domenica 25 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - terza parte


di Sandro Angei 

6. La funzione del pozzo sacro

    Abbiamo appurato che il monumento, benché orientato secondo le note specifiche geometriche, non poteva manifestare la ierofania nel modo classico, ossia luce riflessa che penetra e si manifesta all'interno della camera attraverso la scalinata, come avviene nel pozzo di Santa Cristina e di Funtana coberta; inoltre nulla ci induce a pensare che la manifestazione luminosa fosse legata in modo stringente alla illuminazione di un caratteristico particolare architettonico come avviene nel pozzo di Santa Cristina (concio alfa del 12° anello). Per tanto a quale altra funzione poteva essere dedicato il pozzo di Is Pirois?


   Di primo acchito, e rifacendoci alla particolarità della riflessione luminosa che entra dall'oculo ed esce, per così dire, dalla scalinata, ho pensato ad un rito dal sapore spettacolare, forse anche verosimile, che però abbiamo deciso di descrivere solo in nota perché poco, anzi nulla, ha di scientifico12.

***

  In nota (12) abbiamo esposto una ipotesi sui generis, ma una seconda ipotesi, ben più plausibile, prende in considerazione l'uso della manifestazione ierofanica per uno scopo di natura più pragmatica

giovedì 22 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - seconda parte


di Sandro Angei

Vedi  Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

 4. Il metodo “Santa Cristina”

   Appurato il dato oggettivo della presenza del foro apicale nella cupola del pozzo e attribuita una precisa funzione all'edificio soprastante; possiamo proseguire il nostro studio per dire innanzitutto che quell'azimut di 141°41', secondo noi è il risultato di un calcolo geometrico basato sempre sul noto metodo scoperto nel pozzo di Santa Cristina e testato in quello di Funtana coberta di Ballao.


   Naturalmente è uguale il metodo ma non la costruzione geometrica che varia continuamente; nessun pozzo è uguale ad un altro, e questo lo abbiamo già sperimentato nel pozzo di Ballao, dove la costruzione geometrica dell'orientamento avviene in senso antiorario.

   Analizziamo innanzitutto quale fosse il principio che dettava l’orientamento della scalinata del pozzo sacro, perché da questo si capirà quale sia il vero orientamento.


   A Santa Cristina notiamo che i raggi solari entrano all’interno del pozzo seguendo lo stesso percorso che segue l’uomo che scende al bacile lustrale secondo un azimut di 153°8’. Lo stesso succede a Funtana coberta con la scalinata orientata ad un azimut di 240°43’. Pertanto possiamo dire che la direzione della scalinata nei due pozzi coincide con quella che assume il sole quando è in asse a quelle, perché il sole entra dalla scalinata.

domenica 18 ottobre 2020

Il pozzo sacro di Is Pirois - prima parte

L'idrometro divino di Is Pirois

Natura acquifera di un pozzo sacro

di Sandro Angei

vedi: Book fotografico di un pozzo sacro



   Chi professa la ricerca scientifica di norma non parte da presupposti che in seguito tenta di dimostrare, ma esamina quanto emerge dai lacerti del mondo antico per tentare di ricostruire almeno una piccola porzione del passato. In definitiva, lo studioso esamina tutte le fonti nel loro complesso e solo in seguito trae le conseguenze, accetta e fa proprio quanto ha individuato.

Da “Studi sul tofet” di Piero Bartoloni in RIVISTA DI STUDI FENICI XLIII-2015


Riassunto e spiegazione: Partendo dalla descrizione del monumento, il saggio intende scoprire la funzione del pozzo sacro di Is pirois, perché tanti, troppi particolari ammantati dal mistero devono ricevere una se pur ipotetica ma plausibile risposta. Una risposta che possiamo e dobbiamo cercare nell'archeoastronomia, nell'architettura, nella topografia, nella geometria e in tutte quella branche della scienza che possono far luce lì dove l'archeologia classica non ha soluzioni. La scoperta di un particolare architettonico deve essere studiato nei minimi particolari e sottoposto ad analisi scientifica. La topografia aiuta in questo e l'astronomia, tramite i software ad essa dedicati, danno un efficace e veloce contributo in termini di dati scientifici, tanto da poter prevedere cosa succede nel periodo tra il 16 febbraio e il 28 di marzo e tra il 13 settembre e il 25 ottobre; e poter organizzare un sopralluogo (2 ore di auto) per registrare fotograficamente l'evento. Tant'è che le fotografie pubblicate non sono dettate dal caso che avrebbe voluto fossi nel posto giusto al momento giusto, ma sono il risultato di un preciso calcolo astronomico, tant'è che prima di partire per Is pirois il 16 di ottobre sapevo che dovevo essere davanti al pozzo sacro almeno alle ore 10:30 per poter con calma attendere la ierofania, che puntualmente si è verificata ed ho documentato a partire dalle ore 11:17 fin verso le ore 11:56.


Prologo

   Percorriamo, Stefano ed io, lo stradello che porta al sito archeologico del pozzo sacro di Is pirois. E' una bella giornata di sole, forse anche troppo, visto che picchia forte di buon mattino. Già da una

venerdì 16 ottobre 2020

Book fotografico di un pozzo sacro

 



   Capire cosa ritragga la fotografia qui sopra è cosa ardua, ma ho voluto inserirla per prima perché il protagonista di questo servizio fotografico è proprio lui il sole. E' lui a muovere la scena. E' lui che impone la costruzione dei pozzi sacri.

Certamente questa seconda fotografia è ben più esplicita, è quasi identica alla prima ma la potenza lucifera del sole è dosata, come se quello spiraglio tra i due conci limiti il suo fulgore. Ma lasciamo che siano le immagini a parlare.













Questa sequenza fotografia è l'anteprima di un saggio che tra breve pubblicherò in questo blog.

👉segue



mercoledì 14 ottobre 2020

TRE VOCABOLI

 F. Pilloni

Oggi vorrei (in sardo è voglio, molto più diretto) parlare di tre parole soltanto, un poco particolari e popolari, nel senso che vengono adoperate dal popolo, dalla gente comune, meno dai signori.


La prima è APPRAPUDDAI.

Dico subito che il canonico Bissenti Porru non (ri)conosce questo vocabolo, pur essendo di Villanovafranca, dove parlano alla maniera della Marmilla o della Trexenta. Egli segnala un Apprapai ma, sembrandogli troppo agricolo (contadinesco), lo rimanda a Appalpai, sicuramente più signorile e, si pensi all’italiano “palpare”, molto più civile.



Apprapuddai possiede una forza significativa molto più potente. Si pensi a qualcuno che dice: “Di questa cosa io non ne mangio perché l’hanno apprappuddada in tanti!”, ciò che fa pensare che sulla “cosa” in molti ci abbiano ficcato le mani, e che non le avessero molto pulite.

Apprapuddamentu dunque, è il toccare con le mani, o con le dita delle mani o dei piedi, qualcosa o qualcuno senza nessun profitto.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fa tornare in mente quando, giovincelli, al cinema allungavamo la mano al buio verso la ragazza seduta a fianco. La cosa non era senza costrutto! E la vicina di posto non era “cosa” da scartare, perché nessuno l’aveva mai apprapuddada. Si pensi a che figura ci avrebbe fatto chi avesse riferito agli amici di aver apprapuddau una ragazza, al posto di dire che l’aveva lisciata, carezzata, piuttosto che pizzicata e leccata!



Il secondo vocabolo è ABBRABUDDAI.

In senso figurato, se uno, all’interno di una conversazione, mette parole che non ci appiccicano nulla, non diremoCosa stai apprapuddendi!”, che già non suona delicato, ma “Cosa stai abbrabuddendi!” che in italiano tradurremo con “Cosa stai blaterando!” o con “Bla bla bla!”.

Se stiamo attenti, quel abbraduddendi fa pensare pure a uno che comincia una frase e non la porta a termine, dunque a un discorso che non arriva a nessuna conclusione.



La terza parola è IMPRABASTAI.

Quando qualcuno si confonde e piglia aglio per cipolla, sia conversando che nel fare le cose, diremo “Ma cosa stai imprabastendi?”.

Imprabastai appare una forma molto peggiore di impiastrai, vale a dire combinare un impiastru (impiastro), e rendi meglio il disappunto per il casino che si è combinato.

Che si faccia attenzione perché impiastru è cosa differente da impastu (impasto): impastu è quello della farina (con acqua, sale e lievito) per fare il pane, quello della sabbia con la calce per fare la malta, e così di seguito; impiastru, a parte una cosa mal combinata o anche colui che l’ha combinata, vuol dire pure il miscuglio di erbe cotte (penso alla parietaria e alla malva) per fare una cucchedda, medicina antica per blandire il mal di denti e gli ascessi.

Cucchedda deriva da cucca, vale a dire trempa (guancia), perché si metteva s’impiastru appoggiato alla memoria (la tempia) o alla trempa.



Non per nulla, ma ora, tra quelli che hanno letto, qualcuno è in grado di dire se io, in ciò che ho proposto qui, ho abbrabuddau, imprabastau o solamente apprapuddau qualcosa?



Sono annoiato. La parte in italiano non ha migliorato nulla.

Non so a cosa sia servita.

mercoledì 7 ottobre 2020

TRES FUEDDUS

 Francu Pilloni


Hoi bollu chistionai de tres fueddus vetti, unu pagu particularis e popularis, in su sensu chi ddus imperat su populu de sa genti comuna, prus pagu de is sennoris.


Su primu est APPRAPUDDAI.

Nau luegu chi su canonigu Bissenti Porru no conoscit custu fueddu, mancai essit de Biddanovranca, anca fueddat a sa marmillesa o a sa trexentesa. Issu sinnalat unu “Apprapai” ma, parrendiddi troppu agriculu, ddu rimandat a “Appalpai”, seguramenti prus sennorili e, si pensit a s’italianu “palpare”, prus zivili meda.

Apprapuddai tenit una forza sinnificativa meda prus potenti. Si pensit a unu chi narat aici: “Deu de custa cosa no indi pappu ca dd’hanti totu apprappuddada!”, fait a pensai chi in medas inci hapat postu is manus, e mancu pulidas meda. 

Apprapuddamentu duncas, est su toccai cun is manus, o cun is didus de is manus o de is peis, calincuna cosa o a calincunu, chena nisciunu costruttu.

Apprapai, appalpai (in italiano palpare) fait torrai in menti candu, a giovoneddus, in su cinema allonghiaius sa manu in su scuriu a sa picciocchedda sezzida a su costau. E sa cosa no fut chene costruttu! E sa bixina non fut cosa de refudai, ca no fut apprapuddada de nemus. Si pensit a sa figura chi hiat a essi fattu unu chi hessit referiu a is amigus de hai apprapuddau una picciocca, a su postu de nai chi dd’hiat allisciada, carinniada o mancai spizzulada e linta!


Su segundu fueddu est ABBRABUDDAI.

In sensu figurau, si uno ponit fueddus in mesu a una chistioni chena ch’inci appoddint nudda, no heus a nai “Ita ses apprapuddendi!”, chi giai dilicau no sonat, ma “Ita ses abbrabuddendi!” chi in italianu heus a torrai cun “Cosa stai blaterando!” o cun “bla bla bla!”.

Fadendi attenzioni, custu abbraduddendi fait pensai puru a unu chi cumenzat una frasia e no dd’acabbat, duncas a unu discursu chi no portat a nisciuna conclusioni.


Su de tres fueddus est IMPRABASTAI.

Candu calincunu si cunfundit e pigat allu po cibudda, siat chistionendi che fadendi una cosa, heus a nai “Ma ita ses imprabastendi?”. Imprabastai parrit una forma meda peus de impiastrai, siat a nai fai un’impiastru, e rendit mellus s’arrenegu po su casinu cumbinau.

Chi si fazzat attenzioni chi impiastru est cosa differenti de impastu: impastu est de sa farra po fai su pani, s’arena cun sa carcina e aici sighendi; impiastru, a parti una cosa malicumbinada o chini dd’hat cumbinada, bolit nau puru s’ammesturu de erbas cottas (pensu a s'erb' 'i 'entu, a sa narbedda) po fai una cucchedda, mexina antiga po fai passai doloris de cascialis o ascessus.

Cucchedda benit de cucca, siat a nai trempa, poita si poniat s’impiastru appicigau a sa memoria (la tempia) o a sa trempa.


No po nudda, ma immui, intre is chi hanti liggiu, calincunu est in gradu de nai chi deu, in su chi hapu fattu innoi, hapu abbrabuddau, imprabastau o vetti apprapuddau calincuna cosa?


Seu arrosciu. Sa parti in italianu a cras o pustis.

Sempri chi serbat.


mercoledì 26 agosto 2020

Il pozzo di Santa Cristina - il tassello mancante.

La cooperazione arricchisce sempre la ricerca. Il singolo arriva dove può, dove la sua mente gli permette di arrivare; ma lo scibile non può esser contenuto in un'unica mente.

di Sandro Angei

vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 10° parte - Si dia inizio ai lavori!

 

Avvertimento

   Questo articolo fa largo uso di riferimenti a link esterni (link comunque relativi esclusivamente al saggio cui si riferisce). Questo per esigenze espositive e per non appesantire quanto qui trattato con numerose note che alcuni mal volentieri leggono. Nei riferimenti ai link ho apposto una nota in apice di colore rosso che indirizza verso il particolare che si vuol mettere in evidenza.

Introduzione

   La frase introduttiva pur rimarcando la necessità di cooperare tra studiosi in funzione del raggiungimento ottimale del fine perseguito, denuncia la mancanza di collaborazione, con la prospettiva consapevole, ahimè, che in molti casi non si potrà avere cooperazione volenterosa e sincera da parte di alcuno. In questo caso prevale l'intelligenza e l'intuito veicolato dall'esperienza, che sopperisce a questo stato di cose cercando, come un raccoglitore di asparagi che busca germogli verdi in un intricato verdeggiare della macchia, ciò che emerge dalla massa banale e scontata di dati inutili allo scopo.

   Il traffico di notizie e idee che trattano quei siti web di mio interesse mi appare caotico quanto veloce. Ma tra le tante idee, a volte anche bizzarre, ve ne sono alcune che catturano la mia attenzione. E' il caso, a parer mio naturalmente, di un articolo comparso il 18 agosto 2020 nel blog Quotidiano Honebu di Storia e Archeologia di Pierluigi Montalbano a firma di Marcello Onnis. 

venerdì 21 agosto 2020

21 agosto riprende lo spettacolo al pozzo sacro di Santa Cristina.

 Hanno inizio i festeggiamenti per la fine dell'anno agrario

di Sandro Angei

vedi: 21 aprile al pozzo sacro di Santa Cristina 1

Già, forse è proprio questa la circostanza, benché lo spettacolo luminoso d'agosto sia solo una conseguenza di quello del 21 di aprile. Periodo, quello d'agosto, che veniva festeggiato anche a Roma. Relitto di questa festa romana è il nostro ferragosto, ma non vi tedierò con la storia di questa; a noi interessa ciò che avveniva nella Sardegna nuragica circa 3000 anni fa.

Fig. 1 - 21 agosto 15 minuti prima dell'evento

   Da oggi al pozzo sacro di Santa Cristina riprende lo spettacolo luminoso interrotto il 21 di aprile. Si assisterà in sostanza per alcuni giorni ad un percorso luminoso che ha inizio verso le ore 12:00 sul lato sinistro della parete della camera e si completa verso le ore 12:37 all'interno del concio alfa del 12°

giovedì 16 luglio 2020

Per non dimenticare

di Sandro Angei

   Siamo a metà luglio, sto lavorando, nel frattempo sto studiando e riflettendo, e scrivendo... ormai la tastiera del computer è parte integrale delle mie mani, il mouse una sorta di animale che, muovendosi protetto dal palmo della mia mano ha i miei umori addosso, tanto che probabilmente tra non molto condivideremo lo stesso dna. Non ho voglia però di pubblicare alcunché, benché abbia un po' di carne da arrostire, ma la lascio per settembre, quando quei pochi o quei molti che ci leggono torneranno dalle vacanze.
Lo so che alcuni non vedono l'ora di leggere i miei articoli e quelli del Prof. Sanna e del nostro caro Francu Pilloni. Ma, visto che i due nominati sono beatamente distesi in barca a pescare (poveri pesci rintronati dai loro discorsi), perché io dovrei esser meno disteso di loro, che beatamente hanno messo in standby le loro idee da blog per

domenica 28 giugno 2020

DRAMMA alla SARDESCA


Francu Pilloni

Mi piacerebbe scrivere un dramma, un componimento ricco di personaggi tormentati, contraddittori, che vivono di certezze, di speranze e di illusioni, che esprimono passioni sincere e travolgenti, rimanendo coerenti con se stessi, caparbi e ostinati alla sardesca, vale a dire alla maniera, come è nel costume del Sardo Popolo.
Non ci riesco.
Sarà per quella nuvola di scetticismo che mi avvolge e spesso mi travolge, per quell’innata, insopprimibile ironia che si pone, come lente d’ingrandimento, fra me e la realtà, fra me e la vita, mia e altrui.
Voglio dire che mi manca la vena, l’estro, l’afflato dovrei dire per consonanza con la tragedia classica, perché personaggi di assoluto rilievo hanno bisogno di nutrirsi di parole auliche.

giovedì 25 giugno 2020

SARDEGNA ANTICA. CARI ARCHEOLOGI, NON ABBIATE PAURA DEI 'SEGNI'. NON MORDONO.

di Gigi Sanna
    Cari archeologi, ormai è un dato acquisito della ricerca scientifica in Sardegna. Se un qualsiasi manufatto, se un  qualsiasi supporto presenta dei 'segni' antichi non riconducibili subito a dei simboli noti e 'comprensibili' dalla 'pseudologica' attualizzante, se mancano di 'familiarità', bisogna accantonarli, rimuoverli e offuscarli con  più di un alone di sospetto. Al massimo citarli in qualche nota minima di qualche paginetta minima di una rivista minima di scienza minima. Non sia mai che sorgano discussioni con chi i 'segni' non solo li osserva ma anche li studia. Abbiamo visto nella mia pagina di facebook  l'immagine del toro e della serpentella gravida scolpita nella pietra distante pochi metri dell'ingresso del Nuraghe Losa

    Interesse? Nessuno. L'associazione abbasantese che vigila e cura gli interessi del nuraghe ha gridato e protestato per la 'pietra scritta' abbandonata alle intemperie e ritenuta 'niente' . Nulla da fare: 'che si facciano i fatti loro e vendano libri 'santificati' e biglietti d'ingresso'.
    Nella stessa maniera e forse di più si è gridato da parte nostra per la bellissima (forse un 'unicum') stele fallica di Aidomaggiore rinvenuta presso un'azienda agricola (v. fig. capovolta e da noi proposta, ormai anni fa, con orientamento corretto) con la raffigurazione di un 'mostro' metà uccello e metà pesce. 
    Che ci fa in una pietra antica (anzi antichissima) una simbologia siffatta? Risposta: niente. E quando uno qualsiasi del coro della permanente negazione per la negazione dice 'niente' vuol dire scientificamente niente. Eppure, potete pestarvi e sbattervi per terra, perché la stele è stata trovata e segnalata da altri. Da una semplice guardia forestale Ma quell'occhio gigantesco sul mostro uccello -pesce va presentato, va catalogato, va fatto andare per il mondo, va in qualche modo spiegato (possibilmente dando uno sguardo all'etrusco). Non vale 'zero' , cari miei,perché l'evidenza quando è stratosferica è zero solo per gli imbecilli o per le persone in malafede.

martedì 23 giugno 2020

Per non dimenticare. Durante l'età del rame Monte Baranta si distingue e pone un punto fermo al tramonto del solstizio d'estate.

Di Maymoni blog

   Vogliamo qui riproporre in forma integrale un articolo comparso in questo blog ormai quattro anni fa. Lo riproponiamo a festa consumata, perché nel tripudio chiassoso di eventi solstiziali di giugno, l'evento di Monte Baranta sarebbe passato, negletto, senza che alcuno fosse lì a cercarlo. A mala pena è stato cercato il solstizio d'estate a Santa Cristina, e lì poteva essere un tripudio di visite. Ma a quanto pare fà più effetto un evento voluto solo dalla fisica; tipo la riflessione dell'ombra che si capovolge nel medesimo pozzo, non per effetto voluto dall'uomo, ma per semplice principio fisico facilmente visualizzabile in qualsiasi tinozza addossata ad un muro. Oppure fa più scalpore la chiusura dell'orifizio apicale del nuraghe "Is paras" di Isili benché, anche lì, il solstizio d'estate sia pura casualità, almeno quanto lo è la Luna nel pozzo di Santa Cristina al lunistizio maggiore (se qualcuno ben ricorda la prova di ciò la esposi nello studio del pozzo sacro di Funtana coberta di Ballao). E questo perché, se consideriamo la sezione zenitale di un qualsiasi nuraghe troviamo che la cupola ogivale di gran parte di essi ha una forma tale che i raggi solari al mezzogiorno del solstizio d'estate illuminerebbero (vi fosse in tutti il pertugio apicale) il cerchio di base. E questo non perché si volesse creare una ierofania luminosa quel giorno, ma semplicemente (con buona probabilità) per quel rigore geometrico riscontrato nello studio del pozzo di Santa Cristina, dettato da uno strumento, il cosiddetto "mòdano", atto alla standardizzazione architettonica.

venerdì 19 giugno 2020

CARO PILI (MAURO). STAVOLTA SEI STATO MENO INCISIVO. SULLE STATUE DI MONTE 'E PRAMA ANCHE I SARDI C'ENTRANO SUL 'PASTICCIO ARCHEOLOGICO', COMPRESO IL 'SARDUS PATER'. LA SCOPERTA DELLA GRANDE STATUARIA COMPLICAVA E INFICIAVA IL CONCETTO DI SARDEGNA 'BARBARICA' E APPARTATA TEORIZZATO DALL'ARCHEOLOGO. COSI' COME PIU' TARDI LA SCRITTURA DEI SIGILLI DI TZRICOTU. E CI SI MOSSE PERTANTO CAUTAMENTE, 'LENTO PEDE' E, SI DIREBBE, CON POCO ENTUSIASMO. ANCHE DA PARTE DEI DISCEPOLI PIU' LEGATI A LUI.

di Gigi Sanna

 Caro Mauro Pili stavolta nella pagina dell'Unione Sarda non hai centrato. La storia della statuaria di Monte 'e Prama non coinvolge solo l'affidamento assurdo degli scavi alle cooperative rosse e ora, si dice, a delle 'società' calabresi. Non c'entra solo la Sovrintendenza cagliaritana e, se si vuole,  la cecità (?) del Barrecca. C'entra anche e soprattutto la lentezza e la freddezza iniziale di Lilliu. E c'entra, secondo me, tutta l'archeologia sarda che, 'more solito', minimizzò, ora per timidezza congenita ora per sudditanza psicologica (
la Sardegna sempre 'minima' per contributi e le civiltà 'superiori' sempre 'superiori'). Ma forse anche per il timore 'politico' dell'impatto della scoperta sulla coscienza autonomistico/indipendentistica dei Sardi (più tardi questo timore, espresso come reale, si palesò in una ormai famosa lettera a Sergio Frau da parte della dott.  Bietti Sestieri funzionaria dell'Istituto Italiano di Storia e Protostoria di Firenze).



 




Le pp. 397 - 401 del cap. 10 di Sardoa grammata.

   Quando scrivemmo (v. supra) il cap. 10 di SARDOA GRAMMATA (Il tempio nuragico a 'colonne solari' di Monti Prama di Cabras e i sacerdoti guerrieri figli del dio yhwh, pp. 395 - 411) erano passati cinque anni dal momento in cui col compianto Gianni Atzori, dopo un fugace sopralluogo sulla collina, ci eravamo resi conto del come ancora si trattava la 'quaestio' Monte 'e Prama. Cioè con evidente, assurda 'indifferenza', senza il brio e lo slancio accademico delle 'occasioni archeologiche' uniche e irripetibili, senza che nessuno studioso si decidesse a fare semplicemente quello che andava fatto: 'gridare' al mondo con tutti i mezzi e tutti i modi, della scoperta enorme, davvero sensazionale, fatta in Sardegna. 'Gridare al mondo' perché si trattava di un fatto legittimo, in quanto il dato di scoperta non era circoscritto e limitato ad un'isola, ma veramente mondiale, attinente cioè alla cultura storicamente seguita e sempre sotto la lente d'ingrandimento della scienza di tutta l'umanità.  
    Si lasciò così che pezzi di statue e di parti templari (v. nostre fotografie del 1999 in SAGRA alla p. 57) giacenti ancora nel terreno, scarto evidente di scavi clandestini di quegli anni, restassero a far persino da muretti a secco di un sito (l'agro della Confraternita dal Rosario) senza tutela alcuna, dato addirittura in concessione per lavori di semina. 
   La nostra indignazione si sfogò in qualche telefonata a degli archeologi e soprattutto in una intervista rilasciata a Radio Cuore, allora una emittente seguitissima nell'Oristanese e non solo. Risultato: nessuno. Interesse zero o quasi. Silenzio di tomba. Oggi non sappiamo se quei pezzi, trovati fortuitamente, furono raccolti e catalogati. Né se mai siano arrivati a Li Punti per il restauro della statue. Ma una cosa sappiamo: che ci fu, nel corso degli anni ottanta e novanta, per colpa di quell'assurdo tiepido (chiamiamolo così) interessamento, una dissennata corsa privata popolare al 'banchetto' archeologico, a causa del quale non pochi in Cabras fecero impunemente incetta di 'teste', di 'braccia', di 'gambe', di pezzi di 'archi' e di 'scudi' e di  quanto potesse essere ritenuto, in qualche modo, 'pezzo' con significato (commerciale). 
   Il 'vero museo' delle statue, si diceva, non era in Cagliari ma nelle case private di Cabras e, forse, di Oristano. La testa più bella in assoluto di un Gigante, finì nelle mani di un segretario di scuola e da lì, come 'regalo' di nozze, ad una coppia di 'torinesi'. Lo confessò al sottoscritto e a Gianni Atzori il detto segretario in un incontro tenutosi in casa sua. In Cabras era nella bocca di tanti che i pezzi delle statue venissero asportati dal 'monte' nottetempo addirittura con i carrelli di trattore. E si diceva ancora che un carico era finito nello stagno, scaraventato in tutta fretta  dagli scavatori clandestini impauriti per un improvviso controllo dei carabinieri o dei barracelli.