applicata ad un'estremità della fune. Di questo, benché per vie traverse vi è testimonianza nell'uso del trapano ad arco che, benché per uso diverso, di fatto utilizza le stesse forze in gioco (Fig.I).
Arrivato a questo punto mi accingevo a prendere le distanze da questa ipotesi sull'uso della ruota metrica, ma cercando dei dati su internet mi sono imbattuto nell'Enciclopedia Treccani in una elaborata esposizione circa la voce "Scienza egizia.matematica". Tant'è che l'estensore dell'articolo: Walter Friedrich Reineke, scrive "Anche i calcoli relativi al cerchio erano consueti per gli Egizi, i quali usavano un'approssimazione piuttosto buona per il fattore (il numero π) necessario per calcolare l'area del cerchio e la lunghezza della circonferenza, vale a dire 3,16, a sua volta approssimato come 4×(8/9)2. Il problema 48 del papiro Rhind mostra che essi erano giunti a questo valore inscrivendo un cerchio in un quadrato e confrontando le aree delle loro superfici. Il lato del quadrato (che corrisponde al diametro del cerchio) è in questo esempio 9 unità; la superficie del quadrato può essere divisa in 81 piccoli quadrati, 64 dei quali erano ricoperti dalla circonferenza. Si pensa che nelle misure della lunghezza dei lati delle piramidi possa essere riscontrata la presenza del fattore π, che non ha alcuna ragion d'essere; la spiegazione sta nel fatto che per misurare grandi lunghezze, quali erano appunto quelle dei suddetti lati, gli Egizi ricorrevano all'artificio di contare i giri che faceva un disco di legno del diametro pari a un cubito e portante un segno sulla periferia, fatto rotolare sulla lunghezza da misurare; poiché a un giro completo corrispondevano π cubiti, la lunghezza espressa in giri di tale disco, che potrebbe essere chiamato 'cubito circolare', portava in sé il detto fattore irrazionale".
Non so se sia mai stato trovato alcun congegno di tal genere e/o raffigurazione che possa suffragare quanto asserito dal Prof. Walter Friedrich Reineke.
Fatto sta, se ciò fosse stato vero gli architetti Egizi avrebbero di certo indicato il rapporto che intercorre tra diametro del cerchio e la sua circonferenza (π) e non si sarebbero fermati al calcolo approssimativo equivalendo la superficie di un quadrato di lato pari a 8 unità con un cerchio del diametro di 9 unità, dal quale ottennero un valore del π approssimato pari a 3+1/6; ma Ahmes, l'estensore dell'omonimo papiro, avrebbe aggiungo a quella sul calcolo dell'area del cerchio una seconda considerazione relativa al calcolo della circonferenza scrivendo (ipotizzo) che una ruota del diametro di un cubito sviluppa una circonferenza pari a 3 cubiti + 2 palmi e 1 dito.
In mancanza di questo rapporto tra diametro e circonferenza, come sarebbe stato possibile misurare con un "disco di legno del diametro pari ad un cubito" i lati della Grande Piramide, senza sapere quanti cubiti potesse sviluppare la rotazione completa di quel disco?
L'unica possibilità ammissibile vede quegli architetti costruire un disco di legno, del quale avrebbero misurato la circonferenza, e per successivi tentativi avrebbero realizzato un disco sviluppante una lunghezza lineare di 1 o 2 o più cubiti reali esatti. Ma anche in questo caso penso che la curiosità potesse spingerli a misurare il diametro di quel disco per poter asserire che un disco che sviluppa una lunghezza di 2 Cr deve avere un diametro di poco meno di 4 palmi e due dita; e in qualche modo trovare una frazione che desse ragione di quel rapporto geometrico.
In ragione di queste obiezioni a quella che di primo acchito parrebbe una considerazione giudiziosa circa l'uso della ruota misuratoria in ambito egizio, continuo nel prendere le distanze da questa ipotesi.
Per tanto mi affido solo ed esclusivamente a ciò che le testimonianze tramandate mi consentono di ipotizzare con una certa sicurezza; almeno fin quando non si scoprirà o mi si indicherà altro.
Per tanto opto per l'uso di funi di misura standardizzata, multipla del cubito; della quale ci rende edotti l'estensore della seconda parte dell'articolo della Treccani, il Prof. Friedhelm Hoffmann che, benché si riferisca al sistema misuratorio demotico (il demotico antico parte dal 700 a.C. - fonte Treccani) scrive: "Il sistema di misurazione dei testi demotici è chiaramente semplificato rispetto al sistema di epoca faraonica, poiché le misure sono collegate più strettamente le une alle altre. Come è stato detto in precedenza, la base delle misure di lunghezza è il cubito, o cubito reale o cubito divino, pari a 525 mm ca., dal quale sono dedotte tutte le altre: 1 cubito (mḥ-nṯr)=7 palmi (šp), di 75 mm ca. ognuno; 1 palmo=4 dita (ḏbc), di 18,8 mm ca. ognuno. Per lunghezze relativamente grandi era usata la 'fune di misurazione' (h̠-nwḥ) pari a 100 cubiti, ossia pari a 52,5 m ca.," (mio il grassetto ndr).
In tal senso vi sono delle testimonianze che dimostrano l'uso da parte di "geometri" Egizi di tali "funi di misurazione" che usavano per riconfinare i campi (Fig.H). L'uso di questo strumento, che di per se implica errori di misura positivi o negativi a seconda della tensione della fune, può dar ragione del mancato raggiungimento nei lati Nord e Ovest della misura di Cr intero.
Si noti il personaggio al centro della scena che tiene in mano quello che gli egittologi chiamano "scetro was". Nella prima parte di questo studio abbiamo ipotizzato che quello strumento altro non fosse che il braccio di un compasso. Visto il contesto agrimensorio descritto nella scena penso che l'ipotesi sia ben solida, dato che il compasso serviva per tracciare angoli retti.
10 Qualcuno penserà che vi sia contraddizione tra l'obiezione elevata a Maragioglio e Rinaldi circa la loro millimetrica precisione nel rilevare i lati della piramide e la precisione ad 1/4 di millimetro (piuttosto elevata anche questa) da attribuire alla misura del cubito reale. Ma non vi è alcuna contraddizione perché l'approssimazione adottata sulla misura dei lati della piramide, nulla ha a che vedere con l'approssimazione nella misura del cubito reale, che in effetti in origine poteva avere una lunghezza (espressa in metri) estesa alla quarta cifra decimale (ma anche la quinta o la sesta, perché no!). Il fatto che si possa o non si possa stimare una misura così piccola è un limite di chi effettua la misura non quello dell'oggetto da misurare, se questo è ben definito. In ragione di ciò sarebbe del tutto legittimo cercare la misura esatta del Cr perché da quella si potrebbe conoscere la misura esatta di progetto della Grande Piramide. Perché è' quella la misura che noi stiamo cercando: la misura di progetto, ossia quella che gli architetti Egizi avevano in mente per il loro monumento, a prescindere dai mezzi e gli errori commessi durante la sua realizzazione.
Ancora un appunto. Perché stimare proprio a 1/4 di mm?
Questa stima naturalmente non era in uso agli architetti Egizi, ma è una stima tutta moderna che, a livello catastale, nelle stime delle misure lineari della cartografia ufficiale, si doveva eseguire, quando ancora si lavorava sui fogli di mappa cartacei che erano in genere in scala 1:2000. L'approssimazione ad 1/4 di mm era normalmente effettuata a stima ossia, rapportando ad occhio la misura confrontata con uno scalimetro in scala opportuna, si doveva stimare, appunto, quella distanza dividendo virtualmente in 2 parti quel mezzo millimetro di precisione raggiunto dallo scalimetro. Naturalmente si poteva andare anche oltre e stimare coi buoni occhi della gioventù anche 1/10 di millimetro ma raramente veniva attuata tale stima.
11 Per quanto riguarda i numeri frazionari ci viene in aiuto ancora il papiro di Amhes (o di Rhind), tant'è che ancora nella sua tesi di leurea il Dr. R.L. Carella scrive al capitolo 1.2: "... nel papiro di Rhind [omissis], un papiro egizio risalente al 1650 a. C. circa, molti problemi riguardano la spartizione di pagnotte o birra tra diversi uomini. Non mancano problemi che possono rientrare in un ambito algebrico, in cui si chiede l’equivalente moderno della risoluzione di un’equazione lineare in cui l’incognita viene chiamata aha, ossia mucchio, e che vengono risolti mediante il metodo della falsa posizione. Tuttavia, è nelle vallate del Tigri e dell’Eufrate che l’algebra vede un maggior rigoglio.
Per la risoluzione di tali problemi non è più sufficiente l’utilizzo dei soli numeri interi, e infatti sia tra gli Egizi che tra le popolazioni mesopotamiche l’impiego di frazioni è ampiamente attestato.
A tal proposito, è interessante notare come per i primi ogni frazione andava espressa in termini di frazioni unitarie: per uno scriba egizio la frazione m/n non era concepita come qualcosa di elementare, ma al contrario andava scomposta in termini di somme di frazioni unitarie. L’unica eccezione era costituita dalle due frazioni ausiliarie 2/3 e 3/4". (mio il sottolineato ndr).
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