venerdì 16 ottobre 2015

Tanat panê Ba‛al VI



di Sandro Angei
parte sesta
IL GRANDE INGANNO V
Tnt
   Tnt, questo è il nome della divinità, che solo per la fantasia di Gustave Flaubert fu vocalizzata Tanit. Alcuni studiosi, tra cui P. Bartoloni, ritengono che il nome vero fosse Tinnit, per alcune antiche traduzioni in greco e per il fatto che sono state trovate delle stele neopuniche con caratteri romani che attestano il nome in tal modo.[1]
   Se proviamo a pronunciare il trilittero “Tnt” senza vocali, esso risulta perfettamente intelligibile anche senza vocalizzazione aggiunta.  


   In questa sezione dello studio cercheremo, nelle raffigurazioni della Tanit, quegli indizi che possano avvalorare questa mia tesi, ossia che essa è un compendio di segni che descrivono l’individuazione dei punti cardinali, trovando un valido sostegno nei concetti espressi dall’antropologo Gilbert Durand, il quale in modo concettuale definisce col termine “isomorfismo” le primordiali immagini simboliche, quale risultato della fusione di due o più concetti, che in un’unica immagine li evoca tutti.

   Il particolare che ha attirato la mia attenzione e ha dato il via a questo mio studio è l’associazione della figura di Tinnit al caduceo. E’ sempre lì, presente, quel particolare bastone. Perché? Nessuno fin’ora è riuscito a dare una risposta a questa domanda.
   Con questo studio abbiamo cercato di risolvere il dilemma.
   Caduceo e Tinnit sono strettamente connessi, perché quest’ultima esiste in funzione del primo, tanto che la figurina in tantissime raffigurazioni sembra lo esibisca con orgoglio a voler indicare che esso, il caduceo, è il messaggero divino, e lei Tinnit, la raffigurazione materiale della divinità, ma non solo, essa è strumento che la divinità dona all’uomo perché possa usarla nel suo vivere quotidiano, scandendo il tempo tramite l’orologio divino di equinozi e solstizi, ma anche per trovare la giusta direzione in terra e in mare, di giorno e nel buio della notte.
  Per tanto Tannit è strumento divino allorquando è disegnata dal caduceo in perfetto orientamento nella direzione Est-ovest, in tal caso determina gli eventi divini e aiuta l’uomo ad orientarsi nel tempo e nello spazio, altrimenti è solo un simbolo di buon auspicio.
    Fin’ora abbiamo parlato solo di luce del sole e delle direzioni che esso suggerisce all’uomo, senza tenere in debita considerazione che l’uomo aveva bisogno di orientarsi anche la notte, dal momento che navigando, solcava i mari.
   Ritroviamo infatti il caduceo raffigurato pure sulle navi assieme alla sua inseparabile figurina. A primo acchito si potrebbe pensare che il metodo di individuazione della direzione Est-Ovest fosse usato pure sulle navi, ma questo mi pare poco probabile, in quanto per ottenere un orientamento preciso sarebbe necessaria una perfetta immobilità della nave, cosa difficilmente ottenibile, sia per il moto ondoso che per le correnti marine.
   E’ probabile invece, che per quei naviganti il caduceo fosse diventato il simbolo dell’orientamento, che però avveniva in modo diverso.
   Com’è possibile orientarsi nel buio della notte? La risposta pare scontata: “tramite la stella polare”.
   Sin da bambini ci hanno detto questo: per trovare la direzione del nord basta seguire la stella polare.
   Bene, chi di noi saprebbe individuare la stella polare senza mappe stellari, né bussola alla mano e senza che alcuno ce la indichi? Il problema, parrebbe di difficile soluzione e per il momento mi fermo qui.
   Tornando alla nostra Tinnit, descriveremo una immagine graffita, che nella sua semplicità è molto eloquente.
  
   Se osserviamo con attenzione la figurina, vediamo che al lato di quello che possiamo definire “braccio” regge un’asta verticale sormontata da due tratti da essa staccati a formare una linea tratteggiata, che a buona ragione possiamo definire: stilizzazione del caduceo, dove i tratti vuoti individuano i cerchi del caduceo stesso. Lo stesso caduceo lo ritroviamo, realizzato nello stesso identico modo, ruotato di 90° a formare le braccia della figurina, nella fase del rito dove vengono definite le braccia stesse di Tinnit, ossia la direzione Est-Ovest; il messaggio in sostanza é: - le braccia (direzione est-ovest), le devi individuare col caduceo -.
   Qui di seguito mostro una serie di stele e alcune monete che riportano il caduceo associato a Tinnit.









  [13] [14] [15] [16] [17] [18]  [19]



Quest’ultima immagine tratta dal blog Monte prama, la esponiamo perché risulta utile per quanto andremo appresso dimostrando, volendo focalizzare l’attenzione sul sincretismo che cogliamo in questa scritta, che associa Tinnit a Ba‛al in un contesto prettamente nuragico. Un Ba‛al che troviamo attestato nelle iscrizioni protosinaitiche.

   In Sardegna troviamo una grande quantità di raffigurazioni di Tinnit



Tra le quali quella della grotta verde di Alghero (21).
   Per la Tinnit grafita nella Grotta Verde è difficile andare oltre il periodo protocananaico, benché la grotta fosse frequentata almeno dalla seconda metà del 5° millennio a.C., perché nessun elemento conduce ad affermare questo, ben diverso è il discorso per quanto riguarda i reperti di Conca Illonis, per i quali si può attestare che la Tanit fosse conosciuta in Sardegna ben prima della scrittura protocananaica, essendo tali reperti assegnati dal Lilliu alla cultura di Ozieri e post Ozieri, ossia 3000±2500 a.C.


Cabras, insediamento preistorico di Conca Illonis: pesi da telaio con figure 
schematiche e simbolismo sacro/talismanico. 
Schede 180 (a) e 181 (b) in (2). Il disegno in basso a destra è mio. 
I due reperti sono assegnati dal Lilliu alla cultura Ozieri e post-Ozieri 
rispettivamente e datati 3000 a.C. e 2500 a.C. circa

   Non susciti avversione questa affermazione, tenuto conto che in quello stesso periodo (3000-2500 a.C.), in Egitto venivano costruite le grandi piramidi di Giza, orientate in modo pressoché perfetto ai punti cardinali. In ragione di ciò, il sillogismo che qui si vuole tenere saldamente in piedi è: se in Egitto in quel periodo si conosceva già il procedimento per il preciso orientamento geografico, quello poteva essere conosciuto a livello globale nel bacino del mediterraneo orientale e occidentale, di conseguenza la figura isomorfica della Tanit poteva già allora essere presente nelle raffigurazioni e/o formule religiose in tutto il mediterraneo.
   I reperti di Conca Illonis sono molto espliciti in tal senso, vedendovi nei particolari lì tracciati con cura, i motivi legati agli eventi solari, ma vi leggo anche elementi di raccordo con le successive scritte dell’area sinaitica, dove nei nostri (reperti), ritroviamo curiosamente dei grafemi che in ambito protosinaitico vengono tradotti quale lettera “mem” arcaica.
   Ma voglio andare oltre per trovare una congettura (solo una congettura naturalmente), che trova similitudine tra queste Tinnit della sfera dei vivi, con il capovolto relegato nella sfera dei defunti delle domus de janas,

e trovare in una successiva congettura (anche qui solo congettura), il capovolto testimoniato dalla Tinnit “capovolta” incisa in una colonna di una tomba ritenuta punica (?), a Monte Sirai.
    Quale conclusione possiamo trarre da questi dati?
    Se procediamo lungo una sequenza temporale, i pittogrammi fin qui esposti ed analizzati, indicano che a partire dal 3° millennio a.C. popolazioni Sarde esprimevano la loro sacralità e religiosità col segno della Tanit, nella sfera dei vivi (pesi da telaio), e nella sfera dei defunti (domus de Janas). In età punica genti legate allo stesso sentimento religioso espressero con la stessa simbologia le stesse invocazioni e benedizioni. All’interno di quell’arco temporale, lontane popolazioni esprimevano le loro concezioni religiose (almeno 1000 anni dopo le prime), con segni simili a quelli della cultura di “Conca illonis”.


   Certo possiamo parlare di culture che parallelamente, ma in modo perfettamente indipendente nello spazio e nel tempo, abbiano dato vita a simbologie simili, com’è successo in altri contesti, ma fino a che punto, tenuto conto che il coccio di Selargius reca una iscrizione dedicata a Ba‛al?
***
   La raffigurazione sul terreno di tutti quei segni dettati dalle ombre proiettate dal sole tramite il caduceo, che possiamo con buona ragione annoverare tra quelle di un disegno geometrico, nasconde la raffigurazione di quella che assurgerà in età Punica alla carica divina di Tnt pn B‛l che viene tradotto in : Tinnit di fronte a Ba‛al, oppure Tinnit volto di Ba‛al, Tinnit manifestazione di Ba‛al[25]. Il nome Tinnit viene tradotto in vari modi, alcuni pensano significhi “la piangente”[26], altri si esprimono in modo diverso, come leggiamo in “Sardegna punica di Gennaro Pesce” al capitolo dedicato agli dei: …Il Barreca accenna ad un’altra ipotesi, secondo la quale Tanit, prodotto della speculazione teologica del clero cartaginese nel V secolo, sarebbe stata pensata come la manifestazione benefica del sommo Iddio, i cui doni essa distribuiva ai mortali (cfr. il verbo ebraico thanà = “distribuire doni”, participio thanèt). Rabbat Tanìt Pnè Ba’al = “la grande Tanit manifestazione di Dio” è la formula completa, che sovente ricorre nelle iscrizioni votive.[27] (mio il sottolineato)
   Subito dopo Gennaro Pesce scrive di Ba‛al così definendolo:  Ba’al Hammon = “il Dio ardente”.[28] È il supremo dio solare ma, per effetto della riforma religiosa, cui ho accennato, questo dio passò in seconda linea rispetto alla dea Tanit. Hammon era in origine un epiteto, usato per non chiamar il dio col suo vero nome, perché questo era tabù ossia vietato profferirlo (come quello del Geova degli Ebrei) per non far disperdere la forza sacrale, che esso conteneva in sé. Questo dio, il quale è forse da identificarsi col Bashamaim o Ba’al shamaim (“Signore dei cieli”), prese il posto di El, suprema divinità nei testi di Ugarit, dov’è chiamato “creatore della creazione”. (mio il sottolineato).
   A ben vedere le espressioni da me sottolineate, usate dal Barreca e dal Pesce, per definire queste divinità non discordano con la mia tesi. Sia loro che io descriviamo aspetti divini legati al sole, loro in chiave spiritual-religiosa, io dal punto di vista meramente pratico legato però all’ideologia religiosa di quelle genti. L’affermazione del Barrecca che devolve a Tinnit la funzione di distributrice dei doni del sommo iddio ai mortali, detta così senza alcun riferimento specifico, rientra nella fraseologia religiosa priva di significato concreto, ma letta alla luce di quanto qui sostenuto, è motivo concreto di adorazione di tali divinità. Non dimentichiamo che poter stabilire in modo preciso delle date (non così come le intendiamo noi sicuramente), che segnavano i ritmi della natura, ed individuare in terra e in mare una precisa direzione da tenere nei lunghi viaggi, era di vitale importanza per quelle comunità.

   Tornando alla decifrazione del nome Tinnit, se al trilittero Tnt, attribuiamo il significato pittografico iniziale dei singoli grafemi,[29] il nome ha tutto un altro significato che ben si adatta al contesto in cui la figurina nasce graficamente, ossia “Segni immortali di fronte (in faccia) a Ba‛al”. Che significato può avere questa frase se non quella di indicare che quelli tracciati a terra dal caduceo esistono perché esiste Ba‛al e finché Ba‛al esisterà, potranno esistere i segni di fronte a lui.
   Ma ha ragione d’essere anche il significato di “volto di Ba‛al” o “manifestazione di Ba‛al”, perché Ba‛al è irrafigurabile, data la sua potentissima luce che distoglie dal guardarlo direttamente, ma la sua immagine trasfigurata dal caduceo si, quella può essere guardata.
   Secondo questa ricostruzione dei fatti Tinnit, da una iniziale connotazione geometrico-astronomica, mantenne (agli occhi dei fedeli), solo quella religiosa e mediatrice di Ba‛al, che era irrafigurabile, ma per altre culture anche impronunciabile e scrivibile solo in rebus, come nelle scuole scribali nuragiche, tanto che in quest’ultimo contesto la figurina di Tinnit andò a sostituire il nome divino, tramutandosi in un determinativo indicativo non nominante: “Lui”.
    Siamo partiti da una provocatoria vocalizzazione del nome della dea: Tanat del racconto, al nome universalmente, quanto infondatamente accettato di Tanit, per passare ad una vocalizzazione forse più consona a quanto fin qui esposto: Tinnit come scrive Giuseppe Garbati.
   Andando oltre troviamo il nome della dea scritto nei seguenti modi: Tanit, Tinnit, Thinnit[30], Tnt, Tynt. C’è l’imbarazzo della scelta e la possibilità, che almeno uno di essi sia quello giusto.
   In molti hanno dato il proprio contributo al dilemma, basandosi su argomenti aleatori e poco convincenti, dettati solo ed esclusivamente dall’aspetto teologico del contesto e della radice ultima (non primitiva), del trilittero, senza andare oltre a spiegare in termini concreti quali siano state le motivazioni che hanno condotto ad attribuire tale nome a questa divinità, se di divinità possiamo parlare.
   Si parla della dea Tinnit nei termini di cui sopra, da parte di molti studiosi:  Lipiński, C. Bonnet, C. Grottanelli, Y- Yadin, F.O. Hvidberg-Hansen, Avaliani,  F.M. Cross, R. Marasca, G. Garbati, definiscono Tinnit quale: «ierodula, prefica, lamentatrice», «sorella minore di Astarte», «destino, fortuna», «identificata con Anat», «dono», «identificata con la costellazione della vergine», « mediatrice».
   Solo G. Garbati, riprendendo P. Xella, si avvicina al significato profondo, definendo Tinnit «mediatrice di Ba‛al», «parte riconoscibile» della divinità.[31] Naturalmente G. Garbati scrive in questi termini basandosi solo sull’aspetto teosofico e non certo a quello meramente pratico. Molto probabilmente anche in epoca Punica, solo una ristretta cerchia di sacerdoti iniziati era a conoscenza del perché di quel nome, legato strettamente a Ba‛al, toro solare.
  
   Troviamo una delle prime attestazioni di Tnt in una iscrizione protosinaitica, in una statua proveniente dal tempio di Hathor (Sinai 347)
che trova riscontro nel trilittero (lip. 26), trovato in un frammento di vaso dall’acropoli di Lipari, che può essere datato al XIV – XIII a.C. essendo lo strato corrispondente al livello di quello di Piano Quartana datato al quel periodo.
   Ma i segni potrebbero essere anche più antichi afferma il Bernabò Brea,: XVI-XV sec. a.C., ossia un’epoca anteriore alla formazione della lineare B di Creta.[33]
   Per tanto un documento ben più antico delle stele puniche che col corrispondente trilittero la registrano. Ma è probabile che già in quel periodo la mistificazione fosse già in atto ed il significato forse già occulto, ma quei grafemi, a maggior ragione, dobbiamo interpretarli secondo il loro significato pittografico, ossia: segno-serpente-segno→segni immortali (del toro divino naturalmente).

   Ci siamo prodigati nel cercare prove a sostegno di questa tesi ed in ultimo, in ragione di quel nome “Tnt”, ci sembra giusto voler apportare ancora nuove prove a conforto e sembrandoci alquanto strana la decifrazione che vuole “Tnt” col significato di “la piangente” o quant’altro, qui di seguito esponiamo una serie di immagini:


   Le prime due figure, identificate con Tinnit recano in seno un caduceo sormontato dal sole e quella che comunemente è indicata come falce di luna crescente, poco sopra un fiore a sei petali.

Nella terza figura si identifica la dea Tinnit che porta in seno, sulle spalle e sopra la testa, la stella a sei raggi, che come abbiamo già visto, è associata al caduceo, si noti inoltre la specularità dei singoli particolari in tutte le raffigurazioni, peculiarità a cui abbiamo accennato nella parte terza.

   Alla fine di questa lunga trattazione con la quale abbiamo descritto il rito sacro per la determinazione della direzione dei punti cardinali, ci siamo operati per descrivere nei minimi particolari tale rito.
   Alla luce delle tecniche alla portata di quelle genti, abbiamo ricostruito in modo pressoché fedele l’arcano disegno della Tinnit, legata in modo stretto al caduceo.
   Abbiamo avvalorato la nostra tesi sovrapponendo il metodo grafico a quanto raffigurato in una stele funeraria millenni addietro da uno sconosciuto scriba-sacerdote-astronomo, verificando la veridicità di quanto affermato, però… non abbiamo dato conto del perché Tinnit è ritratta in quella forma, in quasi tutte le raffigurazioni.
   La soluzione, come al solito è molto semplice, ma non potevamo coglierla, perché fin’ora non avevamo i mezzi per farlo. La modellazione in 3D dello strumento usato e la rapresentazione esatta delle ombre proiettate dal sole durante l’arco della giornata e durante l’arco di un intero anno, ci hanno dato modo di capire il perché di quella figura.
   Quelle genti avevano una mente molto pratica ed una immagine come quella non poteva sorgere dal nulla, infatti essa è il risultato del rito. Ripercorrendo le fasi di realizzazione della figura, ci rendiamo conto che c’è un particolare che non quadra in essa. Guardando la costruzione geometrica per l’individuazione dei punti cardinali

  
vediamo disegnati il corpo e le braccia di Tinnit, manca la testa.
   Perché è stata aggiunta la testa a questa figura?
   Perché quelle genti pensavano che la divinità dovesse per forza avere fattezze umane? Oppure perché la fantasia vedeva in quei segni il corpo e le braccia con fattezze umane e per questo doveva avere per forza una testa?
   Io penso che il motivo sia più banale, quelle genti avevano visto la Tanit in forma completa, ossia così

 .

   A sostegno di questa tesi possiamo produrre l’immagine di una stele tratta da una pubblicazione, che inaspettatamente e in controtendenza ci restituisce l’immagine di Tinnit acefala. [36] Perché? La domanda palesemente retorica ha la sua risposta in questo studio.

   Il caduceo era parte essenziale di un rito dedicato a Ba‛al, caduceo che trasfigurava il potente occhio divino dandogli sembianze umane con Tnt Pn B‛l,  ossia volto di Ba‛al.

   Nel libro “Religioni e civiltà: scritti in memoria di Angelo Brelich
 a cura di Vittorio Lanternari” [37] il contributo di Anna Maria Bisi a pagina 64 recita: “…Non è senza significato infatti che a distanza di qualche centinaio di anni il cosiddetto «segno di Tanit» che appare almeno dall’inizio del V secolo a.C. nel repertorio fenicio d’occidente soprattutto sulle stele votive dei tophet e la cui natura resta enigmatica nonostante i molti tentativi di esegesi compiuti in passato e ancora in epoca recentissima, presenti nei suoi  più tardi sviluppi nordafricani del rilievo lapideo legato all’iconografia del sacrificio, delle braccia alzate, talora fornite di vere e proprie appendici uncinate simili a mani come sulle stele del tophet di el-Hofra a Costantina. Altrove i «segni di Tanit» impugnano caducei, dischi solari o rami di palma: …”
e ancora “ L’accostamento fra il segno geroglifico nella veste «animata» che assume sui vasi neo-egiziani e il più diffuso simbolo aniconico della religione punica, al di là di quelli che ne possono essere stati i presumibili canali di trasmissione nello spazio e nel tempo, tanto più acquista rilevanza se si considera che già il Ronzevalle faceva derivare il «segno di Tanit» dal geroglifico egiziano della vita…”
   Con chiarezza ci viene detto che il segno della Tinnit rimane enigmatico e per tanto non si ha idea del suo significato reale e profondo. Apprendiamo inoltre che già P. Sebastien Ronzevalle (1865-1937), trovava affinità tra il segno di Tinnit e lo Hank egiziano (per tanto in un periodo a cavallo degli inizi del 1900).
   Come abbiamo già avuto modo di esporre nella parte seconda dello studio, riteniamo che il caduceo e lo Hank supportato dallo Djed siano strumenti usati per lo stesso scopo, ossia individuare la direzione dei punti cardinali. La conformazione dello Hank è simile a quella del caduceo unita alla direzione da quello indicata (braccia) e se il primo in geroglifico ha il significato di “vita”, che associato ad un altro geroglifico (“X8” della lista del Gardiner)[38], restituisce il significato di “dare vita” ossia “vivificante”, il secondo, unito al disegno divino (triangolo) tracciato sull’essenza della dea madre terra, restituisce il medesimo significato, allorquando diventa nella sua interezza determinativo indicativo “lui [che da la vita]”.

 

   In questo studio ho cercato di immedesimarmi nei ragionamenti di quelle genti, tant’è che nel racconto ho voluto usare un linguaggio il più possibile coerente col probabile frasario loro. Ho cercato di pensare come loro pensavano e di imitare gli stessi gesti elementari ma pratici, di persone che avevano pochi mezzi tecnici a disposizione ma molta, molta immaginazione, fantasia, manualità e acutissimo spirito di osservazione e comparazione, tanto che per la individuazione dei punti cardinali è necessario avere a disposizione solo un laccio di pelle.
***
  I meccanismi mentali superano le barriere dello spazio e del tempo, tanto che ritroviamo artefatti simili in Egitto, Mesopotamia e America. Troviamo inaspettate coincidenze tra “is fassonis” degli stagni di Santa Giusta e Cabras e le imbarcazioni, che da tempi immemorabili solcano le acque del Titicaca.
   Scopriamo che il culto del sole e del serpente è lo stesso nelle antiche civiltà del bacino del mediterraneo e medio oriente, e quelle del nuovo mondo. La “Puerta del sol” di Tiauanacho, dimostra che, al di là dell’atlantico erano a conoscenza delle peculiarità del moto solare “attorno” alla terra. Stupore provo nell’immaginare lo spettacolo della Puerta del sol, dove l’osservatore ponendosi in un punto ben preciso all’esterno del grande tempio il giorno degli equinozi, assiste allo spettacolo del sole che tramonta proprio al centro di quella porta, e ponendosi sempre nello stesso punto si arguisce che gli spigoli estremi del tempio fungono da puntatori per individuare il tramonto nei giorni dei solstizi.
   Come potevano quelle antiche genti Andine, costruire in tal modo quei superbi templi sen non fossero state a conoscenza del metodo di individuazione dei punti cardinali? Il tempio di Kalasasaya (dove è situata la Puerta del sol), è orientato in modo perfetto ai punti cardinali.
   Le stesse osservazioni che essi fecero, furono acquisite al di qua dell’Atlantico e questo, senza dover ipotizzare antichissime civiltà prediluviane, che in tutta la terra avrebbero trasmesso le conoscenze; ma facendo affidamento solo sull’intelligenza umana che inalterata è rimasta nei millenni. Qui sta il fulcro del problema, per il quale parte delle mie energie è stata spesa: far funzionare il cervello come loro lo facevano funzionare ed arrivare oggi, dopo un immisurabile periodo, che sia di 2000 anni o 5000 anni o 15000 anni (non è questo importante e non siamo qui per giudicare o provare o al contrario, confutare teorie che vogliono Tiahuanaco vecchia di 15000 anni), a fare gli stessi ragionamenti e arrivare alle stesse conclusioni di quelle genti, perché la natura umana è rimasta immutata nei millenni e quello spirito ancestrale che allora cercava di emergere dalla bestialità, cercando di ragionare e capire la natura per trarne un profitto socialmente condivisibile, è sempre qui, radicato dentro di noi. Sotto questo aspetto, i paralleli usi, costumi e scoperte al di qua e al di la dell’Atlantico non ci devono stupire, come non deve stupirci il riuscire ad immedesimarci, anche se per poco, in quegli antichi gesti, in quei pensieri ancestrali e quegli aneliti che mossero quelle genti a voler capire le leggi del creato. Perché se l’intelligenza è la stessa, dobbiamo sforzarci solo ad acuire la nostra sensibilità d’animo verso quegli aspetti della vita dura ma semplice di quelle genti; dobbiamo far funzionare il cervello sui problemi pratici, facendo uso solo di quello che la natura ci offre e ci insegna. Ecco che allora se millenni fa lo stesso principio poteva essere scoperto indipendentemente al di qua e al di là dell’Atlantico, funzionando la mente dell’uomo sempre allo stesso modo, perché non potremmo ri-scoprire gli stessi principi, non a distanza di spazio, ma di tempo?!
   Dobbiamo tornar bambini per far questo, liberare la mente dai pregiudizi e chiederci innocentemente i perché.





[24] da: improbablenails.blogspot.it/2012/09/ancient-goddess-tanit-nails.html
[25] Giuseppe Garbati, Tradizione, memoria e rinnovamento, Tinnit nel tofet di Cartagine
   dove l’autore scrive “I  compiti  di  Tinnit  nel  tofet, infatti,  vanno  letti  in  prima  istanza  nel  loro  stretto  legame  con  le  qualità  di  Baal Hammon. Nelle iscrizioni la dea è costantemente definita dall’epiteto pn b‛l, “volto, manifestazione  di  Baal”,  il  che  ne  indica  il  profondo  vincolo  e,  di  fatto,  la dipendenza  dalla  divinità  maschile.  L’espressione  riserva  a  Tinnit  la  funzione  di presentarsi come la “parte riconoscibile” del dio, come  il “volto”, appunto, che si mostra  ai  fedeli:  per  usare  le  parole  di  P.  Xella,  la  dea  si  configura  come  «une médiatrice maternelle et secourable, influente parce que, ne l’oublions pas, encore et toujours “face de Baal”, c’est-à-dire émanation ou présence intime face au dieu âgé, aux  caractères  paternel».  L’epiteto  va  dunque  interpretato  come  indicatore  delle funzioni  mediatrici  di  Tinnit  tra  Baal  e  i  frequentatori  del  tofet:  attraverso  tale esercizio viene proiettata sulla comunità che partecipa alla vita del santuario la potenza del primo referente nel culto.
   Ho evidenziato la parola toujours perché essa è la contrazione di tout jour, ossia : ogni giorno. Naturalmente Xella intende ben altro quando scrive, ma a volte certe locuzioni cadono a pennello viste, come in questo caso, sotto l’aspetto astronomico, nel senso che Tanit può manifestarsi al sacerdote, tramite il caduceo ogni giorno. Quanto affermato da Garbati, benché visto sotto un’ottica differente non si scontra minimamente con quanto da me ipotizzato, anzi addirittura potrebbe rafforzare la mia tesi.
[27] da: Gennaro Pesce - Sardegna punica a cura di R. Zucca, pag. 85. inoltre alla nota 12 a cui rimanda si dice a chiare lettere che non c’è accordo tra gli studiosi semitisti sul significato della formula «panê ba‛al».
[28] In nota 13 del testo di G. Pesce si legge: Dal verbo hamm significante “riscaldare”. Qualcuno ha pensato che questo nome si riferisse al bruciare l’incenso sugli altari, rito molto importante nei culti cananei come in quello ebraico, e che Baal Hammon equivalesse a “Signore degli altari dei profumi” secondo un’espressione biblica. Ma l’epiteto di ardente può più semplicemente riferirsi al sole, per l’appunto rappresentato da questo nume. Con ragionevolezza G. Pesce scarta l’ipotesi avanzata da “qualcuno”.
[29] Perché lì, a parer mio, è celato il significato di quel nome, che è da intendere quale acronimo delle parole insite nei  grafemi con valore pittografico e non come risultato del suono acrofonico slegato dal significato pittografico. D’altronde molti nomi semitici, tra i quali quelli ebraici, sono da considerarsi delle vere e proprie frasi, formati (i nomi), certamente in un contesto dove la scrittura era già completamente slegata dal significato del singolo grafema e per tanto il nome Emanuele, ad esempio, che ha il significato di “Dio è con noi”, certamente non ha alcun riferimento con il significato delle lettere che lo compongono, ma nel nostro caso stiamo prendendo in considerazione una parola la cui formazione si perde nella notte dei tempi, in un periodo durante il quale i grafemi erano pittografici e pochissimo fonetici, evidentemente mi riferisco alla scrittura protocananaica, Tant’è che pure Ezio Attardo in “Utilità della Paleografia per lo studio, la classificazione e la datazione di iscrizioni semitiche in scrittura lineare. Parte I: Scritture del II millennio a.C.” da “Letterae Caelestes” (http://issuu.com/maxdaffy/docs/litteraecaelestes02_br ), afferma a pag. 169 in sostanza che le iscrizioni protocananaiche sono difficili da datare con precisione perché sono poco omogenee per quanto riguarda la scrittura e le iscrizioni più arcaiche vengono datate in base ai dati archeologici, ma soprattutto in base al loro livello di pittograficità”.
   Ancora in «Lettere come simboli - Aspetti ideologici della scrittura - tra passato e presente» di Mauro Perani, FORUM Udine 2012, a pag. 129 l’autore afferma: “Come sopra ricordato, in cananaico il segno della scrittura era ancora pittografico: rendeva un toro (alef) con una testa di bovino e le sue corna, l’acqua (mayim) con le summenzionate onde indicate da una linea a zigzag, un pesce (dag) mediante la figurina che lo rappresentava, una sorgente (‘ayin) mediante un occhio ecc.”
   Ci dice ancora  a pag. 127 che “In alcuni testi biblici reperiti negli scritti  del Mar Morto, scoperti a Qumran nel 1947 e negli anni successivi 21 , il nome di Dio, ossia il tetragramma sacro e impronunciabile YHWH, è ancora reso con i caratteri paleo-ebraici, mentre il resto del testo e già in quella forma che chiamiamo in inglese Jewish ossia giudaico, e che si svilupperà nell’ebraico quadrato che conosciamo.
   In ragione di ciò possiamo ipotizzare che era tradizione quella di mantenere i caratteri arcaici per designare la divinità, all’interno di scritture più progredite e in questo contesto possiamo intravedere l’intenzione di quei sacerdoti di voler mantenere il significato profondo di quei singoli grafemi, riportandoli all’origine. Mi rendo conto che ciò è difficile da provare con sicurezza, ma possiamo trovare aiuto ancora nel testo di Mauro Perani, dove nell’introduzione ci da un’idea del profondo significato che gli ebrei dettero ad ogni singola lettera del loro alfabeto che ritenevano e ritengono ancora, provenienti direttamente da Yhwh. Tenuto conto che il Perani ci informa del fatto che la scrittura ebraica rimase per almeno 2500 anni una scrittura morta, usata esclusivamente quale lingua dotta e di preghiera e solo di recente, a partire dal Sionismo ottocentesco è stata ripresa ed utilizzata per la costituzione dello stato di Israele.
   Con questi presupposti è facile pensare che quella lingua sia circolata solo in ambito religioso in una vasta area, dalla quale non fu esclusa di certo la Sardegna,dove ritroviamo costantemente un lessico ebraico biblico nella scrittura religiosa nuragica.
[30] “Thinnit” secondo alcune traslitterazioni greche del nome. Da: HELLENISMOIROPHORION 2789
[33] da: Luigi Bernabò Brea - Segni grafici e contrassegni sulle ceramiche dell'età del bronzo delle isole Eolie  http://campus.usal.es/~revistas_trabajo/index.php/0544-3733/article/viewFile/2257/2308 pag.22, per la datazione vedi anche pagg. 7 e 27.
[35] Da: http://www.antiquaexcelsa.com/ingles/iberos_y_celtiberos.htm [l'indirizzo pur troppo non è più disponibile e non ho potuto rintracciare l'immagine in altro sito]
[36] L’immagine si trova in “Le antichità della Tripolitania -Renato Barroccini - Aegyptus
[38] A riguardo del geroglifico X8, sarà spiegato il suo uso pratico in un articolo ad esso anche dedicato.parte V

23 commenti:

  1. Signor Angei,solo il silenzio assoluto e la notte,come ho già scritto,mi ha dato la possibilità di leggere il suo interessantissimo articolo.La sua chiarezza nell'esprimere argomenti alquanto difficili è encomiabile.La traposizione del divino in immagini è affascinante,sopratutto pensando che ciò avveniva millenni fa.Mi ha affascinato che queste immagini ci fossero nelle domus de jana.Fin da quando ero ragazzina,queste domus de jana mi davano un senso di mistero ma non avevo mai visti questi graffit.Bellissimi l'ultima sua frase"Dobbiamo tornare bambini per fare questo,liberare la mente dai pregiudizi e chiederci innocentemente i perchè" Questa frase,credo,sia valida per la rivelazione di tanti altri perchè.

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  2. Pensavo: se i fiori nascono dal letame, questo tuo fiore a quale letame dovremmo attribuirlo? E mi dicevo che questo letame, forse, siamo quanti tra noi, con la nostra umile passione, nel vedere spuntarci a fianco ora un fiore simile (un fiore alla Gaudì, ispirato alla natura, contemplata con innocenza e "non poca" cultura), possiamo a mala pena ammirarlo.
    Quindi, da una merdina, bravo, bravissimo.
    Mi chiedo se fuori da questo spazio dei commenti tu stia ricevendo "feedback" più adeguati al tuo impegno (e me/te lo auguro).

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  3. A bellu! A bellu fizue e frade meu! Ses un unu caddu curridore;. ma in s'iscientzia su caddu chena bastu est perigulosu. E si custa cosa ti da natzo jeo cheret narrere chi ses currinde troppu. Totu podet dare comente non podet dare! Como tenes cosa iscritta de su Nuraghe Tr. Tocat a ti bier cun sa 'filologia' e s'illustrazone de su documentu, ca podes faere su caddu ispantosu. Chena ispentumu a deghe metros!

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  5. Gigi,prima che traduca Aba mi puoi dire il significato delle seguenti parole? cuminde,ispentumu.L'ischisi che deo soe imparande su sardu a bellu a bellu?Dato che ci sei dimmi anche il significato di:ispantosu? Meda gratzie.

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  6. Caro Sandro, mi sono lasciato il tempo di leggerlo due volte questo tuo impegnativo lavoro, dotato di immagini e di riferimenti assai rilevanti in quantità e in qualità.
    Ammetto che è stato impegnativo anche per me il leggerlo, ma quello che non comprendo sono alcune osservazioni e le conclusioni. Bada che ho detto che non le comprendo e, solamente per questo, mi è difficile condividerle.
    La prima cosa che mi viene in mente è l'osservazione ripetuta in cui esprimi la straordinarietà di alcuni fenomeni, quali l'individuazione dei punti cardinali di qua e di là dell'oceano e la costruzione di edifici astronomicamente ispirati.
    A me pare una cosa di ordinaria amministrazione per tutti i popoli del mondo non solo vedere, ma osservare, temere, amare, adorare il Sole. E non c'è bisogno di spiegare il perché. Ora, così osservato fin dal suo primo apparire sulla Terra con mente razionale, quanto tempo pensi che l'uomo abbia impiegato a capire che l'astro non si presentava sempre allo stesso modo? Neppure all'Equatore, bada bene.
    Allora, i punti cardinali, intesi come direzione in cui sorge e tramonta il Sole quando è a metà del suo cammino di crescita o di decrescita, esistono da sempre e l'uomo li ha scoperti, in qualche luogo prima, in qualche altro poi. In fin dei conti la Porta del Sole di cui parli, risale a circa 2000 anni fa, mentre sappiamo che in Egitto, in Asia in varie parti, ma anche in Europa come anche in Sardegna, la cosa era nota da tempo. Se poi qualcuno fa un disegno piuttosto che un altro, sono cose spicciole, scientificamente parlando: non si è aspettato l'invenzione della Bussola per capire dov'era il Nord, di giorno o di notte, così come non darei tanta rilevanza a quello strumento incerto che chiami caduceo.
    Per dirti che, a leggerti, pare che i punti cardinali siano noti e siano sorti grazie al caduceo, appunto.
    Perché mai poi dovremmo tornare come bambini allo scopo di scoprire nuovamente quello che già si sa, come a dire l'acqua calda per dirla in italiano, visto che in sardo il detto è molto più tosto?
    Mi capisci perché non ti seguo? Spiegati meglio, come se stessi parlando a un bambino afgano.

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    1. Quello che in questo articolo cerco di spiegare è che c’è una stretta correlazione, anzi intima, tra caduceo e disegno della dea Tinnit.
      Chi altri ha dato un significato concreto al caduceo?
      Per quanto riguarda gli orientamenti, sto solo sostenendo che per quelle genti era di vitale importanza individuare i punti cardinali e questo rientrava nella sfera del sacro, visto che questi erano indicati dal sole (che era espressine del divino), tramite le ombre proiettate a terra dal caduceo (o qualsiasi bastone piantato a terra verticale).
      La straordinarietà sta nel fatto che quegli orientamenti (vedi la piramide di Cheope), sono precisi ai 5 primi d’arco, ciò significa che ancor oggi senza adeguata strumentazione e difficilissimo arrivare a tale precisione. In un prossimo articolo ti dimostrerò come riuscirono in Egitto 4600 anni fa a orientare la piramide con tanta precisione… e non solo.
      Ti faccio la domanda e la faccio a tutti, quanti di voi avrebbero saputo individuare la direzione Est Ovest in modo preciso senza alcuno strumento a disposizione? Quanti di voi saprebbero individuare la stella polare senza carte stellari e senza bussola?
      Nell’articolo esprimo la mia convinzione che il metodo di individuazione dei punti cardinali era appannaggio di una casta sacerdotale, non alla portata di tutti, nel senso che chiunque, pastori e agricoltori, sicuramente avevano capito il movimento ciclico del sole “attorno” alla terra, ma per codificarlo con un metodo c’era bisogno di cognizioni di geometria e menti capaci di astrazione geometrica.
      In particolare individuare la direzione del nord in modo preciso non è intuitivo.
      Quando scrivi “A me pare una cosa di ordinaria amministrazione per tutti i popoli del mondo non solo vedere, ma osservare, temere, amare, adorare il Sole. E non c'è bisogno di spiegare il perché. Ora, così osservato fin dal suo primo apparire sulla Terra con mente razionale, quanto tempo pensi che l'uomo abbia impiegato a capire che l'astro non si presentava sempre allo stesso modo? Neppure all'Equatore, bada bene.” Ai ragione a dire che non c’è nulla di straordinario nel fare queste osservazioni, ben diverso è individuare in modo preciso e duraturo con dei manufatti quelle direzioni; o vogliamo pensare che aspettavano il giorno dell’equinozio per stabilire quelle direzioni? Ma a questo punto ti domando, come facevano a sapere in quale giorno avveniva l’evento senza, un misuratore del tempo? Sembra facile ma senza un metodo grafico è difficile arrivare a stabilire tutto ciò.
      Quando scrivi “Per dirti che, a leggerti, pare che i punti cardinali siano noti e siano sorti grazie al caduceo, appunto” ti dico che è proprio così, nel senso che i punti cardinali sono stati codificati con un metodo. Ti dico di più, il sole ci da modo di individuare solo la direzione Est-Ovest, questa è la direzione primaria, senza la quale non è possibile individuare con precisione il Sud, tanto meno il Nord.
      Ti sei mai domandato perché per i naviganti era importante la direzione del Nord anziché quella del Sud? Te lo dico io: perché la direzione del nord era possibile fissala avendo la possibilità di vedere il polo nord della sfera celeste, così non è per la direzione del Sud, non essendo visibile dal nostro emisfero il polo sud celeste.
      Un’ultima cosa, Francu, per me il caduceo non è più uno strumento incerto. Non lasciarti fuorviare da quelle fogge estrose che lo raffigurano, quello, per certi versi, faceva parte del rito mistificatorio, perché a ben vedere, serpenti e anelli potevano esser sostituiti da una semplicissima “accutzadura”, di un bastone conficcato a terra verticalmente.

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  7. "parlando ad un bambino afgano" è molto poetico e mi fa dimenticare la puntina polemica.Quello che lei chiede signor Francu è anche giusto ma....

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  8. Grazia, 'currinde' significa 'correndo, 'ispentumu' sgnifica 'precipizio, burrone' e 'ispantosu' significa ' che stupisce, meraviglioso'.

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  9. Penso che Sandro sarebbe contento se qualcuno si provasse a rispondere a Francu per lui, dandogli così prova (a meno di venire smentito) di aver capito il suo intento, il senso di questo intento e quindi il percorso dimostrativo, se non addirittura della verità storica, almeno di un’ipotesi degna e attrezzata per stare in campo. Per Sandro sarebbe una soddisfazione, ma d’altra parte ho il sentore sia meglio lasciare che se la vedano tra loro: in fondo si tratta di due colonne di Maymoni, e colonne concrete essendo due dei tre con l’accesso diretto alla pubblicazione, quindi con le chiavi della bottega. Perciò, caro Sandro, a te l’onore e l’onere di vedertela con quanto Francu sostiene di non aver capito, con i miei auguri per il compito (perché il proclama dell’afgano sembra apparecchiarti aspettative esigenti) ;-)

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    1. Signor Francesco,come al solito,lei è stato più saggio di me,che mi sono intromessa tra le due colonne del blog.Spero che il signor Francu non si sia offeso nella mia misera difesa del signor Sandro,pur sapendo che Francu è polemico solo per dare più stimoli al blog.

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    2. Caro Francesco, certo che mi avrebbe fatto piacere, ma mi rendo conto che è un argomento piuttosto ostico da trattare. Piuttosto speravo che qualche addetto ai lavori potesse esprimere il suo pensiero in tal senso; mi riferisco evidentemente all'aspetto astronomico e non a quello documentale che può appagare alcuni e lasciare perplessi altri.

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  10. Chiariamo subito che non sono offeso, tanto meno voglio offendere qualcuno, quando faccio le mie osservazioni. Se Sandro fosse stato Einstein, le mie perplessità nei confronti delle sue teorie non le avrei certamente espresse come un mendicante chiede l'elemosina. Una questione di stile, non una provocazione.
    Allora, ... io non so come e quando l'uomo si accorse che il Sole aveva le sue crisi d'identità, ma questo non lo sai neanche tu, caro Sandro. So che bastava comunque poco per accorgersene, non dico dalla luce che entrava dalla porta della capanna o da una sorta di finestra, ma anche dalla direzione di essa e dalla sua altezza per come la si poteva notare per quanto penetrasse in un rifugio sotto roccia: chiaramente d'inverno la poteva investire tutta se esposta a Est o almeno a Sud-Est al mattino, mentre in estate ciò non succedeva, visto che il sole era già troppo alto quando passava di fronte. Per non dire che bastava un cipresso in una radura per determinare le fasi del cambiamento, quando pure non ci fossero i menhir, dei quali la Sardegna è piena, ad esempio come quello in territorio di Senis riprodotto nella copertina del libro che da poco tempo ho messo in rete: una pietra alta non meno di quattro metri, che finisce a punta, con le facce laterali non più larghe di una quarantina di centimetri alla base. Pensa che ombra, ora lunga, ora corta, ora verso Oriente, ora verso Occidente, passando sempre per la mezzanotte, quando il sole era a mezzogiorno. In ogni caso, in ogni giorno dell'anno, l'ombra era posizionata verso la mezzanotte quando il Sole stazionava a metà percorso ed era nel punto più alto della sua traiettoria. In un certo qual modo, trovare il Nord era più semplice e più sicuro, visto che Oriente e Occidente erano punti di mediazione tra quelli mobili del sorgere e del tramontare.
    Su questo siamo d'accordo?
    Sai che ci sono ancora in Sardegna molti allineamenti gestiti da pietre poste a croce, tali che, seduto in un masso centrale, individui il Nord e di converso il Sud, oltre che l'Oriente e l'Occidente. Uno si trova ancora a Orroli, vicino al pozzo sacro Su Puzzu, ho verificato io stesso con la bussola la proprietà dell'orientamento.
    Ecco dunque che, individuato con facilità il Nord mediante la misurazione dell'ombra più corta del tuo caduceo, o palo, o menhir o cipresso isolato, proprio la direzione opposta dà il Sud e l'incrocio perpendicolare fa il resto. Fissate queste direzioni, che restano segnate anche di sera, nulla t'impedisce di cercare nel cielo qualcosa che sia sempre in direzione Nord: per buona sorta nel nostro cielo c'è una stella che staziona nei pressi e gli uomini, non da ieri, hanno imparato a conoscerla e a individuarla.
    Pensa che la riconosco anch'io in un attimo, anche se non ho fatto il militare a Cuneo!
    Visto che ci siamo, sei sicuro che la Grande Piramide sia davvero così precisamente orientata? L'allineamento di cui tu riferisci è attuale o relativo al tempo in cui fu costruita?
    Sai bene che il Nord, polare e magnetico, non sono poi così stabili nel tempo, ne coincidono perfettamente. Sai anche tu che a volte si affermano, alcuni studiosi affermano voglio dire, delle cose solo per stupire, esagerano per farsi notare, aggiustano la realtà per farla collimare con i loro sogni: assomigliano molto a responsi della Pitia, cose che fanno bene al cuore.
    Questo voglio dirti.
    Per quanto riguarda la tua ipotesi di identificare la Tanit col Caduceo, non ho nulla da aggiungere, nulla da "rimproverarti". Hai fatto un'ipotesi, l'hai corredata di dati: se così non fosse, chi ne ha, lo tiri fuori e dica la sua.

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    1. Caro Francu, qui nessuno si deve offendere, si discute e si obietta. Son contento di questo.
      Per quanto riguarda le grandi piramidi, non mi baso affatto a occhi chiusi su calcoli fatti da altri, in un sito ho trovato le misure della piramide di Cheope approssimate al decimo di millimetro, inverosimile se non idiota una tale approssimazione, ma la possibilità che quei 5’ d’arco, calcolati non so da chi, fossero effettivamente praticabili da quelle genti egizie è un dato di fatto che ho appurato sperimentalmente. Ho trovato infatti un metodo che potrebbero aver usato (certo che il condizionale è d’obbligo), e che di fatto ha una precisione pressoché assoluta.
      Per quanto riguarda la stabilità dei poli è vero che non sono stabili, in particolare i poli magnetici sono sensibilmente discosti e ballerini dai relativi poli geografici e di certo non userei la bussola magnetica per calcolare esattamente la direzione dei punti cardinali; ed è altrettanto vero che anche i poli geografici non sono perfettamente stabili nel tempo, infatti si parla di polodia, ossia il movimento dei poli rispetto alla superficie terrestre, che varia per effetto della elasticità del nostro pianeta, varia per effetto dello spostamento di masse sopra e sotto la crosta terrestre e potrebbe variare sensibilmente per effetto di uno sconvolgimento tellurico di immani proporzioni (ben più del terremoto Cileno del 2010 che ha spostato repentinamente l’asse terrestre di 12 cm) , ma in linea generale tale spostamento dei poli rispetto alla crosta terrestre è dovuto ai normali movimenti interni del nostro pianeta che è costretto a descrive un cerchio periodico la cui ampiezza non supera i dieci metri, che rapportati alla distanza dal polo delle grandi piramidi (7000 Km), mi pare non ci sia un gran che di cui preoccuparsi a voler considerare pressoché stabile la posizione del nord geografico.

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  11. Sandro sta studiando cose bellissime e lo fa in virtù delle sue impressionanti capacità analogiche e, come si dice in sardo, 'de spiccai sa musca in s'aria'. Questo ci tengo a dirlo. Ma io lo avverto che ciò che non si basa su prove certe, anzi certissime, viene snobbato, anche al di fuori della cosiddetta Accademia (che però platonica com'è dovrebbe coltivare le 'idee' di chicchessia). Noi non lo snobbiamo perché gli siamo amici e proprio in quanto tali non accettiamo tutto tutto. Ciò che succede per me ed è giusto che sia. Spero che tra non molto ci mostri una bellissima scoperta astronomico -architettonica che ha fatto in San Giovanni del Sinis. Ma quella, secondo me, ha delle prove solide anche sul piano epigrafico (cioè la conferma la scrittura). La vedremo. L'astronomia e l'epigrafia e la scultura ci hanno dato la prova provata di quel portento di documentazione religiosa solare -yhwistica che si trova a Maimoni. Se ci si allontana dalle 'prove provate' che possono dare solo più discipline e si confida sulle proprie certezze c'è il rischio del 'burrone' e che tutti impietosamente poi rimarchino quella eventuale rovinosa caduta. Lo so, uno può fregarsene e tirare diritto perché il burrone non c'è. E allora niente e nessuno lo fermerà.

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  12. Ha ragione il signor Francesco,le 2 colonne di Maimoni stamani,confrontandosi, ci hanno affascinato con le loro con lconoscenze. Grazie alle dissertazioni tra persone grandi ci arrichiamo tutti. A questo punto ci vorrebbe anche un parere de sa mamasarda.

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  13. Sa mamasà in questo periodo ha la testa per aria, quel poco che è sulla terra pensa a Monte Prama! con tutto quel che sta venendo fuori da lì in questi mesi, non riesco a pensare ad altro argomento più affascinante. Sandro mi perdonerà spero, e se non mi perdona fa los tesso, perchè tanto con la testa per aria non sarei capace di dire nulla di intelligente.

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  14. Aba,tu sei sempre,ma sempre giustificata,sa mamasarda è giustificata in anticipo,è troppo seria e grande.Signor Sandro,mi scusi se mi sono permessa di giustificarla anche a nome suo. e di tutti gli amici del blog.

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  15. Parlavo di offendere o non offendere in relazione a quanto scritto e temuto dalla signora Grazia. Con te non ci poteva essere dubbio.
    Per l'altro, invece, continuiamo a percorrere strade che non s'incrociano, visto che tu sembri parlare di Nord geografico come un luogo, un punto definito sulla crosta terrestre e non di una direzione che poteva essere afferrata se non puntando ad un punto del cielo in cui andava a parare il prolungamento dell'asse terrestre.
    Ora che ci sia un punto fisso o piuttosto mobile sui ghiacci artici, credo che non interessi nessuno, salvo a capire in che direzione muoversi per andarci dritto incontro. Certo gli Egizi non lo vedevano con gli occhi, e neppure noi ora lo vediamo quel punto anche se vi fosse piantata la bandiera dei 4 mori, perciò è d'obbligo puntare gli occhi al cielo e guardare verso un punto nel firmamento dove è stato calcolato andrebbe a finire il prolungamento dell'asse.
    Scusa se sto parlando come un bambino afgano, ma è meglio capirci.
    Ora, nel 2015 voglio dire, si sa che quel punto preciso ci viene indicato con la Stella Polare, con una precisione di scostamento inferiore a un grado. Pensa però che quella stella viene chiamata Polare mica da tempo indefinito, perché all'epoca di Giulio Cesare a esempio, aveva altro nome e non indicava precisamente il Nord geografico e celeste.
    Capita così che al tempo della costruzione della Grande Piramide, il nord era da cercare in qualche parte del cielo, assolutamente non coincidente con la nostra Polare, così come tra qualche migliaio di anni, metti 12000, forse verrà chiamata con quel nome la stella che oggi chiamiamo Vega, ben distante in gradi, vista dalla Terra, dall'attuale punta del Carro Minore che sarà diventata una ex.
    Tutto questo pellegrinaggio dell'asse terrestre è dovuto alle conseguenze delle forze gravitazionali sul nostro pianeta (dico nostro anche se in effetti non ci appartiene, non ne abbiamo il possesso, siamo noi che apparteniamo ad esso), esercitate dalla Luna, dl Sole e dagli altri pianeti, chi più chi meno, a seconda della distanza che varia di giorno in giorno. Balla dunque l'asse terrestre e con esso balla inconfutabilmente anche il Nord geografico-celeste, che si fa un giro fra le costellazioni polari all'incirca ogni 26000 anni.
    In conclusione chiedo a me stesso, per non far violenza sulle menti altrui: se il Nord geografico-celeste di oggi differisce da quello di cinquemila anni fa, chiaramente vi sarà uno scostamento del Sud, ma l'Est e l'Ovest saranno rimasti immutati?
    Di conseguenza, se fossero mutati (e non capisco come abbiano fatto a restare fermi e muti) e l'allineamento riferito ai punti cardinali odierni delle Piramidi è perfetto o quasi, devo pensare che fossero quanto meno errati quelli di allora?

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    1. Francu stiamo davvero parlando due lingue differenti. Innanzi tutto per gli antichi egizi, il nord geografico non aveva alcuna valenza, per loro piuttosto aveva valenza il sud, che indicava le sorgenti del Nilo (per parte mia, penso che per loro il nord non avesse alcuna rilevanza perché non avevano esigenza di navigare in mare aperto, perché questo in definitiva ha fatto si che fosse importante il nord), inoltre quello di cui tu parli è l’individuazione del polo nord celeste che attualmente è individuato approssimativamente da Polaris, stella alpha dell’orsa minore, mentre nel 2600 a.C era individuato approssimativamente da Thuban stella alpha della costellazione del dragone. Ma questo non cambia i termini della questione, in quanto il polo nord geografico rimane pressoché immutato a meno di sconvolgimenti planetari catastrofici. Ciò significa che quello che cambia è l’orientamento dell’asse terrestre rispetto alla sfera celeste, ma l’asse di rotazione terrestre rimane pressoché nella stessa posizione: ai poli; quindi i punti cardinali individuati 4600 anni fa in Egitto erano gli stessi di oggi, essendo trascurabile l’effetto della polodia.

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  16. Commentare un lavoro d’altri è compito ingrato ancorché inutile: perché con un giudizio negativo aggiungerai un nemico ad una schiera già lunga e, al contrario, con un commento positivo non farai che peggiorare la situazione dell’autore che, ringalluzzito, si muoverà ancora più spavaldamente sul bordo del precipizio, come sottolineato giustamente dal professore. Ma, in questo caso, per il lavoro titanico svolto in ben sei puntate (non certo un inno alla sintesi) mi sento di poter accennare un timido applauso. E non per il numero di pagine che avrebbe potuto essere ben più contenuto ma per l’ipotesi così entusiasticamente sostenuta, indimostrabile ma affascinante, almeno fino a che non verranno ritrovati scritti antichi che possano supportare l’intuizione. Che, in effetti, darebbe un senso alla spesso contemporanea presenza di quella misteriosa asta e della figurina simile a un logo. Dei vari passaggi , poi, mi piace che l’inizio del rito, tendente in fondo a stupire una folla prostrata, prenda avvio dal tracciamento dell’Est, suggerendomi l’accostamento alla teoria del prof. Alberto Palmucci che nel Pantheon etrusco individua in alto l’Est, al posto del Nord. Est che si porta dietro, anche nella religiosità dei Tirreni, una serie di divinità compiacenti e benevole. Ora se la parola TNT, in protocananaico che era un po’ la lingua inglese di oggi tra secondo e primo millennio a.C., potrebbe essere tradotta come dono, il dono del dio (Ba’al) nel manifestarsi all’uomo ma che l’uomo, secondo il positivista Sandro Angei , è stato in grado di elaborare, c’è da sperare che, dopo questo sforzo, l’autore si riposi in attesa di ancor più impegnativi traguardi con il miraggio però di una soluzione dimostrabile (magari proprio all’ombra di un grande caduceo).

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  17. Prima di andare a nanna devo ringraziare il signor Angei ed il signor Francu perchè, attraverso le loro diatribe, sto imparando un sacco di cose interessanti e a me,prima,sconosciute.

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  18. Sarà meglio mettere un punto e basta, visto che, come ho detto nel primo intervento e tu ribadisci nell'ultimo, stiamo parlando due lingue diverse. Inutile che tu dica che gli Egizi preferivano orientarsi col Sud, perché per esso sorgono gli stessi problemi venuti alla luce per il Nord.
    Come fai a individuare il Nord geografico con un cortile là sui ghiacci, cioè un Nord fisico, quando esso è una direzione, esattamente come una direzione è L'oriente e altra direzione opposta è l'Occidente. O hai trovato anche un Est geografico in un cortile da qualche parte del mondo?
    Quanto al tuo lavoro, io trovo giusto che ti gasi, sia per la magnitudine, sia per l'originalità delle ipotesi. Lo trovo degno e giusto, come dicono alla Messa, e mi trova d'accordo e un poco mi fa invidia, dato che io sono come un ragno, non sono mai contento della mia tela, anche quando molti l'ammirano e l'apprezzano.
    Ha ragione chi dice che il mondo è bello perché è vario.

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