martedì 19 ottobre 2021

In Sardegna riaffiora " La città perduta". Nel Sinis un nuovo affascinante pezzo di archeologia: un insediamento senza precedenti a livello di dimensioni .

di Stefano Sanna
 

La storia comincia quando cominciano le fonti, e le fonti sono prevalentemente scritte, e di conseguenza è molto complicato ricostruire la storia dell’Uomo prima dell’invenzione della scrittura. Esistono altre fonti importanti: manufatti, reperti archeologici, pitture rupestri; ma sono naturalmente di difficile interpretazione. E tanto più si va indietro nel tempo, tanto più è difficile raccogliere testimonianze di qualsiasi tipo. 

 

Oggi vi voglio raccontare qualcosa di straordinario che si trova in Sardegna ,

sabato 9 ottobre 2021

Ancora sulla piramide di Cheope: una sequenza fotografica esplicativa

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di Sandro Angei

 Nel mese di gennaio di quest'anno pubblicai in questo blog un saggio circa i lavori preliminari alla edificazione delle grandi piramidi della piana di Giza: lavori di fondamentale importanza per la precisissima edificazione di questi maestosi monumenti.

In ogni cantiere i primi lavori che si eseguono sono quelli di tracciamento, e quelli delle grandi piramidi di Giza furono senza dubbio di fondamentale importanza, dato il fine che il faraone e i suoi architetti perseguivano: un fine di carattere religioso che imponeva un preciso orientamento astronomico e una precisa geometria planimetrica e volumetrica; e proprio la risoluzione del problema legato al tracciamento volumetrico, fino al 29 gennaio 2021, fu il crucio di tutti i ricercatori che cercarono di svelarne il segreto (forse qualcuno non si pose neppure il problema).

Vi è da dire che il metodo di tracciamento con ogni probabilità cadde nell'oblio perché venne a mancare l'esigenza di utilizzarlo, dato che non si costruirono più piramidi delle dimensioni di quelle di Giza, perché solo edifici di tali grandezza necessitano di un particolare metodo di tracciamento; d'altronde gli architetti Egizi si guardarono bene dal divulgare quello che, sicuramente,  per loro era un segreto di stato; tant'è che nessun ricercatore della nostra era è riuscito a individuare quello utilizzato dagli antichi Egizi, né un metodo alternativo efficace.

Nel momento in cui i ricercatori si cimentarono nella ricerca di quel metodo, a nessun risultato approdarono perché nessun di essi si immedesimò fino in fondo nelle problematiche legate alla "progettazione" di quegli enormi edifici.

Sfiorò il problema G. Goyon in "Il segreto delle grandi piramidi" 1994 Newton Editore, capitolo IV - I cantieri della piramide - scrivendo al paragrafo: Taglio e messa in opera dei primi strati "Uno dei problemi più ardui che i costruttori della grande piramide dovettero affrontare fu quello dell'attuazione pratica degli angoli della costruzione. Il metodo ideale sarebbe stato quello di costruire sull'allineamento di fili tesi agli spigoli. Si è cercato di ipotizzare in proposito la costruzione preliminare di una piramide a gradoni sormontata da un pennone come punto di riferimento. Ma ho più volte ribadito che non era possibile costruire una piramide con blocchi megalitici diversamente che con il procedimento degli strati orizzontali. Tutti gli elementi in muratura, di ogni singolo strato, vennero posti in opera simultaneamente." Goyon, cercando una qualche soluzione, che di fatto non trova, scrive ancora: "Per comprendere la grande dimestichezza e sicurezza degli Egiziani in questo genere di lavori occorre partire dalla constatazione dell'estrema scrupolosità riscontrabile nel taglio e nella connessione dei blocchi di pietra. Mentre il lato esterno dei blocchi del paramento era semplicemente sbozzato a bugnato, gli spigoli invece e le parti destinate a congiungersi erano tagliate con precisione onde assicurare una messa in opera sicura ed esatta. Le pietre angolari si presentano formate da blocchi di materiali scelti e tagliati con una attenzione particolare, secondo un modulo definitivo utilizzato per tutte le pietre angolari successive." L'archeologo di fatto non cerca un metodo ma affida la perfetta traiettoria che gli spigoli dovevano mantenere fino al vertice della costruzione, alla perfezione di taglio dei conci d'angolo; tanto che se così fosse stato dovremmo pensare che quei conci fossero tutti perfettamente identici. Ma per quanto scrupolosa potesse essere la finitura, la misura e l'angolazione di questi conci, anche un solo millimetro di deviazione per ogni corso (sia azimutale che zenitale) avrebbe compromesso il concorso al vertice dei quattro spigoli. 

   L'Architetto Marco Virginio Fiorini riprese (probabilmente in modo autonomo per quanto leggo nel suo libro) il metodo del "pennone" in sommità della cosiddetta "piramide interna" a gradoni, pubblicando nel 2012 nel suo libro: "Nel cantiere della Grande Piramide - gli architetti egizi svelati" Ed. ANANKE; nel quale affronta il problema ma con scarsi risultati, dato che il suo metodo è improponibile nella realtà, non solo per l'obiezione mossa a quel metodo da Goyon, ma anche e soprattutto per motivi legati alle leggi fisiche (vedi l'obiezione mossa nella prima parte del mio saggio).

   La lettura del saggio dell'Architetto Fiorini, però, mi diede l'impulso per cercare un metodo più razionale ed efficace di quello da lui proposto, tant'è che "giocando" con un modellatore 3D riuscii ad intuire il sistema verosimilmente adottato dagli Egizi: un banalissimo metodo di facile utilizzo in cantiere ma difficile da immaginare senza l'ausilio di un modello.

Il sistema di tracciamento degli spigoli che salgono al vertice della piramide deve assicurare una precisione assoluta, pena l'impossibilità di rimediare al rovinoso fallimento, dato che bastava un errato allineamento di uno solo degli spigoli inclinati per non riuscire a far convergere questo verso il vertice.

Il sistema naturalmente è stato trattato nello studio, ma alcuni amici che hanno letto il saggio mi dicono che, per come è stato esposto, il metodo è di difficile comprensione.

 Evidentemente nel saggio non sono stato sufficientemente chiaro nella esposizione, demandata per gran parte alla descrizione scritta e ben poco alla dimostrazione con disegni esplicativi.

 Per tanto, sollecitato da questi amici, proverò a spiegare, mediante una sequenza di immagini, il sistema che verosimilmente adottarono gli antichi Egizi per controllare la direzione degli spigoli inclinati della grande piramide di Cheope, di Chefren e di Micerino.

Non sto qui a ripetere quel che già ho spiegato nel saggio pubblicato; per tanto invito, innanzi tutto, chi non avesse letto ancora quello studio di farlo ora, prima di accingersi a guardare queste immagini; perché ben poco si capirebbe di esse senza cognizione di causa.

Avete letto?

Bene ora possiamo continuare, voglio solo aggiungere che nelle immagini che seguiranno, si vedrà la piramide costituita da una base che simula, in colore beige, la parte edificata, e una parte superiore di colore celeste che simula la parte di piramide ancora non realizzata, col vertice "v" (Fig. 1) di fatto ancora virtuale:

Fig. 1

L'immagine di Fig.1 mostra una vista d'insieme della piramide dove si notano tre dei quattro mòdani (si veda l'articolo linkato) che servivano per tenere sotto controllo gli spigoli inclinati che salgono verso il vertice "v". I mòdani (quei piccoli triangoli posti a distanza dalla piramide) visibili nell'immagine di Fig.1 sono nominati con le lettere A, B e C.

Fig. 2

L'immagine di Fig. 2 mostra, da distanza ravvicinata, la vista del mòdano rispetto alla piramide in costruzione.

Fig. 3

L'immagine di Fig. 3 mostra lo spostamento del punto di vista dell'operatore che si accingeva a traguardare la direzione dello spigolo lungo la diagonale di base sottesa dal mòdano.

Fig. 4

L'immagine di Fig. 4 mostra il punto di vista ottimale per traguardare lungo il mòdano B la direzione lungo la diagonale di base. Si noti che da questa posizione non è possibile tenere sotto controllo l'inclinazione di questo spigolo, ma solo la sua direzione azimutale.

Fig. 5

L'immagine di Fig. 5 mostra, una volta verificata la direzione azimutale lungo la diagonale di base, il cambio di posizione dell'operatore addetto al tracciamento.


Fig. 6

Nella immagine di Fig. 6 si noti la freccia che indica lo spigolo di base della piramide, punto che l'operatore, cambiando posizione, dovrà cercare di collimare con la linea del suo mòdano, qui colorata in rosso per esigenze esplicative.

Fig. 7

L'immagine di Fig. 7 è di avvicinamento al punto di valutazione.


Fig. 8
Nell'immagine di Fig. 8 si vede, finalmente, la sovrapposizione del lato inclinato del mòdano col punto indicato dalla freccia.
Si noti la perfetta sovrapposizione del lato inclinato del mòdano B con lo spigolo traguardato.
Collimando in tal modo lo spigolo in costruzione, si poteva indicare ai lavoratori che movimentavano i grossi macigni d'angolo, la esatta posizione del concio da posare.
L'operatore al mòdano B (vedi Fig.9), poteva così tenere sotto controllo la direzione degli spigoli inclinati che salivano dagli angoli A e C al vertice V e la direzione dello spigolo BV, ma quest'ultimo solo come direzione lungo la direzione B-D.
Allo stresso modo gli operatori degli altri mòdani: A, C e D potevano tenere sotto controllo gli spigoli inclinati visibili dalla loro posizione.


Fig. 9
Le frecce sulle linee tratteggiate indicano gli spigoli che si potevano tenere sotto controllo da ogni modano, oltre alla direzione lungo il prolungamento della diagonale sottesa.


Conclusioni
Le immagini di certo spiegano più di tante parole, benché queste siano indispensabili per una corretta spiegazione.
Spero con questa appendice al saggio proposto mesi fa, di essere stato chiaro nella spiegazione del metodo di allineamento che, con buona probabilità, usarono gli architetti Egizi.

***
Appendice del 17 agosto 2022

Tendendo una fune dal vertice alla base della piramide, questa descrive la curva esemplificata in Fig. A.

Fig. A
Tengo a precisare che la curva non è stata calcolata ma è solo esemplificativa. Il calcolo della funzione deve tenere conto del peso della fune e della sua tensione legata, quest'ultima, direttamente alla resistenza del materiale che costituisce la fune stessa.


mercoledì 29 settembre 2021

Il paesaggio attorno a Mont'e Prama : il colle di "Mont'e Palla"

di Stefano Sanna 

vedi anche Sardegna -Penisola del Sinis :Il colle misterioso di "Mont'eTrigu" si trova poco distante da "Mont'e Prama"
 

Qualche tempo fa abbiamo visto qualche dettaglio del misterioso colle di Mont'eTrigu poco distante da Mont'e Prama ;

 

Il colle di "Mont' e Trigu"

 mentre oggi la nostra attenzione si sposta verso  un'altro colle altretanto misterioso è molto

domenica 12 settembre 2021

Sardegna -Penisola del Sinis :Il colle misterioso di "Mont 'e Trigu" si trova poco distante da "Mont 'e Prama"

 di Stefano Sanna

report fotografico 


 

Il colle di "Mont'eTrigu" si trova poco distante da "Mont'e Prama" .  La cima della collina è ornata da un cerchio di pietre , e secondo la versione degli archeologi non si tratta di un nuraghe , ma bensì la base di una struttura indagata nel 1977. La domanda viene spontanea

martedì 7 settembre 2021

Sant'Anastasia tende la mano a Santa Cristina e Santa Cristina spiega la presenza del pozzo delle offerte posto all'interno della chiesa di Sant'Anastasia.

Il pozzo di Sant'Anastasia

Il pozzo di Santa Cristina

di Sandro Angei


 Qualche tempo fa mi dedicai al pozzo di Sant’Anastasia di Sardara per completare (per così dire) il lavoro lasciato a metà dall’architetto Borut Juvanec scopritore in quel pozzo di una ierofania che si manifestava il 21 aprile. Quella stessa data che in seguito, in modo del tutto autonomo, io scoprii nella porta del sole di Murru mannu in

martedì 31 agosto 2021

NON ALLARMATEVI, po prexeri!

 

Francu Pilloni


Chi mi conosce sa che sono un INDOLENTE che, però, non sta con le mani in mano.

Piuttosto le poso sulla tastiera del pc e … Dio ce la mandi buona.

Fu per questo che, nell’era del lockdown, mi scappò di mano la favola della “Luna di miele con una sconosciuta” che alcuni di voi hanno iniziato a leggere, pochi l’hanno finito, la più parte ha rinunciato a comprarlo. Peccato, perché so che veramente in pochi avrebbero rinunciato a siffatta luna di miele

In era di zona bianca (ho scritto zona, non zanna!), ho racimolato una dozzina di racconti “perduti”, ne ho confezionato quasi altrettanti e, sentite questa!, ho convinto l’architetto Francesco Tabacco fiorentino di darne una sua libera interpretazione, nel bene e nel male. Così è nato “Il contadino e la Luna – persone e miti del villaggio”, il mio naturalmente, che però assomiglia maledettamente al vostro.

domenica 1 agosto 2021

Avviso ai navigatori terrestri.

 


Questo cartello da qualche tempo accoglie il visitatore del nuraghe Santa Barbara di Villanova Truschedu.

Non penso vi sia nulla da commentare se non il grande senso civico mostrato da Zuanne, Pastore che, dal modo professionale col quale apostrofa gli incivili, mostra grande senso del dovere e disponibilità a far rispettare le regole. Qualcuno potrà pensare che Zuanne abbia inviso il lavoro dell'operatore ecologico, ma non è così: chi di noi farebbe il raccoglitore d'aliga, come scrive Zuanne, solo ed esclusivamente per ripulire un luogo dal sudiciume lasciato da persone incivili che lasciano per ogni dove il segno disecologico del loro passaggio?! 

Ecco che Zuanne per scoraggiare il turpe malcostume mette in bella mostra il proprio cognome: Gorbu Deballa, che la dice lunga sul temperamento del nostro Pastore; cognome che da una spiccata valenza alla propria disponibilità ad aiutare gli "sbadati".

Naturalmente noi non approviamo il metodo spiccio che traspare dell'avvertimento, ma di certo una pulce nell'orecchio la lascia in chi, leggendo il cartello, si fa un bell'esame di coscienza. Dopo tutto ci si appresta ad entrare in un luogo sacro, come ben dice Zuanne.


lunedì 19 luglio 2021

E IL PICCOLO CROGIOLO PER METALLI DEL NURAGHE ADDANAS DI COSSOINE? PERCHE' QUELLA SINGOLARE ESPRESSIONE IN NURAGICO CHE RECITA ' CROGIOLO PER RA (SOLE) LUCE DI YH? CHE COSA INTERESSAVA QUELLA PARTICOLARE FUSIONE?

 di Gigi Sanna

Oggi si parla di crogioli sardi per il vetro, risalenti addirittura al 1700 a.C. Ma sarebbe bene non dimenticare il crogiolo scritto rinvenuto nei pressi del Nuraghe Addanas di Cossoine. C'è la scrittura da calcolare che vale quanto e più del vetro. A noi il reperto (frammento di crogiolo) ha interessato ovviamente il particolare dei segni incisi (di tipologia protocananaica) e la lingua, al solito semitica con lessico del V.T. 'ALIL è voce rarissima del Vecchio Testamento per significare 'crogiuolo'.
Ne abbiamo parlato più volte e non è il caso questo di ritornare su quella lingua e sull'alfabeto arcaico dei sardi. Io penso che il piccolo crogiolo di Addanas servisse per realizzare una lega metallica singolare, quella sola che potesse fornire una lucentezza degna di essere accostata alla luce (nr) di Ra (il sole). Forse un bronzo con la presenza di molto rame. E probabile che anche il crogiolo di Siddi ubbidisse a questa indefessa ricerca, cioè quella di trovare prodotti 'brillanti' e che in qualche modo riuscissero ad imitare la luce. Il vetro quindi potrebbe essere stato l'esito dello sforzo di realizzare l'essenza della divinità luminosa, motore continuo del mondo. 'Luce' quindi nella fucina di Cossoine e 'luce' ancora in quella di Siddi.
Se così è, il vetro nuragico non avrebbe nulla di ricerca 'laica' ma sarebbe uno dei tanti tentativi di celebrare il sacro da parte dei 'sapientes' sacerdoti nuragici maestri di alchimie, scrittori di 'religio' e costruttori dei nuraghi. In particolare scienziati impareggiabili della fusione.
In all. Il Nuraghe Addanas e la scritta del coccio del crogiolo. Si noti la scrittura 'obliqua' tipica di non poca scrittura del system nuragico.
Orni Co 1

domenica 18 luglio 2021

Il Sarcasmo fantarcheologico - storia di un palafreniere dell'Accademia che ha cercato di ridicolizzare il fallo di S'Uraki.

 

Nessuna immagine mostreremo in questo articolo, perché non ne abbiamo trovate di appropriate né che evitassero fraintendimenti di sorta

di Sandro Angei

Eccomi qua finalmente.

 Ero indaffarato nella ricerca di questa fantomatica MARIANNA AUSILIA FADDA che si propose tempo fa di redigere una relazione ausiliatrice alla natura fallica del reperto di S'Uraki a sostegno e aiuto dell'amico Andy Bostro.

TENGO A PRECISARE CHE QUESTA MARIANNA AUSILIA FADDA nulla a che fare con l'archeologa Maria Ausilia Fadda che, suo malgrado, è stata tirata in ballo per una “calcolata” omonimia.

Ciò mi ricorda tanto il metodo di un certo “Untore” che, mischiando enormi falsità con pochissime verità incastonate, lì, a bella posta, metteva tutti contro tutti.

Chi è costui un nuovo untorino?!

Il cialtrone che si firma MARIANNA AUSILIA FADDA, forse pensava di prendere due piccioni con una fava, ma il tiro non gli è riuscito.

Vediamo un po' cosa è successo.

sabato 19 giugno 2021

Il mòdano di San Giorgio in Sinnis - l'importanza del senso di lettura.

 


di Sandro Angei

   L'immagine su riportata è tratta dal saggio degli archeologi Barbara Panico e Pier Giorgio Spanu: "San Giorgio di Sinis . I materiali metallici". [1]

   Il reperto è giunto alla mia attenzione nel momento in cui, riprendendo il discorso sull'ormai famoso sigillo di Tzricotu, del quale il Dr. P.B. Serra diede una connotazione Bizantina e per tanto da inquadrare in periodo altomedievale, mi accingevo a correggere una mia colpevole svista nel saggio che nel 2018 pubblicai in questo blog che scrissi per confutare la tesi del Dr. Serra circa la natura del reperto.


   Quello che qui ci accingiamo a trattare non è la funzione del

venerdì 11 giugno 2021

Una precisazione sul saggio di Tzricotu

di Sandro Angei

 Su Facebook da qualche tempo è rinvigorito il tema circa i sigilli di Tzricotu; tant'è che cercando sul web una pubblicazione che a suo tempo usai per il saggio, mi sono imbattuto in un testo dove è ritratto il famoso puntale preso quale esempio da P.B. Serra per dimostrare che quello di Tzricotu non è un reperto di epoca nuragica ma altomedievale.

L'immagine è tratta dal saggio della Dr. Marilena Casirani - Un puntale di cintura Longobardo da Camisano (Fig.1).

 In quel saggio la Dr. Casirani  pubblica l'immagine, descrive il puntale da Castel Trosino e

domenica 6 giugno 2021

Il mito dei misofallici.


di Sandro Angei

    E' sconcertante l'avversione mostrata da taluni soggetti rappresentanti l'autorità accademica circa la descrizione e/o lo studio di particolari reperti archeologici mostranti gli organi genitali; e questo perché un certo "credo" impegnato nel sollecitare uno stile di vita  casto nello spirito quanto nel corpo, nei secoli ha di fatto aborrito tutto ciò che ruota attorno al sesso, rifacendosi al pensiero di Sant'Agostino. Pensiero largamente frainteso, e forse volutamente, di un sant'uomo che voleva per lui quel che altri hanno inteso fosse da allargare all'intera comunità. In un tale clima, ciò che "l'asceta" ripudiava quale veicolo della tentazione satanica, veniva e viene preso, ancor oggi in modo bigotto, quale esempio integerrimo da seguire dall'intera comunità; per tanto tutto ciò che comportava la tentazione della carne era, ed è ancor oggi, visto da taluni come

domenica 2 maggio 2021

I falli di S'Uraki? bugne e mensoloni!

 

di Sandro Angei

Premessa

Qualche giorno fa ho ricevuto dall'amico Andy Bostro, pseudonimo di Andrea Mulas, una mail con allegato un filmato. Qui si vede un concio di forma pressoché isodoma che reca scolpita in rilievo una protuberanza di forma alquanto particolare.

 Andy, impegnato nella divulgazione della cultura sarda, ha pensato bene di rendere pubblico il suo rinvenimento denunciando, tramite la testata giornalistica linkoristano,  l'abbandono del sito archeologico di s'Uraki di San Vero Milis dove il reperto in questione è situato.

 

martedì 27 aprile 2021

Yahveh, Ospitone e sant’Efisio

 de Francu Pilloni


Certe volte, ad apprendere di storia, si prende un manrovescio in piena mente.

Non ricordo in quale occasione seppi che un Papa di Roma scrisse a un capo dei Barbaricini una lettera di cui fu riportato un brano.

Come tanti, per non dire come tutti, ignoravo tutto della storia della Sardegna, se non gli episodi addentellati con la storia di Roma, della Spagna e dell’Italia, riportati sempre dal punto di vista degli altri. Voglio dire che nei libri avevo letto non che la Sardegna fu conquistata dai Romani nel 238 a. C., ma che Roma conquistò la Sardegna. I due assunti sembrerebbero dire la stessa cosa, ma non è così perché nella prima espressione vengono sottintese le ripercussioni che il fatto comportò per la Sardegna, mentre nella seconda sono implicite esclusivamente le implicazioni per la politica espansiva del vincitore.

Comunque allora sapevo riportare in italiano la non difficile frase latina: “Dum enim (Mentre infatti) Barbaricini omnes (tutti i Barbaricini) ut insensata animalia vivant (vivono come animali insensati), Deum verum nesciant (ignorano il Dio vero), ligna autem et lapides adorent (ma adorano legni e pietre)”.

Mi saltò subito agli occhi che i Barbaricini adoravano “legni e pietre”, ciò che me li fece assimilare agli Indiani dei film western, nei quali avevo visto che cantavano, si dipingevano il viso e ballavano intorno a un totem. Forse fu perché i Pellerossa mi erano simpatici e tifavo per loro contro la cavalleria, ma l’accostamento non mi dispiacque.

Mi turbò invece il fatto che si affermasse che vivessero come insensata animalia che, a metterlo in sardo, sarebbe comente una brebei media, come una pecora pazza, la quale cioè ha perso il senso del gregge, vaga per conto suo e si perde nella campagna, incapace di rientrare all’ovile.

Quest’affermazione mi parve insopportabile, sebbene fosse rivolta ai Barbaricini, da sempre in polemica con noi sardi delle pianure e delle colline. In fin dei conti, offendeva anche me come sardo che, quanto a indipendenza di spirito e di intolleranza alle ingiustizie, non avevo niente da apprendere.

Ricordo pure che il capo dei Barbaricini a cui era indirizzata l’epistola si chiamava Ospitone. Un nome che mi pareva più un soprannome che un nome proprio, così come diciamo giangalloni a uno molto alto. Se fosse stato campidanese, si sarebbe chiamato Ospidoni o meglio Aspidoni: Aspidoni da aspidu, vale a dire “aspro”, riferito a un individuo con cui risulta complicato anche dialogare? Che Ospitone avesse un caratteraccio?

Credo che non si abbia traccia di un’eventuale risposta di Ospitone. E questo è un peccato!

Mi sarebbe piaciuto sapere se Ospitone avesse ingoiato liscio quel “Tutti i Barbaricini (Barbaricini Omnes) vivono come pecore pazze”, visto che pure lui era nel mazzo dei Barbaricini: se gliel’avesse lasciata passare, da una parte mi sarebbe dispiaciuto come sardo, dall’altra avrei goduto come campidanese, constatando che i Barbaricini sono dei duri, ma solo a parole.

Sono passati degli anni, molti in verità, e ho avuto modo di leggere la santa lettera di Gregorio I Magno, suppongo recapitata a mano ad Ospitone da un vescovo Felice “suo fratello” e da Ciriaco “suo figlio”, i quali venivano raccomandati ad Ospitone perché ne agevolasse l’opera per cui erano stati mandati presso i Barbaricini, vale a dire, per convertirli al cristianesimo.

Non ho ulteriori notizie di Felice e di Ciriaco, né so se riuscirono a convertire alla nuova religione i Barbari o se fossero stati i Barbari a convincerli a prendere i loro usi e i loro costumi.

In effetti, tra la sessantina di santi a nome Felice, non c’è alcuno vissuto o morto poco dopo il 594, anno in cui è datata con certezza l’epistola santa del Papa Magno. Né si ha memoria di un Ciriaco, martirizzato in Barbagia in quel lasso di tempo.

D’altra parte, che cosa poteva mostrare di concreto della nuova religione il vescovo Felice se non una croce, di legno che fosse o di metallo?

Nella mente (insensata) dei Barbaricini, questi legni incrociati presentavano una differenza sostanziale se paragonati a una statua di granito o a un totem di legno, se non che fossero tutti rappresentazione di ciò che era proibito rappresentare?

Oppure Ospitone stesso finì come Efisio, il martire di Nora, che venne ucciso dai suoi per questioni meramente religiose?

Oggi non solo si sospetta, ma è stato accertato da documenti scritti del periodo nuragico, che la divinità unica dei Sardi avesse il nome di Yahveh, simile a quello degli Israeliti, anche se quello sardo pare avesse origine cananaica e non ebraica.

Il Dio di Israele era (è) un Dio unico, intransigente e collerico; quello cristiano, se stiamo alla predicazione di Gesù, è diventato misericordioso e tollerante. L’apostolo Pietro (il primo Papa di Roma) chiese a Gesù: “Quante volte dovrò perdonare mio fratello? Sette volte?”. “Non sette volte, ma settanta volte sette!” aveva risposto Gesù.

Quanto alla divinità dei Nuragici, ancora non se ne comprende pienamente il carattere, a parte che è unico, potente e dispensatore di vita.

Se si volesse proporre un confronto del tutto improbabile, oggi direi che è più cristiano, nel senso di più evangelico, il nuraghe Arrubiu del Tempio di Gerusalemme o della stessa Chiesa di San Pietro in Roma. Il Tempio e la Chiesa sono famosi per la bellezza, per la magnificenza, per la ricchezza degli ori e degli argenti, a fronte di un nuraghe che brilla per maestosità, per essenzialità, per sobrietà.

A leggere l’epistola nella sua interezza, salta agli occhi la presunzione di un papa magno e santo che tratta Ospitone come uno sempliciotto che si fa abbindolare da sperticate lodi alla persona.

Poiché nessuno della tua gente è Cristiano, per questo so che sei il migliore di tutto il tuo popolo: perché sei Cristiano. Mentre infatti tutti i Barbaricini vivono come animali insensati, non conoscono il vero Dio, adorano legni e pietre, tu, per il solo fatto che veneri il vero Dio, hai dimostrato quanto sei superiore a tutti”. Questo l’incipit dell’epistola.

Si sarà chiesto Ospitone perché doveva essere considerato il migliore solo perché era cristiano e non perché era coraggioso, giusto e di esempio per il suo popolo?

Avrà pensato che il popolo gli obbediva e lo seguiva non perché fosse cristiano, ma per altri valori umani che vedeva in lui?

Avrà intuito Ospitone che la sua leadership si fondava sul fatto che lui si identificava nel suo popolo e il suo popolo in lui?

Il papa magno e santo, come usava a Roma, aveva cercato di ungere le ruote del cervello di Ospitone, blandendolo con lusinghe spurie, sia perché gli arrivavano da uno che non lo conosceva, sia perché probabilmente già riteneva di essere il migliore tra il suo popolo, diversamente non ne sarebbe diventato il dux.

Si può pensare che Ospitone, letta la lettera o fattasela leggere da altri, abbia invitato Felice e Ciriaco a cena nella sua pinnetta, offrendo loro casu marzu e capretto arrosto.

Intanto che gli ospiti venuti da lontano addentavano la carne e si industriavano a stendere il cremoso formaggio sul pani carasau con l’aiuto di una leppa, messi in banda lo stuolo di piccoli e irrequieti vermicciattoli, Ospitone parlò loro del Dio unico dei Sardi che aveva nome Yahveh, che aveva creato il cielo e la terra, che era la forza che dava vita a tutti gli esser viventi, che era buono con tutti i suoi figli perché, oltre che potente, era anche misericordioso, così che non impediva a nessuno di essere rigenerato in una vita futura.

Queste considerazioni mi fanno apparire Ospitone come in bilico nella storia, perché non ci fu risposta al grande papa magno, perché di Felice e Ciriaco non si trovò traccia in quanto presumibilmente non furono neppure martirizzati, altrimenti facilmente ce li saremmo ritrovati in veste di santi, visto che di tanti altri, come il nostro amato Efisio, non si ha menzione in alcun documento dell’epoca.

Può essere che Felice e Ciriaco non siano mai arrivati alla pinnetta di Ospitone, perché le notizie sin qui riportate vengono tutte dalla copia dell’epistola conservata negli archivi apostolici romani.

Ah, Ospitone! Come Amsicora, hai avuto il torto di non aver scritto di te e del tuo popolo e ora subisci la storia degli altri.