venerdì 8 maggio 2015

Su srapenti non est mortu!

Su srapenti non est mortu! Est immortalli. Allabai, allabai ita si bit. Il serpente non è morto! E' immortale. Guardate, guardate cosa si vede! 

Di  'FARRA 'E TRIGU 
 
Fig. 1

Custa est troppu bella e insandus da depeus contai a mannus e piticheddus. Ca du esti de arrì a iscracagliu. A si nd'arregodais de s'archelogu Torelli, su chi Francu Tabacco at istrocciu (v. fig. 2), pintendiddu totu in pistighingiu e pensamentosu, scrafendusì sa conca chena 'e pius in su mentris chi s'avvocau de Armandu Saba, incatzau meda e agiumai aboxinendi, d'at domandau si in sa pedrixedda tunda de Crocores dui fessit pintau su srapenti? Issu, Torelli,  cumprendiat beni meda chi si essi nau ca su srapenti dui fudit beni pintau (v. fig.3) olliat nai una coca sceti: chi sa pedrixedda agatada in su 'lago Omodeo', siccu e chena unu stiddiu de acqua, da Armandu Saba non fut cosa frassa ma faina de unu scriba antigu. 


Fig. 2


Fig. 3


Su Giugi, chi de iscientzia epigrafica ndi cumprendit comenti il Allaesus cumprendit sa lingua de is cinesus, at cretiu issu puru che su srapenti non dui fessit e mancai apat assoltu Armandu Saba at sententziau chi su 'dischetto' 'e Crocores' de Bidonì est cosa fatta ariseu e non in s'antigoriu. Non est propriu de aici ma su Giugi, du scideus, est su Giugi e tocat a d' arrispettai in s'opinioni cosa sua, mancai Deus non siat.
   Apustis de sa sentenzia su srapenti fut bellu e mortu, totus is epigrafistas ('de sa 'Ominiga', narat Gigi Sanna) fuint prexaus chi sa cosa fessit po totus unu contu de forredda e fintzas is predis de Arbaree tota canta ant fattu unu tzacarru 'e manus chi coixedda (su tiaulu)  d'essint bogau po sempiri de sa 'idda  'e Allai. Ca su spacciau de su canonigu Efisiu Sanna de Allai in sas preigas naraiat ca su srapenti est su peccau mortali postu, po du fai cumprendi a is peccadoris de Allai e a is de totu su mundu, asutta de is peis de Maria santissima.
    Su contu de su srapenti  però non fut acabau me innia e s'animali, su chi fut ispacciau e streccau, tottinduna s'est fattu bi cun conca e coixedda allutta allutta, biu biu e allirghittu meda,  arriendi e cuglionendi totus: allaesus, giugis, predis e epigrafistas de sa 'Ominiga.
    Oi in s'Unioni Sarda su Comunu de Allai  at pubblicau su manifestu po s'attopu culturali  'Le vie della memoria. Archeologia de Allai in mostra'. E ita bideus immoi, spantaus e a ogus sprapeddaus, comenti pipieddus po i guettus de sa festa 'e Santu Srabadoi chi arribant in su celu? Bideus torra sa piberedda frassa, s'animali de su scandulu, chi immoi est agiumai sa bandela, su stemma de sa nobilidadi e de sa fama de su Museo civicu 'Cima' de  sa 'idda  'e Allai. E non abbastat. Bideus chi sa piberedda est totu leganti, scritta cun iscrittura etrusca. Pallosa e isfaccida, pighendi a cu su Ministeru po is Benis Ambientalis e Culturali, tiat a essi sa Sovrintendentzia chi, comenti scideus,  est 'amiga' meda de Armandu. 
    Comenti depeus 'liggi'  e cumprendi su fattu incredibili, apustis de is fueddus siccus de s'autoridadi de su tribunali de Aristanis? A parri miu in dunu modu sceti: chi s'amministratzioni comunali e su Sindigu de Allai a sa biberedda creint e sa piberedda oint comenti prenda manna de s'archeologia de sa 'idda. E massimamenti creint meda a s'onestadi de  unu brav'omini comenti Armandu Saba e po nudda a is peritus istramgius arriscaus  comenti Torelli.

   Su chi de is piberas non s'acatat oit nai chi andat passillendi in buscu comenti andat andat,  affuttendusì de is mossius de coixedda  (diavoletto). Immortalli.  

***
Questa è troppo bella ed allora la dobbiamo raccontare a grandi e piccoli. C’è da ridere da sganasciarsi. Vi ricordate dell’archeologo Torelli, quello che Franco Tabacco ha preso in giro (v. fig.2), ritraendolo imbarazzato e pensieroso, che si grata la testa senza capelli mentre l’avvocato di Armando Saba, estremamente irato, quasi urlando, gli domanda se nella piccola pietra tonda di Crocores ci sia figurato il serpente? Lui, Torelli, capiva molto bene che se avesse detto che il serpente fosse lì raffigurato (v. fig. 3) significava solo una cosa: che la piccola pietra trovata nel lago Omodeo, secco e senza una goccia d’acqua, da Armando Saba, non è un falso ma opera di uno scriba antico.
   Il giudice, che di scienza epigrafica ne capisce quanto un abitante di Allai capisce la lingua dei cinesi, ha creduto pure lui che il serpente non ci fosse figurato e benché abbia assolto Armando Saba, ha sentenziato che il dischetto di Crocores di Bidonì è un manufatto realizzato ieri e non in antico. Non è proprio così ma il Giudice, lo sappiamo, è un Giudice e bisogna rispettarlo nella sua opinione, benché non sia Dio.
   Dopo la sentenza il serpente fu decretato bell’e morto, tutti gli epigrafisti (“della domenica” dice Gigi Sanna), sono contenti che ormai la cosa sia per tutti un racconto da chiacchiera e finanche i preti di Oristano e di tutta la Provincia hanno applaudito la cacciata del diavolo, coda compresa e per sempre dal paese di Allai. La buonanima del canonico Efisio Sanna di Allai nelle sue prediche diceva che il serpente è il peccato mortale messo, per farlo capire ai peccatori di Allai e di tutto il mondo, sotto i piedi di Maria santissima.
   Il racconto del serpente però non è finito lì e l’animale, quello che era creduto morto e schiacciato, tutt’a un tratto si è fatto rivedere con testa e coda, bello pimpante, vivacissimo e allegro, che ridendo prende in giro tutti: abitanti di Allai, giudici, preti ed epigrafisti della domenica.
   Oggi nell’Unione Sarda il Comune di Allai ha pubblicato il manifesto per l’incontro culturale “Le vie della memoria. Archeologia di Allai in mostra”. E cosa vediamo, sorpresi e con gli occhi sbarrati, come bambini per i fuochi d’artificio della festa di San Salvatore che arrivano fino al cielo? Vediamo nuovamente la viperina falsa, l’animale dello scandalo, che ora è quasi la bandiera, lo stemma della nobiltà e della fama del Museo civico “Cima” di Allai. E non basta. Vediamo che la serpentella è tutta elegante con la sua scritta in caratteri etruschi. Baldanzosa e sfacciata, sembra prendere per i fondelli il Ministero per i Beni Ambientali e Culturali, che poi sarebbe la Soprintendenza che, come sappiamo, è molto “amica” di Armando.
   Come dobbiamo “leggere” e capire questo fatto incredibile, dopo le parole secche dell’autorità del tribunale di Oristano? A parer mio solo in un modo: gli amministratori comunale e il Sindaco di Allai credono che la viperetta sia autentica e la viperetta vogliono come reperto di grande valore archeologico del paese. Ma principalmente credono molto all’onestà di un brav’uomo come Armando Saba e per nulla agli avventati periti stranieri come Torelli.

   Se chi delle vipere non si accorge vuol dire che passeggia nel bosco all’avventura, fregandosene inconsapevole dei morsi del diavoletto immortale.

   


34 commenti:

  1. Da più parti sono arrivate in redazione delle mail di benevola protesta, alle quali mi associo, per via del testo poco intelligibile per alcuni sardi e per nulla per il resto d’Italia. Figuriamoci per Siziliano e Company. Per tanto invitiamo (mi verrebbe da scrivere “la Signora” ma non so se sia una donna), Farra ‘e trigu a voler gentilmente mandarci la traduzione del testo, che prontamente e con grande sollievo inseriremo nel post.

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    1. Siamo contenti cosi, io e mia 'company'. Cosi abbiamo un rebus x fine settimana

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    2. Molto bene Siziliano, tra sei mesi sosterrai l’esame, ci saranno tre prove scritte in Logudorese, Campidanese e Gallurese. Se tutto andrà bene diventerai il nostro traduttore ufficiale dal Sardo alle lingue più in voga al momento. ):-)

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  2. Ho trovato le indicazioni di un Marcello Vacca. Sarà lui?

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  3. Eh beh! Debbo dire con grande tristezza!! SIAMO ALLE SOLITE!
    Eh sì! Rinunciare alla NOSTRA LINGUA per far comodo a chi non SE LA IMPARA non ci porterà M A I ad imporre la nostra lingua! In nessun luogo del mondo ove chiunque si rechi, i residenti si sognerebbero mai di tradurre, per i comodi altrui, gli scritti prodotti nella propria lingua locale!
    mikkelj

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    1. Ciao Mikkelj, accetto la tua polemica, ma fino ad un certo punto. Posso capire che un sardo, benché parlante un dialetto diverso da quello qui proposto debba sforzarsi di capire e probabilmente con un po’ di buona volontà può riuscire nell’intento; ma un estraneo alla lingua nostrana, se non capisce chiude il libro e passa oltre; e siccome questo articolo è stato scritto in sardo ma è rivolto anche a chi sardo non è, ritengo giusto che sia fruibile da tutti e per “tutti” intendo proprio “tutti”. Cumpagn sentìm a me! Come dicono a Napoli.

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  4. Penso che tu abbia ragione Mikkelj. Ma si è discusso tanto su questo problema! Un eterno problema già per chi scriveva in sardo nel Settecento e nell'Ottocento. Certi scrittori come Gianfranco Pintore preferiscono non mettere alcuna traduzione, Franco Pilloni ugualmente e semmai procede ad una redazione tutta in italiano (che non è mai una traduzione alla lettera), qualcuno come Benvenuto Lobina mette il testo con traduzione italiana a fronte. Il fatto è che si ha paura di non essere compresi da molti e quindi si cerca di veicolare il messaggio anche in traduzione. Io ritengo però che coloro che sono davvero interessati, per un motivo o per un altro, a comprendere, lo sforzo lo facciano comunque. Alcuni miei ex alunni docenti all'Università ad es. hanno imparato lo spagnolo oppure un po' di russo o di polacco, quel tanto che bastasse loro per leggere opere scientifiche importantissime ( ma senza traduzione in inglese) di linguisti e di storici. Il pezzo di ' Farr'e trigu', essendoci l'etrusco di mezzo e uno studioso del calibro di Torelli (e sicuramente la sovrintendenza sarda, se ho ben capito), sarà già stato tradotto, sicuramente. Forse anche commentato ( 'ca pibere nde jughet!) . In questo io vorrei sentire l'opinione di Franco Pilloni e, perché no, anche quella di Franco Laner per i motivi di 'sardità' suoi che molti di noi conoscono. Ma forse sarebbe il caso che ci esprimessimo e entrassimo nel merito un po' tutti, caro Sandro, così si potrebbe lavorare nel Blog con maggiore efficacia. E potrebbe esserci una condotta coerente, per l'avvenire, di tutti gli amministratori del Blog. Se traduzione ha da esserci ci sia sempre.

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  5. Su Monte Prama davamo facoltà agli autori di fare come volevano; abbiamo avuto lamentele pure noi, ma avevamo dichiarato fin dall'inizio che il blog era multilingue e che non ci facevamo carico di nessuna traduzione, neppure ci facevamo carico di chiedere all'autore di farla. In qualche modo è un antidoto contro la pigrizia! Se dovessi votare voterei contro una regola fissa, ma qui non sono il "capo" e non so se ci sono state discussioni in merito all'inizio dei lavori

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  6. Personalmente lascerei facoltà all'autore la scelta se accompagnare o no con la traduzione (e quindi non necessariamente in italiano). In tal caso ci sarebbe una scelta interna al contenuto e potrebbe persino non essere una mera traduzione letteraria.

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  7. Mikkelj, com’è (quasi sempre) la sua cifra, estremizza. Io direi che ospitare un articolo in Sardo (come pure in Inglese, direi varrebbe lo stesso, ma ora non voglio confondere e stiamo sul Sardo) senza traduzione per poi, esattamente come in questo caso, proporsi di offrirne una a chi ne abbia bisogno (più o meno colpevoli possano costoro venir considerati per questo; di sicuri incolpevoli ne abbiamo presenti e almeno uno lo abbiamo citato), offre già ai Sardo-scriventi il naturale diritto a comunicare in Sardo e (offre già) ai Sardo-lettori il naturale vantaggio di fruire direttamente, immediatamente, della comunicazione. Dopodiché arroccarsi nel non fornire una versione comprensibile ai non-Sardo-lettori (non volerlo cioè fare, per principio, nemmeno con la calma) sarebbe, sarò breve, una perfetta idiozia (e spero davvero non ci sia bisogno di soffermarsi su questo). Quello che mi dispiace è che si debba rimanere così ingessati (mi sembra) su chi abbia diritto di chiedere una traduzione o, magari meglio, chissà, una versione in Italiano (o in altra lingua, ma ora non voglio confondere), e (ingessati, ancora) quanto a chi possa indirizzarsi questa spinosa richiesta (e se si offende?). Mi piacerebbe, allora, valesse la regola o, meglio, si instaurasse la consuetudine che se uno scrive un articolo o un commento in Sardo (o in qualsiasi lingua, ma non voglio confondere) e non si interessa a fornirne la traduzione o comunque una versione in Italiano (o in altra lingua, …), chiunque (a cominciare dalla redazione, per non escludere però poi nessuno dei lettori) ha a quel punto il diritto (e guadagnerebbe nell’esercitarlo un merito) di procedere a fornire di quel testo una traduzione o una versione nella lingua che gli piaccia con il fine (appunto meritorio) di allargare la platea in grado di fruire di quel contenuto (o anche con il più preciso fine di affermare e contribuire a diffondere la lingua che voglia). Se poi all’autore del testo originale in altra lingua interessasse intervenire sulle eventuali traduzioni o versioni che altri si sarebbero impegnati a fornire, avrebbe certamente tutto lo spazio per farlo.
    Cerchiamo, quindi, di essere più generosi, chiederei, quando possiamo intuire che a qualcuno la nostra conoscenza di una lingua verrebbe utile. E se questa generosità non arriva immediata e spontanea, poco male: impariamo a chiedere; e a confidare che, almeno dietro cortese sollecitazione, qualcuno generosamente ci aiuterà.

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  8. Essere troppo"ingessati",secondo me è sbagliato.Ho cercato di leggere l'articolo sardo e non ho capito tutto,pur essendo sarda.Purtroppo,come ho scritto altre volte,i miei genitori parlavano tra di loro in limba ma a noi parlavano in italiani ,per cui capivo tutto ma non lo sapevo parlare.Piano,piano sono riuscita anche a parlarlo un azzicu,quindi la traduzione servirebbe al confronto e a capire meglio.Gianfranco,tornando a vivere in Sardegna è riuscito a parlarlo e non in tenerissima età,quindi c'è sempre speranza.

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  9. Nel merito di questo post trovo notevole si reiteri quello che i “difensori dell’ordine” proprio non possono sopportare: se l’accademia non degna di attenzione una teoria, uno studio (o più studi), una segnalazione (o più segnalazioni), un ritrovamento (o più ritrovamenti), qualche richiesta di determinazioni strumentali (o peggio i risultati stessi di qualche determinazione strumentale), se a costo di un esercizio di controllo del potere che rischia od ottiene di paralizzare qualsiasi indirizzo originale di ricerca entro le stesse istituzioni accademiche … se a questo costo i difensori dell’ordine riescono a lasciare nella clandestinità ogni nuova e diversa lettura dei dati e dei reperti che svicoli da quella che ormai appare la “costante penitenziale”, per principio, della storiografia e dell’archeologia delle nostre istituzioni culturali, allora tutti quelli che, chiamati per rispetto istituzionale a osservare i loro pronunciamenti, riconoscimenti, bocciature e squalifiche, osino invece indirizzare un centesimo di risorsa pubblica (o, è lo stesso, un metro quadro di suolo pubblico) a dare qualsiasi riconoscimento e fiato ai tanto costati clandestini, costoro (amministratori locali, dirigenti scolastici, docenti universitari) devono essere esecrati e giudicati, possibilmente, dalle procure.
    Poi, però, neanche un giudizio di “falso” sentenziato da un tribunale (grazie al tanto e orchestrato impegno di “periti dell’istituzione”, … che suona bene) basta ancora a trattenere questi amministratori dal portare questo supposto falso sui loro manifesti.
    Cosa sta succedendo, quindi? Ci sono o no campane che suonano? E per chi?
    Io, personalmente, non avrei nulla contro una moderata “difesa dell’ordine”, se quest’ordine però funzionasse, se fosse cioè decentemente trasparente, se sapesse passabilmente mettersi in discussione, se fosse adeguatamente rispettoso delle tendenze originali e divergenti, ossia sapesse considerarle per smontarle in modo convincente quando è il caso o per assumerne, altrimenti, gli elementi da verificare o da valorizzare.
    Se finalmente sentissero il suono di queste campane, se finalmente lo volessero ascoltare, forse ormai capirebbero che è più che maturo il tempo almeno per sporcarsi le mani e intervenire in confronti pubblici, darsi la pena di spiegare e motivare le loro resistenze, di smontare le idiozie se tali sono, di chiamare anche a conforto (lo facessero, questo sforzo) quelle competenze ulteriori necessarie a tacitare le velleità, se tali sono, appresso a tanto o poco di cananaico e semitico e a tanto o poco di egizio (e di etrusco). Non credo che così facendo starebbero trasgredendo al loro mandato; penso, al contrario, che lo starebbero onorando. E, aperti a qualsiasi esito, tutti glie ne saremmo grati.
    Nel frattempo la gratitudine deve andare a chi si sottrae a questo esercizio di controllo del potere; e fa sentire, per chi lo vuol sentire, il suono di queste campane.

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  10. L'autore/autrice dell'articolo ci ha fatto la gentilezza di inviarci la traduzione del testo, noi lo pubblichiamo con molto piacere tenuto conto che è alquanto rispettoso del testo originale. Naturalmente alcune espressioni benché traducibili letteralmente sono state adeguate alla lingua italiana perché sarebbero state incomprensibili; nella fattispecie "contus de forredda" sarebbe traducibile con "racconti da caminetto", oppure "coixedda" sarebbe "codina, piccola coda" allusiva a quella del diavolo. Per tanto buona lettura a tutti, e buon riscontro delle proprie capacità traduttorie per chi si è cimentato nell'impresa.

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    1. Voglio rammentare inoltre che un articolo che non si capisce o si capisce in modo parziale e superficiale non può essere commentato, in ragione di ciò ritengo, se ancora non si fosse capito, che sia il caso di tradurre i testi, almeno quelli che non possono essere supportati da un traduttore online.

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  11. In generale un LOGO per un museo rappresenta il reperto più caratterizzante esposto: vorrà dire che il dischetto sarà in mostra? e se sì con quale didascalia?

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  12. Mikkelj ha ragione. Non per quello che ha detto, ma per quello che è.
    Mi spiego: quando Mikkelj si esprime in orotteddese, esprime il suo pensiero e la sua anima. Non è detto che io capisca tutto del suo pensiero e della sua anima orotteddese, ma a lui va bene così.
    Quando io mi esprimo nel mio marmillese, non tutti i sardo-parlanti comprendono sino in fondo il mio pensiero e la mia anima. A me va bene anche così.
    Nel concreto di questo post, se uno ha seguito le vicende e le vessazioni che ha dovuto subire il Comune di Allai a causa delle pietre di Armando Saba, per non parlare delle sue tristi disavventure giudiziarie, si comprende come quella pietra di Croccore in alto a sinistra sul manifesto, sia la rivincita del Sindaco, la rivincita dell'Amministrazione, di tutta la popolazione di Allai, e di Armando Saba, contro chi guastò la festa popolare col giudicare falsi i reperti donati al Comune prim'ancora di averli esaminati, col mandare un capitano dei Carabinieri a rastrellare con ingiunzione tribunalizia i reperti dalle bacheche espositive che il Comune di Allai aveva appositamente preparato.
    Ci sa tutte queste cose, e gli echi sono riemersi più volte nei nostri blog, capisce lo spirito del post e di quella Farr' 'e trigu (Farra de trigu) che in sardo non significa meramente "farina di grano", ma "farina vera, commestibile, buona, frutto del lavoro dell'uomo" a differenza di quell'altra farina, che non è vera, né buona, ecc. ecc.
    Si dice da molte parti, per una cosa o per una persona su cui si nutrono dubbi, "tanti ca no hat a essi totu de farr' 'e trigu!" (non sarà tutta di farina di grano!) oppure, per un tizio poco raccomandabile, "tanti ca no est farra de fai ostias!" (non è certamente farina per far le ostie!), perché allo scopo si usa solamente Farr' 'e trigu..
    Detto questo, avrei detto tutto.
    Per la mia esperienza dico che parlare in sardo delle cose sarde non solo è buono e giusto, ma colma l'anima di gioia. La realtà dice che ti stai rivolgendo a te stesso e a pochi intimi. Per fare un esempio, nessuno o quasi, nelle università sarde, leggerà quanto hai scritto in sardo, né si sognerà di recensirlo, nel bene o nel male, salvo che non lo chieda e non lo paghi.
    Quando scrivi della Sardegna in Italiano, hai certamente una platea di gran lunga superiore. Ma se vuoi, nel senso che desideri ardentemente, che un inglese o un americano, o tedesco o giapponese legga quello che ti è passato per la testa, non vorrai pretendere che i giapponesi, i tedeschi, e specialmente i sudditi di Sua Maestà imparino il sardo, dato che sai, e se non lo sapessi sei fregato due volte, che quelli ti snobbano anche se tu gli parlassi in intergalattico.
    Capito mi hai Sandro Angei?
    Se tu vuoi, o credi o t'illudi, che il nostro blog lo leggano i più, pretendi la traduzione in italiano, con la quale arrivi poco oltre il Tirreno, ma considera che neanche Dante (buon 750°!) leggerebbe l'italiano scritto da chi ancora stropiccia il latino, come le scimmie fanno con le caramelle.

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    1. Capito ti ho Francu Pilloni, ma quei pochi sparuti statunitensi, inglesi, francesi, tedeschi, spagnoli ed in ultimo qualche madacascarino, vuoi metterli in condizioni di capirci una acca di quello che anelano leggere?
      Niente niente, decidono di venire in Sardegna per vedere come ride una serpentella!

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  13. Scrittu a pustis: Farra 'e trigu est scrittu giustu, cun s'elisioni de sa d.
    Narendidda totu, candu si scrit in poesia, totus is elisionis funt ammittias, po sa chistioni de sa metrica; candu si scrit in prosa, est mellus a no elidiri nudda. In custu casu, sendu unu psedonimu o unu nomingiu, si tenit sa libertadi comente in poesia.
    Totu po torrai a comenti si scrit Monte Prama ca, a crei a su crabarissu cun aiaius crabarissus, si narat sempri Monte Prama e mai Monti Prama, ma no si scrit mai Mont'e Prama, comenti fait issu, poita incongruenti cun sa logica de donnia grammatica, sarda o italiana chi siat.

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  14. Pur sapendo di contradirmi rispetto a ciò che avevo scritto prima,mi rendo conto che le argomentazioni del signor Francu sono inecceppibili,anche perché il sardo tradotto,non solo perde di efficacia ma,a volte,diventa quasi volgare.Mi ricordo quando ero piccola e mi cascava tutto di mano,mia mamma mi diceva"sa manos cancheradas chi iuches",in sardo è efficacissimo, la traduzione è brutta.

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  15. Niente di nuovo sotto il sole. Le due anime antiche, mosse da opposte ed irrisolte tendenze a chiudersi o ad aprirsi, tornano, appena si presenta un’occasione, a contrapporsi.
    Lo strano poi è che chi si schiera in modo netto per il solo uso della lingua sarda, come mikkelj, di fatto limitando l’accessibilità al blog, riducendo lo scambio culturale e impoverendo (intendo solo numericamente) il dibattito se pensiamo a chi sardo non è, abbia manifestato invece insofferenza verso chi, riferendosi ai secoli e ai millenni passati, abbia osato parlare di isolamento geografico prima che culturale. E, allora, perché dalla visione di una Sardegna al centro del Mediterraneo, aperta ad intensi traffici marittimi dal Neolitico al Bronzo, dal Ferro fino ad oggi, con un cambio di registro inspiegato, ci si vuole oggi intendere tra pochi?
    Ho sempre odiato i traduttori automatici che stravolgono spesso il senso e non riescono a trasmettere l’anima degli interventi in lingua originale, come dice a ragione francu, ma se non si vuole mettere in piedi un clan di iniziati che, ho appreso con sorpresa, neppure ben si intendono su uno scritto di Farr’ ‘e trigu, che scrive altrettanto bene di come fotografa, e di cui peraltro ho apprezzato l’ironia nella versione italiana che mi ero perso completamente nella faticosa lettura precedente, una soluzione bisognerà pur trovarla.

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  16. Penso che, come al solito, abbia ragione Aba. Ci ho ripensato e forse è meglio non normare nulla. Così ci si 'apre', quando lo si ritiene opportuno, per quel tanto che, in fondo in fondo, attiene al garbo e anche alla saggezza. Vorremmo tanto che questo benedetto sardo fosse compreso e rispettato (anche per i motivi della sua difficoltosa traducibilità: come in ogni lingua) ma ci vorrebbero ben altre volontà e soggetti, soprattutto politici. Noi facciamo dunque quel che possiamo ora traducendolo ora no.

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  17. Vedi deciso Sandro, vedi tortuoso Francesco, veda nostalgica Sennora Grassia, mi sarebbe facile portarvi dalla mia parte che parrebbe essere anche quella d’altri, facendovi ingolosire da questa portata:
    « SA LIMBA SARDA è l’unica grande cosa che, tutta “quella trista congerie di disgraziati individui” che si sono susseguiti nel mondo della sarda cultura, non è riuscita a rubarci!
    Ci rubarono i Nurakes! Per lustri ci imposero fossero stati costruiti dai Micenei.
    Ci rubarono le Domos de Jana! Per lustri ci dimostrarono averle noi copiate dal Vicino Oriente.
    Ci rubarono l’Ossidiana di Monte Arci! Vi sono ancora oggi degli incapaci che credono si trovi in giro per l’Europa, non perché i Sardiani ve la portarono, ma per opera divina.
    Ci rubarono le industrie litiche, che coprirono ampi spazi della Sardegna Paleolitica a partire dal Mindel per arrivare fino al Riss «su basi attendibili e rigorose»! Nessuno ne parla o al massimo riferisce di una qualche manifestazione nel Rissiano.
    Ci rubarono la Navigazione! La totalità di “quella trista congerie di disgraziati individui”, nella sua grandissima ignoranza, nega ancora la antichissima navigazione dei Sardiani.
    Ebbene, tu Sardo, vuoi venga bruciata definitivamente l’ultima speranza che ancor ti lega al più intimo te stesso? Ti prego, un attimo prima di porre in essere il tuo gesto insano, di pensare che CON IL TUO IMMENSO PATRIMONIO un qualunque cittadino del mondo, un Russo, un Inglese, un Cinese, un Arabo, un Americano, un Australiano farebbe del proprio Paese il centro culturale più importante del pianeta! E tu? Che cosa fai? Non pretendi in cambio neppure il canonico piatto di lenticchie? ».
    Cosa dici attento lettore? La Lingua Sarda ci è stata portata ed era lingua dei Romani? Ed allora insisterò col dire che: “quella trista congerie di disgraziati individui” ti ha mentito ancora! Non mi credi? Ti prego di chiederti allora perché nella odierna Atene (per fartela facile, facile) si parli LA LINGUA GRECA, mentre nella odierna Roma si parli LA LINGUA ITALIANA! E, prova anche a chiederti perché NON E’ MAI ESISTITA UNA LINGUA ROMANA! Infatti, i Romani parlavano e scrivevano in una lingua imposta da altri! Conosciuta come LINGUA LATINA! Vuoi scommettere che i Sardiani scrivevano e parlavano la loro LINGUA SARDA ben prima che i Romani parlassero e scrivessero nella “per essi forestiera” lingua latina?
    Ma, allo scopo traiate vieppiù luce da mie modeste ragioni, metterò insieme due numeri qui appresso
    Sandro Angei ha detto: «un estraneo alla lingua nostrana, se non capisce, chiude il libro e passa oltre». Vedi caro Sandro, la mia piccola esperienza nel Salotto di JFranziscu e di Samamasarda, mi racconta cosa ben diversa!
    Infatti, ricordo che, quando Samamasarda affermava che un certo contributo (post) aveva attirato 400 presenze, si scopriva che gli interventi registrati da questi ipotetici 400 lettori, rappresentavano a malapena il 3% di quelle presenze! Cioè erano stati lasciati 12 commenti!
    Ma, la disgrazia più grande era circoscritta al fatto che ben oltre il 90%, di tal 3% (cioè 10,8 commenti), ERA RAPPRESENTATO DA INTERVENTI DEI SOLITI NOTI FREQUENTATORI. Anzi, è bene osservare che, moltissime volte (è capitato a me) gli interventi erano posti da due persone soltanto e ricordo di sfuggita la sovente continua, unica compagnia di Francesco Masia! E, molte volte, i commenti erano spediti da una persona (nota) soltanto (ed è ancora capitato a me!).
    E vengo all’ergo: è davvero il caso di castrare i nobili intendimenti orientati al diffondere LA LINGUA SARDA, rinunciando a scrivere nella propria lingua, a causa della minuta speranza che il lontano restante ci lasci un solo “1,2” misero messaggio?
    mikkelj

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  18. Dici bene Ergian45, nella lettura in sardo, se sardo non sei puoi perderti una certa ironia, per contro, come dice Signora Grazia, la traduzione di certe frasi sarde è brutta se non abominevole, tant’è che se in sardo “chi ti currullidi su bugginu” può destare pure una certa ironia nell’immaginarsi la scena, per via di quel “currullidi”, benché non sia la migliore delle benedizioni, in italiano suonerebbe “che ti rincorra il boia” inteso anche come diavolo destando preoccupazione, consapevoli che quella è una bella e buona maledizione.
    Per tanto per dare un colpo alla botte ed una al cerchio, mettiamo le due versioni, perché si darà modo ai sardi di leggersi l’articolo in scioltezza, cogliendo tutte le sfumature della parlata e al resto del mondo si darà modo di capire il significato dello scritto, cogliere la pronuncia in sardo facendo il raffronto tra le due versioni e magari cogliere così pure loro, qualche sfumatura linguistica come quel “biu biu” che in italiano è stato tradotto “vivacissimo”, ma non rende come in sardo. Voglio dire con questo, rispondendo così pure a Mikkelj, che così si da modo a tutti quelli interessati, di apprendere la lingua Sarda, come se stessero leggendo una sorta di stele di Rosetta.
    Comunque c’è da dire che il sardo campidanese, specialmente da Terralba in giù, ha una musicalità, una cadenza ed un brio particolari, che rafforzano le espressioni quasi in modo onomatopeico; per tanto difficilmente si potrà avere in italiano quella sonorità legata al senso delle frasi.

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    1. Ho dimenticato di dire che, siamo usciti tutti, me compreso, un pochino fuori tema!

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    2. E già... però l'ho fatto per dar voce a quelli che hanno protestato e in veste di amministratore era mio dovere... certo che dopo..., va beh!

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  19. “Interverranno autorità del mondo istituzionale e scientifico”, si legge nella locandina del CIMA. Per un semplice incontro culturale (come ci informa Farra'e Trigu)? Trattasi in realtà, addirittura, dell'inaugurazione del CIMA. Quindi (questo mi interessava capire) non è un logo vigente da anni e distrattamente mantenuto nonostante la sentenza del Tribunale, è proprio scelto e confermato adesso, un logo che si affianca, per cominciare, al logo del MIBAC e che si propone nudo e crudo alle autorità dei due mondi, istituzionale e scientifico.

    Sui giornali (on line) la discussione sollevata intorno a questa inaugurazione è per ora quella mossa dall'opposizione consiliare di Allai sulla trasformazione inopportuna (a loro dire) di uno spazio espositivo (per reperti archeologici, aperto una tantum) in Museo (permanente), alias costosa cattedrale nel deserto.

    Noi qui ci chiediamo (con Atropa) quale didascalia accompagni il dischetto; e poi, ancora, cosa ne sapranno e vorranno dire le autorità dei due mondi.
    È una campana che suona, intenzionalmente, o no?
    E qualcuno la vorrà sentire?

    Quanto a un non tradurre per principio gli interventi proposti in Sardo mi sono già espresso (almeno in quello non tortuosamente, credo), e Mikkelj, che leggo con il solito piacere e interesse e che saluto con affetto, lo stesso non mi porta facilmente dalla sua (posto che la sua sembrerebbe restare quella, estrema). Poi è vero, Francu, che se scrivo o traduco in Italiano o in Inglese o in Intergalattico non smuovo l'indifferenza di un americano o un giapponese (o comunque è inutile qui remare contro la tua sapiente e matura vena cinica, certi giorni più marcata); ma se dall'America o dal Giappone o su qualche altra galassia c'è (già) qualcuno che ci legge e vorrebbe capirci, ce ne impipperà?

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  20. Per finire il"fuori tema":tutti questi pareri contrastanti,ed ognuno ha le sue buone ragioni,dimostrano il grande amore che ,ognuno di noi,ha per la nostra lingua.

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  21. Frullandomi in testa che anche sul fronte e sul retro del disco di Festo, la spirale che divide le caselle, può essere assimilata ad un serpente e ricordandomi che venne ritrovato nella cella principale di un magazzino del “tempio” sotterraneo , ho provato a rileggermi le note su Wikipedia. Mi sono osservato attentamente le due immagini del disco. Ora, a pochi decimetri e nello stesso terreno, è stata anche trovata la tavoletta PH-1 in lineare A, riprodotta a lato. Osservo il disegno di quest’ultima e vengo assalito, all'istante, da una strana inquietudine.
    Infatti, sulla tavoletta due segni chiarissimi e ripetuti (che io non so se siano lettere o altro) in posizioni diverse mi ricordano qualcosa su cui si è discusso molto nel blog Monte Prama. E’ impressionante la somiglianza con il bistrattato 2 della tanto richiamata presunta data 1942 incisa sulla vera del pozzo di Mistras. Qualcuno ricorderà che io avevo speso non poche righe per difendere l’originalità della scritta che appariva e scompariva a seconda della luce.
    Spero con questo di accontentare l’amministratore perché si torna in tema. Magari la mia è solo suggestione. Mah, a volte…, vuoi vedere che da una buona “farr’ ‘e trigu”, quella bianchissima, e osservando a lungo le fotografie, non solo le sue…

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    1. Caro Ergian45, la strana inquietudine ha preso pure me, vedendo quei segni, ed altri ancora, almeno uno di questi altri assomiglia tanto ad un grafema del nuraghetto di Uras.

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    2. Non c'è dubbio che uno dei segni del nuraghetto di Uras sia molto simile a quello presente e vicino ai nostri "2" della tavoletta PH-1 di Festo.

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  22. Leggeremo prima o poi da qualcuno che ne capisce, ma intanto mi espongo a dire che la pesca di Ergian mi sembra possa valere molto. Nei repertori del Lineare A visti in rete non ho trovato quel segno, ma in quella tavoletta non può trattarsi di uno sbaglio di qualche “ziu”, perchè il “nostro” famigerato “2” è riportato (scherzi del destino) ben 2 volte. Tra l’altro, cercandolo scopro un segno della lineare A (AB 53) che avrebbe fatto gridare tutti, quello sì, a un evidentissimo 2.
    Bravo Ergian, se son rose fioriranno.

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  23. Tornando, e sperando di non annoiare, al cosiddetto nuraghetto di Uras, che naturalmente è un piccolo oggetto che non ha nulla del nuraghe, vorrei aggiungere che conoscevo solo, finora, una riproduzione piatta a disegno, come vista in pianta cioè dall'alto. Il segno riprodotto nello schizzo (immaginiamo sul quadrante di orologio a ora 0,00) come una freccia ben formata, che punta verso il basso e, se non ricordo male, era stato avvicinato ad una k con di fianco un bel punto interrogativo per onesta intellettuale, nella realtà appare diverso.
    Poco fa, cercando, ho trovato invece la fotografia della probabile fusaiola con una sola lettera ben leggibile e massima sorpresa ancora. Il segno o lettera consonantica o sillabica non lo so, è vista come si sarebbe dovuta vedere da chi la poteva osservare innanzitutto verso l'alto e per un senso di curvatura molto più marcato, appare di nuovo, ossessivamente di nuovo, come la ormai nota "2" della scritta della vera del pozzo.
    E, di nuovo, eccolo, immaginate un bastone con la sommità curva con una stanghetta in diagonale, lo stesso segno come se fosse visto ad uno specchio con la curva volta a destra questa volta.

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