lunedì 24 giugno 2019

La paraninfa



Giovedì 27 giugno dalle ore 19:00 alle 20:30 presso Coworking 001 Via Garibaldi 51 in Oristano Mauro Pusceddu presenterà il suo romanzo
La paraninfa

Il romanzo si svolge nel contesto storico descritto nel volume La Sardaigne Paranymphe de la Paix (La Sardegna Paraninfa della Pace) pubblicato anonimo nel 1714. Successive edizioni (fino al 1725) furono date alle stampe con il titolo Déscription géographiquehistorique et politique de la Sardaigne. La presente edizione è introdotta da una dettagliata prefazione di Sabine Enders che in base a nuove prove documentali e interpretative attribuisce la Paraninfa definitivamente a Vincenzo Bacallar Sanna. L’argomento del volume è l’imminente e definitivo distacco della Sardegna dalla Spagna dopo la guerra di successione spagnola e la cessione ad un altro dominio. Nel trattato di pace di Utrecht dell’11 aprile 1713 Max Emanuel, duca e principe elettore di Baviera, fu designato nuovo re di Sardegna, e la Paraninfa sostiene appassionatamente questo progetto da un punto di vista sardo. Ma contro Carlo d’Asburgo, dal 1711 imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, il sogno del principe elettore di Baviera nonostante l’attivo sostegno di Bacallar non si avverò. Il progetto di Max Emanuel avrebbe significato per la Sardegna la tanto desiderata sovranità sotto un proprio re, e lo stesso Giovanni Maria Angioy verso la fine del Settecento sottolineò la modernità di questo piano. Chiude il volume un’appendice con lettere inedite del conte Louis Joseph d’Albert – inviato bavarese a Madrid – su un piano segreto che aveva per obiettivo la conquista militare dell’isola da attuare con l’aiuto degli esuli sardi a Madrid per incoronare Max Emanuel re di Sardegna.

giovedì 6 giugno 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 10° parte - Si dia inizio ai lavori!



di Sandro Angei

vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 9° parte - un problema di scala rovescia

15. Cronoprogramma dei lavori


  Alla luce di quanto fin qui esposto possiamo affermare con ragionevole sicurezza, che il pozzo sacro di Santa Cristina è di carattere prettamente solare. L'edificio fu realizzato impiegando un mòdano “polifunzionale" dettato dalle fasi annuali del sole. Questo recava i dati necessari al tracciamento delle parti essenziali di quel monumento costruito impiegando una precisa unità di misura: “sa stiba”.

  Ci accingiamo ora a percorrere le fasi salienti di costruzione del monumento, perché la complessità costruttiva è tale da dover fugare ogni dubbio circa il preciso

lunedì 27 maggio 2019

Sardegna. Siamo proprio malmessi! La nostra storia a quando? Ce lo diranno gli altri. Quando si vorrà e come si vorrà. Ma c’è un ‘ma’: la storia provata, quella nelle cose, è già in atto e non aspetta fasulle benedizioni.


gigi sanna

   La storia della creazione in Sardegna dell’organismo ‘scientifico’ C.I.R.C.E sa davvero dell’incredibile. Ancora una volta i pronunziamenti ‘certi’ sulla nostra storia saranno appannaggio di teste e di bocche considerate autorevoli per mettere in riga il tutto, eliminare la confusione, classificare con metodo ed emettere sentenze definitive. Si annuncia per noi un altro istituto 'superiore' ad hoc, sulle orme del ben noto I.I.P.P. di Firenze. Quello che (teste lo studioso Sergio Frau) ci vuole tanto bene con la storia archeologica ben centellinata per teste caldissime quali siamo.
 
Fig.1. Semestene. Archetto della Chiesetta campestre di San Nicola di Trullas


   Si sa bene (e alcuni antropologi in Sardegna, a malincuore, lo sanno molto meglio di altri) che il passaggio dalla preistoria alla storia lo si ha quando un popolo lascia in eredità, tra i documenti della propria civiltà, quelli che si dicono ‘scritti’;  gli attestati  cioè sui quali, data la loro ‘oggettività, non si può discutere più di tanto. Se ad esempio i 'nuragici', gli uomini che costruirono i nuraghi e quelli che vissero poi sulla scia della loro  civiltà, lasciarono scritto (con chiari segni di natura  consonantica perché  segni conosciuti anche altrove (Siria- Palestina) per valore fonetico),  in un archetto (fig.1)  di un tempio, poi  cristianizzato, del VIII - VII secolo a.C., che yzyz è figlio (bn) del ‘toro’ e nello stesso tempo ‘figlio (bn) di ZZY’. E  se, sempre nello stesso documento,  si celebra la potenza straordinaria (‘oz) dell’uno e dell’altro, ciò vuol dire che ci troviamo davanti al culto di un sovrano potentissimo 'divino' che possiede le stesse qualità del padre. Vuol dire  che nella Sardegna ‘nuragica’ di un certo periodo c’era una monarchia (o per lo meno una aristocrazia) di origine divina e che certi templi venivano costruiti in loro onore. E vuol dire ancora che con ogni probabilità il padre di yzyz, cioè zzy era ‘divino’ e ‘figlio’ del toro anch’esso. E quando i sigilli (autenticissimi) di Tzricotu di Cabras, 25 anni prima del rinvenimento del documento della chiesetta di Semestene, ci dicono, sempre con la stessa tipologia di scrittura consonantica (fig.2),  la stessa identica cosa, che y’go de hathos è figlio divino del toro  e figlio di byqo, toro divino anche lui, vuol dire che noi su quella doppia testimonianza diretta (corroborata da altre testimonianze ancora sempre dirette) dobbiamo credere, non avere più dubbi su chi fossero coloro che governarono la Sardegna tra la fine dell’età del bronzo e i primi cinquecento anni dell’età del ferro. Non dobbiamo dubitare su errori di interpretazione perché abbiamo un frammento non piccolo di storia sarda oggettiva, una fonte diretta che nessuno può mettere in discussione.

 
Fig. 2. Tzrictu.  Sigillo  di  y'go th hths bn byqo, uno dei 'Giganti'  di Monte Prama di Cabras   

Ma  perché si capisca bene il valore immenso di questi (ed altri)  documenti e della loro testimonianza ‘storica’ si consideri il fatto che per quanto riguarda la storia d’Italia e del Mediterraneo occidentale abbiamo attestati in Sardegna (e non altrove)  i primi nomi dei re. I re etrusco - romani dovranno aspettare mezzo millennio e più  per comparire nella storia. 'Incredibile', si dirà! Perché incredibile? Credibilissimo invece. A meno che qualcuno non giochi pesante e magari è pronto a sostenere che o siamo noi, nuovi romantici falsari d'Arborea,   che inventiamo documenti oppure  sono altri che li inventano perché  li si manipoli. Possono anche dire e ridire e dire ancora, usare tutti gli strumenti, leciti e illeciti,  della propaganda,  abbaiando  con la ‘tiritera’ del falso, del tutto falso, così da respingere i 300 documenti di oggi, i  3000 di domani e i  30000 del futuro. Apparirà, come  è già apparsa,  una menzogna assurda, un atto del tutto disonorevole per chi la pronuncia, perché è una palese  menzogna che tenta solo di gettare  fango su  oltre venticinque anni di ricerche limpide e di rinvenimenti alla luce del sole.

 E’ evidente che la menzogna rende sempre di più ridicoli perché una buona parte dei documenti ( di sughero, di ceramica, di bronzo e di pietra) rinvenuti e che via via si rinvengono o sono esito di scavi regolari oppure si trovano nei musei, attestati per altro come genuini dalle rare volte in cui i reperti, come nel caso della barchetta di Teti, si sono portati  a periziare.

Ma con la menzogna consapevole  cosa si fa? Quale scopo si intende perseguire? Si intende arrivare all'obiettivo minimo del  resistere e del ritardare il più possibile quello che va detto oggi e andava detto già da alcuni anni. Che la Sardegna è passata a 'vele spiegate' -come si suol dire -  dalla preistoria alla storia e che pertanto sempre di più essa si 'manifesterà' in quest’ultima perché, dato il calcolo delle probabilità, essendo stati più di metà i documenti rinvenuti in edifici ‘nuragici’ o presso costruzioni pertinenti ad essi ed essendo stata scavato, con diligenza, solo uno 0,2 % dei medesimi, i documenti scritti secondo la solita tipologia in mix degli alfabeti orientali semitici (ormai del tutto conosciuti per fonetica) fra cinque o dieci anni saranno 3000 e tra cinquanta chissà quante volte di più. O forse qualcuno potrà pensare davvero che il coccio nuragico del Nuraghe Addanas di Cossoine, quello da noi recentemente pubblicato, dove si dice papale papale del ‘crogiolo’ di Ra, sia l’ultima testimonianza del system arcaico dei sardi dell’età del bronzo e del ferrò? Quanti ne troveremo invece ancora di cocci scritti, di pietre che parlano  e  di bronzi canterini!

Ma ecco ora il punto. Nessuno lo pensa più il 'tutto falso' e l'inesistente per sola voce d'autorità. . Non è più possibile procedere per bugie stupide perché enormemente palesi. I nasi dei bugiardi sono lunghi,  troppo lunghi.  E allora cosa ti fa la cosiddetta ‘scienza’ accademica, quella parte di essa  che sa che si è bruciata malamente per ‘scientificità’ ma in qualche modo deve riprendersi e salvare la faccia? Deve Inventarsi un organismo con patente ‘scientifica’ che dica: ‘Va bene, i documenti ci sono. E’ innegabile che ci siano, come è comprensibile  che si manifesteranno  sempre di più. Ma a dirlo ‘cosa sono’ dovremo essere  noi, ‘comunque’ noi, deputati da una apposita istituzione scientifica”. E noi replichiamo: ‘Fate pure il vostro gioco. Siete pagati apposta per farlo nel miglior modo possibile. Ma sappiate che tutto quello che direte, bello, ordinato, pulito con la candeggina, magari scritto in riviste patinate in inglese, in russo o in giapponese, è ben poca cosa sul piano della scoperta e del  suo interesse di caratura internazionale. Infatti, comunque la giriate,  non potrete che confermare che yzyz era un re santo toro figlio di zzy e che y’ago de Hathos era un altro re santo, un Gigante di Monte ‘e Prama , figlio di un altro gigante e cioè Boyqo. Direte, ma ritardando forse la storia di chissà quanti decenni ancora, quello che noi abbiamo affermato già dal 2004. Non potrete che dire che la Sardegna, con i sigilli del 'ripostiglio' (archivio) nuragico rinvenuto nei pressi di Tzricotu , è entrata non solo con le Statue singolari, ma anche con la scrittura (anch'essa  a tutto tondo),  nella grande storia e non più nella preistoria del Mediterraneo. Storia che -si spera - verrà doverosamente anteposta, nei libri scolastici,  a quella falsa delle origini, villanoviano -etrusca e poi romana, mossa dalla  retorica nazionalistica italica di stampo liberale e poi fascista.                          

domenica 19 maggio 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 9° parte - un problema di scala rovescia


Destreggiarsi tra i vincoli della scala rovescia

Pensavo di inserire la descrizione di questo specifico problema all'interno nell'ultima parte dello studio dedicata al crono-programma dei lavori di costruzione del pozzo sacro; però facendo ciò avrei appesantito oltremodo l'ultima parte, che lo è già di per se, tanto che poteva passare inosservato un vero e proprio “escamotage” capace di risolvere una difficile fase costruttiva.
Come abbiamo avuto modo di constatare, i gradini della scala rovescia sono impostati sul rapporto di 3/4 di stiba in orizzontale e 2/3 di stiba in verticale. Benché le misure non siano perfettamente uguali per tutti i primi 7 gradini1 (vi è qualche lieve differenza tra l'uno e l'altro), i due rapporti in termini di stiba sono validi non tanto per la corrispondenza con le misure lineari di detti gradini, ma in modo più preciso, significante e probatorio, perché la pendenza della scala rovescia è impostata su detti rapporti: 3/4 e 2/3 di stiba, ossia: 41°38' (Fig.2). Per tanto siamo in presenza di un 1° vincolo.



giovedì 16 maggio 2019

Perugia. Ipogeo dei Volumni. Scrittura crittografica etrusca. La ’ascesa’ del defunto al cielo con il sostegno, la protezione e la forza della doppia luce continua.


di gigi sanna


Si  dice che la lingua etrusca è ancora, per svariati motivi, un enigma e un 'rebus'. Ciò si sostiene, naturalmente, sulla base delle grosse difficoltà che insorgono nel cercare di capire di essa molti degli aspetti lessicali, morfologici e sintattici. In realtà, a mio parere, il 'rebus' sussiste e resiste nel tempo non 'solo' per motivi di carattere grammaticale e linguistico, ma anche e soprattutto perché si stenta a considerare un aspetto essenziale dell'etrusco: che la scrittura è criptica, cioè organizzata e strutturata di proposito con il rebus. E' realizzata per non essere capita se non da pochissimi.  Pertanto nella misura in cui si comprenderanno i meccanismi, spesso sofisticati, del rebus, posti di norma in essere dalle scuole scribali dei santuari, si comprenderà la lingua etrusca. Essi sono simili e spesso gli stessi usati dagli scribi dei templi greci e nuragici. In particolare quelli inventati dagli scribi di  questi ultimi.  

  

 Urna etrusca dell’ipogeo dei Volumni

mercoledì 1 maggio 2019

LETTERE A ME STESSO

di Francu Pilloni


Oggi mi assumo la responsabilità di parlare di un libro che una ragazza sarda ha pubblicato per la sua casa editrice Ipazia Books che ha sede a Dublino.
Il libro è intitolato LETTERE A ME STESSO: Racconti. Memorie. Ricordi.
Di particolare c'è che i racconti, le memorie, i ricordi, sono i miei. Li ho scritti io.
Naturalmente ho firmato un contratto serio che mi impegna a certi comportamenti, ma in cambio avrò il mio tornaconto (pensate: non so neppure come si chiamano esattamente le spettanze dell'autore!), ma non su una certa quantità di copie vendute inizialmente. Se ben ricordo, fra due anni avrò 0,86 euro lordi per ogni copia oltre le prime di cui sopra.
Che sia un bel libro, e parlo dell'aspetto, lo confermo perché sono stato io a comprare la prima copia. Sul contenuto invece garantisco; e poi mi conoscete, scrivo nei nostri blog che si sono succeduti, da dieci anni, più o meno. A fianco la copertina

Chi desidera acquistarlo, deve andare su Amazon,  si va sulla sezione libri e nella barra di ricerca digitate il titolo oppure il mio nome: Francu Pilloni. Per tale mi conoscono. Anch'io ho fatto proprio così

Molti, come dicevo, mi conoscono, ma per quelli che invece non mi hanno in pratica, faccio seguire l'avviso ai lettori che introduce il libro:

CHE BELLA SCOPERTA ARCHEOLOGICA IN SARDEGNA! IL 'FIORE' SOLARE NURAGICO RIPRESO DAGLI ETRUSCHI?




Nella pagina di facebook TESTIMONIANZE E CREATIVITA' SULLA SARDEGNA ANTICA c'è l'immagine di un qualcosa 'attaccato' alla parete di un certo nuraghe (di cui per prudenza si tace giustamente che nome abbia). Secondo me si tratta di una scoperta grandiosa, di altissimo livello, perchè ancora una volta sembra dimostrarsi che gli Etruschi hanno copiato tante simbologie dalla 'religio' dei nuragici. C'è una bella discussione in corso su quel 'qualcosa' che merita d'essere amplificata il più possibile. Essendo detta discussione in un 'gruppo chiuso' io non so se vi si possa accedere. In caso negativo pregherei i gestori della pagina di aprirla, se possibile, a tutti.

E questo è il mio parere (post a commento).

Credo che sia una scoperta assai importante. L'usanza di scolpire o disegnare o attaccare 'dischi' nelle pareti (tombali) o nelle urne fu soprattutto degli Etruschi. Essi concepivano l'astro solare come un 'fiore' o una gemma con i petali (i raggi) infiniti. Potrei fare infiniti esempi ma mi limito a questo del famosissimo sarcofago di Larthia Seianti (fig. 2) dove ci sono due dischi 'fiori' (o gemme) e due dischi in forma di 'patera'. Allusione sia all'astro solare che a quello lunare. La metafora fiore-disco luminoso è abbastanza comprensibile e nell'etrusco si allude alla rinascita attraverso l'aiuto della luce di Tin Sole e di Uni Luna. . Ora, il disco fiore a cinque petali attaccato alla parete (dato importantissimo questo) potrebbe alludere anche qui all'astro (o agli astri) luminoso. Sarebbe una prova ulteriore che il nuraghe (NURAC) sia il 'toro della luce'. E il cinque (il 'toro') sarebbe ulteriore allusione alla forza immensa dell'astro. Naturalmente gli Etruschi vengono molto dopo rispetto ai nuragici dai quali hanno copiato numerose simbologie (ricordo, una per tutte, la simbologia dell'onda corrente della barchetta di Teti di cui per prima parla l'archeologa Nadia Canu). Ripeto, a mio parere, è una scoperta assai importante. Vi dirò che poco importa se ci sia nel 'fiore' la mano dell'uomo o no, cioè se sia un fossile di grosse dimensioni. Inserito nel contesto il motivo svolge la stessa funzione. L'interessante è capirne, come scrive qualcuno, la simbologia.(religiosa). Capire che si sta parlando del nuraghe.

  Fig. 2

 

giovedì 25 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 8° parte - Il recinto sacro: numeri sacri, geometria sacra


Fig. 1
di Sandro Angei

Vedi: Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni

14. Costruzione del recinto sacro
   Nell'articolo “Le geometrie del pozzo di Santa Cristina”, parlammo del recinto sacro e lo definimmo di forma glandoide per via della correlazione con la figura del santuario di Gremanu di Fonni.

mercoledì 17 aprile 2019

Deh, vento maestro




Deh, vento maestro,
giunto a riva, frena appena,
indugia lieve sulle pendici del monte,
carezza la macchia odorosa

martedì 16 aprile 2019

Corso di epigrafia e archeoastronomia nuragica

La redazione di Maymoni blog
 e l'associazione 'aleph
 comunicano
a tutti gli interessati che l'ottavo Corso di Epigrafia e Archeoastronomia Nuragica è rimandato a questo autunno per sopraggiunte cause di forza maggiore.

I corsisti che già si sono iscritti e tutti coloro che intendono seguire le lezioni saranno puntualmente informati mediante questo blog o altri canali social.

***

Nell'augurare
Buona Pasqua a tutti voi

vi ricordo che proprio il giorno di Pasqua avverrà la ierofania luminosa nel pozzo sacro di Santa Cristina.



sabato 13 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 7° parte - Ombre, geometria e divisioni


L'uomo, nella sua nudità esprime la condizione di essere umano;
così oggi come nel passato.

Libero da tutti gli orpelli etichettanti il suo modo esteriore d'essere, pensa;
e nel pensare può mentire a se stesso?

L'uomo che pensa deve essere nudo dentro.

Deve essere libero.


12. Divisione di un segmento in parti uguali

Nei precedenti capitoli abbiamo scritto che la stiba doveva essere divisa in tre parti uguali per poter operare la costruzione degli anelli secondo il procedimento descritto in Fig. 3 (parte 2°). In seguito, nel capitolo 8 abbiamo prospettato l'idea della divisione in 7 parti uguali di un dato segmento per ottenere la giusta dimensione dei gradini della scalinata; mentre nel capitolo 9 abbiamo asserito che il cateto verticale del mòdano doveva essere diviso secondo precisi rapporti numerici pari a 1/2, 1/4, 1/8 e 1/3 dell'intero; infine, nel capitolo 10 abbiamo operato una divisione del raggio di costruzione del cerchio in 9 parti uguali.

mercoledì 10 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 6° parte - Orientamento al nord geografico

11. Orientamento della scalinata: bussola ante litteram? No, ombre, riga e compasso!
Arrivati a questa fase dello studio è necessario dar conto dell'orientamento della scalinata; una caratteristica, questa, che mi incuriosì sin dall'inizio dello studio e mi pose una domanda alla quale non riuscivo dare una risposta precisa e ben documentata. Quell'azimut di 153°08' parrebbe dettato da un orientamento ad una specifica stella (Fomlhaut), come ipotizzai di primo acchito; invece esso è frutto di un calcolo preordinato e straordinario.
La curiosità, come ben si sa', muove la ricerca; e spinto da questo sentimento ho indagato dal punto di vista geometrico e topografico questo dato.

lunedì 8 aprile 2019

Ha inizio l'ottavo corso di epigrafia nuragica e archeoastronomia nuragica


Programma del corso

Mercoledì 17 aprile
1 lezione. Inaugurazione del corso.
ore 18:00 Archeoastronomia - Vediamo quel che vedevano gli antichi; il percepito è sempre lo stesso. Differenze tra osservazione attiva e osservazione passiva.

ore 19:00 Definizione di scrittura nuragica. I documenti. Luoghi di rinvenimento

Giovedì 25 aprile
2. Lezione:
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 1° lezione multidisciplianare sul pozzo sacro di Santa Cristina.

ore 19:00 L'alfabeto nuragico. Il 'protocananaico'  e la scrittura in mix.

Sabato 4 maggio
3. Lezione in gita a Santa Cristina
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 2° lezione multidisciplianare sul pozzo sacro di Santa Cristina.

ore 19:00 La 'griglia di Sassari' . L'agglutinamento (legatura).

Giovedì 9 maggio
4. Lezione
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 3° lezione multidisciplinare sul pozzo sacro di Santa Cristina.

 ore 19:00 I numeri in nuragico. Numeri sacri e simbologia. L'iterazione del segno.

Giovedì 16 maggio
5. Lezione
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 4° lezione multidisciplinare sul pozzo sacro di Santa Cristina.

ore 19:00 Il concetto di 'variatio'. La 'variatio' nelle tavolette sigillo di Tzricotu di Cabras.

Giovedì 23 maggio
6.  Lezione
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 5° lezione multidisciplianare sul pozzo sacro di Santa Cristina.

ore 19:00 La scrittura 'metagrafica'. La cosiddetta Tanit. La scrittura della luce con la luce.

Giovedì 30 maggio
7 Lezione
ore 18:00 Archeoastronomia - Il pozzo delle meraviglie - 6° lezione multidisciplianare sul pozzo sacro di Santa Cristina. 

ore 19:00 La lingua e la scrittura nuragica organiche alla sacralità del Dio e ai suoi nobili figli tori celesti Giganti.


Dove ci incontriamo

Saremo ospiti nei locali della villa in campagna di don Efisio Carta vicino alla basilica di NS del Rimedio.




Tutti gli interessati potranno iscriversi al corso gratuito
inviando una @mail ai seguenti indirizzi:

domenica 7 aprile 2019

LE ANTICHE FONTI D'ACQUA DI MILIS (OR)

di Stefano Sanna 
report fotografico 



L’acqua fonte biologica della vita, ha a che fare con epifanie e cosmogonie, con religioni, riti e culti che attraversano e connotano le culture più lontane e diverse. La sacralità dell’acqua presso tutte le popolazioni della terra è legata alla sua potenza generatrice, alla sua funzione purificatrice, al suo valore primordiale quale principio di tutte le cose, materia senza materia. Il suo essere corpo sfuggente e in perenne movimento ne fa storicamente un veicolo attraverso il quale gli uomini si sono incontrati e combattuti, hanno costruito città e architetture, hanno fondato civiltà e imperi. La sua penuria o la sua abbondanza hanno determinato destini e poteri, complessi sistemi di miti e magie.

 
Milis è un paese situato nella provincia di Oristano in Sardegna , a ridosso della catena montuosa del Montiferru abitato sin dall' età nuragica. Disseminate nel bellissimo territorio, millenarie sorgenti regalano purissime acque agli abitanti di questa terra e a chi, negli anni, ne ha saputo apprezzare le caratteristiche uniche.

FUNTANA INTRU



UNA FONTE D' ACQUA  CHE RICORDA  LA PLANIMETRIA DEI POZZI SACRI NURAGICI
 

FUNTANA MANNA
POCO PIU A NORD DAL PARCO DELLE FONTI SI TROVA LA FONTE  DI "BARIGADU"

sempre nel territorio di Milis sono presenti altre tre fonti : muscas,paramini, e oleras.


lunedì 1 aprile 2019

Il pozzo di Santa Cristina: 5° parte - qualche errore di costruzione

Immagine gentilmente concessa da Stefano Sanna
di Sandro Angei

10. Gli errori di costruzione della scalinata

Nel precedente capitolo abbiamo descritto alcuni particolari della scalinata e avanzato la prudente ipotesi che i suoi gradini siano stati impostati secondo un preciso rapporto riferito alla stiba di 43 cm. Abbiamo anche usato il termine: “inclinazione originaria” avendo riscontrato un cambio di pendenza dal 7°- 8° gradino a salire. In questo capitolo ci soffermeremo sui motivi che indussero questo cambio di pendenza e sul presunto errore di partenza della scalinata.
Osservando la sezione della scala (Fig.11) ci rendiamo conto che essa fino al 8° gradino a salire ha una certa inclinazione (38°40'), dopodiché cambia pendenza (37°44'). Si può ipotizzare che fu eseguito un primo tracciamento della scala seguendo l’inclinazione del mòdano; tant'è che i gradini dal 2° al 8°, giacciono sulla stessa retta inclinata esattamente di 38°40'. Notiamo però quello che potrebbe essere un errore commesso in fase di tracciamento; infatti le pedate dal 2° al 6° gradino hanno tutte la misura media di circa 30 cm, così pure i gradini dal 9° al 24°; mentre il primo gradino ha una pedata di soli 26 cm1. E' possibile che questa fu realizzata di tale misura per compensare la pedata insufficiente tra il primo gradino e il bordo del bacile. Infatti se il 2° gradino avesse avuto una pedata di 30 cm, come gli altri, il primo gradino sarebbe stata di soli 17 cm contro i 20 cm reali. Un gradino di tal fatta (17 cm) se in fase di salita può anche essere di comodo utilizzo, perché si sale poggiando la parte di piede a partire dall’articolazione tra metatarso e falange prossimale; in discesa si correrebbe il rischio di cadere, perché l’articolazione tra metatarso e falange prossimale non avrebbero alcun appoggio, potendo poggiare solo tallone e arco plantare fino all’estremità del metatarso., il 7° una pedata di 27 cm, l'8° una pedata di 34 cm.

Fig. 11

Perché dal 8° gradino fino al 24° la pendenza si riduce a 37°44'? E' questa una modifica eseguita in corso d'opera da quelle maestranze, oppure è il risultato del restauro operato dal Dr. Enrico Atzeni?
   Alla domanda possiamo rispondere solo per via indiziaria, perché non conosciamo esattamente lo stato in cui si trovava la scalinata nel momento in cui E. Atzeni intervenne e la reintegrò (lamenta il Moravetti nella citata guida: "Per quanto riguarda, poi, le indagini stratigrafiche che hanno interessato il santuario, va detto che purtroppo non si dispone ancora dei dati di scavo, così come non si conoscono i materali rinvenuti, fatta eccezione per quattro statuine di bronzo fenicie, recuperate sui gradini del tempio, una fibula ad arco semplice ed una a sanguisuga, alcune figure fittili antropomorfe". Evidentemente si riferiva al lavoro di E. Atzeni.
   Per tanto non conoscendo l'operato dell'archeologo e sperando nel prossimo futuro in una sua pubblicazione (!), non possiamo far altro che ipotizzare per via indiziaria sulla base di alcuni dati rilasciati nelle varie pubblicazioni, valutando i quali siamo indotti a pensare che fu eseguita una modifica in corso d'opera da parte dei costruttori.
Nella guida del Moravetti leggiamo al capitolo: "Il tempio a pozzo" pag.21: "Il pozzo sacro – reintegrato nella parte medio-superiore della scala – ripete lo schema planimetrico comune a questi edifici templari di età nuragica: atrio o vestibolo, scala discendente nella camera, sotterranea, che custodisce la vena sorgiva" (mio il grassetto).
   Cosa possiamo dedurre da questa affermazione, se non il fatto che la scala fu ricostruita a partire all'incirca dal 12° gradino a salire. Essa fu ricostruita, evidentemente, sulla base della parte di essa ancora in situ e secondo i parametri lì rilevati, di alzata e pedata dei gradini esistenti e secondo l'inclinazione dettata a partire dal 7°-8° gradino al 12°. In ragione di ciò, essendo il piano di campagna dettato dalla quota di calpestio in prossimità del sedile del recinto interno (vedi parte 2°, 4° capitolo), e sulla base della media delle alzate dei gradini esistenti, questi dovevano necessariamente essere in numero di 24.
    Sulla base di questo indizio (non sentiamo di definirlo "prova"), pensiamo che il Dr. Atzeni, rispettò l'impostazione della scala; per tanto è verosimile che l'aggiustamento di pendenza fu eseguito in antico in fase di costruzione. Al riguardo abbiamo elaborato un embrione di ipotesi sui motivi di questa correzione, ma non riteniamo solidi gli argomenti di base; per tanto, almeno per il momento, pensiamo basti dire che quel cambio di pendenza potrebbe avere attinenza con l'illuminazione della "scala rovescia". In sostanza pensiamo, ma solo in ambito antropologico e simbolico, che la correzione fu eseguita per rispettare la "scenografia luminosa", in quanto possiamo presume che durante il solstizio d'inverno il sole non dovesse illuminare (se non in modo limitatissimo), l'interno della tholos, né il bacile contenente l'acqua, né la scalinata, ma solo la scala rovescia.
Ma è solo una congettura.

   L'auspicio è quello di trovare in futuro giuste e convincenti motivazioni anche, si spera, sulla base di altri studi e altri monumenti. Per tanto l'evento luminoso che possiamo osservare al solstizio d'inverno, non trascurando quello agli equinozi, se pur suggestivi quanto a spettacolarità, e rapportabili strumentalmente al mòdano,  rimarranno per ora nell'ambito di labili ipotesi.

   Per quanto riguarda il primo errore - quello sicuramente imputabile ai costruttori - è possibile che la pedata del primo gradino fu realizzata della misura minima di 26 cm per compensare la pedata insufficiente tra il bordo del bacile e l'alzata del primo gradino. Infatti se il 1° gradino avesse avuto una pedata di 30 cm, come gli  altri, la pedata di partenza (bordo del bacile) sarebbe stata di soli 17 cm (Fig.12) contro i 19.6 cm reali (Fig.11). Una pedata di tal fatta (17 cm) se in fase di salita può anche essere di comodo utilizzo, perché si sale poggiando la parte di piede a partire dall'articolazione tra metatarso e falange prossimale; in discesa si correrebbe il rischio di cadere, perché l’articolazione tra metatarso e falange prossimale non avrebbero alcun appoggio, potendo poggiare solo tallone e arco plantare fino all’estremità del metatarso.

Fig. 12

   Comunque, a prescindere dalla causa che modificò l'inclinazione, sta il fatto che la prima parte della scala rispetta in modo preciso l’angolo di inclinazione del mòdano; se poi la parte finale della scalinata fu restaurata da E. Atzeni , oppure fu così costruita in età nuragica, nulla cambia per quanto riguarda l'ipotesi del mòdano.

segue

Note e riferimenti bibliografici

1 Secondo la prassi costruttiva da me ipotizzata, che vedremo nell'ultima parte dello studio, l'errore probabilmente ebbe origine dalla posizione del mòdano, che nel rispetto di una geometria del tutto teorica, originava la base della scala sul punto di riflessione teorico dei raggi solari al 20 di aprile. Secondo questa costruzione la pedata alla base del 1° gradino (bordo del bacile), avrebbe avuto una pedata di soli 11 cm.