Il tempietto di S’eremita Matteu non finisce di fornire sorprese. E che sorprese! Non bastassero la singolarità della costruzione (1), il dato astronomico (2) e la ‘scritta’ nuragica della facciata (3), la rustica costruzione offre in basso sulla destra, salvatasi miracolosamente per intero, un’iscrizione di nove caratteri all’apparenza senza significato se si legge, come di norma, dalla sinistra verso destra.
1. Scritta di S'Eremita Matteu (Narbolia) |
Fig.3 |
Come sanno coloro che da tempo ci seguono sulla presentazione e il commento di non pochi documenti del nuragico tardo (6) questo modo di scrivere a rebus in mix con alfabeti diversi (e anche ‘giocando’ sul vocalismo o sul consonantismo linguistico), non è inconsueto. Anzi, costituisce quasi uno degli aspetti normativi del codice nuragico a partire dalle origini per proseguire poi sino al periodo tardo imperiale romano (7) . L’esempio più eclatante del nuragico tardo lo si ha nella lastra (8) di Giorre Utu Urridu, con la presenza del latino, del sardo (semitico) e dell’etrusco (fig. 4). La stessa lastra mortuaria dell’Antiquarium arborense di Oristano, ritenuta a torto ebraica, è scritta (fig.5) con tre lingue e tre alfabeti: sardo (semitico), latino ed etrusco. Quest’ultima, chiaramente nuragica, sia per l’andamento obliquo (λοξότης) dei grafemi sia per il rebus alfabetico - linguistico (9), è stata trovata in una necropoli di Tharros (quindi non lontano da Narbolia) e viene datata al III secolo d.C. Periodizzazione questa che ci consente di affermare, stanti le affinità tra le due iscrizioni, che anche la scritta criptata del fabbricato di S’eremita Matteu non deve essere cronologicamente molto lontana (III - IV secolo d.C.) da quella della necropoli tharrense.
Fig. 4 |
Fig.5 |
Ma la prova più schiacciante che ci troviamo davanti ad una piccola costruzione templare nuragica tarda è data dall’incipit della scritta che reca l’esclamazione RF, quella che si trova reiterata (fig.6), come ben si sa, nelle pareti dell’ipogeo di San Salvatore (10) del Sinis di Cabras. Gli studiosi (archeologi, epigrafisti, storici), ben lontani dall’immaginare il ‘system’ nuragico di scrittura a rebus e in mix, non hanno inteso (11) il motivo preciso per cui si ha una scritta in caratteri latini e in lingua semitica. I vari RF scritti nuragici, le esclamazioni di acuto dolore e di salvezza dei pellegrini, variamente tormentati dalle difficoltà e dai malanni, dovevano trovarsi frequentemente nei templi se è vero che i resti di un altro straordinario tempietto nuragico, sempre del Sinis (di cui parleremo nella parte quinta del saggio), non solo restituiscono l’esclamazione in semitico ma anche in greco, fornendo così, con un gioco grafico - linguistico, esclamazione e nome della divinità contemporaneamente.
Fig.6 |
Per riassumere e riprendere gli altri
nostri interventi (14),
possiamo dire:
1. Che la misteriosa cosiddetta ‘chiesetta’
dell’Eremita Matteu è un edificio templare di tipologia tarda nuragica. Lo
dimostrano le scritte, pittografico - monumentali e quelle ‘lineari’,
della facciata, nonché lo stesso orientamento solare agli equinozi, tipico di
molti degli edifici o di luoghi aperti di culto nuragici, soprattutto della
costa del Sinis (15) .
2. Che fu costruita da sacerdoti scribi
nuragici, così come altre numerose chiesette del dio ‘salvatore’, furono
fondate in tutta o quasi tutta la Sardegna del periodo tardo repubblicano e
imperiale romano. Aspetto questo che vedremo trattando del secondo tempietto
nuragico con le esclamazioni in semitico e in greco.
3. Che fu frequentata dai devoti della
‘religio’ nuragica, evidentemente ancora viva e ‘resistente’, forse non
nelle sole campagne (16) , con la sua tradizionale ed organica scrittura.
4. Che fu poi forse ristrutturata in periodo
cristiano (forse durante o subito dopo la crociata a vasto raggio (europeo) del
Papa Gegorio Magno) e quindi abbandonata in periodo medioevale per essere
poi occupata da anacoreti, dei quali forse la tradizione popolare conserva
l’ultimo nome ovvero quello di Matteu.
5. Che la ‘religio’ monoteistica nuragica
riguardante la divinità yh,yhw,yhwh, yacci, si incontrò (e forse anche si
scontrò) nel III - IV secolo d.C. con le prime forme della ‘religio’ cristiana,
anch’essa yhwhistica e monoteistica, attuando così ancora, almeno in certi
luoghi, quel sincretismo che sembra tipico del tardo nuragico (si pensi
al sardo egiziano con YH -‘Amon RA’, al sardo - etrusco con YH -TIN/UNI e
al sardo - punico con YH - Hesmun Ba‘al, al sardo yh ‘merre’ con il greco
Asclepio e il romano Esculapio.
6. Che i
segni forti della religione ‘nuragica’ (disco luminoso, toro, tanit), quelli
ancora presenti nello statere aureo del dux Amsicora, non scomparvero del
tutto nel periodo della dominazione romana; attestando così il proseguire
dell’ideologia del ‘nuraghe’, ovvero del dio ‘Toro della luce’, forse anche a
livello politico istituzionale (17) .
7. Che gli scribi nuragici erano, oltre che
sacerdoti, ancora architetti ed astronomi, se è vero che orientavano gli
edifici di culto in modo da onorare e celebrare, sempre e comunque, l’unica
divinità creatrice (yh/hy) della vita attraverso la luce.
Note ed indicazioni bibliografiche
2. Angei S. - Sanna St. - Sanna G., 2017, S’Eremita Matteu. Esame autoptico di una chiesa. Dati di archeoastronomia relativi all’edificio; in Maymoni blog (7 marzo). Seconda parte.
3. Angei S. - Sanna St. - Sanna G., 2017, S’Eremita Matteu. Esame autoptico di una chiesa. Quanto durò la civiltà ‘nuragica’? In Narbolia il canto del cigno del NUL - AK - H? L’ultima testimonianza certa, architettonica, astronomica ed epigrafica, del nuragico; in Maymoni blog (15 marzo). Terza parte.
4. Dal verbo RF’ (רפא) che significa ‘guarire, curare’. E’ voce comune del VT (Dt 32, 39; Sal 6, 3; Is 30, 33, ecc;
5. La lettura, contando le singole lettere, sarebbe IRDI . Ma IRDI non è attestato (cf. Wagner, DES (a cura di G. Paulis), p. 799) mentre attestato e comune è IRDE (da VIRDE> BIRDE) per i dialetti centrali del sardo. Allora delle due l’una: o ‘IRDI’ è un ‘apax’ linguistico (sulla base di IRDE centr. ) oppure la seconda lettera va interpretata sia come grafema latino ‘F’ sia come grafema etrusco, in modo da rendere contemporaneamente sia ‘ F’ (pe semitico) che ‘V’.
6. Sanna G., 2014, Il nome di Tharros (THARRUSH) in un' iscrizione nuragica, etrusca e latina del III - II secolo a.C. Un Lars di nobile origine etrusca 'curulis' di Roma in Sardegna; in Monte prama blog (27 aprile); idem, 2014, Ardauli conserva e salva Norbello. Tre codici alfabetici e un Norb, principe sardo, a 'farfallino'! E la storia si vendica degli irriverenti a caccia di ...'farfalle'. (II), in Monte Prama blog (6 maggio); idem, 2014, Sha'ar ha ba'al di San Giovanni del Sinis (Tharros). Il sincretismo religioso e l'occhio astronomico immortale dei tre soli: Shamash, Nur, Ra. Il mix della scrittura e la scuola scribale nuragica in periodo tardo (IV -III secolo a.C.); in Monte prama blog (12 giugno).
7. In pratica si tratta di 1800 e più anni di scrittura (XVII sec. a. C. - III - IV secolo d.C). V. Sanna G., 2016, I geroglifici dei Giganti. Introduzione allo studio della scrittura nuragica, PTM ed. Mogoro, cap. 8, pp. 169 - 182.
8. Sanna G., 2014, , Scrittura nuragica: gli Etruschi allievi dei Sardi (I), cit
9. Sanna G., 2016, Antiquariumarborense di Oristano. La tarda scritta nuragica tharrense della luce salvificaper il figlio (non nominato) di Yhwh. Il 'segno' complesso della λοξότης (obliquità).; in Maymoni blog (26 gennaio).
10. V. Levi D., 1949, L’ipogeo di San salvatore di Cabras, Roma; Mori A., Centri religiosi temporanei e loro evoluzione in Sardegna, in ‘Studi Sardi’ X, 1951 – 52; Donati A. - Zucca R., 1992, L’ ipogeo di San salvatore, Delfino ed. Sassari. Il ‘salvatore’ (sardo srabadoi) del III - IV secolo d. C. non ha niente a che fare con il Cristo ‘salvatore’ successivo, ma con la ‘salvezza’ che invocavano i pellegrini (in genere sardi) quando scrivevano (o facevano scrivere) la parola ‘magica’ di invocazione al loro dio. R. Turtas (1999, Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle origini, ecc. cit. (pp. 48 - 49), cerca di spiegarsi il motivo della strana denominazione della chiesetta di San Salvatore’ e così recita a p. 30: ‘ Non è forse un caso che in quel luogo sacro, dove si rendeva culto alle divinità salutari, […]sia stato consacrato proprio a Cristo salvatore (un appellativo quest’ultimo che meglio di ogni altro esprimeva il vero significato di Gesù, pur se attualmente banalizzato dall’intitolazione corrente della chiesetta, quasi essa fosse stata dedicata a un ‘qualsiasi’ s. Salvatore). No, nessuna ‘banalizzazione’ ma l’appellativo precristiano al dio unico sardo invocato, ma raramente, con il suo nome. E naturalmente ‘nessun luogo sacro, dove si rendeva culto alle divinità salutari’. Perché i sardi non erano (e non erano mai stati) politeisti.
11. V. Donati A., Le figurazioni e le iscrizioni dell’ipogeo; in Donati A. - Zucca R., 1992, L’ ipogeo di San salvatore, ecc. cit. pp. 30 - 47, in part. pp. 34 -35.
12. Angei S. - Sanna St. - Sanna G., 2017, S’Eremita Matteu. Esame autoptico di una chiesa. Dati di archeoastronomia, ecc. cit.
13. V. Turchi D., 2001, Lo sciamanesimo in Sardegna, Roma, Newton Compton Ed.ri, 2001; Cossu N., 2007, Medicina popolare in Sardegna. Dinamiche, operatori, pratiche empiriche e terapie magiche. Coll. Tradizioni Popolari, Delfino, Sassari.
14. V. bibliografia note 1 -2 -3.
15. Angei S.,2015, Il volto di Maymoni, in Monte Prama Blog (2 marzo); idem, 2016, Sincretismo religioso tra Nuragico e Romano. La porta del toro luminoso. L’architettura della luce; in Maymoni blog. Ottava parte (1 giugno); Sanna G., 2016, Scrittura nuragica. Tharros (Murru Mannu): a tanta architettura sacra tanta scrittura sacra. La Porta Santa (sha‘ar sa‘an) e i segni del sublime nascosto; in Maymoni blog ( 29 marzo).
16. Turtas R., 1999, Storia della Chiesa in Sardegna. Dalle origini al 2000, Città Nuova, Roma, pp. 108 -111.
17. Abbiamo attirato l’attenzione, più volte, al fatto che ‘Hospitone’ il capo sardo barbaricino dell’età di Gregorio Magno (VI secolo d.C.) non può spuntare come d’incanto come dux nel panorama politico e istituzionale della Sardegna. Chi furono allora i ‘duces’ sardi predecessori che via via ebbero questo titolo, già a partire forse dalla stessa morte di Amsicora e Hostus? La parte resistente della Sardegna, non colonizzata perché mai conquistata dai Romani, continuò ad avere un’ istituzione monarchico teocratica come quella nuragica? La facciata del tempietto nuragico di Narbolia con i simboli del ‘Nuraghe’, ‘scritti’ dagli scribi sacerdoti, dimostra che sino al III - IV secolo d. C. la ‘religio’ rimase ancora quella tradizionale. E’ difficile pensare allora che la societas nuragica ‘ ancora barbara ma autonoma e retta da proprie autorità riconosciute e rispettate anche dall’esterno (Turtas, 1999, cit. p. 129) non esprimesse, in qualche modo, l’ideologia di un capo ‘toro’ figlio del ‘toro celeste’. Il carisma di Hospitone, omaggiato da Gregorio Magno, anche se forse un principe, come suppone il Turtas (ibidem, p. 128), preso come ostaggio e educato fuori dall’isola e quindi ‘cristianizzato’, non impedisce certo di ritenere che le sue genti tutte ‘pagane’ (= nuragiche), cristiano o non cristiano che egli fosse, lo rispettassero e anche lo adorassero a modo loro e cioè ancora come un Dio.
Anche oggi vi siete alzati presto e, devo dire, il gioco vale la candela.
RispondiEliminaMi piace e mi fa contento quel IRDI che significa VERDE, anche in sardo, nel sardo attuale. Lo prova il nome di un uccellino, forse il Verdone in italiano, che noi chiamiamo STEDDU IRDI, stella verde in traduzione, perché STEDDU non significa solamente STELLA, ma anche lampo di luce, bagliore e cose simili, forse per comprendere come più spesso s'indovina la presenza a sprazzi di quell'uccellino, che è molto più piccolo di quello che Wikipedia suggerisce.
Comunque, siccome io mi sono svegliato tardi e con le idee annebbiate, sto cercando di schiarirmele, cercando sopra tutto di essere utile al prossimo, anche a quello che molto prossimo non è.
Parlo a ragion veduta dei vegani ai quali, se ancora non avessero un santo protettore, indico appunto l'Eremita Matteu che, indiscutibilmente, era vegano intransigente verso se stesso, molto comprensivo verso chi vegano non era. Qualcosa i9spirerà anche agli odiierni IRDI EDO!
Molto importante questa tua citazione circa su 'steddu irdi'. Ricordi ancora qualcosa. oltre al verdone, che possa dirci qualcosa in più su di un 'irdi' campidanese?
RispondiEliminaAl momento non ricordo altro.
RispondiEliminaSai che IRDI, IDRI, BIRDI, BIDRI sono tutti quanti usati per dire VERDE.
Ci sono molti modi di dire, tipo NO DDI BASTAT NE BIRDI (o BIDRI), NE SICCAU, non gli basta né verde, né secco, ma difficilmente si trova l forma IRDI.
Per questo motivo io credo che la forma IRDI sia abbastanza antica, di quelle residue oggi solamente nei nomi propri di fiumi, monti, arbusti e animali, come in questo caso, che si conservano presso che intatte nel tempo, tanto che spesso non sappiamo più comprenderne il significato
Dovresti chiedere a Maurizio.
RispondiEliminaCerto è che il RUF iniziale ha cambiato la prospettiva dell'interpretazione.
RispondiEliminaChe interessante questa cosa, soprattutto per quell'RF. Ma chi è stato così bravo da vedere la scritta? se non si può dire fa lo stesso!
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RispondiEliminaVedo chi ci ha lavorato seriamente. E di ciò la ringraziamo. Le perplessità? Fanno avanzare la ricerca scientifica. Ha detto bene: non bastano grammatiche e lessici. Un po' come si fa da tanto tempo ormai (pretendendo così, con l'uso del vocabolario, di risolvere una specifica scrittura a rebus)circa la stele di Nora. La scrittura di Narbolia è a rebus e bisogna risolverla con il rebus, ovvero cercando di sciogliere gli interrogativi e capire il più possibile perché lo scriba ha operato così, in un modo apparentemente tanto strano. Il rebus della facciata, quanto a rebus, non è diverso da questo della scritta in caratteri lineari. Se non interpreti e collochi bene i significanti non capisci cosa c'è scritto. Anzi non vedi neppure la scrittura. Comunque, per capire questa scritta bisogna rifarsi (come abbiamo detto) comparativamente alle altre scritte tarde del nuragico (ad es. alla scritta della lastra dell'antiquarium arborense con le parole tutte in consonantismo, compreso il latino e l'etrusco che non lo usano. Cosa incredibile! Non si può capire che il lusus e solo il lusus ha permesso allo scriba di scrivere le sole consonanti e non le vocali:
RispondiElimina' La luce di I(hwh)per la salvezza del figlio (NR Y SLT CLN).
Consonantismo e tre lingue!
Ora, caro Piero Giuseppe, se ha notato, abbiamo detto che il saggio 'continua'. Continua semplicemente perché un tempietto, non molto lontano da Narbolia, ci dice ancora molto su quel RF e soprattutto sul nome del Dio a cui si rivolgeva il grido di dolore per poter 'guarire'. Non c'entra niente il Matteu della tradizione popolare. Se avrà un po' di pazienza potrà (crediamo) rendersene conto. Un documento non fa testo, scientificamente parlando. E neanche due. Per gli esigenti ce ne vogliono tre. Parlo degli esigenti naturalmente, non degli 'struzzi'.