L’architetto Franco Tabacco ha pubblicato
una vignetta che ha inteso, in qualche modo,
smuovere le coscienze circa un fatto che sa dell’incredibile: la perizia
non ancora effettuata, a 20 anni dalla consegna da parte dell’agricoltore
Andrea Porcu, della ‘tavoletta sigillo’ (detta 'placchetta') rinvenuta nei pressi del Nuraghe
Tzricotu di Cabras.
Nel blog di
Gianfranco pintore prima, in Monte Prama dopo ed infine in quello
diretto tutt’ora da Sandro Angei, più volte si è detto (talora gridato) che era
urgente far periziare il reperto, data la rovente polemica, pressochè immediata, sorta (e sfociata addirittura in denunce e arresti di denigratori) tra chi
sosteneva in essa la presenza della scrittura nuragica (XII - XI secolo a.C.) e
chi invece sosteneva l’assoluta anepigraficità, ritenendosi la ‘placchetta’
(sic!), da parte di uno studioso non epigrafista, un prodotto bizantino
a scopo di creazione di ‘linguelle’ di cinturoni per parata.
I tre appelli però
non hanno sortito alcun risultato. E di perizia, da quanto sembra, neanche a
parlarne. ‘Inutile’, si sussurra, ma mai apertamente si dice. Eppure esiste un documento negli uffici della
Sovrintendenza di Cagliari con data 18 Dicembre 2007 inviato dal Sovrintendente
ad ‘interim’ di allora Giovanni Azzena dove si parla (pur ritenendo, sulla base
dell’interpretazione fatta dal medioevalista Paolo Benito Serra, l’oggetto di
Tzricottu un prodotto medioevale), della
necessità di fare comunque una perizia chimico –fisica circa la sua
autenticità. Mica si parla di inutilità. Si parla di ‘opportunità’!
Curiosa
l’affermazione del Sovrintendente perché manifestamente contrasta con il resto dello scritto dove si dice con
tono sicuro, rispondendo al sindaco (v. documento allegato) di Cabras di allora
( dott. Trincas Efisio), della disponibilità di restituire un oggetto per il
Museo di Cabras dei cui ‘valori’ e ‘significati’ avrebbe dovuto parlare
l’esperto (sicuramente il Serra succitato) per poi essere collocato nel museo
con didascalia conseguente ai detti valori e significati scientifici. E che? Se
qualche dubbio c’era sul documento presunto bizantino perché non affidarsi immediatamente
alla perizia scientifica metallografica e attendere prima il responso e dopo,
solo dopo, per un minimo di prudenza, riconsegnare l’oggetto, con e in una ‘manifestazione
pubblica’ organizzata per la presentazione di esso? Perché quello che si doveva
comunicare prima, come indispensabile e come obbligatoria premessa, è stato scritto dopo, alla fine del
comunicato? Perché balza evidente che, se la perizia la si consigliava al
Sindaco ( Soprintendenza e Comune devono in questi casi agire di concerto) qualche dubbio per quel
documento, non proprio perspicuo, esisteva nella mente del Sovrintendente o
nella mente di altri della Soprintendenza.
Di recente prima di
parlare di manifestazioni o di altro al comune di Teti il Sovrintendente Minoja
si è sentito in dovere, stanti i sospetti, di far periziare prima la barchetta fittile con i
segni di scrittura. Dopo e solo dopo c’è stata la manifestazione pubblica con l’annuncio
della autenticità (con sorpresa e delusione somma per taluni ‘decostruzionisti’)
del manufatto e della scritta impressa 'ante coctionem '(con il conseguente annuncio di studi
epigrafici in corso sul singolarissimo reperto). Perché con ostinazione sul
documento di Tzricotu si procede così diversamente? Perché S’Urbale di Teti sì
e Tzricotu no? Se davvero si riteneva con notevole sicurezza che il reperto non
c’entrava nulla con il nuragico perché non puntare su di una manifestazione che
dopo il responso peritale annunciasse definitivamente al mondo la recenziorità
medioevale del documento a scopo ornamentale e non la sua antichità nuragica a scopo
epigrafico? Perché non stroncare definitivamente ogni nostro pronunciamento su quello che addirittura si è definito come uno dei sigilli cerimoniali dei Giganti?
Ma approfittiamo del caso (la preoccupazione
del Sovrintendente espressa nel documento) per chiederci ancora una sola cosa: perché
mai una richiesta di perizia per sospetto di falso su di una (presunta) matrice
di linguelle di cinturoni bizantini? Si sono registrati nel passato e si registrano
forse oggi dei casi di falsi in Italia e in Europa eseguiti per ricavare
profitti per modani da linguelle medioevali o per strumenti di qualsiasi genere
per produzione di artigianato medioevale? Esistono mai in qualche parte del
mondo falsari così ingenui da riprodurre paccottiglia o quasi, senza valore alcuno
se non quello nullo documentario circa
la storia dell’artigianato bizantino? Quale folle mai sarebbe disposto a sfidare il
codice penale (con anni di galera) per
burla o per collocare nel mercato clandestino un prodotto senza nessun valore commerciale?
Comunque, lasciando
perdere il resto, il Soprintendente ha
detto che c’era bisogno di una perizia. Lo ha detto nel 2007. Abbiamo la
prova. E da allora? Perché i funzionari della Sopritendenza che hanno ricoperto
successivamente (e con maggiore autorità di carica) il ruolo dell’Azzena non
hanno fatto il loro dovere (quello del succitato Minoja), stante la polemica
ancora più aspra sorta sull’autenticità e sul valore dell’oggetto? Perchè non
sono più ‘ritornati’ alla carica circa
l’opportunità e agito di concerto
circa la perizia con gli altri sindaci del Comune di Cabras, quelli che hanno
preso successivamente il posto politico di Trincas? Si sa bene che questi ha
detto pubblicamente picche alle richieste di garanzia dell’Azzena sulla
‘manifestazione’ da tenersi a Cabras, date le perentorie quanto autoritarie modalità
richieste. Con un conseguente stallo di iniziative, pubbliche o no, più che naturale che ci fosse. Ma dopo, quando le
remore non sussistevano più, gli altri
Sindaci sono stati interpellati? Il dovere di chi è incaricato alla tutela dei
beni culturali (di qualsiasi bene culturale) ha spinto forse ad interpellarli? E’ stata ri -promossa
qualche manifestazione per presentare il reperto di Tzricotu e collocarlo così una
buona volta nel Museo Marongiu? Hanno ri -consigliato quella perizia che avrebbe
potuto risolvere una volta per tutte il dato della scrittura o non scrittura
delle cosiddette ‘tavolette’ di Tzricotu?
Ora, a gridare sulla perizia, ad invocarla, stranamente, non
sono i sostenitori sicuri del prodotto ‘bizantino’, coloro che se vogliono
possono tanto, ma purtroppo solo coloro che anche se vogliono non possono nulla. Qualcuno
di questi ultimi esasperato per il silenzio e la paralisi ventennale ha
minacciato il ricorso ad una seconda interpellanza parlamentare (quella che ha
smosso le acque sulla barchetta di Teti scritta, sul coccio mogorese scritto in
caratteri cuneiformi, visti dal prof. Pettinato, e su altro ancora). Sarà il
caso di appoggiarla e di promuoverla subito o aspettare che vadano in porto le attuali
promesse per una svolta di politica nuova per la valorizzazione dei beni
culturali da togliere alla politica ‘centralistica’ delle Sovrintendenze?
Nessun commento:
Posta un commento