sabato 30 maggio 2015

Attendono che soffi un nuovo vento

http://video.gelocal.it/lanuovasardegna/locale/il-nuovo-video-degli-istentales-i-giganti-di-mont-e-prama/42365/42479




3 commenti:

  1. Sì, è raro vedere una festa con un tale concorso di gente. Credo che tutti ieri abbiano fatto affari. Musica e cultura rendono, eccome! Parlo di cultura, si badi bene, non di folklore.Perchè la Sardegna mantiene viva la sua cultura e non ha cultura morta o morente e cioè folclore A sentire gli Istentales ieri ho pensato alle affermazioni del grande Pigliaru (padre) sull'evitare il regionalismo chiuso e l'internazionalismo di maniera. Lì c'era la Sardegna del presente ma molto attenta (con la lingua propria, con le sue tradizioni, con i suoi canti, con i suoi costumi e la sua storia) anche al passato. Una Sardegna fortemente nazionale (sarda) e una Sardegna internazionale. Come del resto lo era in periodo nuragico. Allora c'era la Sardegna con l'Egitto, l'Oriente e l'Occidente e cioè il mondo, ieri la Sardegna con l'Italia, l'Europa, l'ASfrica e cioè il mondo.

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  2. Mamma mia come siete ispirati questa mattina!
    Ora ci manca solamente qualcuno che ci parli a nome della mucca arrosto, della strage degli innocenti porcetti, della nuragicità del Nieddera, senza h e senza H2O.
    Veramente serve che si alzi un vento tiepido d'amore. D'amore verso noi stessi, prima di tutto, perché la smettiamo di farci dl male.
    La strofe in semitico della canzone degli Istendales è quanto di più alto, di più dignitoso, di più estatico che si possa trovare nelle preghiere di tutte le religioni del mondo, a parte forse di qualcuna dei nativi americani, gli indiani dei film western che folkloristicamente sono dipinti come capaci solamente a leggere le orme sul terreno.
    Non ricordo preghiera nelle Sacre Scritture che non sia un incensare alla divinità per ingraziarsela per poi chiederne i favori, fosse pure quello di atterrare l'avversario di turno, che in fin dei conti era qualcuno che non faceva altro che difendere la propria casa, il proprio gregge, il territorio dov'era nato e cresciuto.
    La preghiera più significativa della cristianità, quella uscita dalle labbra del Figlio di Dio, il Padre nostro, non fa che ricalcare l'andamento tradizionale, dando lodi e chiedendo il pane quotidiano e l'eterna felicità, al momento opportuno.
    Nei quattro versi in lingua nuragica si saluta la Luce, il Sole, i suoi figli sulla terra, per nient'altro estatici e riconoscenti se non per poter vedere il Sole che sorge, che tramonta e risorge per il bene di tutti.
    Potrei impararla a memoria e ripeterla mentalmente nei momenti di migliore lucidità che mi sopraggiungessero nella giornata. Sono scuro che l'Unico Dio dell'Amore universale, Iacù Iavè Manitù ..., la sentirebbe comunque sua e per un po' respirerebbe sollevato, preso com'è a sentire (non dico ascoltare) le insidiose rubricate lodi che precedono le consistenti corpose richieste.

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  3. Grazie Franco. Guarda però un po' cosa ti fa un 'lusus'. Tu giochi, scherzi, ti diverti e ne vien fuori 'quanto di più alto, di più dignitoso, di più estatico che si possa trovare nelle preghiere di tutte le religioni del mondo'. Ieri ascoltando gli Istentales mi è venuto, durante una leggera variazione del testo ('shalom Shardan' al posto di 'shalom Nephilym') , alla fine della canzone, un piccolo brivido che mi è sembrato davvero quello che si trova in una preghiera sincera e un ringraziamento che non chiedono niente.

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