martedì 7 marzo 2017

S'eremita Matteu 2

Esame autoptico di una chiesa

Di Sandro Angei, Stefano Sanna, Gigi Sanna.

2° parte
vedi 1° parte

Dati di archeoastronomia relativi all'edificio

    Come di consueto, ormai, si è data  una sbirciata alla chiesa su Google Earth, estrapolando il dato che l’asse maggiore della costruzione è orientato con un azimut di circa 110° rispetto al nord geografico. Pertanto  la costruzione in sé, non presenta alcuna valenza astronomica legata al moto solare. Tuttavia  l’intuito ed un veloce calcolo  induce a sospettare che  in quel luogo ci sia un orientamento nascosto.

   Avvalendoci dei mezzi opportuni  abbiamo sviluppato un modello in 3D della struttura, che rivela un orientamento all’alba degli equinozi. Il sole penetrando dalla finestra circolare, disturbato dalla cornice interna di forma quadrangolare della stessa (Fig. 17), proietta l'immagine di un quarto di cerchio, che va ad incidere esattamente in corrispondenza del pavimento, sull’angolo posteriore sinistro della piccola cella.


Fig.17
L’immagine mostra come la luce penetrando dalla finestra circolare, viene parzialmente intercettata dalle pareti quadrangolari della sua parte interna
.

   Il dato ci sembra piuttosto interessante e riconduce i nostri pensieri all’architettura della luce messa in atto dal popolo nuragico. Pensiamo al nuraghe Santa Barbara, col quale il parallelo è stringente:
-         finestrella di scarico del nuraghe = finestra circolare della chiesetta;
-       altare dentro il nuraghe che fissa il momento del solstizio = angolo triedro della celletta della chiesetta che indica gli equinozi.
 Altra similitudine la riscontriamo nel modo di creare i giochi di luci ed ombre, che riconduce alla Porta del sole di Murru mannu in Tharros, dove due elementi distanti tra loro 6,00 m formano in un dato momento dell’anno un triangolo equilatero. Qui a S’eremita Matteu si disegna un quarto di cerchio, ottenendolo dal profilo della finestra circolare esterna, ostacolato dal profilo quadrato interno della medesima. Similitudine che riscontriamo anche nel nuraghe Crabia di Bauladu, dove assistiamo allo spettacolo luminoso realizzato con medesima tecnica (vedi recente articolo comparso su questo blog[3]). Non vorremmo sembrare pedanti ma, se questa non fosse una chiesetta campestre, in quel quarto di cerchio potremmo vederci una testa di toro stilizzata (ma è solo una suggestione di influenza nuragologica).
   Torniamo però ancora un momento sul particolare punto della celletta  che viene illuminato agli equinozi. Il dato ci sembra di grande valenza simbolica se consideriamo la particolarità di quel preciso luogo della celletta, che la geometria descrive come angolo triedro[4] che, per traslazione, potremmo identificare quale immagine del triangolo pubico, rappresentato, guarda il caso, anche in uno degli elementi costitutivi della stella di Ištar. Solo un caso? Può darsi, ma non escludiamo a priori la possibile intenzionalità.
    Ancora geometricamente: il vertice del triedro è il punto adimensionale dove convergono gli spigoli dei tre angoli diedri; è il punto dove, come in un imbuto, è convogliata la luce solare che in un dato momento vi incide, ed è contemporaneamente femmina e maschio; femmina se pensiamo al triedro come figura concava e maschio se la consideriamo convessa; la stessa simbologia del nuraghe, se vogliamo, dal momento che anche questo è contemporaneamente fallo (convessità esterna) e vulva (concavità interna).
   Per quanto metaforica possa essere l’immagine, nella celletta è celebrato, due volte l’anno, l’atto riproduttivo; d’auspicio all’equinozio d’autunno, di ringraziamento a quello primaverile.
   Con altra considerazione possiamo intendere quell’angolo triedro, come rappresentazione di una entità recondita e normalmente invisibile, da custodire in luogo segreto perché preziosa: il santa santorum, custodia del punto adimensionale dal quale tutto ha inizio; lo stesso principio descritto nei tre versetti che introducono al libro della Genesi: “In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!» E la luce fu.
Analizzando i tre versetti, ci sembra rispecchino le caratteristiche della chiesetta dell’Eremita Matteu.

   Abbiamo visto che nella chiesetta si manifesta una ierofania agli equinozi. I due eventi, come già detto, dal punto di vista antropologico hanno diversa valenza; quello primaverile esprime giubilo per il risveglio della natura, il secondo esprime apprensione e paura per l’imminente arrivo dell’inverno, morte apparente della natura, prevalenza del periodo notturno su quello diurno e indebolimento della radiazione solare. Tutti segnali di decadimento che l’uomo antico interpretava in senso pessimistico.
   L’attento studio dell’edificio e di tutti i particolari che lo costituiscono e lo arricchiscono, induce a pensare che qui si celebrasse un rito dedicato all’equinozio di autunno e in tal senso è possibile una spiegazione in termini ideologici.
    L’equinozio d’autunno segna un momento di passaggio, dove il periodo notturno prevale su quello diurno. Il periodo si protrae fino al solstizio d’inverno, momento in cui ideologicamente il toro solare muore per rinascere a nuova vita. Da quel momento: 21 dicembre, il torello solare rinvigorisce fino all’equinozio di primavera, momento di equilibrio tra giorno e notte e risveglio della natura, che sancisce la vittoria della luce sulle tenebre con la conquista della forza luminosa necessaria alla piena maturità del toro. Il toro solare mostra tutta la sua potenza al solstizio d’estate; che decreta però anche l’inizio del declino di quella forza, che man mano si affievolisce fino al successivo equinozio d’autunno.
   In questi termini forse era visto il culto del sole e della madre terra, in questo piccolo tempio, dove verosimilmente si celebravano riti di buon auspicio di rinascita al solstizio d’inverno; perché questa era la gran paura dell’uomo che, conscio di dipendere dal ciclo della natura, pensava che il sole potesse non rinascere a nuova vita. Questa paura evidentemente si manifestava solo all’equinozio d’autunno, per l’incognita che il futuro riservava; così non era per l’equinozio di primavera, momento di giubilo, visto che il dubbio si scioglieva nel momento in cui, al solstizio d’inverno, il sole iniziava a recuperare il suo vigore.

   Un ultimo particolare di non poca importanza, sostiene la natura di questo edificio.
   Vicino allo spigolo sinistro esterno della chiesa è presente una scritta graffita nell’intonaco, composta da una sequenza di grafemi a prima vista astrusi, che letti secondo una certa direzione e il codice appropriato, restituisce una frase di due parole in lingua latina: VIRDI EDO, scritta però in mix scrittorio latino ed etrusco con caratteri etruschi arcaici (VII-V sec. a.C.).[5]

   Tutti questi elementi potrebbero avvalorare l’ipotesi che questa in origine non fosse una chiesa del culto cristiano, ma un tempio dedicato ad altri riti ed altra divinità. L’affermazione è piuttosto forte, ce ne rendiamo conto, però se mettiamo assieme tutti i pezzi del puzzle, questa ipotesi potrebbe essere verosimile:
1.      Posizione della chiesa edificata seminterrata a ridosso del monte, con la cella completamente interrata.
2.      Ambiente interno, compresi decori ed altri particolari, pitturato di nero.
3.      Presenza di un artificio che convoglia l’acqua all’interno dell’edificio.
4.      Decori, stella di Ištar e fiori della vita, che richiamano il significato di fertilità e rinascita.
5.      Particolari che attraverso l’architettura della luce creano una ierofania agli equinozi.
6.      Raffigurazioni che ricordano in modo straordinario la Tanit.
7.    Ed in fine, una scritta che riporta, nella sua conformazione, ad un tempo estremamente lontano, visto che l’etrusco ufficialmente è attestato fino al 1° secolo d.C..

   Ci domandiamo se tutti questi segni siano riconducibili al rito cristiano. Alcuni potrebbero pure appartenergli, ma costruire chiese seminterrate nella montagna, pitturarle internamente di nero, convogliarvi le acque piovane in modo alquanto stravagante, redigere in mix scrittorio una frase a rebus, ci sembrano indizi che portano lontano dal fondamento cristiano di questa costruzione; per non parlare della ierofania agli equinozi! E a proposito di quest’ultima: se l’intento fosse stato di celebrare il momento equinoziale in ambito cristiano, il costruttore avrebbe esaltato l’avvenimento con una ierofania ben visibile associata al Cristo o altro emblema cristiano; invece no, la manifestazione luminosa avviene in un ambiente angusto e probabilmente nascosto; una sorta di piccola cappella articolata all’edificio principale, che di esso parrebbe protuberanza segreta.
   Un rito da nascondere; tanto che una volta scoperto fu impedito l’afflusso delle acque meteoriche all’interno del luogo divenuto, solo in seguito, cristiano?
   La domanda ci sembra del tutto legittima se consideriamo i particolari costruttivi che potrebbero in un certo qual modo collocare temporalmente l’edificio:
-         Punto l’attenzione sulla tegola che è parte terminale di una canalizzazione che convoglia l’acqua all’interno della chiesa; questa evidentemente per svolgere il suo ruolo doveva essere messa in opera prima della posa delle lastre decorate che sopportano la volta a botte.
-         La canalizzazione per essere efficiente doveva avere una certa inclinazione, per tanto a monte doveva partire da una quota ben precisa che comunicava in qualche modo con l’esterno, che poteva essere un semplice varco nella superficie intonacata.
-         A questo punto è necessaria la presenza di una qualche struttura esterna addossata alla parete in corrispondenza del varco, non essendo auspicabile che vi penetrasse la sola acqua veicolata dalla parete esterna, né quella proveniente da una qualche canalizzazione ricavata alla base dello spiovente della volta a botte dell’edificio principale: troppa esigua la quantità d’acqua incanalabile né alcun artificio è presente all’esterno del tetto, tale da convogliare l’acqua (sorta di grondaia) all’interno della costruzione.
-         Il varco, è presumibile, dovesse collegarsi allo spiovente della celletta, in modo da far confluire l’acqua meteorica raccolta dal tetto e proveniente in gran parte dalla collina soprastante.
-         Per tanto la celletta doveva necessariamente essere prevista nel progetto originale.
-         In ragione di ciò è verosimile che anche la particolare finestra del frontone facesse parte del medesimo progetto d’impianto, visto che la finestra è realizzata in posizione centrale del frontone e sarebbe stato difficile fa coincidere la ierofania agli equinozi nel preciso angolo della celletta, senza uno studio preliminare. Certo, si potrebbe obiettare che lunghezza e altezza del pavimento della cella potevano essere impostate pure successivamente, però si sarebbe corso il rischio di vanificare lo spettacolo ierofanico.
   In sostanza potremmo pensare che i particolari descritti siano stati realizzate in maniera sequenziale metodicamente prestabilita. Ciò legittima due ipotesi:
-         La chiesa è estremamente antica e solo successivamente cristiana, coesistendo in essa caratteri della cultura nuragica e benché solo nella scritta, di quella etrusca. Si noti che i caratteri etruschi sono morfologicamente del tutto coerenti col periodo loro assegnato (VII-V sec. a.C.).
-         La chiesa è relativamente recente, costruita dall’eremita Matteu; in tal caso si rafforzerebbe l’ipotesi che sia perdurata fin verso la fine del 1700, benché in maniera estremamente sporadica, una cultura ormai dimenticata dai più: quella nuragica; e l’eremita fosse il depositario di quel sapere antico. Un eremita, Matteu, alquanto sui generis, visto che correva per il territorio narboliese rovistando nuraghe e usando la scrittura a rebus in modo piuttosto laico.

segue...

note:
[3] S. Angei 15 gennaio 2017 “L'antica arte delle ombre cinesi o meglio... nuragiche!” sul blog Maymoni.

[4] Per “triedro” si intende un angolo solido costruito con tre semirette uscenti da un punto in comune (vertice), ma non giacenti in uno stesso piano, che individuano tre angoli aventi per vertice il punto in comune e per lati le semirette date. Questi tre angoli (nel caso specifico di 90°), racchiudono una parte dello spazio, che si chiama appunto, triedro.

[5] Vedi G.Sanna “CHI SA DIRCI QUALCOSA SU QUESTA SCRITTA ANTICA? ATTENZIONE. E' A REBUS” pubblicato il 24.01.2017 su Maymoni blog 

7 commenti:

  1. Sandro, complimenti!
    Da te piove scienza, coscienza, eminiscenza. Sei un fiume in piena.
    Però, fammici pensare ... quest'eremita qui...

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    1. Francu, ti ringrazio per i complimenti e per il neologismo ad hoc, ma questo articolo è frutto di un gioco di squadra e… non è finita qui.
      A proposito di puntini di sospensione… cosa covi sotto i tuoi?

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  2. Da lettore del Vostro meraviglioso Blog che quasi mai interviene perché non ho strumenti culturali in merito vi lancio la mia strampalata immagine che mi è venuta leggendo la Prima parte di questo articolo la volta scorsa ma soprattutto vedendo la prima immagine di tale chiesa.Chiedo scusa per l'idea strampalata ma l'ingresso di quella chiesa mi è sembrata una immensa vagina con tanto di clitoride nell'atto di attesa di essere fecondata.La stessa collinetta dietro, per quel poco che vedo dalla foto sono due immense gambe che contengono l'organo .Lo stesso ambiente umido interno richiama acqua quindi vita.Non ho capito dove si trovi questa chiesa ma magari sarebbe bello vedere se qualcosa li davanti proietti la sua ombra inseminatrice all'interno. Bho! Suggestioni

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  3. Non mancano radi cespugli di sopra e gli avanzi di mutandine rosse stracciate con violenza.
    Perché la natura è violenza. Anche quando dorme.

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  4. Anche l'apertura dell'ingresso è a forma di Tanit. La finestra circolare è la testa.

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  5. Le caratteristiche e i particolari dell’edificio possono far pensare all’intima essenza femminile, ma non lasciatevi ingannare da ciò che l’ingiuria del tempo ha esteriormente modificato facendo sembrare…

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