venerdì 2 novembre 2018

Nota a margine di un recente articolo di Sandro Angei. Santa Cristina di Paulilatino: nessuna santa martirizzata ma solo una antichissima 'funtana' nuragica del tutto singolare per concezione. Quella sì davvero 'santa'.


 

di G. Sanna

 
 La chiesetta medioevale di Santa Cristina
La chiesetta campestre di Santa Cristina di Paulilatino fu costruita, con ogni probabilità nel XII secolo dai Camaldolesi ma è probabile che le origini di essa fossero bizantine (1). La venerazione per questa santa, anzi santissima stando al terribile martirio (2), non trova però, stranamente, luogo nel resto della Sardegna   se si esclude la Santa Cristina di Bonarcado costruita per compensazione e ad imitazione di quella paulese (3). Il martirologio romano e quello geronimiano danno notizie quanto mai diverse e contrastanti sulla nascita e sulla morte della santa facendo pensare che in realtà la santa italica o fenicia sia una santa farlocca, andando ad accrescere così quella sarda la schiera dei santi isolani inesistenti oppure presi in prestito dai ‘santi’ nuragici (4). La leggenda della vergine orrendamente seviziata più volte e gettata in un lago o addirittura, nella versione sarda popolare, nel pozzo che prenderebbe nome dalla ‘santa’, è indizio che la devozione ‘ab antiquo’ fosse ben altra e che riguardasse sì il pozzo sacro attiguo alla chiesetta medioevale ma nessuna vergine martirizzata.



Il luogo di culto popolare era la fontana (sa funtana) santa con il suo significato particolare; luogo ‘pagano’, con un culto pagano,  che il cristianesimo cercò e riuscì col tempo ad annichilire con la solita operazione, assai collaudata, risalente a Gregorio Magno (5), di costruire luoghi (chiesette) di culto cristiano accanto a quelli antichissimi della ‘religio’ nuragica.


Oggi, grazie al singolare quanto geniale studio astronomico e archeologico assieme di Sandro Angei sul pozzo sacro (6), manufatto oggetto di studi scientifici anche a livello internazionale, si è in grado di capire che il culto ritenuto pagano riguardava la luce e l’acqua, ovvero il culto del sole (molto meno, pare, quello della luna) apportatore di salute e di vita, del quale si celebrava l’anastasis in un giorno ben preciso dell’anno, il 21 di Aprile ,  momento in cui il grano promette bene (o male) circa la sua maturazione. Data questa che l’autore, con esemplare metodologia filologica, mostra esistente, per riscontro scientifico astronomico, in altri siti del culto solare nuragico (7). Tale culto dell’anastasis trova però nel pozzo di santa Cristina una variante di incredibile immaginazione e spettacolarità: il fenomeno del sole che, nella data particolare primaverile, viene magnificato da un accorgimento tecnico dovuto alla presenza dell’olio  che e per la sua particolare natura e per rendere calmo lo  ‘specchio circolare’ della fontana, rende ancor più eclatante la luminosità del raggio riflesso.


Un pozzo dunque o, meglio, una ‘funtana’ unta, resa santa anche attraverso l’olio santo che funge sia da agente meccanico amplificante il fenomeno astronomico sia da simbolo purificatorio e di rigenerazione delle messi e dell’uomo in un ben preciso periodo dell’anno.


Sandro Angei intuisce il valore fondamentale dell’unzione cerimoniale e pensa al Cristo e quindi alla radice del verbo greco χρίω. Cosa verissima in quanto altrettanto logica. Ma verissima lo è anche e soprattutto perché lo studioso, senza avvedersene, ha reso possibile la soluzione del motivo per il quale il luogo è denominato ‘pozzo di Santa Cristina’, ovvero perché ha facilitato l’interpretazione del toponimo per nulla riconducibile ad una santa cristiana ma pur sempre estensibile ad una santità.


Infatti a noi sembra che il toponimo possa spiegarsi perfettamente così. In primo luogo bisogna rimettere la voce aggettivale  ‘santa’ al giusto posto ed attribuirlo a ‘sa funtana’ e non a 'Cristina'  che diventa così ‘funtana santa’. Quindi pensare ad un altro aggettivo, sempre da riferirsi alla ‘funtana’ che è  χριστή (part. passato f. del verbo χρίω).
La fontana santa nuragica solare del sito di Santa Cristina di Paulilatino

    Il risultato sarà ‘funtana santa χριστή’ e cioè ‘fontana sacra unta’. Il dato però sarebbe insoddisfacente perché il χριστή darebbe ‘cristé’ con fonetica vocalica che male si adatterebbe alla voce ‘cristi(na)’. Ma il χριστή del parlato greco tardo è proprio χριστì dal momento che qui abbiamo a che fare ancora (8) con il bizantino che, come si sa, per ‘iotacismo’, pronuncia ‘iota’ lo ‘eta’ (9). Quindi si ha foneticamente in origine  ‘funtana santa cristi’(e non cristè). Diventata poi (per calcolato quanto comodo intervento semantico depistante della religio cristiana), o per facile esito di troncamento fonetico (10) o forse per l’influsso dell’accusativo femminile (11) χριστήν (χριστίν), ‘CRISTI(NA). E’ facile capire che il fenomeno linguistico del Santa Anastasia di Sardara, ovvero la conversione  della voce greca anastasis in nome proprio (Anastasia) con il traslare l’aggettivo ‘santa’, quello riferito invece in origine alla ‘funtana’,  è lo stesso preciso del Santa Cristina.


Ci sembra dunque che il dato toponomastico (Cristina, esito fonetico di un participio passato di χρίω) conforti in pieno (ce ne fosse bisogno!) la scoperta, fatta da Sandro Angei, dell’olio dell’unzione della fontana, superbamente immaginata e costruita dai nuragici in forma spettacolare calendariale, sia per l’evento della ‘rinascita’ delle messi sia per il culto e per i riti primaverili attinenti anche e soprattutto alla  ‘rinascita’ (anastasis) materiale e spirituale degli uomini.       

    



Note ed indicazioni bibliografiche
1. Uno studio specifico archeologico sulla costruzione della chiesetta campestre paulese, da quanto sappiamo,  non esiste. Le notizie fornite dagli archeologi sono scarse e assai vaghe (v. Moravetti A., 2003, Il santuario nuragico di Santa Cristina, Delfino ed. Sassari, pp. 37 - 40). Quello che si sa con certezza è che essa venne rimaneggiata più volte.  
2. Spada A.F., Storia della Sardegna Cristiana e dei suoi santi, S’Alvure Oristrano, p. 291.
3. V. Moravetti, 2003, Il santuario nuragico, cit. p. 40 su informazione dell’Angius  
4. Santu Gayni,  Santu Lussoriu, Santa Amada, Santa Gilla, Santu Bachis, Santu Jacu, Sant’Efisy, ecc.(per quest’ultimo santo, attestato in uno dei documenti nuragici più antichi scritti (X - IX secolo a.C.)  si veda il nostro La Stele di Nora. Il dio il dono il santo The God the Gift the Saint, 2009, pp. 89 - 91.  
5. Che l’espediente ottenesse successo lo dimostrano le numerosissime chiese campestri cristiane sorte in tutta l’isola vicine o assai vicine ai templi e ai santuari nuragici. Si sa che detto espediente fu introdotto dalla sistematica politica antipagana  di Gregorio Magno  (540 - 604 d..C.) . Il suggerimento pragmatico del pontefice alle autorità già cristianizzate, attuato su scala europea, fu quello di non distruggere i templi pagani ma di accostare ad essi padiglioni o edifici religiosi cristiani (chiese) per abituare, col tempo, fedeli e pellegrini, ancora attaccati  agli antichi riti e agli antichi monumenti, all’adorazione ‘del vero Dio’. Per la Sardegna v. Turtas R., 1999, Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle origini al 2000, Cittù Nuova Roma, pp. 131 - 134. L’elevato numero delle chiesette costruite presso i monumenti nuragici è però anche indice di una fortissima resistenza dei ‘pagani’ sardi, resistenza religiosa che durò per mille anni ancora, sino al 700 e oltre, stando alle lettere sullo stato della religione che i vescovi sardi inviavano periodicamente a Roma.  
6. Ancora oggi la denominazione degli specifici monumenti sardi è quella di ‘pozzo sacro’ nonostante si sia persa del tutto la cognizione sul quid di quella ‘sacralità’.
7.  http://maimoniblog.blogspot.com/2017/09/il-pozzo-sacro-di-santanastasia-di.html#mor
8. I sacerdoti della chiesa bizantina ebbero un ruolo importante nell’evoluzione della cultura religiosa cristiana in Sardegna. Essi, giunti in Sardegna,  occuparono via via molti edifici antichi (non solo nuragici ma anche del neolitico!) adattandoli al loro specifico culto e ai loro riti.
9. Si pensi, per esempio, all’isola di Creta non più pronunciata classicamente  Κρήτης  ma Kρίτις.
10. Troncamento sillabico o apocope in fine di parola: Cristina > Cristi. Si pensi per questo fatto all’uso frequente del troncamento nella lingua sarda: o Zi (zi), abbaida su fogu si est alluttu. Il troncamento può essere anche bisillabico, riguardante cioè le due ultime sillabe della parola. Cristina, ad esempio,  nell’invocazione familiare potrebbe diventare indifferentemente  ‘Cri’ o  ‘Cristi’.  'Cri (o 'Cristi'), a cando sa coia?  
11. ‘Da connoschies sa funtana santa χριστίν (la conoscete la fontana santa unta?). Diventato poi 'da connoschies sa funtana 'de Santa Cristin(a).



            

13 commenti:

  1. Professore, il suo contributo di carattere toponomastico è, a dir poco, geniale. Solo un grecista del suo livello poteva individuare la nicchia dove la prova si nascondeva. Ha indotto l'errore “Bizantino” a diventar prova a supporto della mia tesi sulle peculiarità del pozzo di Santa Cristina.
    Grazie, davvero grazie da parte di tutti noi.

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  2. Vacci piano perché, come altri, sai bene quanto giudichi aleatori i risultati di una disciplina quanto mai soggetta a pericolosi scivoloni. Ma stavolta le prove oggettive (fondamentale quella tua del culto con l'olio e la sua persistenza nel bacile) mi sembrano davvero tante e tutte consistenti. E mi pare che la linguistica proceda di pari passo con la storia, con l'archeologia e con l'archeoastronomia.

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  3. "Anta", oppure con l'articolo "s'anta" indica la parola "tempio", tanto nella Penisola Iberica (dove in Portogallo e Galizia tutti i dolmen ancora vengono chiamati "Anta", mentre nel meridione vari siti megalitici conservano ancora il gruppo letterale anta nel toponimo, vedi Antequera) quanto in Sardegna, dove un altro dei nomi dei cosiddetti "santi farlocchi" della Sardegna, quel "sant'Antine" inesistente nel calendario ecclesiastico, potrebbe derivare da questo termine, usato pure in un altra zona sacra, il Tempio di Antas. Tina o Tana erano varianti che si ritrovano anche nel Balcani o nei paesi celtici del nome della dea Tanit. E se Cristina stesse per "olio di Tanit", o "unta di Tanit"?

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    1. Domanda a cui è difficile rispondere. Ma pian piano si fa luce... a piccoli passi. Un giorno o l'altro, lo studio, la passione e la perseveranza e magari un po' di fortuna potranno render conto delle nostre fatiche e dar risposta a queste domande.

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  4. Valeria, 'anta' in sardo antico e moderno significa 'colonna', 'palo', 'sostegno' (Wagner DES, 103) . Is Antas sono le colonne del tempio di Pranu Antas ad Allai e a Fluminimaggiore. Ma 'anta' per traslato significava e significa in sardo 'sostegno, protezione'. Il tempio con le sei colonne, come quello di Allai e di Fluminimaggiore, è attestato in un modellino in pietra trovato in territorio di Samugheo (pare). Sei colonne perchè è il sei il simbolo della divinità nuragica androgina luminosa soli -lunare (poi passata all'etrusco). Quindi 'anta' = tempio potrebbe andare anche perchè 'anta' in sardo per traslato significa 'protezione'. Le colonne indicano proprio un sostegno protettivo. Ma il mio tentativo interpretativo che supporta in pieno la scoperta di Sandro Angei è basato soprattutto sul 'sa'an (santo) che è voce semitica ben nota, soprattutto nella toponomastica siro palestinese (si pensi alle due città 'ABASA'AN, PADRE SANTO, che si trovano nella striscia di Gaza ) e in quella sarda (ABBASANTA). Se non ci fosse la voce, pace. Potrebbe entrare in campo anche qualche altra soluzione. Ma la voce c'è e quindi mi sembra logico attribuirla a funtana. E' quella voce, non 'anta', che ha permesso che si creasse confusione semantica a vantaggio di una SANTA ' Cristina' inesistente.

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  5. Figurati Valeria. Ma ho scritto in aggiunta qualcosa sulla mia pagina di facebook. Forse può servire per altro (movimenti culturali da Ovest o da Est) che tu puoi ben comprendere ma che sarebbero inopportuni in questo specifico post.

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  6. Buongiorno Professore
    I suoi studi sono sempre illuminanti e il risultato di tanta passione ma anche tanta fatica e tanta competenza.
    Una domanda che spero abbia senso per lei: San Gemiliano celebrato in varie parti della Sardegna (incluso il sito non lontano dal Nuraghe Santa Barbara in cui sorge una chiesetta campestre a lui dedicata che sarebbe stata edificata proprio sopra un pozzo risalente), potrebbe avere una "storia" simile a quella di Santa Cristina?
    Un abbraccio

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    1. E' stato accertato che sotto la chiesa ci sia un pozzo?

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    2. Mi spiace Sandro. Non sono in grado di dartene certezza.

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  7. Non so. Forse sì. In sardo mi pare che dicano Santu Millanu e mai (mi pare) Santu Gimiglianu. Che il segreto del toponimo sia in quel 'Millanu'? Voce per ora incomprensibile. Forse ci vuole quel furetto di Sandro Angei per darci la dritta. Ma dovrebbe indagare sulla natura di quel pozzo.

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  8. Per me povero ignorante in materia , molto interessante . Grazie .

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  9. Buongiorno, ho sempre pensato che la Santa Cristina di Paulilatino sia stata "importata". A Bolsena in provincia di Viterbo c'è una importante basiilca a lei dedicata, a luglio vi si svolgono i cosidetti "misteri" veri e propri quadri teatrali viventi che riproducono, con costumi d’epoca, i martiri subiti dalla giovane cristiana. Fra questi "La pietra" poichè venne gettata in mezzo al lago con un sasso, ma anziché affondare la ragazza galleggiò miracolosamente. La pietra diventò l’altare della basilica sul quale, nel 1263, avvenne il Miracolo del Corpus Domini. Si è accertato che il culto per la martire era già esistente nel IV secolo. Perchè quindi anche accettando in pieno la sua interpratazione, non ipotizza che nella cristianizzazione della Sardegna non vi sia volutamentre innestato questo riferimento? Grazie

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