domenica 17 febbraio 2019

Grizzana, Monte Acuto Ragazza (Bologna). L’atleta offerente. Un gioiello dell’arte della scrittura metagrafica etrusca. Una formidabile μηχανή apotropaica per la continuità della luce. Non un ex voto ma una ‘petitio’, un ‘omen secundum’. Bronzetti sardi e bronzetti etruschi.

di Gigi Sanna

dedicato a Sergio Frau (*)



 
Premessa

Più volte (1) ormai abbiamo sottolineato, con riscontri oggettivi che abbiamo ritenuto pertinenti e  inconfutabili, il prestito della crittografia agli etruschi da parte dei nuragici. Lo stilismo e la magnificenza dell’arte scultorea greca delle opere etrusche mascherano notevolmente l’ideologia comune della luce terrena e ultraterrena  e solo una puntuale osservazione dei manufatti permette di capire che dietro l’opulenza greco - etrusca c’è il system, diverso ma ugualmente assai pregnante, che dà luogo alla realizzazione e alla rappresentazione della religiosità degli ideatori e costruttori dei nuraghi. Chi ritiene che le opere dell’arte etrusca siano semplice espressione di simbolismo e di decorativismo non continui questa lettura: il pregiudizio di anni e anni (secoli ormai) di interpretazione è una ganga difficilmente rimovibile da ciò che sottostà, ovvero dalla ‘cosa’ più nascosta e per questo assai più preziosa. 

Neanche il riferimento all’arte egiziana che nella scrittura - com’è noto -  contemplava decus, symbolum e sonus, cioè tutti e tre gli aspetti (2) e non solo due lo indurrà a pensare che il sonus, soprattutto questo, sia presente negli oggetti, nelle tombe, nelle pitture della vastissima arte funeraria etrusca. Il ‘codice’ funerario posto in essere dagli Etruschi, quello di cui tanto si parla da parte degli studiosi perché si insista e si moltiplichino le forze per una sua ‘decifrazione’, resterà un codice per sempre inafferrabile perché né il decus né la simbologia (con l’eterna domanda senza risposta scientifica: ‘di che cosa’ o ‘di chi’ una ‘cosa’ è simbolo?) permetteranno di capire nel profondo il messaggio insito in tanta varietà di componimenti. Una‘unda currens’ sarà così sempre decorazione, così come lo saranno un motivo floreale ripetuto, dei dentelli ripetuti, delle pieghe ripetute di un chitone, dei punti reiterati, un serpente o una fontana da cui sgorga l’acqua continua. Mai ci si chiederà cosa accomuna quelle ripetizioni, quei dati topici. Una patera (patna) sarà sempre decorazione e simbolo di libagione, un anello sigillo sempre decorazione e simbolo di prestigio sociale, uno o due cuscini segno di altezza sociale e di funzionalità per i nobili gomiti di chi sta sdraiato sul triclinio. E così via. Mai ci si chiederà se quegli oggetti possano costituire dell’altro ovvero degli ideogrammi da abbinare ad altri ideogrammi ancora, in una organica catena sintattica di voci che possano dare senso. E così, procedendo nell’analisi di superficie,  depistante e ingannatrice, tutto resterà muto o al più opinabile (io penso, tu pensi, egli pensa) con i famosi fiumi d’inchiostro, che si aggiungeranno ad altri fiumi nel tempo, per i vani tentativi di risoluzione del rebus. Sembra proprio essersi dimenticata del tutto l’esperienza ottocentesca per la scrittura egiziana o quella novecentesca della scrittura maya dove tutti si puntava sulla mera decifrazione della simbologia e non della fonetica ritenuta, tra ironia e sarcasmo, tra ilarità e supponenza, del tutto inesistente.  

mercoledì 13 febbraio 2019

Laguna di Mistras: il nuraghe sommerso

di Atropa Belladonna

Lo sapevate? Nella laguna di Mistras (Cabras, OR), in prossimità di quella lingua di terra chiamata Sa Mistraredda che si estende da nord-est a sud-ovest, ci sono i resti sommersi di un nuraghe: S'Archeddu 'e Sa Mistraredda (1) (Figura 1). Quel che ne rimane dopo  le spoliazioni- probabilmente già in antico- sono cinte murarie in blocchi di basalto, finite sott'acqua nel corso della lunga lotta tra terra, mare e fiume  una lotta vinta dal mare circa 2000 anni  fa (2):.

Figura 1

domenica 10 febbraio 2019

Quando gli Etruschi inventarono l'arco a conci, in Sardegna lo avevano già dismesso.




Isomorfismo del sole,
una chiave di volta in volta diversa legge la luce dell'arco taurino1


di Sandro Angei
Sommario
Con questo studio si vuole retrodatare la tecnica costruttiva dell'arco a conci, che normalmente è attribuita agli Etruschi. Un reperto archeologico datato alla prima età del ferro dimostra che la civiltà nuragica conobbe la tecnica ancor prima degli Etruschi. Lo studio prosegue intravvedendo nell'elemento architettonico “arco” un simbolismo che dal lontanissimo passato arrivò indenne fino all'età nuragica.

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mercoledì 6 febbraio 2019

Cabras. Perché dopo 12 anni dalla disponibilità del Soprintendente Giovanni Azzena e a venti dalla consegna del sigillo A1 di Tzricotu non è stata mai fatta la perizia metallografica sul manufatto bronzeo? A chi toccava e a chi tocca oggi promuoverla e farla fare?



 L’architetto Franco Tabacco ha pubblicato una vignetta che ha inteso, in qualche modo,  smuovere le coscienze circa un fatto che sa dell’incredibile: la perizia non ancora effettuata, a 20 anni dalla consegna da parte dell’agricoltore Andrea Porcu, della ‘tavoletta sigillo’ (detta 'placchetta') rinvenuta nei pressi del Nuraghe Tzricotu di Cabras.

domenica 27 gennaio 2019

SARDARA. Se per precisi calcoli scientifici non sono ‘unità’ ponderali cosa sono mai le 26 e le 31 ‘tacche’ dei due lingotti in piombo della capanna di Santa Anastasia di Sardara? Non saranno ‘segni’ del system di scrittura dei nuragici? Non sarà la solita ‘scrittura’ criptata? Quindi non ‘scrittura numerale’ ma scrittura ‘tout court’?




di Gigi Sanna


                                     Panella 1 : 26 segni                                                                 Panella 2: 31 segni  

Nella sua tesi di dottorato (1), circa le ‘tacche’ dei due lingotti rinvenuti presso la capanna n.5 del Santuario di Santa Anastasia di Sardara (2), Nicola Ialongo scrive:

"Il problema principale sta nel fatto che i risultati ottenuti  non corrispondono a nessuna concentrazione di valori, né a valori noti in pesi da bilancia. Il fenomeno può avere almeno due spiegazioni: l’ipotetica unità cui farebbero riferimento le tacche potrebbe semplicemente non essere ancora sufficientemente documentata dai dati disponibili. In alternativa, i simboli potrebbero non avere nulla a che fare con la massa del singolo oggetto e identificare un altro tipo di conteggio, come, ad esempio, la quantità di lingotti presenti in una “partita” o la massa complessiva della partita stessa. Quest’ultima possibilità, in particolare, se supportata da ulteriori dati, potrebbe suggerire che nella Sardegna nuragica dell’età del ferro esistessero forme embrionali di sistemi di notazione legati a pratiche commerciali o amministrative. La ricorrenza di segni ponderali all’interno di concentrazioni di valori conferma la validità dell’analisi statistica, e testimonia in modo inequivocabile l’utilizzo di un sistema convenzionale, seppure rudimentale, di notazione scritta. Per sua stessa natura una scala ponderale è di fatto una struttura normativa, un costrutto artificiale che impiega strumenti specializzati e simboli specifici nell’ambito di un sistema convenzionale. Si può inoltre affermare, in modo sufficientemente realistico, che una scala ponderale che fa uso di simboli è un sistema convenzionale strutturalmente molto simile alla scrittura, nella misura in cui il simbolo viene univocamente ricondotto al significato nell’ambito di una serie di norme condivise.

mercoledì 23 gennaio 2019

Tharros - Un “logo” ante litteram da Murru mannu


di Sandro Angei

Si è detto molto su Murru mannu, della sua postierla (sic!), del muro e della scritta, ma ogni tanto salta fuori qualche dettaglio da approfondire.

La scritta di Murru mannu così come la trascrisse il Prof. Garbini

Sommario
Il presente articolo è la naturale prosecuzione dello studio sulla cosiddetta Postierla di Murru mannu in Tharros; col quale esponemmo la scoperta di una interessante manifestazione luminosa (ierofania) legata ad una particolare data (22 di aprile); data attestata prima nel pozzo sacro di Sant'Anastasia di Sardara e dopo nel pozzo sacro di Santa Cristina.
    Con questo articolo si vuole dimostrare una stringente correlazione tra la scritta grafita di Murru mannu e il sito di Murru mannu stesso, alla luce della scoperta della ierofania prima menzionata e sulla base del significato della stessa scritta.

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lunedì 21 gennaio 2019

Il dio BES nascosto. Un piccolo capolavoro lapideo e l'arte dei nuragici di criptare gli oggetti apotropaici. Che fine ha fatto la 'statuina'? Perchè di essa non si parla?


di Gigi Sanna


 


Questo è uno dei capolavori dell'arte scultorea dei nuragici, il  capolavoro dell' 'OZ (parola semitica) ovvero della 'potenza' ed energia divina che ha sempre la meglio sul male. Si tratta del dio Bes che difende e protegge gli uomini stritolando simbolicamente il drago (nell'immagine scolpito con la sola testa).
     Fu sequestrato, insieme ad altri reperti, litici e non, ad un collezionista di San Gavino dai carabinieri e consegnato da essi alla Sovrintendenza di Cagliari Ma fu 
pubblicato in 'Sardoa Grammata' (p. 283), prima del sequestro, dal sottoscritto nel 2004 con una foto tratta dalla copertina di un libro di archeologia dello stesso collezionista (signor M.Sanna). Questi non si era minimamente reso conto del contenuto della pietra e l'aveva orientata erroneamente  (foto n.1) .
Come ognuno può vedere dalla nostra trascrizione e dal giusto  orientamento, la 'protezione' del Dio è resa nascosta dal disegno schematico, molto ermetico, che non consente di individuare subito il tema o soggetto che vi è inciso. Tipico modo questo di procedere dei nuragici, molto attenti nel creare, nello scrivere e nel disegnare dei veri e propri rompicapo  con gli oggetti apotropaici.
Nel 2015 ( più di dieci anni dopo) ho cercato di interessare di nuovo gli studiosi e la Sovrintendenza riproponendo il Bes nella mia pagina di facebook. Ancora niente! Da allora, del 'capolavoro' (per me lo è!), nessuna parola. Con ostinazione e scoperto menefreghismo. Quasi fosse nulla.
Pare che si trovi ancora negli scantinati del Comune di San Gavino. 'Imboscato' in eterno. Che tristezza la 'storia dell'arte' arcaica della Sardegna! A partire dalla sublime statuaria dei Giganti 'tori' divini!

martedì 15 gennaio 2019

Unu milione

Eris note amus brincadu su millione de bisitas. No isco pro ite, ma so cuntentu.

Così gioì Gian Franco Pintore dal suo blog.

Con grande commozione riproponiamo la sua esultanza che è la nostra.

Grazie a tutti coloro che fino ad oggi ci hanno seguito con passione.

Grazie a chi ci ha supportato.

Grazie a coloro che, cercando di metterci i bastoni tra le ruote e sparato da dietro i muretti a secco bordate di solo rumore, ci hanno dato carica di nuove energie per studiare sempre di più, in modo sereno e oggettivo.



la redazione

sabato 12 gennaio 2019

SEMESTENE. IN SAN NICOLA DI TRULLAS UNA SCRITTA ALLA LUCE DEL SOLE. UN PO' DI SCRITTURA E DI LINGUA, DI RELIGIONE E DI SOCIETA’ DELLA SARDEGNA AL ‘TEMPO DEI NURAGHI’. GRAZIE AD ESSA, TRA L’ALTRO, SAPPIAMO CHE NON E’ NICOLA MA YAZIZ FIGLIO DI ZZY, IL ‘VERO’ SANTO DELL’ANTICHISSIMO SANTUARIO.*



di Gigi Sanna
 
Fig. 1 (Foto di Stefano Sanna)

  
 Fig. 2 (foto di Stefano Sanna)                                                                            Fig. 3 (foto di Stefano Sanna)
      Sì, è così. Proprio ‘alla luce del sole’. Visibile a tutti tutti. Oggettiva, bella canterina pur nella sua notevole ermeticità. E non ci credo proprio che non sia stata notata, perché non credo a certi ‘sbadati’ del mondo accademico. Non ci credo manco se lo giurano! Perché non è possibile che il nome proprio semitico YZIZ (yazyz יזיז) del V.T. non sia stato mai notato, per lo meno,  dagli specialisti di storia dell’arte, di epigrafia e  di archeologia medioevale; anche perché le lettere, che potrebbero essere sulle prime confuse con segni di alfabeti più recenti, non sono state minimamente compromesse dall’ingiuria del tempo. Almeno in quelle specifiche parti. Infatti, la sequenza IZIZ (almeno quella avrebbe dovuto incuriosire!) la si legge da lontano sulla parte destra dell’archetto, perché più grande, mentre sulla sinistra chi ha occhi buoni può leggere la medesima sequenza alfabetica, anche se realizzata con andamento diverso (dall’alto verso il basso e da sinistra verso destra) e segni non del tutto uguali (figg. 2, 3, 4 e 5).
 
           fig. 4                                              fig.5
    Siamo andati non in due o tre ma in trenta (praticamente tutti i partecipanti del corso di epigrafia nuragica di due anni fa)  per renderci conto se la scritta intrigante dell’archetto esistesse davvero (le immagini mancano totalmente nel web, nei libri e nelle riviste specializzate) oppure se le foto pervenuteci ci ingannassero per uno strano gioco di luci ed ombre che ci faceva apparire segni fonetici quelli che segni non erano.  La nostra curiosità era accresciuta anche dal fatto che non pochi studiosi (1) avessero paradossalmente dedicato non poco tempo ed energie epigrafico - paleografiche per un’altra scritta realizzata sempre all’esterno dell’edificio ma nella parte bassa in corrispondenza dell’abside (fig. 6). Una scritta certamente assai meno importante perché moderna, realizzata - pare - alla fine dell’Ottocento o agli inizi del secolo successivo (2)   
   Fig. 6.

mercoledì 2 gennaio 2019

Scrittura nuragica. Bronzetto di Baunei: lampada/barchetta apotropaica con scimmia. La solita ‘petitio’ nascosta dal rebus del metagrafico nuragico. Il bronzetto ‘gemello’ di Abbasanta.


di Gigi Sanna

    (da Lilliu)
      Giovanni Lilliu nel suo ‘corpus’ (1) sui bronzetti nuragici ritiene il manufatto  una ‘lampada’ con fattezze di barca, così come una lampada in forma di ‘chiatta’, ovvero di barca con fondo largo e basse fiancate,  ritiene essere il bronzetto rinvenuto in Abbasanta che, pur non essendo identica, per forma generale gli somiglia molto.

Il commento puntuale dello studioso non fa una grinza. Tutto è descritto e puntigliosamente registrato. Naturalmente il pregiudizio della ‘strumentalità’ e della ‘decorazione’ non gli concedono di andare oltre l’approccio descrittivo sui significanti apparenti. Però la sua attenzione non può che soffermarsi e indugiare su un dato macroscopico del significante collocato al centro dello scafo e nel cavo del recipiente: una figurina di scimmia o un antropoide che procede a quattro zampe e che porta sul dorso un anello, indizio questo che la figurina ‘funge da appiccagnolo oltre che da decorazione’ (Lilliu, ibid. p. 394). Lasciamo al lettore il dotto pronunciamento dello studioso sull’identità del particolare soggetto (per lui un antropoide, per noi, come si vedrà, semplicemente una scimmia) e puntiamo diritto a ciò che a noi interessa in particolar modo: la crittografia, la scrittura nascosta e a rebus insistente nel bronzetto.

lunedì 31 dicembre 2018

Il 2018 per la scrittura nuragica



La natura segue il suo corso; lo spuntar di funghi è inevitabile quando acqua e sole connubiano

 di Francesco Masia

Quando finisce anche questo 2018 sono trascorsi 5 anni “suonati” dalla comunicazione degli accertamenti sulla navicella di Teti; ed è trascorso un anno dalla pubblicazione del saggio “Scrittura nuragica? Storia, problemi e considerazioni” (mi viene sempre difficile indicarlo come il “mio” saggio, trattandosi del compendio del lavoro di altri, loro sì studiosi). In questo periodo di bilanci, diverse cose emerse in questi mesi mi portano a imbastire un aggiornamento sulle questioni intorno alla navicella.

lunedì 24 dicembre 2018

Notte de Natale




Toccana sas campànas de Natale
sa festa disizada in ogni domo;
su mundu che a s’antiga torrat como
càrrigu de isperu in tantu male.

In sos montes, in mares e in portos
lontanos, in sas biddas e zittades
comente de Gesus in sas edades
torrat s’umanidade a sos cunfortos

De sa fide, a s’invitu ’e sa paghe
ca troppu hamus penadu e combattidu
dae cando su sole hat coloridu
de lughe ogni pianu ogni nuraghe.

Deo puru t’invoco o Deus nou
gentile Deu de sos cristianos.
M’imbenugio e in altu alzo sas manos
d’ogni penseri meu est che i s’ou

Virgine, senza mal’intenzione,
cun su coro pienu ’e disizos
santos de bene, pro tottu sos fizos
chi adorant sa tua passione.

A su perdonu ispirami, a s’amore
a su tribagliu santu resistente;
faghemi forte, rendemi potente
pro incher’a dogn’ora su dolore;

E sos impetos d’odiu ch’a bortas
mi passana sas carres che turmentu
cun sa furia manna ’e su entu
chi faghet tremer fentanas e portas.

Passa o Deus ancora in cust’edade
de odiu ricca e povera d’amore,
cantende de sa notte in s’isplendore:
«Paghe a sa zente ’e bona volontade!».

Antioco Casula Montanaru

Gentilmente inviata dall'amico Giancarlo Casula

domenica 23 dicembre 2018

Buon Natale da Sarroch. La scrittura nuragica (a rebus) in un singolare sigillo di bronzo. Ancora un piccolo capolavoro di microscrittura: Dio e il mondo in un cm2


di Gigi Sanna

Introduzione

    La scoperta credo che possa ritenersi eccezionale. Sono sicuro però che future ricerche e futuri ritrovamenti ci daranno grandi soddisfazioni perché l’oggetto di cui oggi trattiamo è indizio di una intensa attività scrittoria, anche di grandissimo spessore formale ed estetico, attuata in tutta l’isola da parte dei nuragici. Forse allora saremo costretti a chiamare ‘normali’ dei manufatti che oggi ci stupiscono tanto. Infatti, non possono essere due o tre solo i prodotti, soprattutto in bronzo, eseguiti dai nuragici che per fattura, arte miniaturistica e argomento espresso oggi si possono accostare ai raffinatissimi sigilli (dei Giganti) del Nuraghe Tzricotu di Cabras. Ci sono ancora migliaia e migliaia di nuraghi e altrettante migliaia di edifici cultuali che devono essere scavati e ‘esplorati con cura’(1); nuraghi ed edifici che, per il semplice calcolo delle probabilità, considerando gli attuali dati, devono necessariamente celare ancora una notevole quantità di scrittura sia di tipo lineare sia di tipo metagrafico. E’ bello constatare che ormai è un ‘continuum’ di scoperte e talvolta basta attendere solo qualche giorno o qualche mese per avere ulteriori testimonianze e conferme, assai significative, sia della prima che della seconda tipologia, come è capitato per il reperto del Nuraghe Addanas (2) e per quello del Nuraghe Sa Domu ‘e s’orcu di Sarroch di cui ora si argomenta (figg. 1 -2)  

  
Fig.1    Fig. 2
  

mercoledì 19 dicembre 2018

Scrittura Nuragica. L'Unione Sarda: Ecco i segni di scrittura lasciati dagli antichi abitanti dei nuraghi. Scoperto un saggio di fine '800, inedito, dello studioso Pietro Lutzu

di Gigi Sanna

ecco l'articolo sulla pagina della cultura dell'Unione Sarda a firma Michele Masala. La questione del manoscritto e del dattiloscritto di Pietro Lutzu la si conosce già  e anche per maggiori (e importantissimi) dettagli. Si legga comunque il bell'articolo del giornalista oristanese. Ma si legga,  soprattutto,  la 'replica' di Alessandro Usai.
   Incredibile! Non sa, non studia, non legge. Eppure  parla e nega offendendo l'intelligenza altrui. Guardate questa perla di supponenza: ' Non esiste alcuna prova chiara. Ogni tanto qualcuno ci. prova a dire il contrario ma mai (sic!) con i mano un documento scientifico. Solo fumo, almeno per ora. Ecco perchè continuiamo (sic!) a dire senza problemi (sic!) che i nuragici non sapevano assolutamente (sic!) scrivere. Si parla sempre di segni che si congiungono (sic!). Ma mai di struttura (sic!)' Esumaria! Ora abbiamo tutti terrore reverenziale e siamo pronti a fare la proscinesi al maestro della 'congiunzione e della struttura'.
La bella è che osa parlare di 'fumo' il caro sovrintendente.
Guardate anche quest'altra di perla, riferendosi ai miei studi:' Lui (Gigi Sanna) nei suoi tanti elaborati mette in risalto una serie di oggetti quanto mai sospetti, ma scientificamente parlando (sic!) il tema della scrittura al popolo nuragico era sconosciuto'.
E come no! Lapalissiano!
'Fumo?' 'Serie di oggetti quanto mai sospetti'? Ma come ti permetti, caro Usai, tali miserabili esternazioni e insinuazioni? Intendi denigrare e diffamare in qualche modo (tanto un po' di sporco rimane sempre sulla persona)  e vuoi finire in tribunale con le tue parole in libertà?
Caro Francesco Cesare Casula, storico, paleografo ed epigrafista, purtroppo ti devo mettere in campo (come dovrei mettere in campo tanti altri stuidiosi ancora): conti o non conti nel mondo scientifico come paleografo? Conti nell'approvare o nel negare? O conta invece solo Usai che non lo è paleografo? Che osa parlare per tutti? Conta solo il 'prefetto' Usai? Non ti sembra, a dir poco, arroganza, che un archeologo non epigrafista (e ancor meno paleografo) replichi su cose che non sa e che mastica da dilettante, con estrema fatica? Uno che si riempie la bocca di 'scienza' quando non è neppure consapevole che cura una disciplina che non è scientifica ma solo umanistica?