di Gigi Sanna
Sul pugnaletto
nuragico, detto ad elsa gammata, variamente interpretato dagli archeologi (1), ci siamo espressi già dal 2004. Lo
abbiamo inteso come oggetto di ‘distinzione’, di ‘prestigio’, appartenente cioè
a persone di alto rango e soprattutto, aspetto che ha colpito particolarmente gli
ermeneuti, scritto (2). Il dato epigrafico intendiamo oggi
rafforzarlo attraverso l’analisi puntuale del pugnaletto rinvenuto nella grotta
di Pirosu su Benatzu di Santadi. E
più precisamente con la lettura della particolare ‘decorazione’ a puntinato che
interessa la parte alta e quella mediana di esso.
Si nota infatti che sulla sbarretta orizzontale del
manufatto insistono tre puntini, su
quella verticale sino all’altezza dell’elsa sette
puntini, sull’elsa con sagoma di volatile dodici puntini a ‘serpente’ ed infine, immediatamente sotto di essa
due puntini. C’è dunque una sequenza
numerica data dal 3, dal 7, dal 12 e dal 2 che va letta ed interpretata.
Naturalmente, sulla base di tanti altri manufatti nuragici (e anche etruschi)
che usano la numerologia per dare senso in virtù di particolari convenzioni vediamo se da queste ultime, con lettura organica dall’alto verso il
basso (3), riusciamo a comprendere cosa si dice.
Il tre (il numero
sacro e più presente nella scrittura numerologica) significa ‘luce’, il sette
significa ‘santo’, il 12 significa ‘cerchio, anno luminoso dei 12 mesi soli - lunari’,
il due significa ‘doppio’ (4). Il
senso della sequenza numerica è quindi ‘ luce santa del 12 doppio’. Ad esso va
aggiunto il significato solito del serpente che è quello di continuo (5): ‘luce santa del 12 doppio
continuo’. Ma chi è la ‘luce santa’? C’é qualche altro segno o aspetto nella
scritta numerologica che ci può suggerire il nome del detentore di quella luce?
La risposta affermativa la si ha se si considera che quella che noi chiamiamo
‘scrittura a puntinato’ altro non è che ‘scrittura decorativa’ o semplicemente
‘decorazione’. Quella che in lingua semitica viene detta הדרה, voce che
consente, per acrofonia, di offrire la parola hה (l’indicativo pronominale) che significa Lui/Lei. E’ quella parola che, sempre
resa dall’idea di ‘puntinato’ o di ‘decorazione’, troviamo reiterata (v. figg.
2 e 3) nella barchetta (purtroppo trafugata) dell’Antiquarium
Arborense di Oristano (6) e nel
cosiddetto 'doppiere' di Tergu (7) .
Fig. 2
Fig.3
Pertanto La lettura completa sarà: Lui luce santa del 12 doppio
continuo (oppure: Lui luce del santo 12 doppio continuo)
Si osservi in detta
lettura che lo scriba è rimasto fedele all’impostazione solita della scrittura
metagrafica nuragica usando i tre
espedienti dell’acrofonia (hdrh הדרה), dell’ideografia (serpente)
e della numerologia (tre, sette, dodici, due).
Da questa seconda
lettura del puntinato si rafforza ancor più l’ipotesi della presenza della
prima che, sempre secondo gli stessi espedienti convenzionali della scrittura
metagrafica, risulta essere la seguente: Lui toro volante doppio che dà la vita.
La voce Lui si ricava acrofonicamente
dalla solita hdrh הדרה che suggerisce l’oggetto ‘pugnaletto’, la voce
volante si ottiene dall’idea
del volatile (8) espresso dall’elsa non più strettamente ‘gammata’ e la voce doppio infine dalla doppia
lama (9).
Il pugnaletto di Pirosu su Benatzu quindi ha il pregio di avere più senso dei
pugnaletti, diciamo così, ‘normali’ perché con la decorazione mirata a
puntinato (cioè con la scrittura) spiega maggiormente la natura eminentemente
astrale luminosa, soli - lunare, della divinità che viene espressa in entrambe le espressioni
indirettamente con il pronome Lui/Lei:
Espressione secondo norma (10) del pugnaletto: Sostegno
di Lui Toro volante (11) doppio
che dà la vita
Espressione aggiunta a puntinato del pugnaletto : Lui Luce santa del 12 doppio continuo.
Da tutto ciò si
ricava l’importanza somma che il pugnaletto ebbe nella cultura socio - religiosa
della Sardegna nuragica. L’icona si usò in modo vario: completa (fig. 4), disarticolata (fig. 5) o
addirittura in parti ‘autonome’ (fig. 6). Era soprattutto simbolo del potere e,
in quanto tale, lo si ritrova come espressione di massima ‘distinzione’, di
‘splendore’ e di ‘dignitas’ nei bronzetti (figg. 7 -8 ) . Il suo misterioso
contenuto scritto crittografato contribuiva ad aggiungere ancora di più l’importanza di chi lo portava
con sé perché praticamente le qualità luminose taurine solari e lunari della
divinità, espresse nascostamente nell’oggetto,
si riverberavano su chi poteva fregiarsene, su coloro che si presentavano così
come nobili figli di essa.
Fig.4. Pugnaletto di Giorre’ Fig.5 Pugnaletto di Teti Fig.6 Pugnaletto di Sarroch
Fig. 7 (da Lilliu) Fig. 8 (da Lilliu)
Il significato del
pugnaletto però non è solo di natura sociale. Tocca soprattutto la sfera
religiosa apotropaica. Non è un caso che esso si presenti raffigurato sui
bronzetti che, come sappiamo, si trovavano saldamente infissi sulle lastre
apposite delle costruzioni templari (nuraghi e pozzi sacri). Essi servivano,
come gli altri bronzetti tutti, ad ottenere l’aiuto sicuro (12) in vita da parte delle divinità
protettive luminose. Come si sa i bronzetti non sono stati trovati solo nei
templi. Sono presenti anche nelle tombe (13)
come amuleti rassicuranti per il viaggio nell’aldilà. Quindi il pugnaletto non
assumeva solo il significato di protezione in vita ma anche quello di
protezione e di salvezza dopo la morte. Il doppio toro volante era datore di felicitas sia per la vita terrena sia per quella
ultraterrena. Questa religio taurina astrale della salvezza anche dopo la morte
è antichissima in Sardegna. La troviamo, durante la fase declinante dell’eneolitico
sardo, nell’iconografia assai ermetica
delle cosiddette 'statue stele' del Sarcidano (14). Dette ‘statue stele’(v.
figg. 9 - 10 ) altro non sono che grossi cippi fallici (15) funerari eretti da
popolazioni che veneravano la divinità taurina doppia (soli - lunare). La loro
superficie frontale riporta uno schema iconografico topico, sempre astratto e schematico
ternario (16),
più o meno variato nei singoli aspetti, tendente, dove più dove meno, ad un
certo antropomorfismo (17). Il disegno si basa su dei ‘segni’ di
scrittura che oggi, conoscendosi il system sia del lineare che del metagrafico del
nuragico (18), possono essere interpretati meglio. Infatti,
il suddetto schema ternario si compone dei seguenti significanti: un segno a T, un segno in mix che nota un uccello
ed un toro, un segno doppio (a bipenne):
Il significato della scritta (19) è, partendo dal
supporto, ‘potenza (fallica) del doppio toro volante’. Se noi
mettiamo a confronto i segni dei menhir scritti di Laconi, di Samugheo e di
Allai con quelli dei pugnaletti ci rendiamo conto che, pur nella variatio formale (ma sempre astratta),
essi coincidono dando lo stesso identico significato:
Note e indicazioni
bibliografiche
1. V. Lilliu G., 2008 (ried.
1966), Sculture della Sardegna nuragica (saggio intr. di A.
Moravetti, Ilisso ed. pp. 548 -549,
figg. 345 -346. V. recentemente Lo Schiavo F. - Perra M., 2018 , Le armi e le armature, il conflitto e la
guerra; in Il tempo dei nuraghi, dal
XVIII all’ VIII secolo a.C., Ilisso, pp. 332 - 340. Nel saggio di questi
ultimi è detto, tra l’altro, brevemente che ‘tale arma, oltre all’utilità
pratica ha anche un valore simbolico
riferibile a riti di iniziazione dei giovani maschi’. Il valore scientifico
dell’affermazione, in mancanza assoluta di prove, è ovviamente nullo. Il manufatto,
una volta ‘letto’, sembra dire ben altro sulla ‘religio’ nuragica, sul piano
sociale, sulla sua precisa funzione come segno di ‘distinzione’ di persone di
rango elevatissimo.
2. Sanna G., 2004, Sardōa Grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano, pp. 193 -196. Oggi naturalmente, in seguito alle nuove acquisizione sulla scrittura metagrafica dei nuragici, la lettura del pugnaletto risulta più puntuale. Soprattutto nella parte dell’elsa, con il motivo della colomba (quando esso sussiste).
3. Lettura normale nel codice nuragico. Del resto la stessa verticalità dell’oggetto suggerisce questa lettura e non altre. E’ la stessa lettura usata nel pugnaletto ‘normale’, ovvero quello con qualche variazione circa gli ideogrammi, ma senza ulteriori e sostanziali aggiunte di significanti. Qui l’evidente novità è il ‘puntinato’, una certa decorazione che non è fine a se stessa perché in virtù della numerologia e dell’acrofonia rende un’ espressione ulteriore e diversa rispetto a quella di un pugnaletto ‘semplice’.
4. Ad esempio una doppia lineetta (il quarto segno della barchetta fittile di Teti) dà doppio ‘tre’; i due tre che sono ideogrammi astronomici (il sorgere, il distendersi, il curvare) della doppia luce del sole e della luna (v. fig. seg.)
2. Sanna G., 2004, Sardōa Grammata. ‘ag ‘ab sa’an yhwh. Il dio unico del popolo nuragico, S’Alvure ed. Oristano, pp. 193 -196. Oggi naturalmente, in seguito alle nuove acquisizione sulla scrittura metagrafica dei nuragici, la lettura del pugnaletto risulta più puntuale. Soprattutto nella parte dell’elsa, con il motivo della colomba (quando esso sussiste).
3. Lettura normale nel codice nuragico. Del resto la stessa verticalità dell’oggetto suggerisce questa lettura e non altre. E’ la stessa lettura usata nel pugnaletto ‘normale’, ovvero quello con qualche variazione circa gli ideogrammi, ma senza ulteriori e sostanziali aggiunte di significanti. Qui l’evidente novità è il ‘puntinato’, una certa decorazione che non è fine a se stessa perché in virtù della numerologia e dell’acrofonia rende un’ espressione ulteriore e diversa rispetto a quella di un pugnaletto ‘semplice’.
4. Ad esempio una doppia lineetta (il quarto segno della barchetta fittile di Teti) dà doppio ‘tre’; i due tre che sono ideogrammi astronomici (il sorgere, il distendersi, il curvare) della doppia luce del sole e della luna (v. fig. seg.)
5. Simbolo universale presso
diversi popoli preistorici e storici di
‘continuità, immortalità’, della vita stessa. V. Chevalier J. - Gheerbrant
A., 1982, Dictionnaire des Symboles, Laffont Paris, pp. 867 - 878. Anche
l’etrusco usa spesso lo stesso ideogramma per notare la ‘continuità’. V. da
poco il nostro saggio sul bronzetto etrusco di Grizzana. http://maimoniblog.blogspot.com/2019/02/grizzana-monte-acuto-ragazza-bologna_17.html
6. http://gianfrancopintore.blogspot.com/2010/01/serpentelli-di-tutti-i-nuraghi-unitevi.html
7. http://maimoniblog.blogspot.com/2016/09/scrittura-nuragica-il-doppiere-di-tergu.html
8. V. Lilliu G., 2008 (ried. 1966), Sculture della Sardegna, ecc. pp. 548 - 549, figg. 345 - 346.
9. La ‘doppia’ lama corrisponde ai due ‘puntini’ finali del puntinato; quelli disposti, non a caso, subito dopo il ‘dodici’ serpentiforme disegnato nell’elsa. E’ significativo il fatto che, mancando il motivo della doppia lama, nel pugnaletto in fig. 345 del ‘corpus’ dei bronzetti del Lilliu, il due (il doppio toro volante) venga reso metagraficamente (con ‘scrittura con’) attraverso i due ‘finti’ ribadini dell’elsa a colombella. V. fig. seg. (Da Lilliu: trascr. del pugnaletto di Laerru).
6. http://gianfrancopintore.blogspot.com/2010/01/serpentelli-di-tutti-i-nuraghi-unitevi.html
7. http://maimoniblog.blogspot.com/2016/09/scrittura-nuragica-il-doppiere-di-tergu.html
8. V. Lilliu G., 2008 (ried. 1966), Sculture della Sardegna, ecc. pp. 548 - 549, figg. 345 - 346.
9. La ‘doppia’ lama corrisponde ai due ‘puntini’ finali del puntinato; quelli disposti, non a caso, subito dopo il ‘dodici’ serpentiforme disegnato nell’elsa. E’ significativo il fatto che, mancando il motivo della doppia lama, nel pugnaletto in fig. 345 del ‘corpus’ dei bronzetti del Lilliu, il due (il doppio toro volante) venga reso metagraficamente (con ‘scrittura con’) attraverso i due ‘finti’ ribadini dell’elsa a colombella. V. fig. seg. (Da Lilliu: trascr. del pugnaletto di Laerru).
10. ‘Secondo norma’ intendiamo lo schema semplice a ‘gamma’, presente soprattutto nei bronzetti (v. fig. 7), dal quale poi verosimilmente partirono le modifiche a ‘colombella’ finalizzate ad ottenere ulteriore ‘scrittura’ e quindi ulteriore senso fonetico al manufatto.
11. Ricordiamo che per gli Egiziani il ‘toro volante’ era il faraone dio, figlio prediletto della divinità solare. V. il nostro http://gianfrancopintore.blogspot.com/2012/05/la-scrittura-nuragica-e-il-corno.html che riporta la fig. seg. del Faraone Ramses III manifestamente rappresentato dai simboli del volatile e del toro con il corno sinistro asimmetrico.
(foto di G. Casu)
12. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html
13. http://maimoniblog.blogspot.com/2018/02/un-gigante-sardo-pellita-pantauros.html http://maimoniblog.blogspot.com/2018/02/il-bronzetto-di-antas-di.html
14.
Atzeni E., Menhirs antropomorfi e statue
menhirs della Sardegna, in ‘Annali del museo Civico di La spezia’, II, 1979
– 80, pp. 9 -64 (estratto); idem, 1996, La statuaria antropomorfa sarda . Museo
delle statue menhir, Laconi.
15. Le statue stele hanno una probabile derivazione dai menhirs ‘aniconici’. Menhirs e statue stele contengono lo stesso significato della forza astrale, solare e lunare assieme, che ‘dà la vita’ (fallico). Alcune delle statue stele tendono con la parte iconografica superiore a notare senza veli il glande (v. seconda fig.).
15. Le statue stele hanno una probabile derivazione dai menhirs ‘aniconici’. Menhirs e statue stele contengono lo stesso significato della forza astrale, solare e lunare assieme, che ‘dà la vita’ (fallico). Alcune delle statue stele tendono con la parte iconografica superiore a notare senza veli il glande (v. seconda fig.).
16. Il tre ‘ossessivo’ fa pensare che anch’esso numero costituisse scrittura ideografica e che significasse ‘luce’ (l’andamento ternario dei due astri che spuntano, si distendono e tramontano). Se si nota il numero ‘tre’ con il valore di ‘luce’ è presente, oltre che nelle parti costituenti il pugnaletto (impugnatura, elsa, lama), nella sbarretta superiore ‘a puntinato’. Se, come sembra, il valore ideogrammatico del ‘tre’ astrale è presente nelle statue menhir ciò porta a pensare che la detta ‘ossessione’ circa il numero sacro, prima nuragica e poi etrusca, ha origini neolitiche - eneolitiche. Per quanto riguarda quindi numerose delle statue stele la lettura completa dovrebbe tener conto dell’ideogramma celeste. Allora sarebbe da intendersi 'potenza fallica della luce del doppio toro volante’.
17. Non è un caso che archeologi della preistoria sarda come Enrico Atzeni parlino, descrivendo i manufatti, di ‘ciglia’, di ‘occhi’ e di ‘naso’.
18. V. Sanna G., 2016, I Geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro.
19. Nella scrittura dei menhir si registra dunque la presenza del segno a T che è agglutinamento del segno a sbarretta orizzontale (la 'unknow letter’ del protocananaico di Sass e Garfinkel: v. Sanna G., 2016, Scrittura ‘nuragica’ e scrittura ‘protocananaica’. Lachish: l’ultimo documento rinvenuto (2014) e la ‘unknow letter ’ di B. Sass e J. Garfinkel , in Maymoni blog (5 maggio) e a sbarretta verticale. Entrambi i segni sono conosciuti come valore fonetico nel system nuragico. L’uno nota la lettera ‘hē’ e l’altro la lettera ‘yod’. Ciò porterebbe a supporre che una parte almeno dell’alfabeto nuragico lineare (pensiamo anche alle due lettere ‘lunate’: Sanna G., 2018, Dio, per i nuragici, era scritto in cielo? Due lettere acrofoniche consonantiche speciali del system arcaico sardo. I segni lunati della yod e della hê. Anche gli scribi etruschi, in qualche modo, li adottarono, in Maymoni blog ,1 gennaio) abbia origini eneolitiche ( XVII - XVI secolo a.C.).
Ringrazio il Professore d'aver chiarito e puntualizzato il significato numerologico del 3 e del 12. Chiarimento che mi aiuta a capire alcuni aspetti del pozzo di Santa Cristina, di difficile interpretazione senza una linea guida.
RispondiEliminaIn modo insistente il n° 12 e il n° 24 sono proposti in molte manifestazioni della civiltà nuragica. Lo incontriamo in questo pugnaletto che conta in totale 24 puntini: 3 + 7 + 12 + 2.
Lo abbiamo incontrato nel pozzo di Santa Cristina: 24 cerchi che compongono nel complesso tholos e bacile lustrale, 24 gradini nella scalinata, 12 gradini della scala rovescia, 12° anello anomalo.
Un numero, il 24, di difficile interpretazione nella sua manifestazione quale cifra che possa definire un "quid" reale o simbolico o entrambi. Un numero, il 24, che vedremo in un prossimo futuro capace di unire architettura, geometria, matematica e astronomia.
24 è due volte 12 ossia; 12 luce del sole e 12 luce della luna assieme?!
E ancora, perché il 12 sarebbe luce del sole ma anche luce della luna? La domanda è retorica, e una volta spiegato il motivo, la risposta è alquanto banale nella sua logicità; ma occorre far mente locale e porre il pensiero verso il moto del sole e della luna.
La numerologia è un dato scientifico acquisito per quanto riguarda il nuragico. Pensare che il puntinato del pugnaletto sia mera decorazione è assurdo. Non è 'decorazione' sulla scorta degli altri due casi di puntinato di cui si è detto. Sul dodici. Io penso che sia il tre che il dodici siano da considerarsi in un rapporto preciso dato dal tempo. Il tre è voce che dà la continuità della luce giornaliera per i due astri e che il dodici è voce che dà la continuità annuale di essi. Forse indicano sempre la 'luce'. Entrambi i numeri tengono conto sia del sole che della luna, cioè del MF o dell'androgino. Per quanto riguarda il dodici la mascolinità e la femminilità di essi sembra ricavarsi dai due detti sardi che significano entrambi 'Per Dio!'. Quando uno è contrariato o infastidito ancora oggi si dice 'su santu doxi' oppure 'cunnu doxi' (quest'ultimo pronunziato in particolar modo dalle donne). L'ultima espressione allude chiaramente ad un dodici femmina. E cioè alla Luna. Su Santu doxi allora potrebbe alludere al dodici maschio oppure ad entrambi. In ogni caso, il dodici è voce che allude alla luce astrale dell'anno che può essere sia solare che lunare. Sui multipli del dodici ho cercato di dire qualcosa commentando la Stele di Nora. I 48 segni, 12 X 4, sono presenti forse per offrire 'forza' (quattro) del 12. Tener dietro alla numerologia è uno degli aspetti più difficile della scrittura nuragica. Vedo che il pozzo di santa Cristina è strutturato e concepito per dare certi numeri e non altri, numeri mai accidentali. Sempre riferibili alle cadenze temporali dei due astri. Mi vien da sorridere quando vedo l'archeologia 'bloccata' e inerte su di un fenomeno di 'comunicazione' così lapalissiano!
RispondiEliminaIn un contesto dove il sole era descritto con elementi familiari, non sorprende per nulla l'espressione “toro volante”, che ben si addice all'immagine della nostra stella.
RispondiElimina